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5 gennaio

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     Amori moderni - Colomba    di Grazia Deledda (1907)

 
Era agli ultimi di febbraio: una sera tiepida e dolce.

La signora e le figliuole del professor Rotta-Torelli, riunite intorno alla tavola ancora apparecchiata, nella saletta tranquilla la cui porta a vetri dava su un giardino incolto, discorrevano col giovane professore Antonio Azar.

A dire il vero, la signora, ancor giovane e bella, ma coi capelli bianchissimi, ascoltava in silenzio, stuzzicandosi i denti e guardando con due vivi occhi neri or l’uno or l’altro dei giovani, a misura che parlavano, senza aver l’aria di capire del tutto le loro discussioni. Ella era figlia d’un capitano piemontese, di quelli che «han fatto la patria», e che perciò forse non aveva avuto il tempo di curare l’istruzione della figlia, lasciandola crescere nella più completa ignoranza: ella non leggeva mai un libro, e non sapeva se i molti che leggevano le sue tre figliuole fossero buoni o cattivi.

12 gennaio

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     Metodo per eseguire sulla carta il fotogenico disegno    di William Henry Fox Talbot (1839), traduzione dall'inglese di Gaetano Lomazzi (senza data)

 
Fotogenico disegno.

Alcuni ragguagli dell’arte del fotogenico disegno, ossia processo, col quale gli oggetti possono da loro stessi delinearsi senza l’ajuto del pennello dell’artista.

Di Enrico Fox Talbot scudiere.

1. Nella primavera del 1834 cominciai a mettere in pratica un metodo, che aveva divisato qualche tempo innanzi per impiegare utilmente la curiosissima proprietà, stata da lungo tempo conosciuta dai chimici, che possedeva il nitrato d’argento, principalmente il suo scoloramento quando era esposto al raggio paonazzo della luce. Questa proprietà mi parve di essere forse capace di un utile applicazione nel seguente modo.

Proposi di spargere sopra un foglio di carta una sufficiente quantità di nitrato d’argento, e di porlo alla luce del sole, avendo prima collocato avanti la carta qualche oggetto che vi gettasse una ben decisa ombra. La luce agendo sul rimanente del foglio, naturalmente lo annerirebbe, mentre le parti ombreggiate riterrebbero la loro bianchezza. Così io attendeva; che un genere d’immagine, o disegno sarebbe prodotto rassomigliante in certo grado all’oggetto, dal quale era derivato.

2 febbraio

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     La grande proletaria si è mossa    di Giovanni Pascoli (1911)


La grande Proletaria si è mossa.

Prima ella mandava altrove i suoi lavoratori che in patria erano troppi e dovevano lavorare per troppo poco. Li mandava oltre alpi e oltre mare a tagliare istmi, a forare monti, ad alzar terrapieni, a gettar moli, a scavar carbone, a scentar selve, a dissodare campi, a iniziare culture, a erigere edifizi, ad animare officine, a raccoglier sale, a scalpellar pietre; a fare tutto ciò che è più difficile e faticoso, e tutto ciò che è più umile e perciò più difficile ancora: ad aprire vie nell’inaccessibile, a costruire città, dove era la selva vergine, a piantar pometi, agrumeti, vigneti, dove era il deserto; e a pulire scarpe al canto della strada.

Il mondo li aveva presi a opra, i lavoratori d’Italia; e più ne aveva bisogno, meno mostrava di averne, e li pagava poco e li trattava male e li stranomava. Diceva Carcamanos! Gringos! Cincali! Degos!

Erano diventati un po’ come i negri, in America, questi connazionali di colui che la scoprì; e come i negri ogni tanto erano messi fuori della legge e della umanità, e si linciavano.

9 febbraio

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     Catechismo repubblicano    di Antonio Zalivani (1797)

D. Cosa è la Democrazia?

R. La Democrazia è quel Governo nel quale un certo numero di Cittadini scelti dal Popolo, partecipa, o può partecipare a vicenda per un certo tempo dell'amministrazione, soggiacendo però sempre alle Leggi a alla Sovranità dell'intero Popolo.

D. Mi potreste voi dare altra definizione di questo Governo?

R. Questo Governo, dicesi ancora, Repubblica Democratica, vale a dire Governo popolare, e più propriamente Repubblica?

D. Donde ebbe origine questo governo?

R. Dalle uguaglianze, e disuguaglianze degli uomini.

D. Ma gli uomini non son forse tutti uguali?

R. Sono uguali in natura, ma disuguali nelle lor facoltà.

D. Come sono uguali in natura?

R. Sono tutti gli uomini uguali in natura, perchè tutti dipendono dalla natura, e da Dio, il quale e della natura, e dell'uomo è autore, e Padre.

D. Hanno eglino altra uguaglianza?

R. Sono uguali, perchè sono dotati de' sensi medesimi, delle medesime facoltà di sentire, di pensare, di volere. Sono pure uguali ne' bisogni, nelle passioni, nell'amor di se stessi, e nel desiderio di procurarsi la propria conservazione, e la possibile felicità.

16 febbraio

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     A Prato    di Odoardo Hillyer Giglioli (1902)

Quando piove da mesi, tutta la Natura sembra morta; le sue voci sono mute, le linee ed i colori sono confusi e le nostre energie fisiche e mentali si assimilano all’ambiente triste e monotono. Ma quando il sole sorge bello e maestoso e avvolge nel suo aureo pulviscolo il paesaggio che nei suoi contorni si stacca nitido, con vaghezza di colore, il nostro spirito infiacchito si solleva, le energie si temprano rigogliose, e inebriati da tanta luce e bellezza respiriamo, a pieni polmoni l’aria limpida; ed il nostro occhio è più disposto a contemplare e a ricevere le impressioni dell’ambiente festoso.

Ed è appunto in una di queste serene giornate invernali, che, con alcuni amici, andai a Prato, la piccola città industriale così interessante per le sue opere d’arte, in cui si ritrova la semplicità della vita e l’anima dei grandi artisti passati.

23 febbraio

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     Conferenze    di Michail Bakunin (1911), traduzione dal francese di Anonimo (1921)

 
Compagni,

Nessuno dei grandi avvenimenti accaduti in Europa dopo la grande rivoluzione (1789-1793) ha l’importanza e la grandiosità di quelli che stanno svolgendosi oggi, dei quali è teatro Parigi.

Due fatti storici, due rivoluzioni memorabili, avevano dato origine alla società che noi chiamiamo moderna, la società della civiltà borghese. Una, conosciuta col nome di Riforma, sul principio del secolo sedicesimo, aveva infranto l’onnipotenza della Chiesa, chiave di volta per l’edificio feudale; col distruggere questa potenza essa preparò la rovina dell’autorità indipendente e quasi assoluta della quale godevano i signorotti feudali, perchè questi, benedetti e protetti dalla Chiesa, proprio come i re e spesso contro i re, facevano derivare i loro diritti direttamente da un favore divino; sì produsse così un impulso nuovo anche per l’emancipazione della classe borghese, lentamente preparata, durante i due secoli che avevano preceduta questa rivoluzione religiosa, dallo sviluppo sempre crescente delle libertà comunali, del commercio e dell’industria, sviluppo che l’aveva resa possibile e del quale era stata conseguenza necessaria.

1 marzo

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     Cenni storico-bibliografici della R. Biblioteca nazionale di Firenze    di Luigi Passerini Orsini de' Rilli (1872)

 
Firenze non ebbe libreria che fosse pubblica fino al secolo XVIII, perchè io non estimo doversi dir tali quelle di principi, di privati e di monasteri, alle quali accedevasi, facilmente invero, ma per favore dei possessori non per diritto. Celebri fino dal XV secolo furono quelle degli Agostiniani in S. Spirito, dei Minoriti in S. Croce, de’ Cassinesi in Badia, dei Camaldolesi negli Angioli ed altre ancora appartenenti ai monasteri, rammentate con lode dagli scrittori del tempo; ma tutte le sorpassò la biblioteca veramente rarissima che iniziò Cosimo il Vecchio dei Medici intorno alla metà del millequattrocento, e che fu continuata senza risparmio dai suoi successori. A me basti il rammentarla, perchè il tesserne le vicende, non è mio scopo: solamente dirò come elevata la famiglia Medicea al principato della Toscana e rientrata in possesso della più gran parte della sua libreria, mentre a questa che componevasi di manoscritti preparava nobil locale, altra biblioteca di libri a stampa e di codici iniziava dentro la reggia, a cui dava nome di Mediceo-palatina. I privati gareggiavano con i principi, e certo non dico cose nuove esponendo come Baccio Valori, i Panciatichi, i Gaddi, i Rinuccini, i Capponi, i Baldovinetti raccogliessero librerie preziosissime per manoscritti e per rarissimi libri stampati; e rammentando tra i collettori il senatore Carlo Strozzi, cito un nome che frequentemente trovasi menzionato con lode dagli scrittori del secolo XVII e del seguente, non solo per la quantità ed il pregio dei documenti che aveva raccolti, ma più ancora per la larghezza piuttosto unica che rara con cui lasciò frugare a chi volle tra le sue carte, e fare di quelle tesoro per i propri studii. Non era a queste biblioteche difficile l’accesso, come di sopra notai; ma per andarvi bisognava chiedere, e chiedere a tutti non piace; occorreva inoltre di essere conosciuto: e così gli uomini che cominciavano a darsi alle lettere, quelli che non avevano un nome, quelli che la condizione sociale rendeva oscuri e non aveano trovato ancor mezzo di munirsi di un protettore, mancavano del modo di studiare, e di arricchire così la propria mente senza aver ricorso a richieste che potevano riuscire ben di sovente a un rifiuto.

8 marzo

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     Fisiologia vegetale    di Gaetano Cantoni (1860)

 
Se v’ha un fenomeno nella fisiologia organica che possa servire alla spiegazione di quasi tutti gli altri, certamente è quello della nutrizione. — Ma questo fenomeno cominciò ad essere studiato sperimentalmente soltanto verso la fine del secolo scorso, in seguito ai progressi della chimica.

Ora non è mia intenzione quella di trattenervi sopra gli errori invalsi nella fisiologia animale avanti questa epoca, dovuti alla inesatta o poca diffusa cognizione dell’anatomia, ed all’assoluta ignoranza della composizione chimica dei diversi organi costituenti il corpo umano, e delle diverse sostanze alimentari. Solo dirò che meglio non erano conosciuti i fenomeni fisiologici vegetali. Il seme era destinato a riprodurre la pianta, l’aria e l’acqua ad alimentarla, e la terra a sostenerla e mantenerla in bilico contro la furia dei venti. Si diceva questo è un terreno buono, e quest’altro no; questo è da frumento, quello da segale, quell’altro da bosco, da prato, da vigna, ecc.; si argomentava dall’effetto che, per lunga esperienza, erasi osservato nelle varie piante coltivate, ma non si andava più in là. La concimazione, la quale variava nei suoi effetti secondo le varie materie a tal’uopo adoperate, o secondo le piante coltivate, non era meglio spiegata. Dicevasi, come assioma sperimentale, il tal concime fa bene alla tal pianta, ed il tal’altro alla tal’altra. Tutta la fiducia era riposta negli ingrassi animali e specialmente in quelli da stalla: i concimi inorganici erano adoperati alla cieca, o trascurati affatto. La rotazione, o successione naturale ed artificiale delle piante sullo stesso spazio di terreno, teneva per unica base una lunghissima sperienza; variava secondo le località; era sancita e comandata dall’abitudine, ma non era spiegata. Chi avesse domandato agli avi nostri perchè un terreno coltivato sempre colla stessa pianta diminuisca mano mano di prodotto, mentre, cambiandosi il genere della pianta, si può avere ancora un buon risultato, certamente avrebbe sentito rispondersi vaghe ed insufficienti supposizioni di simpatie e di antipatie fra le varie piante, o di stanchezza del terreno a dar sempre lo stesso prodotto.

15 marzo

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  Costituzione della Repubblica Romana 1° luglio 1849  

 
PRINCIPII FONDAMENTALI

I. La sovranità è per diritto eterno nel Popolo. Il Popolo dello Stato Romano è costituito in Repubblica democratica.

II. Il Regime democratico ha per regola l’eguaglianza, la libertà, la fraternità. Non riconosce titoli di nobiltà, nè privilegi di nascita o casta.

III. La Repubblica colle leggi e colle istituzioni promuove il miglioramento delle condizioni morali e materiali di tutti i cittadini.

IV. La Repubblica riguarda tutti i Popoli come fratelli: rispetta ogni nazionalità: propugna l’Italiana.

V. I Municipii hanno tutti eguali diritti: la loro indipendenza non è limitata che dalle leggi di utilità generale dello Stato.

VI. La più equa distribuzione possibile degl’interessi locali in armonia coll’interesse politico dello Stato è la norma del riparto territoriale della Repubblica.

VII. Dalla credenza religiosa non dipende l’esercizio dei diritti civili e politici.

VIII. Il Capo della Chiesa Cattolica avrà dalla Repubblica tutte le guarentigie necessarie per l’esercizio indipendente del potere spirituale.

22 marzo

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     Maia    di Gabriele D'Annunzio (1903)

 

O Vita, o Vita,
dono terribile del dio,
come una spada fedele,
come una ruggente face,
come la gorgóna,
come la centàurea veste;
o Vita, o Vita,
dono d’oblìo,
offerta agreste,
come un’acqua chiara,
come una corona,
come un fiale, come il miele
che la bocca separa
dalla cera tenace;
o Vita, o Vita,
dono dell’Immortale
alla mia sete crudele,
alla mia fame vorace,
alla mia sete e alla mia fame
d’un giorno, non dirò io
tutta la tua bellezza?

29 marzo

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     Notizie biografiche degli illustri comaschi    di Luigi Dottesio (1847)

 

CAJO PLINIO SECONDO

L'uomo che potrebbe accrescere splendore ad ogni città benchè ricca di grandi ingegni, e che non solo a noi, ma a tutti gli studiosi d’ogni età e d’ogni paese ha grandemente giovato, è Cajo Plinio Secondo. È divulgatissima la celebre questione agitatasi lungo tempo, e con grande contenzione delle parti, tra Como e Verona, per vendicarsi l’onore di avere dati i natali ad un uomo sì grande. Tutta l’antichità si unì a chiamarlo Comasco; quando pel primo, l’anno 1313, senza fior di lettere e di senno, un Giovanni Veronese, prete che talvolta, come in questa occasione, confuse i due Plinii in un solo, scrisse: «Plinio essere di nazione Veronese leggesi in certa storia». Questo bastò ad accendere col tempo la guerra tra Veronesi e Comaschi, contendendo quelli pel nuovo ricchissimo acquisto che speravano, e questi per non perdere quanto avevano sempre posseduto e che in origine era proprio; siccome finalmente, a tacere di molti altri infiniti, ebbe a provare Antongioseffo Della Torre di Rezzonico, che trionfò pienamente degli avversari, e la vittoria è in perpetuo assicurata ai Comaschi. Merita in proposito di essere letta la dissertazione che sulla patria dei due Plinii indirizzò l’anno 1824 al cavaliere Ippolito Pindemonte il cavaliere Alessandro Paravia. Il Paravia, quantunque nato sul Veneto e a’ suoi Veronesi propenso, stabilisce essere fuori di controversia che Plinio il Vecchio sortì i natali in Como. Il Pindemonte, Veronese fino nel midollo, non seppe replicare al chiarissimo Paravia.

5 aprile

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     La facciata del nostro Duomo    di Luca Beltrami (1883)

 
Nell’accingersi a studiare la composizione architettonica della facciata della Cattedrale di Milano non basta inspirarsi ad un concetto esclusivamente artistico, basato sugli elementi dello stile quali si vedono nel resto del Monumento, e sui motivi caratteristici che si presentano nei numerosi edificj consimili; la composizione deve al tempo stesso affidarsi ad un concetto pratico, nel quale sia dato campo, nell’opportuna misura, alle considerazioni di possibilità, o probabilità della effettuazione del progetto, sia dal punto di vista delle ragioni economiche, che dal punto di vista della disposizione topografica e delle condizioni della viabilità quali sono imposte, dalle attuali condizioni della città, nelle vicinanze della Cattedrale.

12 aprile

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     Guerino detto il Meschino    di Andrea da Barberino (1841)

Questa è l’antichissima origine di Guerino detto il Meschino secondo la famosa genealogia dei Reali di Francia. L’imperatore Massimiliano generò Giovanni cavalier del Leone della casa del re Artù e compagno della Tavola Rotonda. Il cavalier del Leone ebbe da Elena in Inghilterra Costantino il Grande imperatore d’oriente ed occidente. Costantino il Grande generò Costanzo II, detto al battesimo Fiovo. Fiovo generò Fiorello da cui uscì la casa di Francia, e Fiore, d’onde quella di Dardena o Darbena. Fiore ebbe tre figliuoli da Florinda, figlia del re di Dardena, Lione, Lionello e Uliana. Fiorello all’incontro generò Fioravante. Fioravante generò Ottaviano del Leone e Giberto Fier-Visaggio. Ottaviano del Leone generò Boveto. Boveto generò Guido d’Antona cognominato il Meschino. Guido d’Antona generò Buovo d’Antona. Buovo d’Antona generò due gemelli, Guidone e Sinibaldo, e quindi Guglielmo, che fu poi re d’Inghilterra. Giberto Fier-Visaggio generò Costantino Angelo. Costantino Angelo generò Pipino, che menò in moglie Berta del-gran-piè, figliuola a Filippo re d’Ungheria, la quale lo fece pur padre di Carlomagno, e successivamente di Berta II, madre del celebre Orlando.

19 aprile

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     Memorie e documenti sulla fondazione della Biblioteca Popolare Circolante di Prato    di Antonio Bruni (1866)

  Questo libro è stato pubblicato in rete dalla
Biblioteca Comunale di Prato
È stata una verità dalla sperienza di tutti i secoli confermata, che indivisibilmente unita sia la fortuna delle nazioni a quella della loro coltura; e che allora fiorenti veggansi le città quando in vigore vi si mantengono gli studii: ma questi oppressi, quelle scompariscono come se prive fossero del vivifico lume dell’astro apportatore del giorno. Basta appena un solo sguardo alle trascorse età per convincerci, che ove neglette giacquero le cognizioni, altro non regnò che disordine, confusione, oscurità, barbarie. Assolutamente, già lo disse fra gli altri il celebre Mureto, niuna città fiorir puote, se non se quella in cui è in vigore la cultura delle lettere: e con ragione; dappoichè allora si stima florido uno stato, quando felici sono, e per quanto più è possibile perfezionati gli uomini che lo costituiscono, nè mezzo evvi più adatto, perchè ciò si verifichi se non lo studio. Che havvi più proprio dello studio, diceva l’eloquente D’Alembert, per renderci migliori e più felici? Si è lo studio che addolcisce i nostri mali, che dissipa i nostri pericoli, che tutte vivifica le facoltà del nostro spirito; e si è per esso che noi al dir di Cicerone, conosciamo l’infinità delle cose e della natura, e in questo modo istesso il cielo, la terra, i mari.

26 aprile

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     Le poesie religiose    di Mario Rapisardi (1895)

 

Fuggon dagli occhi miei, fuggon dall’anima
     Le illusíoni della nova età:
Fosca la vita mia sotto a ciel rigido,
     Siccome rupe solitaria, sta.

Torbido intorno all’aspra rocca intricasi
     Fra canne e giunchi e fratte irte il pantan,
Su cui tra nubi di veleno gravide
     Gitta la luna un bianco raggio invan;

Mentre per l’aure, che beffarde fischiano,
     Vogan, quali migranti anatre, a stuol
I dolci sogni miei, l’auree fantasime
     E le speranze dall’aereo vol.

Or sì, or no, per le fredde ombre lanciano
     Un canto, un grido, ahi, non più quel che un dì
Mosse la mente giovinetta, e a’ fulgidi
     Vaneggiamenti dell’amor l’aprì.

3 maggio

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     Della utilità delle faggete    di Agostino Fantini (1803)

Mentre che i filosofi d’alto, e sommo intendimento, occupati nelle difficili indagini di materie scientifiche, astruse, e pressochè impenetrabili, diradano quelle oscure tenebre, entro cui stannosi avvolti i secreti più misteriosi, e quindi preparano all’ingegno umano immortalità di gloria, e di fama nei secoli avvenire; la felicità delle nazioni, che prospera soltanto in mezzo all’ingrandimento delle arti utili e necessarie, si fa languente, impallidisce, ed incontra ostacoli, e barriere insuperabili, che si oppongono all’industria, e all’attività di quelli, che vorrebbero pur migliorarla. La prepotenza di pochi, l’invidia di molti, l’interesse di assaissimi, la pusillanimità di alcuni, la paura d’esito non fortunato in altri sono quei mezzi di reazione, coi quali si ritardano, si percuotono, si abbassano, e si troncano i più proficui, e lodevoli stabilimenti.

10 maggio

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     L'Ossola    di Carlo Errera (1908)

 affresco nella sala d’onore al «boarengo».(Fot. O. Leoni, Ferrara). ALLE sue lontane scaturigini di tra i ghiacci dell’Hohsand, il corso della Toce s’allunga quasi rettilineo, trascorrendo per lungo tratto giù per l’alta e solitaria valle Formazza, per la diritta e profonda Antigorio, pel largo ed aperto bacino di Domodossola; poi s’inflette con brusco angolo in direzione di levante dal confluente dell’Anza in giù, e corre a cercar pace alle sue rapide acque in quel bellissimo seno del Verbano, che da Pallanza e da Stresa si fa così triste e chiuso verso Fondotoce e Feriolo. Ossola è il nome della convalle, esteso sovente a indicare tutto quanto il bacino della Toce, ma più rettamente limitato a quel tratto della valle maggiore piano ed uniforme, occupato da prati e da ghiaieti, fasciato d’una fitta cintura di borghi e di casali, sul quale la Toce, uscita dai corridoi e dalle gole del suo corso più alto, si allarga divagando tra i raddolciti pendii fino al lago.

17 maggio

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     Il libro dei morti    di Alfredo Panzini (1893)

 
CAPITOLO I.

Una sentenza di Pitagora, riferita da gli antichi filosofi, dice che — nessuno, senza comando del duce, che vuol dir di Dio, si deve partire da la sua stazione ne la vita — ; significando con ciò come, anche per i credenti, essa sia triste e non valga la pena d’essere vissuta.

Ora, ai nostri tempi, vi fu un uomo credente che avea nome G. Giacomo il quale, non a malincuore, ma lietamente fece la sua scolta in questo breve periodo de la vigilia dei sensi, ed amò la vita e gli piacque di vivere.

Egli era cresciuto secondo certe massime semplici, che sono il fondamento dell’Evangelo, perdurando in quelle per più di settant’anni; ed inconsciamente le aveva contemperate con le leggi de la natura, senza che queste si trovassero in disaccordo con quelle; anzi le une si avvalorarono per virtù de le altre con felice armonia.

Ma ciò forse avvenne perchè egli fu un uomo semplice e non un filosofo; e la sua fede era troppo viva per venire a contrasto con la ragione; la quale era molto rimessa e più intenta a le piccole cose de la vita che a speculare di metafisica.

24 maggio

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     I commentari, secondo libro    di Lorenzo Ghiberti

 
Cominciò l’arte della pittura a sormontare in Etruria in una villa a lato alla città di Firenze la quale si chiamava Vespignano. Nacque un fanciullo di mirabile ingegno, il quale si ritraeva del naturale una pecora; in su passando Cimabue pittore per la strada a Bologna vide il fanciullo sedente in terra e disegnava in su una lastra una pecora. Prese grandissima ammirazione del fanciullo essendo di sì piccola et à fare tanto bene, domandò veggendo aver l’arte da natura domandò il fanciullo come gli aveva nome. Rispose e disse: Per nome io son chiamato Giotto: e ’l mio padre ha nome Bondoni, e sta in questa casa che è appresso disse a Cimabue, andò con Giotto al padre, aveva bellissima presenza, chiese al padre il fanciullo, e ’l padre era poverissimo. Concedettegli el fanciullo a Cimabue, menò seco Giotto et fu discepolo di Cimabue.

2 agosto

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     Open source, software libero e altre libertà    di Carlo Piana (2018)

 
L’informatica ha completamente rivoluzionato tutti gli aspetti del nostro mondo con una velocità folgorante.

Cinquant’anni fa, la conquista della Luna fu resa possibile da un calcolatore di bordo imbarcato sull’Apollo 11, il cui programma, di circa sessantamila linee, aveva richiesto uno sforzo erculeo da parte di un gruppo di programmatori diretto da Elisabeth Hamilton, e che rappresentava un investimento che alla portata solo delle agenzie statali delle superpotenze dell’epoca.

Oggi, computer il cui sistema operativo conta più di cento di milioni di linee di codice, infinitamente più veloci di quello dell’Apollo 11, e collegati a reti di comunicazione decine di migliaia di volte più rapide di allora, sono diventati talmente banali che li portiamo in tasca, o nelle nostre borsette, e li chiamiamo semplicemente “telefoni”.

Cinquant’anni fa il codice sorgente di un programma informatico era considerato un segreto industriale ed era quasi impossibile accedervi. Oggi, il progetto Software Heritage ha già raccolto il codice sorgente di sessantacinque milioni di progetti software, corrispondente a quasi quattro miliardi di files diversi, e lo rende accessibile per tutti.

Cinquant’anni fa ogni nuovo programma richiedeva un investimento considerevole, riscrivendo praticamente da zero anche le funzioni le più elementari. Oggi praticamente tutte le imprese, dalle grandi alle start-up, si concentrano solo sulle nuove funzionalità, riusando massicciamente librerie e componenti preesistenti, risparmiando tempo e denaro.

9 agosto

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     Regolamento per il pubblico tiratoio dell'arte della lana di Prato  

  Questo libro è stato pubblicato in rete dalla
Biblioteca Comunale di Prato
1. Lo stabilimento denominato il Tiratoio dell’arte della lana è amministrato dal Comune ed ha per oggetto di offrire agli esercenti l’arte della lana il modo di ritirare i tessuti e di asciugare le lane mediante gli apparecchi, gli stanzoni ed il piazzale lastricato dei quali è provvisto.

2. È destinato esclusivamente ad uso di coloro i quali esercitano l’arte della lana nel territorio Comunale; ma potranno esservi ammessi anche gli esercenti di altri Comuni quando vi siano luoghi disponibili e non occupati dai fabbricanti e industriali pratesi.

3. Adempie allo scopo in proporzione dei mezzi di cui dispone, cioè dei locali e istrumenti onde è provvisto. Nessuna responsabilità assume per le merci che vi si introducono e per le operazioni che vi si compiono.

4. L’uso del Tiratoio è volontario per parte degli esercenti ed è sottoposto all’osservanza del presente Regolamento ed al pagamento delle tasse stabilite dalla Tariffa che ne fà parte.

16 agosto

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     Santippe    di Alfredo Panzini (1914)

 
Nel tempo antichissimo, quando gli uomini erano molto occupati per popolare il mondo, ci fu come una piccola schiera di uomini che pervenne ad una piccola terra. Essa era ricamata dai mari, e pareva come l’umbelico del mondo. Era stagione di primavera e il mare mandava tutt’intorno i suoi effluvi.

Quegli uomini sostarono.

Si scoprivano di lassù i corsi degli astri; si vedevano le vie del mare. Allora essi scoprirono le vie della loro anima, ed una divina esaltazione li vinse. Rivaleggiarono con gli Dei immortali: crearono quelle multiformi opere che rimangono anche oggi come modelli, e non furono mai più superate in bellezza.

Questa piccola terra fu l’Ellade: quel piccolo popolo fu il popolo ellenico. La vita che esso visse si chiamò «giovinezza»!

Ma esso visse una breve vita; esso consumò, bruciò, — per così dire, — nel giro di qualche secolo l’ardore della sua vita, cinta di rose.

23 agosto

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     L'Astronomia nell'evoluzione del pensiero    di Francesco Porro (1895)

Signori,

Il mio esordio sarà assai inabile: vi citerò una frase pronunciata da Enrico Ferri nella conferenza che egli tenne il mese scorso all’Associazione Universitaria Torinese, e mi terrò pago se coloro tra voi che udirono la calda e potente parola di quell’oratore mi perdoneranno di averne qui evocato il ricordo. La vostra gentilezza mi assicura dai confronti che spontaneamente si presenterebbero alla memoria di questi, e dai rimpianti degli altri.

Parlava il Ferri dell’angosciosa crisi morale che travaglia e minaccia la società nostra; con diagnosi acuta ne investigava i sintomi paurosi nella sempre crescente diffusione del delitto, della pazzia, del suicidio; ne descriveva a colori vivaci e con eloquenza di verità le funeste conseguenze nella vita privata e nella pubblica; infine, ponendosi arditamente la questione, se convenga sperare in un prossimo, sensibile miglioramento delle condizioni morali dell’umanità, mostrava di riporre grande fiducia nell’azione della scienza. Ed aggiungeva: “Non nella sterile formula della scienza per la scienza, bensì in quella più umana della scienza per la vita!

30 agosto

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     Le stelle. Discorso letto il 5 novembre 1930 nell'Aula Magna della R. Università di Torino per la solenne inaugurazione dell'Anno Accademico    di Luigi Volta (1930)

Altezze Reali, Eccellenze, Signore, Signori.

Le stelle: tema vasto ed arduo, che sarebbe vana temerità tentar di conchiudere nei limiti di un discorso.

Il titolo breve per cosa così grande vuol significare l’intenzione di provarmi — come si conviene in una occasione ed in un’aula quali queste — a tracciare solo una rapida rassegna delle maggiori fra le moderne conquiste in tal campo, delle vie che vi hanno condotto; una sintesi delle presenti cognizioni intorno al mondo siderale.

Chiedo scusa sin d’ora se dovrò fare talora dei numeri; procurerò di non farne abuso; se questi numeri saranno spesso molto grossi, così da riuscire non immediatamente espressivi, la colpa sarà delle stelle.

Copernico aveva chiesto un ben profondo atto di fede a’ suoi seguaci, se, dell’ampio giro descritto dalla terra intorno al sole, non si avvertiva la prova affannosamente cercata in una variazione annua, sia pur piccola, di prospettiva fra le stelle; queste apparivano inesorabilmente fisse le une rispetto alle altre, come pur sempre inchiodate sulla massima sfera di Eudosso e di Tolomeo.

Testi successivi

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