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l'arte | 239 |
carceri,1 mediante gli occhi, per li quali essa anima si rappresenta tutte le varie cose di natura; ma chi li perde, lascia essa anima in una oscura prigione, dove si perde ogni speranza di riveder il sole, luce di tutt’il mondo. E quanti son quelli, a chi le tenebre notturne sono in somm’odio, ma ancora ch’elle sieno di breve vita! Oh! che farebbono questi, quando tali tenebre fussino compagne della vita loro?
Certo, non è nissuno, che non volesse più tosto perdere l’audito o l’odorato, che l’occhio, la perdita del quale audire consente la perdita di tutte le scienze, ch’hanno termine nelle parole; e sol fa questo per non perdere la bellezza del mondo, la quale consiste nella superfizie de’ corpi, sì accidentali2 come naturali, li quali si riflettono nell’occhio umano.
IX. — il pittore va direttamente alla natura.
La Pittura serve a più degno senso, che la Poesia, e fa con più verità le figure delle opere di natura, che il poeta; e sono molto più degne l’opere di natura che le parole,