Narrazione de' Bassanesi illustri
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NARRAZIONE
DEI
BASSANESI ILLUSTRI
ALLA EGREGIA DAMA
PAULINA TROTTI TAVERNA
L’AUTORE
A chi soggiorna in riva all’Olona o alla Dora, ovvero in riva all’Arno o al Sebeto può importar poco d’essere al fatto della bassanese cultura. A Voi non così, egregia e rispettabilissima Signora. Nata in Milano, vi siete nondimeno affezionata da lungo tempo alla patria mia; e intelligente finissima di ogni gentilezza, la solete visitare annualmente, quasi in aria di sciogliere un voto all’amenità di questo mio ciel dilettoso. Da Bassano passate alle città maggiori, e vi passate senza dimenticare i bassanesi vostri ozj, che anzi vi tornano spesso in mente per farne lieta dipintura agli amici; ed io credo che la mercè vostra il prestantissimo cav. Giuseppe Casati, prefetto del Tagliamento, sia divenuto tanto amorevole proteggitore de’ miei concittadini al suo saggio governo raccomandati. Ora, vi piego, a voler fare in modo, ch’Esso, e l’aureo vostro Consorte, e tutta la brigata da’ vostri eletti conoscenti impieghino qualche istante nella lettura di questo mio libricciuolo. L’argomento è municipale, è vero, ma se trova in voi il suo presidio non potrà riuscire discaro ad alcuno. Carissimo certamente egli è a me, che mi dà occasione di palesarvi in pubblica forma i sentimenti della mia rispettosa osservanza.
- Bassano, il dì xx di marzo, 1807.
al chiarissimo
C. R. SOMASCO
autore della storia
della letteratura veneziana
del secolo xviii.
È cosa ottima il contentarsi delle dimestiche cognizioni, senza investigar le straniere 1. Fiancheggiato da questo detto ciceroniano, io mi accingo a sindacare quella piccola parte della vostra faticosa ed eruditissima opera che riguarda la mia Bassano. Non v’immaginaste mai di rimaner colto da frecce avvelenate, ch’io non ne so adoperar di altra tempera da quelle in fuori che si spezzano al primo toccar della cute: d’altronde se io sono mosso da quella carità della patria che dee essere radicata in ogni animo gentile, lo sono altresì dagli eccitamenti cortesi che mi avete dati voi stesso, quando col leggiadro poeta Giuseppe Bombardini, mio amico, ci trovammo uniti in un simposio autunnale presso l’illustre patrizio e Telemaco vostro, Domenico Michiel, nella sua Villa di Crespignaga. E siccome la storia di Bassano, e de’ suoi preclari uomini è argomento di poco rilievo; così io stimo opportuno di disaminare non solo il decimottavo secolo, seguendo il disegno della vostra opera, ma di adombrale altresì con questa mia Narrazione tutt’i secoli oltrepassati, a fine che, a dispetto di un’esile materia, mi riesca di ordire una tela di vario e gradevol trapunto.
Non occorre indagare se esistesse Bassano ai famosi tempi dei Tarquinj o de’ Cesari, o de’ Costantini. Nè ci assisterebbe la storia, nè la buona critica, nè si troverebbero qui prische anticaglie che potessero far puntello alle conghietture degli eruditi. Col benemerito delle patrie memorie Giambatisa Verci convien appagarsi di riconoscere la nostra origine intorno al Mille2, dopo cioè le incursioni degli Ungheri in queste contrade; e quando non solo le città grandi, ma i vescovi, i conti, gli abbati, e le badesse si occupavano ad erigere rocche, torri e castelli; e tanti ne costruirono nella Marca Trevigiana, che, al riferire del Muratori, sembrava essa, per così dire una selva di abitazioni3. Sin da questi tempi la celebre famiglia degli Ecelini cominciò a signoreggiare in Bassano con dispotica autorità sopra ogni genere di persone; e vi mantenne il suo domicilio per oltre due secoli, chiamandosi ora da Romano ora da Onara, or da Bassano indistintamente, a cagione de’ Feudi imperiali di questi nomi che possedeva. Di quand’in quando o la potenza de’ Vicentini e de’ Padovani, o la fierezza dei nostri progenitori eran sorgenti di aspre rivoluzioni, e gli l’Ecelini ora fuggivano vinti, ora davano legge da vincitori. Ecelino Balbo, detto dal Verci il più grande eroe di questa famiglia4, fu uno di que’ tanti pii avventurieri che passarono al glorioso conquisto di Terra Santa. Al suo ritorno dalle Crociate egli sperimentò ne’ suoi Bassanesi altrettanti campioni fedeli; ed egli principalmente, ch’eresse qui tempi ed edificj, cimentò il loro valore, la loro Industria e la loro cultura. Sappiamo con ammirabile precisione non solo il numero, ma eziandio il nome di tutti gli abitatori di Bassano a quell’epoca; poichè, essendo stati essi costretti nell’anno 1175, durante l’assenza di Ecelino, a promettere fedeltà ai Vicentini, venne firmata la carta di giuramento, che tuttavia esiste5, da 770 persone dagli anni l4 sino ai 70, eccettuati i religiosi, le donne e gli ammalati. Ad Ecelino Balbo succedette Ecelìno il Monaco che pure dai nostri storici viene dipinto qual prode guerriero e qual uomo eloquente; ed a lui poi tenne dietro Ecelino, quel gran capitano che trovasi aspramente ricordato dall’Ariosto qual immanissimo tiranno, che fia creduto figlio del demonio.6. Dopo frequenti guerre e clamorose imprese egli divenne signore di tutta la Marca Trivigiana, e di gran parte di Lombardia; e fondato avrebbe un vasto dominio, se non fosse stato dalla morte de’ prodi colpito alla battaglia di Soncino tra l’Oglio e l’Adda nell’anno 1259. I Bassanesi, rimasti per la sua perdita sciolti da ogni soggezione, implorarono la protezione de’ Padovani; e allora fu, che ringagliarditi gli animi de’ nostri sapienti dall’amore di libertà, compilarono uno statuto che tuttavia si conserva7, e in cui si condannò al taglio della testa chiunque trattato avesse di soggettare Bassano a qualche particolare padrone. Lo statuto non obbliò di provvedere la patria anche d’un maestro pubblico di grammatica, ai doveri del quale consacrò un’intera rubrica. Antecedentemente peraltro, cioè sin dall’anno 1233, erasi come doctor grammaticae qui salariato certo Maestro Gioi, che apparisce in una nostra pergamena, di cui il Verci ha creduto di tener conto; onde sappiamo fino chi è stato il primo ad istruirci nell’abbiccì 8 . Ma intertenendoci ora un poco sulla bassanese repubblichetta, egli è a sapersi, che non durò essa, infiacchita dalle private brighe, neppure un anno; e non trovo che sia stato troncato il capo a coloro, i quali colla mediazione del B. Bartolommeo da Breganze, sottomisero di nuovo la patria a’ Vicentini, quantunque ciò fosse ad onorevoli patti9. Il nuovo vassallaggio ebbe corta durata, e accaddero frattanto altre passeggiere vicende. Sin dall’anno 1274 avevano i Bassanesi fieramente battuto, indi caccialo in prigione un loro canonico, per la qual cosa si attirano la scomunica dalla chiesa; e questa si scagliò contro loro per la seconda volta dal card. Napoleone 10 nell'anno 1305, in cui avevano contro le canoniche leggi usata violenza all’arciprete loro, investendo con sovrana autorità delle decime i più polenti e ricchi lor cittadini. Questi piati ebber fine, ma poi tornarono presto a ripullulare, come accader suole nei tempi sanguinosi di rozzezza e di fazioni arrabbiate. Nuove guerre contaminarono queste contrade, finché nell’anno 1320 Cane della Scala, signor di Verona, divenne il nostro padrone, e cessar fece ogni tumulto civile. Dopo diciannov’anni di dominio egli cedette Bassano ai Veneziani, e questi ad Ubertino da Carrara, signor di Padova. Fu da principio dolce il governo de’ Carraresi; ma non si può quasi mai gustare il dolce senza dover poi tranghiottire l’amaro, Francesco I era solito fermar qui sua dimora per
qualche tempo, ed egli fortificò le mura di Bassano, e costruì canali d’irrigazione ch’esistono tuttavia 11 Francesco II però, ch’era uomo d’indole feroce ed inquieto, ebbe a sostenere continue guerre, che soggettarono anche questo municipio a varie incursioni e saccheggiamenti. Caddero gli Scaligeri, caddero i Carraresi 12 e Pio. Galeazzo Visconti, duca di Milano, divenne nell’anno 1388 un nuovo, ma liberale nostro signore. Sotto di lui si rimodernarono gli antichi statuti, si aggrandì Bassano con quel circuito di mura che tuttavia sussiste; e nell'anno 1402 eran qui impiegati migliaia d’uomini per una grande impresa del Duca, di divertire il corso del fiume Brenta, e farlo passare pel Vicentino; impresa di cui resta tuttavia qualche vestigio. Alla morte di Gio. Galeazzo ottennero i Bassanesi assoluzione dal giuramento di fedeltà, e passarono finalmente nell’anno 1406 a ricovrarsi sotto le ali dell’onoratissimo Leone Veneto. Andrea Forzatura, personaggio di una chiarissima famiglia nostra, che si tra
piantò poi in Padova, tu l’ambasciatore eletto per la dedizione di Bassano ad un dominio avventuroso, sellai quale si godette pace, alimientossi il commercio, fiorirono le arti e le lettere, i costumi s’ingentilirono; se non che sopravvenne a disturbare per poco tanta felicità la disastrosa guerra della Lega di Cambrai, guerra che costò il sacco anche a Bassano per opera dell'esercito Cesareo. Ma qui abbia fine la storia delle nostre interne e politiche convulsioni, e si dia mano a quella degli Uomini Illustri, senza la quale, solea dire Bacone, la storia del mondo diverrebbe come la statua di Polifemo, a cui fosse schiantato quel solo occhio che ha in fronte.
SECOLO XIV.
Non resti acciglialo meco il lettore, se la grettezza de’ tempi mi obbliga a tener conto di nomi che in secoli men rimoti sarebbero consegnati all’obblio. Sia pur manchevole e scarsa: non si passerà tuttavia per men buona e preziosa quell'arrugginita medaglia che serve a rischiarare la storia di un qualche antico municipio. Ma io potrò bene dar principio da
un personaggio che realmente menta lodevole
rimembranza com’è stato Castellano notaio e dottor di grammatica in Bassano verso il 1300. Costui cantò in versi eroici latini (oltre ad altre prove del suo ingegno poetico che si sono smarrite) la pace seguita in Venezia tra il pontefice Alessandro III e l’imperator Federico I, indirizzando l’opera sua a Francesco Dandolo, doge di Venezia, l'anno 1327 13 coevo di Dante e di Petrarca, e non è picciola gloria il ravvolgere in mente e comporre un applaudito poema, alquanti anni prima che fosse cinto il crine di alloro a messer Francesco, non come al cantor divino di Laura, ma come all’autore del poema dell’Africa, che qual fenice si risguardava.
Di altri nostri grammatici non è rimasto che il nome, e trovansi ricordati nella Storia Letteraria del ch. Tiraboschi un maestro Paganino e un maestro Simeone, che tenevano esercitata in Bassano la gioventù. Vi furono
inoltre due nostri fratelli conventuali, Guglielmo da Solagna, e Marchesino da Bassano, ai quali non dee ricusarsi un posto fragli scrittori. Il primo tradusse in latino i Viaggi che a lui dettava il famoso B. Odorico da Pordenone, venuti più volte in luce e nella Ramusio, e negli Atti de’ Santi del Bollando, ed anche separatamente a’ nostri giorni14. Il secondo fece ai Viaggi stessi varie giunte dietro alle notizie; che andò raccogliendo dalla viva voce del viaggiatore15. Il B. Odorico avea visitato l’impero Tartaro, l’Indie e la Cina; e quantunque sia l’opera sua gravida di favole e di ampollosità, e resa forse più ridicola per opera di copisti ignoranti16, tuttavia è quasi l’unica relazione d’autore italiano che abbiamo de’ paesi orientali nel secolo XIV.
Secolo xv.
Nel xv secolo Bassano non fornisce uno scrittore, che possa veramente dirsi che sacrificasse alle grazie. Quando si ricordino Alessandro Magio o Maggi, detto il Bassano autore di una riputatissima operetta de Praetoris Officio17, e dallo Scardeone tenuto in conto di eloquente oratore e chiarissimo giureconsulto; Andrea Forzadura, Vir famosus et doctor Legum excellentissimus18, già segretario di Gio. Galeazzo Visconti, e uomo di gran maneggio ne’ pubblici affari, da me qui sopra rammentato19, Niccolò da Bassano registrato dal Facciolati tra i professori di Ius civile nell’Università patavina20; e Pietro Paolo da Santa Croce, medico di Belluno, e scrittore di un trattato de Epidemia21, io credo che poco o nulla resti da aggiugnere. E in verità, che mal sofferente di un vacuo lungo ed ingrato ardirei di registrar qui uomini di spada in luogo di uomini di lettere, se pure Piardo e Cristoforo da Palmerina, e i Manardi, e i Novelli, ed altri capitani nostri valorosissimi, non mi si affacciassero quai paladini degni di sedere alla tavola del re Artù, dietro al bizzarro gusto di un secolo gradassevole, che vide nascere l’Orlando del Boiardo, ed il Morgante del Pulci, ed in cui surse la futile scienza cavalleresca22. Un saggio delle trascendenti prodezze bassanesi si può leggere nell’operetta il Bassano del veneto Lorenzo Maruccini, non solo impressa in Venezia nel 1577 in 4, ma tradotta altresì in latino, e pubblicata in Olanda per il Vander Aa: Quattro Bassanesi furono bastanti a tener l’esercito di Massimiliano imperatore per ore sette con gran strage; quali non puotero esser mai conquistali prima che non fossero tolti di mezzo da molti cavalli, che passarono il fiume a guazzo; nè bastarono ancor questi a prendergli, che, ascesi alla montagna velocissimamente, se ne fuggivano, ma assaliti da alcuni cani corsi, tenuti nell’esercito a questo fine, furono dissipati e morti dalla cavalleria. Che ve ne pare, P. Moschini onorando, e a me sempre carissimo?
Secolo xvi.
Entro colla mia Narrazione nel secolo d’oro delle lettere e delle arti, in quel secolo in cui per tutta Italia e oratori e poeti, e pittori e architetti, ed i cultori di ottime discipline germogliavano come i mughetti e le giunchiglie allo spuntare di primavera.
Un nome veramente grande, e, dirò meglio, un astro luminosissimo comparve sotto questo cielo in Lazzaro Bonamico, il quale non mai si vide finora oscurato da verun altro de’ suoi concittadini. Come uomo da paragonarsi ai Classici antichi lo definì il Sadoleto; l’onore dello studio di Padova lo chiamò lo Speroni; qual ingegno di cognizioni profonde nell’antichità e nell’erudizione fu dal Tuano ricordato; e i Manuzj, e i Bembi, e i Varchi, e gli Erasmi, e gli Amasei tennero intorno a lui non dissimil linguaggio, e fecero infinita stima del suo sapere. Educato alle scuole de’ Calfurnj, de’ Leonici, de’ Musuri divenne gran maestro nella greca e nella latina eloquenza, e vivo desiderio di se lasciò in Bologna, in Firenze, in Roma, città tutte che lo accolsero con entusiasmo per qualche tempo. Eletto professore nella cattedra patavina v’insegnò umane lettere in pubblico ed in privato nel lungo periodo di cinquant'anni, con istraordinario concorso di alcuni Italiani e d’oltremonti; i quali affermavano, che i veri precetti della facondia ciceroniana, lo stesso padre e fonte della romana eloquenza Marco Tullio non li avrebbe con maggiore chiarezza e purità spiegati 23. Lazzaro era stretto in amicizia co’ più grandi uomini del suo secolo; e illustri allievi uscirono dalla sua scuola, bastandomi rammentare tra gli altri Antonio Agostino, Onofrio Panvino, e duo gran cardinali, Reginaldo Polo ed Agostino Valerio. Anche prima di essere onorato dalla sua Re
pubblica dì largo ed insolito stipendio, è stato quest’uomo maraviglioso inutilmente desiderato dalle straniere nazioni. Egli spirò nelle braccia degli amici, e furono ambiziosi gli alunni dello studio patavino di poter portare il suo feretro sulle loro spalle, e di lodarlo con orazioni e con carmi che tuttavia ci rimangono 24. Non si determinò per soverchia modestia a produr, mentre visse, opere sue, che pur erano attese con impazienza 25; e soltanto pochi versi, poche epistole, e qualche orazione si pubblicarono dopo la sua morte. Quantunque il Mazzuchelli in prima, e poi il Verci, abbianmraccolte varie notizie intorno alla vita e agli studj di Lazzaro26, nientedimeno mille volte ebbe a ripetermi il dottissimo uomo ab. Jacopo Morelli, che campo è questo ubertoso, ma non ancora ben coltivato27; ed in effetto, colle sole tracce dal Mazzucchelli segnate sarebbe spezialmente da esaminarsi la molta copia di componimenti non editi che nella Ambrosiana di Milano si trovano esistenti.28. Volesse Iddio che il valente ed accurato biografo di Vittorino da Feltre, e di Guarin da Verona fermasse i suoi sguardi alla metà del cammino fra quelle due città, che rivolgendoli a Lazzaro da Bassano, bella e copiose messe ritroverebbe onde accrescer fama a se stesso, e recare a questa mia patria splendore. Una schiera di poetuzzi imitatori, greggir servile, e qualche oscuro scrittore in teologia, in giurisprudenza, in medicina, balzò pur fuori a Bassano in quest’epoca, ma io mi guarderò bene dall’intrattenermi intorno ai Cardellini, ai Persici, ai Sale, ai Giostrerj, ai Testa, ai dal Corno, agli Ancarani, e a talun altro, di cui tuttavia rimane o qualche sdolcinata poesia, o qualche commento a Galeno, qualche parafrasi di rancide leggi, o qualche stucchevole vita di Santi. Di poco merito è anche un’orazione latina (detta dal Verci bel-
lissima) scritta dal nostro Franceso Grossa onore del cardinale Valiero; e quasi dimenticate sono oggi dì le Eleganze de’ Commeniarj di Cesare che, ad imitazione di Aldo Manuzio il giovane, mandò il Grossa alle stampe 29. Marco Stecchini, poeta e maestro di belle lettere, fece qualche passo più innanzi, e si trovò compensato coll’onore della propria effigie coniata in bronzo. Di assai maggior calibro dei suddetti furono Giuseppe Betussi e Francesco Negri. Era il Belassi un povero gentiluomo nostro, che di buon’ora vagò per l’Italia accattando grazia e protezion letteraria, e la trovò spe
zialmenle in Pietro Aretino, che lo riguardava come figliuolo e da Mentore lo ammoniva. Costui in una lettera, cospersa de’ soliti suoi freddi lepori, raccomandavagli un giorno, che badasse intensamente agli studi, sì che sieno le vostre Amorose le carte e le vostre Ruffiane le penne 30. Irrequieto il Betussi, e bisognoso di pane, viaggiò in Inghilterra, in Francia, in lspagna, né mai fermò suo domicilio in una sola città d Italia; giacché ora trovasi correttore di stampe presso i Gioliti in Venezia, ora segretario in Roma, ora ramingo a Torino, a Milano, a Siena, finché ricovrossi presso la famiglia illustre degli Obizzi di Padova, dove compì nell'anno 1573 il suo Ragionamento sopra il Catajo; e in questa villa deliziosissima vedesi tuttavia la dipintura del suo ritratto, di mano di Batista Zelotti 31. In mezzo ad un vagamento così continuo non è poco ch’egli trovasse ozio da consacrare alle lettere, né scarso è il numero de’ volgarizzamenti, delle poesie, delle opere di erudizione che di lui ci rimangono
a stampa, o che si sono smarrite 32, e che gli hanno tenuto luogo tra gli uomini più illustri in sapere, secondo le forse troppo larghe espressioni di lode dategli dal Tiraboschi.
Spenderò poche parole intorno all’apostata Francesco Negri. Uomo di fervida fantasia, spirito tempestoso, ma di non ordinario sapere, o fosse accecato da un allacciamento incauto, secondo la volgar tradizione, o imbevuto dalle dottrine dei novatori de’ suoi tempi, com’è più verisimile, egli balzò dal monastero de’ Cassinensi di Padova a sostenere le false dottrine di Lutero e di Zuinglio in Alemagna. Stabilitosi poi nella Rezia, divenne precettore in Chiavenna, e si fece stimare come uomo versatissimo nelle lettere, e come non ignobil poeta, pubblicando varie operette33. La tragedia del Libero Arbitrio, da esso composta in italiano, e poi recata in latino, si ha eziandio tradotta in francese, ed è tanto cara ai raccoglitori delle rarità bibliografiche quanto abborrita da chiunque ha in ira la vile satira e le puerili allegorie34. Ci ha pure lasciata
il Negri la storia di un altro settario nostro bassanese Domenico Cabianca, il quale in età di 30 anni venne condannato a morte in Piacenza; e le geste di costui si leggono registrate nel ginevrino martirologio 35. A questi nostri concittadini, che fecero tanto mal uso de’ loro talenti, può la patria contrapporre altri personaggi distinti nelle sode dottrine e nella pietà; e tra questi è da ricordarsi con onore Gio. Agostino Diedo, detto il Bassanino, che abbracciò l’istituto Agostiniano, e ne divenne vicario generale l’anno 1553 in Bologna. Lasciò pubblicata qualche piccola sua produzione, ed era consultato come uomo grave e profondo nelle teologiche controversie, avendo egli dati consigli che furono abbracciati per la terminazione, ed esito felice del Concilio di Trento36. Fuvvi un Ambrogio Frigerio Agostiniano, zelantissimo della religione, uomo di probità e di sapere, che venne promosso da papa Clemente VIII al vescovado di Sebenico, a cui però non potè pervenire, dalla morte impedito37. Antonio Grandi, eremita che soggiornava a S. Vito presso Bassano, raccolse in sua casa due compagni di S. Ignazio ed il Santo medesimo, gl’illustri biografi del quale, Gio. Pietro Maffei, e Daniele Bartoli, ricordano Antonio con molto onore, dandoci l’uno il carattere di questo rigido Ilarion bassanese38, e l’altro una bella raccolta di alcuni suoi memorabili detti39. Uno de’ primi seguaci dell’istituto Loioliano fu Cristoforo Compostella, autore di un’operetta della Cristiana Istituzione, che venne approvata per l’uso di varie diocesi. Egli fu caro all’insigne arcivescovo di Milano S. Carlo Borromeo, con cui tenne corrispondenza40.
Con Alessandro Campesano chiuderò la storia letteraria del secolo decimosesto. Lo disgiungo dagli altri, non perchè debbasi avere un’alta opinione di lei, come di un grande scrittore, o di un poeta di spirito elevato, ma perchè le belle singolarità del suo animo diletteranno ogni alto animo bencomposto. Spirano ingenuità e candore tanto le sue piccole composizioni poetiche, quanto le lettere ch’egli scriveva a’suoi amici, e nelle quali si compiaceva a narrare, che la natura non gli avea cacciata in corpo un'animaccia avara e desiderosissima di guadagno, ma l’avea formato sprezzatore delle ricchezze ed amico del buon capere 41. Volle quasi ripetere questi sentimenti anche nella sua lapide sepolcrale, che tuttavia leggesi nella chiesa di S. Giovanni Batista in Bassano: Alessandro Campesano hvuomo amico di sapere et di vita ritirata è qvi sotterrato, ecc. Piaceagli condurre tranquillamente i suoi giorni sulle rive di questo Brenta, e ci rimase una modesta pittura de' suoi passatempi in un'aurea epistola latina di quel nostro valente bassanese
Faustino Amico, che per fatalità vide compir sua giornata innanzi sera42. Alessandro serbava costantemeinte fede agli amici, ed in pegno di questa raccolse e pubblicò alcune rime del Bonamico, e poco prima di morire destinò a’ suoi più cari le suppellettili letterarie ed erudite che possedeva. La lettura del suo testamento, che abbiamo a stampa, fa correre all’animo un soave piacere, ed è tale che potrebbe servire di archetipo ad ogni onorato capo di famiglia, mentre vi risplendono e vi si ammirano e la riverenza a Dio, e l'amor della patria, e la giustizia verso i parenti, e la molta prudenza, ed un'onesta amarezza pel distacco da beni di quaggiù. Si rende poi deliziosa quell'efficacia con cui egli tiene raccomandato un diletto suo poderetto: Se io mi sapessi immaginar modo, con che obbligar quelli che verranno perchè tenessero ben in concio, et ornata, e riparata questa casa, e questo orto, almeno come io ho fatto; e che da eleganti padri di famiglia trattassero e
coltivassero con grate opere così il terreno, come le piante di quel mio carissimo giardino costeggiato dalla Brenta, fareilo certo volontieri molto; ma voglio credere e confidarmi, che per non spiacermi almeno, nè esser ingrati, non disprezzeranno questo mio desiderio, nè si mostreranno sconoscenti del benefizio che io lor fatto ho. Amo tanto questo dilettissimo diversorio, per la piacevolezza del sito, per la comodità del fiume, per la sua vicinità, e per lo prospetto e vista gratissima, che se la fede non me ’l vietasse ardirei di dire aversi a veder, o certo udir spesso a diportarsi dopo mia morte di me qualche ombra agli odori et all’aura di quelli alberi, posso dir fatture delle mie mani, e creature mie: quasi inter amoena piorum concilia fortunatorum nemorum, sedesque beatas43. Dalle poche memorie in somma del Campesano, che tuttavia ci rimangono, scorgiamo in lui uno spirito veramente gentile. Penetrato della verità ed eccellenza della sua religione, egli era nemico di quella pietà imbecille che suol far consistere la soda virtù in vote apparenze. Non mai desiderio di ven
detta lo colse, non mai conobbe che fosse orgoglio, figlio bene spesso dell’idiotaggioe. Era amico della società soltanto allora che poteva contribuire alla concordia de’ cittadini; e teneva a se legati gli animi altrui, dando sempre in sè stesso nobile esempio di moderazione e di piacevolezza44. Ho dipinto Alessandro Campesano con pennello spontaneamente vivace, perchè dalla vita di lui possa ognuno dedurre, die le qualità del costume e del cuore sono assai più deliziose e più utili di quelle dell’ingegno e della dottrina.
Comincisi la rassegna, ch’egli è ormai tempo, anche de’ nostri migliori cultori delle bell’arti, meritando pur bene la storia pittorica bassanesca una particolare commendazione. Aveano scritto intorno ai Bassanesi pittori il dotto Ridolfi, e l’illustre Zanetti; e degli artisti ottimi, mediocri, ed infimi si occupò anche soverchiamente il benemerito Verci 45, il quale intorno a qualche artifizio del nostro Iacopo nella teoria del dipingere, seguì i dettami di Giambatista Volpato, pittore nostro, di cui dirò per innanzi. Intorno a Iacopo scrisse dappoi con venustà pittoresca l’abate Giambatista Roberti46; e in ultimo luogo pronunziò inappellabil giudizio della scuola tutta de’ Bassani il celeberrimo abate Luigi Lanzi 47, che quando scriveva era mio ospite desideratissimo48, essendosi qui trat
tenuto per riordinare ed imprimere la sua classica Storia della pittura. Se l’argomento cadde per buona ventura in mani sì diligenti, e dilicate e perite, buon partito è per me il seguir ciecamente tali orme, imitando i fanciulli i quali scrivono sulle carte rigate, perchè da sé stessi non saprebbero tener diritta la mano. Sin dal decimoterzo secolo trovasi nelle nostre vecchie carte ricordato un Martinello da Bassano pittore, il quale, io stimo, che se per avventura gareggiò in abilità con quei miniatore che contemporaneamente figurò lo Statuto di Bassano da me sopraccennato, dovea pur essere imbrattator di muraglie rozzo ed agreste, e da nominarsi soltanto per avere dipinto prima di Giotto e di Cimabue 49. Varie pitture qui ci rimangono de’ tempi posteriori, ma non così i nomi degli artisti loro. Nel finire del secolo decimoquinto, e nel susseguente esercitò la pittura in Bassano la famiglia de’ Nasocchii che ci diede un Giacomo, un Niccolò, un Francesco, un Bartolommeo, ed un Giuseppe, del qual ultimo si
conservano tuttavia freschi, che lo fanno distinguere artista men che mezzano50. Ma fu principalmente nella famiglia da Ponte, o dei Bassani, che venne in grido la eccellenza della pittura, come direi quasi la fu un tempo della medicina nella famiglia degli Asclepiadi, e lo fu a' giorni nostri delle matematiche in quella de’ Trivigiani Riccati: Francesco da Ponte il vecchio, vicentino di nascita, ma che fermò qui il suo domicilio, riuscì buon seguace de’ pittori Bellini. Cominciò i suoi lavori da diligente artista, ma secco; se non che ne' suoi ultimi anni divenne più pastoso a misura che l’arte si andava qua e là rammorbidando. Iacopo da Ponte, figliuolo di Francesco, è il grande e classico nostro pittore. Egli
animò sulle spiranti tele
Non crude pompe di guerrieri assalti,
Nè logge od archi di romuleo fasto,
Ma lieti casolari, umili arredi,
Vecchierelle, asinei, mandre, pastori,
Tcocrito dell'arte
Educato prima dal padre, resosi indi istrutto dagli esemplari degl’insigni suoi coetanei, e fornito di un’anima vivace, ed atta ad esprimere col pennello le bellezze della natura, che gli erano qui familiari, si rese poi celebre e per la magia di colorito, e per originalità di stile, che niente a quel di Tiziano, del Tintoretto e di Paolo cede in bellezza: perciò dee egli avere egual posto fra quelli per compiere l'idea della scuola veneta nella, maggiore sublimità 52. Era limitato di fantasia, e perciò facile a ripeterei soggetti; ma ciò poteva pur attribuirsi a colpa della sua situazione, essendo verissimo, che le idee agli artefici ed agli scrittori crescono nelle grandi metropoli e scemano ne’ piccoli luoghi53.
Conchiude però il chiarissimo Lanzi col dire, che la tavola della Nascita del Signore, postana S. Giuseppe in Bassano è il capo d'opera non solamente d'Iacopo, ma quasi dissi della pittura moderna in ciò che è forza di tinte e di chiaroscuro. La scuola di Iacopo durò per lunga stagione, sempre però decrescendo. Tra i quattro suoi figliuoli e discepoli, Francesco e Leandro riuscirono valorosi. Giambatista e Girolamo, solea dire il padre, ch’erano ottimi copisti delle sue opere, ed il secondo spezialmente arrivava colle copie ad ingannare talvolta i conoscitori di allora, che le vedeano belle e fresche: quanto più sono in pericolo di prendere abbagli i presenti, che sono lontani da quella età, e le vedono molto bene armonizzate, e accreditate dal tempo54! Francesco fece quadri bellissimi, imitò il colpeggiare del padre, il suo calor nelle tinte, il rilievo, e la franchezza medesima, caricando eziandio alquanto lo stile paterno. Sarebbe forse pervenuto ad oscurare lo stesso Iacopo nelle grandi composizioni, se, oppresso da fiere malinconie, non avesse perduto la mente a
segno che, gittatosi di una finestra, disperatamente perde la vita in età giovanile. Leandro, il terzo genito, imitò gli esempli paterni, seguitando tuttavia piuttosto la prima che la Seconda maniera di Iacopo. Con un pennello men fervido sceglieva le immagini più liete, e le più nobili della paterna scuola, ed eseguiva i suoi lavori con bell’impasto, senza ommettere il vigore dovuto, e la maestria necessaria al carattere di un buon professore. Salì spezialmente in alto grido in Italia e fuori per moltissimi ritratti che fece stupendamente, accostumando con quella pratica la fantasia alla varietà, sicchè tutto non fu in lui maniera di scuola, anzi qualche cosa di originale nelle opere di esso molte volte si trova55. Egli dipinse, tra gli altri, il celebre Prospero Alpino, onor di Marostica, che al suo ritorno di Egitto volea stabilire fra noi il suo domicilio 56, e lavorò poi moltissimo
per privati per principi. Il doge Grimani lo avea creato cav. di S. Marco per essere stato egregiamente da lui dipinto; e di quest’onore tanto andava borioso Leandro, che faceasi pubblicamente corteggiare da’ suoi scolari, i quali doveano anche assistere alla sua mensa, e far ivi da pregustatori nelle vivande; perchè all’uso dei grandi Leandro sospettava sempre di veleno. Il grande poi tornava piccolo, se i pregustatori addentavano troppo avidamente i manicaretti golosi; e in questo caso egli menava schiamazzo. Tra i varj allievi de’ Bassanesi registrò il Verci un Iacopo Guadagnini, un Marc'Antonio Dardi, un Giulio, ed un Luca Martinelli, un Antonio Scaiario, ed altri; ma il migliore di ogni altro fu Iacopo Apollonio, nato di una figliuola di Iacopo, e, secondo il
Lanzi, bssanesco nell'idee, e ne' vestiti, nell'architettura, e più che altro nel paese che tocca con vera maestria. Marietta da Ponte, figlia di Girolamo, uno de’ quattro figliuoli di Iacopo, riusciva bene nel dipingere prospettive di architetture, e nel copiare le opere dall’avo suo. Mori di anni 70 nel 1697. Francesco Trivellini, che compì i suoi giorni nell’anno 1733, può dirsi l’ultimo germe di questa scuola. Da principio mostrò talenti pittorici in qualche quadro di altare che tuttavia esiste, ma riuscì poi secco e stentato: diventò orbo in fresca età, e diventò orba con esso la scuola pittorica bassanesca.
SECOLO XVII.
Torniamo agli studi letterarj, ma entriamo in un secolo, che soprattutto nelle venete contrade segna epoche fatali al buon gusto nelle lettere e nelle arti italiane, quantunque poi segni nella filosofia epoche grandi e immortali. Consoliamoci che in questo secolo sono sì pochi e sì oscuri i bassanesi scrittori, che si potrà scorrere la centenaria senza imbrattar
molta carta.
Il falso brillante, e gli acumi dello Stile e de’ concetti non mancarono nemmeno in questo nostro quasi invisibil angolo della terra. L’Origine di Bassano di Mario Guadagnini; l’Innesto della Rosa col Giglio, di Ottaviano Morgante; i Trionfi di S. Francesco, di Marsilio Zanchetta; la Minerva trionfante, di Marc’Antonio Marchesano altri opuscoli con intitolazioni di arabo gusto, le Rime e le Prose de’ Crestani, de’ Compostella, de’ Ronzoni, de’ Dolzani sono produzioni d’ingegno simili a’ capricci de’ caramogi nella pittura. Uno Scrittor tristanzuolo, Camillo Bevilacqua, nostro V. cancelliere pretorio, descrisse certa sacra funzione bassanese solenneggiata l’anno 1681 57; e non potrà se non che divertirci un cenno dello stravagante frutto del suo cervello. La Relazione in prosa, che costui ricovra sotto l’ombra della porpora invitta del Podestà di Bassano, è definita qual boschereccia cicala, e quale aborto di mal rappatumati concetti, che vien consegnato agli annali eterni della stampa, quantunque alla nerezza dei stemprati inchiostri stia accoppiato il rossore del volto. Parlando di sè medesimo ci pre
viene, ch'entro l'eccelso Archilicco delle Antenorce mura succhiò il latte purissimo delle più squisite dottrine, e trovò quella penna d’oro onde con profluvio di facondia sopraddistinta delineare le prerogative di Bassano, le quali intende però di lambire solamente fuggendo a somiglianza de’ Cani del Nilo. Raccomanda in fine se stesso, e l'opera sua alla gran bontà del Podestà, che per ogni capo ha dell'infinito, e infonde splendore nel cupo delle tenebre della nativa ignoranza (dell’autore).
Ma tentiamo di emendar con decoro la storia de’ nostri letterali bassanesi, e frughiamone alcuno in qualche scienza versato. Medico valente è stato Vittor Gardellini, che, al riferire del Verci, sentiva molto avanti nell’arte sua, ed era consultato dagli indigeni e dai forestieri. Mandò alle stampe un’operetta De origine foetus58, di cui né io so dare giudizio, né trovo che ne faccia menzione nemmeno il Ploucquet nella sua gran Biblioteca Medica, impressa a Tubinga. Per quanto
spella a latinità e ad erudizione, è libro da tenerne buon conto.
Andrea Vittorelli, di cui ci rimane la medaglia in bronzo, è stato un dotto uomo, al quale tributò elogio anche l'eruditissimo Tiraboschi59. Dedicatosi allo stato ecclesiastico, passò di buon’ora a Roma, dove potè farsi conoscere versatissimo nella moral teologia, e peritissimo nella ecclesiastica storia. Scrisse una farraggine di libri sull’uno e sull’altro argomento, ora in italiana ora in lalina favella, e godette di tanta riputazione, che trovasi tuttavia bene spesso citata la sua autorità60; e Leone Allacci, uno de’ più gran letterati del suo tempo, compilò il catalogo delle opere del Vittorelli, si stampate, come rimaste poi manoscritte61. Per vivere esclusivamente a sè ed a’ suoi studi, egli rinunziò al canonicato di Padova, e non si curò nemmeno di accettare in Roma l’offertogli onor della mitra62. L’amor della patria facea breccia
nell’animo di questo nostro concittadino, anche soggiornando nella grande città; e nelle sue giunte alle Vite de’ Pontefici e cardinali del Ciacconio da Leone XI fino ad Urbano VIII, cacciò dentro, direi quasi per forza, l’elogio che di Bassano aveva allora fatto Iacopo Cavacio nella Prefazione al suo Museo degl'illustri Anacoreti63.
Per non dispiacere agli schizzinosi accennerò anche Giambatista Volpato, dal nostro panegirista Chiuppani chiamato pittore eccellentissimo filosofo, matematico, fisonomico e metoposcopo. Dovea pur aggiugnere anatomico, poichè il Volpato faceasi grata occupazione dello scorticare cadaveri, onde apprendere per principi la ragione de muscoli. Rimangono molti suoi scritti intorno al ma
gistero delle arti del disegno64, di alcuna de’ quali si servì il Verci, e se ne giovò eziandio l'Algarotti, che qualche volta si rivestiva volontieri delle penne altrui; ma se qual pittore si voglia risguiardare il Volpato, e osservar si vogliano quelle enormi schiene e quegli sconci sederi, e quo’ coloracci nerastri e tenebrosi che ti si presentano nè suoi quadri dipinti nella chiesiuola dell’Angelo Custode, o al Duomo, o nella villa Rezzonico, in verità che non si saprebbe accarezzar molto questo nostro pittore e metoposcopo; e converrebbe conchiudere, che senza l’istinto della natura è soggetto a diffalta ogni sforzo della diligenza e della fatica. Al finire di questo secolo, e al principio del susseguente appartiene un grande artista bassanese, lo scultore Orazio Marinali che nacque l’anno 1643, e morì l'anno 172065
Studiò a Roma e a Venezia, e, nato grande per l’arte, si lasciò strascinare sfortunatamente dal gusto pazzo da’ tempi suoi. Lavorò moltissimo e frettolosamente; e tra le tante centinaia di sue statue, di quando in quando trovasene alcuna, in cui, oltre a molta imitazione della natura, e facilità di contorno, havvi mossa felice, scarpello maestro; e dicane quello che vuole il dittatore Algarotti, egli non è raro trovarsi un’opera del Marinali, meglio scolpita di alcun’altra del Sansovino o del Vittoria, nomi famigerati66. La sentenza non è mia, ma di molti odierni conoscitori, i quali raffinarono il loro gusto sugli esemplari dell’immotale Canova, di quel Canova, che quasi chiamerei conterraneo nostro, avendo avuto i suoi natali in Possagno, villaggio otto miglia di qua distante, e sulle orme del quale tenta ora di camminare da valoroso giovane Antonio Bosa, nostro bassanese scultore, domiciliato in Venezia67.
SECOLO XVIII.
Più facil sentiere batterà sempre colui che imprenda a trattare di antiche memorie piuttosto che di recenti, potendo in queste essere di leggieri riconvenuto o di sbagli anche frivoli, o di qualche parzialità, o di men che fino discernimento; e suole in questo caso menarsi alto rumore onde tentar di oscurare, o di annientare ancora, se possibile fosse, il merito di quelle fatiche che sono frutto di lunghe e d’ingegnose vigilie. Mi rivolgo qui a voi, egregio P. Moschini, e prima di percorrere la storia de’ chiari insegni bassanesi del secolo XVIII debbo, dietro al mio proposito, erigermi in vostro censore per ciò che ad essa appartiene. Dalla Narrazione a buon conto che ho sin a questo punto condotta, voi ben vedete, che se gli uomini celebri rendono segnalato quel secolo in cui brillarono, forse troppe proclive voi foste ad esaltare que’ tempi, ne’ quali non ricomparvero né un Lazzaro, nò un Iacopo, né la onorata schiera de’ lor seguaci. Sappiano i Bassanesi moderni buon grado alla vostra predilezione, ma la storica verità abbia luogo, e sia mio ufficio
l'amichevolmente notare le inesatezze che posson esservi sfuggite, e la diversa opinione in che è tenuto presso molti qualche scrittore da voi rammentato. Ma siccome non mi sembra questo ii luogo opportuno a schierare quelle osservazioni minute che tendono o ad illustrar qualche passo, o ad aggiugnere qualche nome, o a ricordare qualche altro Libro, così stimo più conveniente cosa d’inserir tutto ciò nel Catalogo de’ Bassanesi Scrittori del secolo XVIII68; e condurre intanto al fine il mio racconto, in cui mi piace che abbian luogo soltanto que’nomi, de’ quali riluce ad un tempo la sodezza dello opere, ed il chiaror della fama. Vi prevengo che io non isclolgo la lingua intorno agli autori viventi, quantunque io sia orgoglioso di una cittadinanza comune con un Iacopo Vittoreli, con un Giambatista Brocchi con un Giuseppe Barbieri con l’arciprete Pietro Martinari, coi un Giuseppe Bombardini, e con altri non pochi. All’impresa ardimentosa di giudicare gli uomini vivi vi siete voi accinto: ma perdonatomi
se io temo che, affidandovi troppo all’amabile vostra ingenuità di carattere, non abbiate riflettuto abbastanza che tanto le lodi quanto le censure possono partorire odj acerbi, e che egli non è poi a fidarsi molto della filosofica gentilezza del secolo. Torniamo dunque agli uomini morti, e avviciniamoci al fine. Scegliendo coloro che si procacciarono maggior rinomanza, quantunque non siano i soli ottimi indegni bassanesi, ed ommettendo di far menzione di Baldassare Remondini, dottissimo vescovo del Zante; del P. Gaetano Maria Travasa oratore e storico; del P. Gio. Francesco Scottoni, valente agrario; dell’ab. Antonio Golini, delizioso scrittore di lettere; de’ dottori Giovanni ed Antonio Larber, valenti medici; del canonico Sebastiano Pagello, poeta e grecista di molto polso, ricorderò qui tra gli scrittori un abate Roberti ed un Verci. tra gli artisti un Volpato, e tra i meccanici un Ferracina. E da quest’ultimo incominciando, bea si avvisò certamente l’abate Roberti, il quale eccitò i suoi concittadini ad erigere in questa città un pubblico monumento di onore a quel fabbro nato nella suburbana villa di Solagna, che, digiuno di ogni studio, e colla forza del
suo talento, si appianò la strada ad imprese difficilissime, seppe render celebre il suo nome in Italia e fuori, e riuscire un emulo dei gran meccanici Loriot in Francia, e Zabaglia in Roma. A Bartolommeo Ferracina dobbiamo macchine di ammirabile semplicità e di uso comune, invenzioni prodigiose in idraulica, operazioni fortunate per soggettare a costanti leggi fiumi e torrenti; e la nuova costruzione di questo nostro deliziosissimo ponte, dopo che una subita innondazione avea strascinalo seco il Palladiano. Sul ponte, sull’innondazione, sull'artefice, sugli ordigni inventali per una spedita ricostruzione cantò l’abate Giuseppe Tommasi, paesano del Ferracina, e già rettore del Seminario di Feltro, una delicata Elegia latina, che meritò di essere recata in versi sciolti italiani, in numero pari ai latini, da Natale Lastesio, uomo di quel fino gusto che a tutti è noto69.
Di natali quasi ugualmente oscuri è stato Giovanni Volpato; valoroso maestro dell’intaglio in rame e onoratissimo uomo, che cessò di vivere in Roma il di 26 agosto nell’anno 1804- Sin a ventun’anni non fece in patria che disegnare ornati su i pannilini, e trapuntar manichetti in compagnia di sua madre. Deposto l'ago, e preso in mano lo stilo, si addestrò nella officina Remondiniana che grande utilità reca alle buone arti, e venne assistito e diretto dai consigli del celebre Bartolozzi, allora dalla famiglia Remondini impiegato in imprese dell’arte sua. Potè poi trasferirsi a Roma, quivi perfezionarsi e fare luminosa comparsa. Parlò di lui con molta esattezza e con lode non equivoca il Giornalista Romano, quando ci annunziò l’amara sua perdita: "Si può dire che non corresse, ma volasse nella carriera dell’incisione. I primi suoi saggi sorpresero i professori, ed in brevissimo tempo occupò il primo luogo tra gl’incisori veneti, allora molti e valenti... Nel-
l’incisione delle famose camere Vaticane la Scuola d Atene riscosse un plauso così grande, ch’egli s’avvide, che non solo dovea incoraggiarsi al proseguimento dell'opera, ma avea bisogno di aiuto por accelerarne la pubblicazione; e fu dopo avere pubblicate tre stampe, che l’egregio Morghen di venne il suo diletto scolaro: ed egli, che vide i suoi talenti, gli apprezzò, li coltivò; e lontano dal concepirne invidia, si adoperò per renderli celebri e noti... Roma è debitrice al Volpato della fiorita scuola di incisione, che ora in essa regna. Non mancarono innanzitutto a lui de’ valenti artisti, ma egli coll'opere interessanti che pubblicò, pose in certo modo l’arte alla moda, ed eccitò l’emulazione. Possedeva i maggiori pregi dell’arte sua. Facilissimo nel trasportare sul rame il carattere del disegno, nitido e lucido nel taglio, esperto nelle preparazioni dell’acqua forte, intelligente nel taglio di punta secca, ottenne nelle sue carte forza, precisione, effetto ed energia. Avea nelle belle arti un finissmmo gusto, che non limitavasi alla Sola incisione; anzi non v'era parte di esse su cui egli non ragionasse eccellentemente, e con chiarezza
l’idee sorprendenti,,70. La celebre pittrice Angelica Kauffmann ci diede il ritratto di Giovanni in età di anni 67, che venne poi intagliato in rame con istraordinaria maestà dal genero suo Raffaello Morghen sopraccennato. Antonio Canova fece anche di più. L'amicizia, la gratitudine, il patrio affetto tanto nobilitano il cuore di quest’uomo singolare, quanto l’arte è nobilitata dal suo scarpello. Tai sentimenti gli eccitarono il più tenero entusiasmo, e li espresse in un monumento marmoreo eretto in onore del Volpato nostro71 nella Basilica de’ SS. Apostoli in Roma, là dove surge il Deposito di Papa Clemente XIV, già per cura e per solerzia del Volpato da Canova costrutto sin da quando era in età giovanile. Osserverò in fine, che l’esempio del nostro esimio intagliatore in rame servì
sopra tutto ad incoraggiare tant’altra gioventù di Bassano, già inclinata alle arti belle; e quindi non solo seguirono le sue tracce, ma eziandio riuscirono qualche volta a superarlo nella morbidezza dell’incisione in rame, e nella correzione del disegno un Luigi Schiavonetti, che vive riputatissimo in Londra72, un Giovanni Folo, che ottenne distinzioni e premj73, e un Pietro Fontana, domiciliati in Roma. Pietro Bonato, che pure soggiorna in Roma, ha doti singolari in quest'arte, e lo prescelse il Canova all’intaglio di qualche suo insigne lavoro. Abilissimi sono pure Gaetano Zancon ed altri giovani bassanesi, oggidì sparsi
qua e là, e che danno saggi di particolare talento74
Io credo che senz’avere la penna leggiadrissima dell’abate Giambatista Roberti non si possa lodare quest’uomo convenientemente; ma credo altresì, che il pigliare la sua penna in mano sia cosa tanto difficile quanto pericolosa. Una certa spontanea ed ingenua e parziale venustà di locuzione è in tutte le lingue propria soltanto di qualche peregrino ingegno, e riesce poi quas'inimitabile da chicchessia. Il Roberti ha tentato ogni genere di scrivere d più malagevole, e vi riuscì; ma senza far apparire soverchio studio sulla simmetria, sulla scelta, sulla proprietà, sulla collocazione delle parole, mi par difficile che altri possa battere la stessa strada, e andar
esente dal rimprovero di scrittore lezioso ed intemperante. Ma non è solo per la singolarità dello siile che quest’uom valoroso onorò la sua patria. L'Italia deve a lui quasi affatto il risorgimento dell’apologo, il disuso delle così dette Raccolte Nuziali, sull'esempio dei suoi poemetti la Moda e le Fragole; e quello ch'è più, tanti altri scritti polemici e filosofici che onorano il cuore e la religione, e che si riprodussero in ogni angolo, e si rileggono tuttavia. Questo letterato amabilissimo, che nel bel coro delle virtù cercava la sua felicità, noi di cui volto traspirava la giovialità ed il candore dell'animo, era teneramente attaccato alla patria, nè noi abbiamo, la sua mercè, ad invidiare al Bonfadio la descrizione del bel Lago di Garda, poiché non meno di essa e bella e pittoresca e vivace è la descrizione di Bassano, che il Roberti ci ha lasciata in una sua lettera al consigliere Bianconi75.
Col nome di un assai benemerito cittadino e, per chiamarlo colla parole del Tiraboschi,
di un singolare ornamento di Bassano sua patria76, darò finalmente termine alla mia Narrazione. Che cosa mai era la storia e civile e letteraria di questa contrada nelle mani dei Lugo, de’ Chiuppani, degli Albrizzi, dei Memmi77? É vero che Giambatista Verci cominciò ad entrate nel ruolo degli scrittori non senza calcare l'esagerate e favolose altrui tracce; ma innamoratosi poi dello studio e della fatica, e postosi con indicihil pazienza a svolgere archivj, e diciferar rotoli i più polverosi di molte città d Italia, giunse finalmente collo stento ove altri giugne col pronto ingegno, e riuscì non inferiore ai migliori annalisti de’ nostri tempi. La sua Storia degli Ecelini, di cui fecer uso anche i celebri compilatori dell’opera Art de verifier les dates78, sarà sempre un bel monumento della sua fina critica, o singolar valentia delle diplomaticostoriche indagini frammezzo ai secoli più tenebrosi. Veritate duce, comite labore, vi ho, P. Moschini chiarissimo, adombrata senz'animo
bellicoso, e senza spirito di partito municipale la storia delle vicende politiche, della letteratura, delle arti, e di ogni bassanese coltura da’ prischi tempi sin a tutt’il secolo decimottavo. Null'altro mi resta fuorché porvi sott’occhio il Catalago de' Bassanesi scrittori dell'ora passato secolo, ma anche a questo vedrete qui appresso che ho provveduto. Il professore astronomo Toaldo, in un suo curioso libretto Del Viaggiare79, deridendo le smanie di coloro che amano di girar per vezzo l’Europa, e volendo far vedere ad un suo giovanotto lezioso e snello un vero microcosmo, un compendio di mondo, egli lo conduce da Padova a Venezia, indi a Treviso e a Belluno, e per Feltre a Bassano, e gli fa osservare che ha veduto di tutto. Senza uscire dallo strettissimo confin di Bassano, e senza usurpazione delle glorie limitrofe, mi sono prefisso io pure di farvi vedere di tutto nel seguente catalogo; e sarò ben soddisfatto se poi potrete concludere ch’io sia riuscito ad offerirvi compendiosamente la vera microsofia bassanese80.
- ↑ Egregium non quaerere externa, domesticis esse contentos. Cicer., Orator., 5 vii.
- ↑ Stato di Bassano intorno al Mille. Lettera di un Anonimo. Notizie de' Vescovi di Vicenza.
- ↑ Dissert. 26 citata dal Verri.
- ↑ Storia degli Ecelini, T. 1, pag.46
- ↑ Codice Ecelin. Docum. 40, pag. 59.
- ↑ È celebre ne’ tempi Eceliniani la storia di quella nostra eroina Bianca de’ Rossi, simile alla moglie di Collatino e nelle vicende e nel tragico fine. Resta però a dubitare si dell’esistenza del fatto, come della sua nazionalità bassanese, non trovandosene cenno alcuno nè in antiche carte, nè in autori coetanei, ed essendo stata essa Bianca posteriormente spacciata ora qual bassanese cittadina, or padovana, or vicentina, or cremonese. Le sue vicende esercitarono la fantasia di poeti anche oltremontani, e fornirono di applaudito spettacolo i teatri. Tra gli scrittori stranieri è da ricordarsi il Poemetto di G. Legouvé, intitolato, Il merto delle Donne, recato in italiano da Luigi Balocchi, e nitidissimamente impresso in Parigi per Renouard, 1803, in 12, dove leggesi il fatto di Bianca. Tra gl’Italiani a me basta accennare la Tragedia scritta dal mio concittadino il can. Giammaria Sale: Bianca de’ Rossi. Venezia, 1775, in 8.
- ↑ Il Codice prezioso del secolo XIII esiste nella ornatissima famiglia Tattara, ed è fregiato nelle lettere iniziali di curiose figure d’uomini e di animali fatte con estrema rozzezza. Altri esemplari, che gareggiano in antichità stanno nella Raccolta di patrj monumenti di scienze, di lettere e d’arti fatta dall’erudito co. Giambatista Roberti del fu Tiberio.
- ↑ Orig. di Bass., pag. 71. Stor. degli Ecel., T. m, pag. 244
- ↑ Gennari, Annali di Padova, P. iii, pag.3.
- ↑ Napoleone degli Orsini, Legato Apost. in Italia di Papa Clemente V. Di questo card. si hanno belle, esatte, ed erudite notizie nella Vita della B. Chiara d'Arimini, scritta dal card. Garampi. Verci, Notizie di alcuni Vescovi di Vicenza, pag. 62
- ↑ Memmo, Istoria del Ponte di Bassano, ecc., pag.16.
- ↑ Gli Scaligeri perdettero lo stato nell'anno 1387, ed i Carraresi nel 1405.
- ↑ Venetiae Pacis inter Ecclesiam et Imperium Castellani Bassanensis. Una copia di questo poema esiste ora nella Robertiana. Il cel. Marin Sanuda Jun. l'avea trascritto di sua propria mano, facendone grande stima. Veggasi il suo Art. esteso dal ch. ab. Mauro Boni nel Diz. Uom. ill. Bassano.
- ↑ Elogio del B. Odorico, con la Storia da lui dettata de' suoi Viaggi Asiatici. Ven, Zatta, 1761, in 4. L'edit. P. Giuseppe Venni (p. 149) suppose che Solagna fosse villaggio del Modenese; ma il Verci, con approvazione del ca. Tiraboschi, rivendicò fra Guglielmo a Solagna, villaggio poco distante da Bassano.
- ↑ Morelli, Bibl. Mss. Farsetti, p. 16
- ↑ Tiraboschi, St. Lett. It., T. V, P. 1, pag. 124 e seg.
- ↑ Fu pubblicata in Bassano, 1807; Remondini, in 8, in ediz. molto elegante, e colla versione a fronte fattane da Leonardo Stecchini.
- ↑ V. Facciol., Fasti Gymnas. Patav., T. i, p. 3.
- ↑ Idem pag. 15.
- ↑ Fasti Gymnas. Patav. T. i, pag. 44
- ↑ Tractatus de Epidemia Mag. Petri Pauli de S. Cruce, civis Bassani physici, veduto dal ch. ab. Morelli, incomincia: Omnipotens Dominus, etc. Vos ergo spectabiles Bellunenses Consiliarii, etc. In fine ha così: Per Petrum Pauulum a Sancta † (sic) de Bassano Civitatis Belluni Physicum editum hoc opusculum, 1457, 28 Martii, et manu propria scriptum.
- ↑ Mattei, Sc. Caval. Roma, 1710, in 4. l. 2, c. iv.
- ↑ Philini, Teatro d'Uomini Letterati. Venezia, 1647, T. I, pag. 144.
- ↑ Un onorevole monumento gli venne eretto in Padova (Pitture di Padova del Brandolese, p. 195) con un busto in bronzo, opera eccellente di Danese Cattaneo, che passò poi nella famiglia Roberti di Bassano dove tuttavia si conserva
- ↑ Ne sia una prova il seguente epigramma in cui gli parla di sè medesimo: Non Cicero, Non Virgilius sum, sum tamen ipse Lazarus, Aonii creber arator agri. Et conor cunetis sacros aperire liquores, bibit unde olim Tullius, unde Maro. Demum alii summum tenuisse Helicona ferantur,Mi sat erit medio sistere posse iugo.
- ↑ Scrittori d’Ital., e Verci, Vita di Lazzaro Bonamico. Venezia, 1776, in 12.
- ↑ V. Morelli, Bibliot. Mss. Graeca et Lat., Bassani, 1802, T. i, p. 462, et sus.
- ↑ Debbo alla cortesia dell’illustre bibliotecario dell’Ambrosiana Carlo Amoretti un’estesa notizia intorno al contenuto di questi codici. Egli mi avvertì che, oltre ai citati dal Mazzuchelli, n’esiste segnato D 295; e che Vincenzo Pinelli, coltissimo uomo, ed ammiratore di Lazzaro, raccolse studiosamente tanta merce, che passò poi nell’Ambrosiana per acquisto fattone dal card. Federico Borromeo. Sono sette essi codici, e contengono Lettere di proposta e risposta del Bonamico, e di varj suoi amici e personaggi distinti, come furono il card. Polo, il card. Farnese, Federico Fregoso, Aldo Manuzio, il Musuro, Carlo Stefano, Alessandro Campeggi ed altri. Inoltre vi sono versi latini ed anche greci, scritti per varie occasioni di amore, di amicizia, di morte, e per lodare amici; alcune Orazioni latine, e Prolusioni dette dalla cattedra patavina; ed un’opera intitolata, Praelectio in M. Tullium de Lege Manilia, lavoro lungo, e terminato il dì 19 novembre, 1522. Con quel buon gusto che dirigeva le imprese degli editori dei Sannazzari, e dei Navageri, possa arricchirsi la nostra Italia di un libro più copioso e compito dei già impressi sin ora, e darci raccolti tutt'i migliori componimenti in versi ed in, prosa del nostro Lazzaro da Bassano.
- ↑ L'edizione è fatta in Venezia, per Giorgio Angelieri, 1588, in 8. L'orazione al card. Valerio è stata impressa due anni prima, cioè Venetiis, 1586, in 4. Dalla dedicazione al canonico di Padova Camillo Borromeo si rileva che l'autore era stato maestro di grammatica ai cherici di Padova, poi di umane e sacre lettere nel seminario di Vicenza, dove compose l'Orazione, ma non la recitò perchè gli mancò l'occasione di ciò fare. Aggiunge ch'eseguì l'edizione in Venezia, dov'era passato ad esercitare l'ufficio di correttore delle stampe, e dà indizi di avere scritte annotazioni e osservazioni sopra Terenzio destinate alla stampa; ma di queste non è noto trovarsi edizione veruna.
- ↑ Lettere, vol. V, pag. 311.
- ↑ Il Catajo. Padova, 1573, in 4, pag. 28.
- ↑ Il più esteso catalogo delle sue opere si può leggere nell'articolo scritto dal Verci, ed inserito nel Dizionario degli Uomini illustri, edizione di Bassano. Il Verci però non ebbe indizio dell'operetta seguente, che tengo sott'occhio: l' Alessi con due canzoni ed altre Rime di M. Giuseppe Betussi. Pavia, 1553, in 8. É dedicata dall'editore Agostino Rocchetta ad Alberto dal Carretto; a l' Alessi è un'Elogia scritta in morte del giovane Alessandro Carretto. Ha fine altra lettera ch'era stata allo stesso Carretto indirizzata dallo stampatore Francesco Moscheni cittadino di Pavia. Ricorda il Tiraboschi (T. VII, P. III, pag. 1147) anche un'opera assai estesa delle Genealogie, che il Betussi intraprese prima di ogni altro, ma che non ha mai veduto la luce; come non la videro nè i suoi XII Libri degli Uomini illustri, nè il suo Discorso sopra la dignità della grandezza della lingua volgare, produzioni che teneva in pronto per le stampe, dietro a quanto si raccoglie dalle sue lettere. Recentemente si è pubblicata con ogni lusso tipografico una sua Novella, tolta dal dialogo suo amoroso in Raverta, per cura di Giambatista Roberti, che volle dedicarla in pegno di cordiale amorevolezza allo scrittore di questa Narrazione, il quale ne serba un esemplare in pergamena, ornato di miniature a oro di finissimo gusto.
- ↑ Si può vederne il catalogo nell’artic. Negri, che con prolissità, e non senza qualche inavvertenza scrisse l’abate Francesco Carrara nel Diz. Uom. illustri, ediz. di Bassano. Egli suppose per esempio, che il Negri bassanese non fosse Fautore de Rudimenti Grammaticali, quando n’esiste nella Remondiniana l’edizione col titolo seguente: Fracisci Nigri Bassanensis canones Grammaticales, etc. Pasclavii, Dolphinus Londolphus 1555, in 8. Ambrosio Ballista, editore dell’operetta, ci avverte, ch’era stata impressa circa dicci anni innanzi, ma imbrattala di errori; e in fatti ne ho trovata registrata un edizione fattane: Mediolani, Io. Antonius Catellonius, 1541, in 8. Nè il Verci nè il Carrara conobbero un’altra piccola produzione del Negri, che trovasi inserita nella seguente operetta del Vergerio, ed e una versione dall’italiano: Historia Francisci Spierare Civitatulani (di Cittadella), qui quod susceptam semel Evangelicae veritatis professionem abnegasset dannassetque in horrendum incidit deserationem. Tubingae, 1555, in 8. Parla del nostro Negri anche il P. Dom. Rosio de Porta nell’Istit. Reform. Eccles. Rheticar. Curiae Rhetorum, 1772, vol. 2 in 4.
- ↑ Nella Capponiana, e nella Biblioteca dell’Haym trovasi registrata come prima Edizione di questa Tragedia una fattasi nell’anno 1546 in 4 senza luogo e nome di stampatore. Nella Remondiniana esiste altra coll’anno 1547 in 8 senz’altra nota. Questa, per la differenza segnata nell’anno, e nella forma del Libro, mi lasciò ragionevolmente sospettare che possa essere dalla prima diversa; ma riflettendo a quanto si legge nella Prefazione al Lettore dell’ediz. 1550, pag. 2, cioè: Hor perchè alcuno potrebbe per avventura maravigliarsi, per qual cagione io non habbi nella prima edizione di essa Tragedia manifestamente espresso nome mio, come ho fatto poi in questa seconda, dirò brievemente la cagione di tal fatto, ecc., dovrei cambiar sentimento e concludere che i Bibliografi tutti abbiano preso abbaglio, e la prima stampa sia fatta nel 1547 in 8, tanto più che in essa appunto il nome del Negri è segnato colle sole sue iniziali. Esiste pure la ristampa, 1550 in 8, senza luogo e nome di stampatore, descritta dal de Bure, (Belles Letteres, T. I. num. 3532) come la più copiosa e la più ricercata, ma che dee però giudicarsi men rara delle altre due. Dietro al confronto de’ caratteri, che quest’ultima edizione sia stata eseguita nella stamperia del Landolfi di Poschiavo, per l’abolizione della quale il papa Pio IV ricorse alla Dieta de’ Grigoni l’anno 1561. V. Rosio de Porta Comp. Storia della Rezia. Si vende in Chiavenna, 1787, in 8, pag. cclxxxix.
- ↑ Hist. Des Martyrs persecut., etc. Gènéve, Aubert, 1619: fol. Lib. IV, fol. 201 sub. an. 1550 Art. Dominique de la Maison Blanche, Bourgevit de Bassano.
- ↑ Verci, Scrit. Bass., e Diz. Uom. ill. editio in Bassano.
- ↑ Rimane di lui alle stampe: Vita di S. Nicola di Tolentino, raccolta dagli antichi originali per il R. P. F. Ambrogio Frigerio di Bassano, ecc. Ferrara, Vittorio Baldini, 1588, in 4. con dedica al pontefice Sisto V. In morte del Frigerio recitò P. Pio Paolo Berlendi da Bergamo un’Orazione funebre, impressa in Ferrara, Baldini, 1598 in 4, il quale, parlando ivi di essa vita, non si fa scrupolo di esclamare:
“Pigliatela, leggetela, meditatela. Con che eloquenza, con che stile, con che divozione l’ha egli descritta! Se spirito invidioso non reggerà in voi, direte senza meno, che con leggiadria ammirabile abbia imitato nella moralità Gregorio, nella eleganza Nazianzeno, nella veemenza Grisostomo, nella gravità Basilio, nell’altezza Agostino, nei lumi rettorici Girolamo, nei mistici Ambrogio... che per caparra della finezza e eccellenza dell’opera, eccola non una, ma due e tre volte già stampata e ristampata.” - ↑ Vita di S. Ignat. Patav., Cominum, 1727, lib. iii pagina 287.
- ↑ Vita di S. Ignazio. Roma, 1659, fol. Lib. ii, pag. 159.
- ↑ Memmo ponte di Bassano, ecc. pag. 42.
- ↑ Nuovo libro di Lett., Ven. Gerardo, 1544, in 8. Lettera a Francesco Doni.
- ↑ Faustini Amici Bassanensis, Anno aetatis suae XXIV immatura morte praerepti Epistola ad Alexandrum Campesantum. Ven. 1564, in 4. Nella Robertiana si conserva un esemplare impresso in pergamena.
- ↑ Nuova Raccolta Callageriana, tom. xviii e xxii.
- ↑ Al nostro Betussi nel suo Ragionamento sul Catajo (edizione 1573, pag. 43) piacque inserire il seguente elogio del Campesano: “ Amicissimo di M. Pietro Vittori.... fu l'eccellentissimo dottor di Leggi, e mio compatriota M. Alessandro Campesano, uomo stato universale in tutte le scienze, e dotato di tutte quelle buone parti, che potessero cadere in degno e qualificato gentiluomo; passato in questi di a miglior vita con comune dispiacere di tutti i letterati e buoni; ed il quale io piangerò sempre; che nel vero troppo ha perduto la patria mia.... E dove non era egli conosciuto? E in qual loco si poteva di lui tener proposito men che onorato? Era buono, e da bene, letterato, virtuoso, cortese, affabile, liberale, osservator degli amici fin dopo morti; caritativo, ospitale, magnanimo, conosciuto e stimato da infiniti. E in somma concorrevano in lui tutte le condizioni buone.„
- ↑ Notizie de’ Pittori, Scultori ed Architetti di Bassano. Ven., 1755, in 8.
- ↑ Lettera al conte Giovio intorno a Iacopo da Ponte. Nel vol. XII, Roberti, Opere.
- ↑ Storia Pittorica dell’Italia, T. II, O. I.
- ↑ Di tale ospitalità non solo resta scolpita nel mio cuore la dolce memoria mia, ma ne resta eziandio un pegno indelebile nella latina iscrizione lasciatami in tal occasione, e resa poi da esso pubblica nella sua opera: Inscriptionum et Carminum, Libri tres. Flor., 1807, in 4, pag. 69.
- ↑ Lanzi, Storia Pittorica, scuola Veneta, Tom. III, pag. 6.
- ↑ Stanno nella facciaia della casa Michieli in Piazza. Nell'anno 1681 vivea tuttavia in Bassano Iseppo Nasocchio, il quale ha compiutamente dorata con diligente accuratezza la sedia dov’é posta la statua di M. V. del Rosario in Duomo. Bevilacqua, Relazione, ecc., pag. 19.
- ↑ Bassano, Poemello del P. D. Giuseppe Barbieri, Tipografia Remondiniana, 1805, 8 grande, pag. 15. Più bello e ricco elogio di Iacopo fece il Barbieri, nell'Orazione da lui detta nell'Accademia delle Belle Arti in Venezia, ed ivi impressa, 1823, in 8.
- ↑ Zanetti. Pittori Veneziani. Venezia, 1771, in 8, pag. 196.
- ↑ Storia Pittorica dell'Italia. T. II, P. I, pag. 117, ediz. 1795.
- ↑ Zanetti, l.c., p. 298.
- ↑ Zanetti, l.c., pag. 293.
- ↑ L'originale di questo ritratto, che vedesi inciso nell'opera sua De praesagenda vita, Bassani, 1774 in 4, era posseduto dal celebre Morgagni colla sefuente iscrizione: (in carattere maiuscolo) AN, A VIEGINIS partu MDLXXXVI. mens. Februario Leander Bassanus Prospero Alpino medico quum sta- tium ex Egypto Bassanum venerit grato animo effigiem ita egrerie calidam ob amicitiam pinxit an. suao aetatis XXXI. Dagli atti del consiglio di Bassano, anno 1591: 4 giugno, si vede che per differenza di un solo voto venne eletto in protomedico Giovanni Locatelli di Feltre, in luogo del suddetto Prospero Alpino. Di simili insensate decisioni de'consigli comunali questo non fu, e non sarà mai il solo esempio.
- ↑ Bassano giulivo, ecc. Bassano, Remondini, 1681, in 4
- ↑ Vicentiae, apud Haeredes Dominici Ainadei, 1628, in 4.
- ↑ Storia Letteraria, tom. VIII.
- ↑ V. suo Artic. nel Diz. Uomini illustri, ediz. di Bassano.
- ↑ Apes Urbanae, sive de Vir. Illustr. ab an. 1630 ad an. 1632.
- ↑ V. Dondi Orologio, Serie Cronol. Stt. dei Canon. di Padova. Pad. 1805, in 4, p. 215.
- ↑ Iacobi Cavacci illustrium anachoretarum elogia. Venet. 1615, in 4, cum figuris. Tra le molte figure, delle quali va adorna questa edizione, v'è anche rappresentata una veduta di Bassano e dei ridenti contorni del cenobio di s. Fortunato, dove bramava l'autore di condurre i suoi giorni, se una immatura morte non lo avesse colto in Venezia nell'anno 1612, in età di soli 45 anni. L'opera è postuma, e ne dobiiamo la pubblicazione al dottissimo Pignoria.
- ↑ Verci, Scritt. Bass.; e Comolli, Bibliogr. architett., vol. 3, pag. 68.
- ↑ Dell'altro Marinali che abbracciò lo stato religioso, e noto sotto il nome di P. Giovanni da Bassano Min. Rif., morto in Padova nell'anno 1728, parlò il ch. P. Moschini (Letter. Venez. T. I, pag. 223) accennando la singolare sua abilità nelle miniature di Libri Corali, che tuttavia esistono presso a’ Monaci di S. Giustina di Padova. Non meritano poi d’essere affatto trascurati anche i due fratelli Marc’Antonio ed Agostino Vanini, eccellenti intagliatori in legno, opera de’ quali erano le figure egli ornamenti del veneto Bucintoro, in cui stava scolpita le seguente memoria: M. Antonius et Augustinus de Vaninis Fratr. Bass. Op. F. MDCI. Il Bucintoro non è quello veduto a’ nostri giorni, ma quello che fu disfatto nel 1720 colla soprintendenza dello scultore Antonio Corradini, direttore della facitura dell’ultimo (V. Temanza, p. 38o 494). Di ciò mi avverti il Brandolese; eppure a me pare che così non sia, e di aver letto co’ miei occhi la suddetta iscrizione in una visita fatta all’arsenale di Venezia quando il naviglio tuttavia sussisteva.
- ↑ La statua colossale del S. Sebastiano, posta nella chiesa di questo nome in Verona, quantunque abbia forme e musculature assai risentite, e possa piuttosto considerarsi la rappresentazione di un malfattore che si contorce fra i tormenti, che quella di un martire sofferente di amor divino, è tuttavia opera classica e studiosissima. Il torso e la giacitura del collo dimostrano quanto lo scultore studialo avesse la famosa statua del Laocoonte in Roma, e la testa del santo ha quella nobile espressione di cui un gran pittore veronese, il Caroto, ne offre l'esempio nel santo medesimo da esso dipinto in una tavola d'altare che vedesi nella chiesa di S. Fermo. Basterà l'esame di questa opera del Marinali per riconoscere che non è punto esagerato quanto si asserisce sul merito del nostro artista.
- ↑ La bella statua rappresentante una Flora, scolpita pel conte Giuseppe Perli Remondini; quella rappresentante l’Armonia scolpita per Bernardo Silvetti di Verona; una Baccante, che tuttavia serbasi nel suo studio e monumenti marmorei innalzati in Trieste, sono opere studiatissime che gli procacciano molta fama.
- ↑ Questo catalogo sta in calce all'edizione della presente operetta fattasi in Bassano, 1807, in 8, ma si omette nel Libro presente che non vuol racchiudere lavori bibliografici.
- ↑ Sta in fine al Verci, Elogia di Bartolommeo Ferracina, Venezia, 1777, in 8. Distrutto il Ponte nelle ultime guerre, fu ricostruito per opera di Angelo Casarotto, ingegnere, che ottenne dai Bassanesi una grande e bella medaglia d'oro, coniata per opera del celebre artista Putinai in Milano, in premio e delle perfetta riuscita del nuovo la- voro, e delle liberali cure indefesse prestatevi dal Casarotto. Ha nel diritto la veduta del nuovo Ponte col motto: Medoaco frenato vìa pubblica munita mdcccxxi. Nel rovescio: Angelo Casarotto pontis architicto Bassanensis ob merita.
- ↑ Guatani, Memorie sulle belle arti, T. ii, p. 82.
- ↑ Questo monumento rappresenta l'Amicizia sedente in atto di mesta donzella, che dopo aver gittato un serto di fiori sulla cara immagine dell'estinto, ne piange l'amara perdita. Una nitidissima iscrizione in onore del Volpato leggesi pure sotto al suo busto conservato dal particolare suo amico Antonio Remondini. É stata scritta dal chiarissimo Lanzi, e leggesi nella sua opera, Inscriptionum et Carminum, Lib. tres, Flor. 1807, 4, p. 57.
- ↑ Vi è poi morto l'anno 1810. Io ho scritto una breve di lui vita nella Galleria di letterati ed artisti illustri delle province Veneziane. Venezia, 1824, vol. 2 in 8, ed un Elogio in lingua inglese si è pubblicato in Londra, unitamente a quello di Ugone Blair, 1813, in 4.
- ↑ Nelle solenne concorrenza a Milano dell'anno 1807 fu premiata la stampa rappresentante e il Tempo che scopre la verità, invenzione del celebre Pousin, e riuscì allora tanto più caro il giudizio dell'Accademia quanto che in quell'anno niun'altra produzione di belle arti ottenne premio, per le misure di rigore che furono adottate.
- ↑ Intorno agli artisti Bassanrsi, tutti viventi nell’anno 1807, io ho pubblicato un’operetta intitolata Catalogo degli artisti Bassanesi viventi, in cui si descrivono alcune delle loro migliori opere, esposte in patria il dì 16 agosto, 1807, per festeggiare il nome dell'augusto sovrano, ecc. Bassano, Remondini, 1807 in 8; mettendo in buona veduta il merito di non poca gioventù bassanese sparsa per l'Europa, il che offre raro esempio di tanta copia di distinti artisti contemporanei, tutti nati in una piccola città, o ne' i suoi contorni.
- ↑ Sta nelle sue opere, tom. xii, e fu da me riprodotta nella Scelta di operette del Roberti, Venezia, 1825, in 8. Il commercio e lo stato recente delle arti in Bassano; le produzioni naturali di questi contorni; la vaghezza di questo sito diedero argomento a penne cittadine di pubblicare ne' ma- derni tempi gli opuscoli seguenti: Due Lettere sopra Bassano. Marniano, co' Tipi Bodoniani, 1793, in 8. La prima lettera è dell'arciprete Pietro Martinati, autore di applaudatissimi componimenti, e di recente mancato a vivi; e la seconda del conte Tiberio Roberti, dignissimo nipote dell'autore sopraccennato, che pure mancò di vita. Due Lettere sopra le produzioni naturali dei contorni di Bassano, con un Poemetto. Bassano, 1793, in 8. La prima è di Antonio Guidoni, bravo architetto, e pubblico perito di Bassano; la seconda, col poemetto, è di Giambatista Brocchi, nome illustre nella Storia naturale. L'ultima leggiadra operetta è: Bassano, Poemetto in versi sciolti. Tipografia Remondiniana, 1804, in 4. Autore n’è stato Giuseppe Barbieri, editore Iacopo Vittorelli. Ricordo in fine come onorevoli e recenti si la Descrizione di Bassano, come la Storia naturale de' monti circostanti a Bassano, che si leggono nell'opera pubblicata in tedesco dal personaggio cospicuo canonico Sternberg, professore di Botanica in Ratisbona, intitolata: Reise durch Tyrol in die Oesterreichischen Provinen Italiens in Erühiahr 1804. Regensburg, 1806, in 4, con figure. Tra queste figure bella è la velluta della Grotta di Oliero terra poco distante da Bassano posta sulla riva diritta del fiume Brenta, dove sono erette grandiose cartiere, ed altri edifizj, e dove Alberto Parolini ridusse con bella industria a deliziosi passeggi siti li più alpestri e li più romanzeschi.
- ↑ Storia Letter. T.v, P. ii, pag. 608.
- ↑ Di tutti questi è parlato nel catalogo ammesso alla prima edizione di questa operetta.
- ↑ Edione iii, Parigi, 1783-87, vol. 3 in fol. T. iii, pag. 694.
- ↑ Venezia, Storti, 1791, in 8.
- ↑ Si ripete, che questo Catalogo resta nella prima edizione di questa Narrazione fatta in Bassano l'anno 1807