dita le figurazioni delle cose nominate, che non fa l’occhio, vero mezzo intra l’obbietto e l’imprensiva, il quale immediate conferisce con somma verità le vere superfizie e figure di quel, che dinanzi se gli appresenta; delle quali ne nasce la proporzionalità detta armonia, che con dolce concento contenta il senso, non altrementi, che si facciano le proporzionalità di diverse voci al senso dello udito, il quale ancora è men degno, che quello dell’occhio, perchè tanto, quanto ne nasce, tanto ne more, e è si veloce nel morire, come nel nascere. Il che intervenire non può nel senso del vedere; perchè, se tu rappresenterai all’occhio una bellezza umana, composta di proporzionalità di belle membra, esse bellezze non sono sì mortali, nè si presto si struggono, come fa la musica, anzi, ha lunga permanenza, e ti si lascia vedere e considerare; e non rinasce, come fa la musica nel molto sonare, nè t’induce fastidio, anzi t’innamora, e è causa, che tutti li sensi insieme con l’occhio, la vorrebbero possedere, e pare, che a gara voglian combattere con l’occhio. Pare, che la bocca, s’è la bocca, se la vorrebbe per sè in corpo; l’orecchio piglia piacere d’audire le sue bellezze; il senso del tatto la vor-