Wikisource:Testo in evidenza/Archivio/2013
6 gennaio
modificaDodici monologhi di Luigi Arnaldo Vassallo (1909)
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LA PAURA DEL CORAGGIO.
(Entra sulla scena a precipizio, con tutti i segni del panico. Fa cenno agli spettatori di conservare un silenzio assoluto. Guarda, cauto, dalla parte dove è sbucato e con la mimica sembra accennare che due brutti ceffi gli avevano teso un agguato, ma che ora si allontanano.... sono scomparsi.... respira!... No, ritornano!... Altro spavento. Ah no! è un falso allarme. Altro respiro di sollievo.) — Ora, ora, un momento e poi vi conto tutto. (guarda ancora di dentro) Si sono squagliati.... Dio, che cosa! sembravo un velocipede: il guaio si è che mi sento (si tasta i ginocchi) sgonfiare i pneumatici. Che cosa facevo? Scappavo a rotta di collo. Per paura? Oh come vi sbagliate! Scappavo per troppo coraggio. Tremo tutto? Sfido! tremo per troppo coraggio. (guarda c. s.) Oh Dio, ritornano!... No: è uno spazzino. Ma guardate che fatalità! Alla distanza di un anno preciso, lo stesso giorno, la stessa ora, nello stesso punto, identico, trovo due faccie da galera; sto per dire gli stessi grugni. Che cosa avreste fatto al mio posto? Affrontarli? affrontarli, dopo quello che mi è successo un anno fa?... Ma siete matti o non sapete nulla. Ah! non sapete?... E allora vi dico tutto, perchè impariate, cari miei, che a questo mondo non si scappa mai abbastanza. |
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13 gennaio
modificaStoria della letteratura italiana
“ | Il più antico documento della nostra letteratura è comunemente creduta la Cantilena o Canzone di Ciullo (diminutivo di Vincenzo) di Alcamo, e una Canzone di Folcacchiero da Siena.
Quale delle due canzoni sia anteriore, è cosa puerile disputare, essendo esse non principio, ma parte di tutta un’epoca letteraria, cominciata assai prima, e giunta al suo splendore sotto Federico II da cui prese il nome. Federico II, Imperatore d’Alemagna e Re di Sicilia, chiamato da Dante cherico grande, cioè uomo dottissimo, fu, come leggesi nel Novellino, nobilissimo signore, nella cui corte a Palermo venìa la gente che avea bontade, sonatori, trovatori e belli favellatori. E perciò i rimatori di quel tempo, ancorchè parecchi sieno d’altra parte d’Italia, furono detti siciliani. Che cosa è la cantilena di Ciullo? È una tenzone, o dialogo tra Amante e Madonna, Amante che chiede, e Madonna che nega e nega, e in ultimo concede, tema frequentissimo nelle Canzoni popolari di tutti i tempi e luoghi, e che trovo anche oggi a Firenze nella Canzone tra il Frustino e la Crestaia. |
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20 gennaio
modificaPoesie varie di Giovanni Pascoli (1913)
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LA NOTTE DI NATALE
Sopra la terra le squille suonano |
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27 gennaio
modificaContributo alla storia della letteratura romanesca di Tito Morino (1899)
“ | La più antica letteratura romanesca ha avuto la fortuna di richiamare su di se l’attenzione e di eccitare le ricerche del prof. E. Monaci, e i saggi che già egli ne ha dati non fanno che suscitare un impaziente desiderio dell’intera illustrazione.
Il primo monumento, che si offre alla indagine di chi studia le manifestazioni del volgare romanesco oltre il s. XIII, è quella interessante raccolta di frammenti, cui il Muratori, pubblicandola, dette impropriamente il nome di «Fragmenta historiæ romanæ.» L’importanza di questi frammenti non è sfuggita ad alcuno, sia perchè rappresentano la sola cronaca romanesca del s. XIV, sia perchè in mezzo a molte ingenuità e a molti errori ci sono pure lunghi brani pieni di sentimento vivace, dove lo stile assurge ad altezze veramente artistiche, sia perchè in quei frammenti è narrata per intero la vita di Cola di Rienzo, intorno al quale scarseggiano documenti sincroni. |
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3 febbraio
modificaVita di monsignor Giacomo Goria vescovo di Vercelli di Marco Aurelio Cusano (1702)
“ | D ELLA Vita, et Attioni di Monsignor Giacomo Goria Vescovo di Vercelli degnamente n’havrebbe scritto un Padre Panigarola di somma Eloquenza, ò pur il Padre Fedele da San Germano nel Vercellese, Religioso Cappuccino, e Predicatore di maravigliosi effetti, e di non ordinaria facondia, ed assieme certissimo Testimonio di molti Operati del medesimo Monsignor Goria. In mancanza dunque di sì pregiati Scrittori, e per accennare in parte le memorie di sì degno Prelato, convien dirsi, come il nascer suo si fosse nel Luogo di Villafranca Diocesi d’Asti, nel Piemonte, l’anno mille cinquecento settant’uno, d’honestissimo Linaggio, e Religiosi Parenti. Questi, mentre che potè scioglier la lingua, e formar i primi accenti, si dilettava assieme di conoscer i primi Elementi delle Lettere; indi sollevato all’intendimento della latinità, e poscia divenuto rafinato Rettorico, volendo dimostrare l’animo suo inclinato a più perfetto stato, si prese l’Habito d’Ecclesiastico, che le fù conceduto da Monsignor Vescovo d’Asti, il Padre Frà Francesco Panigarola, Religioso de’ Minori Osservanti:
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10 febbraio
modificaLa maestrina degli operai di Edmondo De Amicis (1895)
“ | Una delle più belle scuole suburbane di Torino, che son tutte nuove e di bell’aspetto, è quella del piccolo sobborgo di Sant’Antonio, posto un miglio fuor di porta e abitato in gran parte da contadini e da operai di due grandi fabbriche di ferramenti e di acido solforico, che lo riempion di rumore e lo copron di fumo. Il sobborgo è formato da una sola strada dritta, fiancheggiata di piccole case e d’orticelli dalla quale si spicca un largo viale, che corre nella campagna aperta: in fondo a questo v’è la chiesa, solitaria, e dall’un dei lati, sul confine d’un campo, la scuola. L’edifizio, piccolo e grazioso, ha cinque stanzoni al pian terreno, per le cinque classi elementari, e due camerette per il cantoniere e sua moglie che servon da bidelli, e al pian di sopra i quartierini per le quattro maestre e un maestro, che hanno ciascuno due camerette e una cucina. | „ |
17 febbraio
modificaUna sfida al Polo di Emilio Salgari (1909)
“ | — Hurràh for miss Ellen!...
— Hurràh for Montcalm!... — Hurràh for Torpon!... Queste grida uscivano da diecimila petti se non di più, con un fragore assordante, quasi spaventevole. Se le acque del lago Ontario avessero rotto gli argini e si fossero rovesciate, con impeto irrefrenabile, attraverso la piccola e graziosa città canadese di Kingston, non avrebbero prodotto maggior fracasso. Pareva che una subitanea follia si fosse impadronita di quelle diecimila persone composte di americani, di canadesi e d’inglesi, accorsi dal di qua e dal di là del S. Lorenzo, e che si stipavano entro un vastissimo recinto, improvvisato alla meglio con rozzi panconi, ma ben fornito di banchi dove facevano bella mostra infiniti reggimenti di polverose bottiglie. — È la bionda miss!... — Sì, sì, è lei, che giunge sul suo automobile di ottanta cavalli!... — No, sono i due aspiranti alla sua mano. — Cento dollari che è miss Perkins!... Chi accetta? — Mille che sono Montcalm e Torpon!... — Cinquecento che sono dei noiosi policemen che verranno a proibire anche qui la partita di boxe!... |
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24 febbraio
modificaOsservazioni sopra alcune particolari petrificazioni nel Monte Misma di Giovanni Maironi da Ponte (1812)
“ | Mentre i più ingegnosi ed arditi indagatori della Natura disputano sul modo, sui mezzi, sui materiali e sulle epoche, in cui è stato conformato il globo, che abitiamo, io, che misuro le mie forze, e ne sento la debolezza, lontano dal decidere se le valli e i monti e l’acqua e l’atmosfera opera sieno di Plutone, di Vulcano o di Nettuno, mi limito ad esaminare i luoghi a me più vicini, per offerire ai geologi qualche osservazione più o meno nuova, più o meno importante, ma sempre veridica ed esatta, che eglino sapranno attaccare a qualche anello della loro sistematica catena, al quale meglio convenga. Io mi reputo fortunato, se posso sollevare un piccol angolo del velo, onde Natura si copre; ma ben mi guardo dal volerne dal poco, che ne veggo, disegnare l’intera figura. Con questo principio, siccome altre volte ho ragionato di alcune di quelle sostanze, per le quali i monti e le valli del nostro Dipartimento si distinguono e si apprezzano, così ora, il mio costume seguendo, parlerò di alcuni corpi particolari, che nel nostro Misma si trovano degni per mio avviso d’essere illustrati. | „ |
3 marzo
modificaDelle strade ferrate e della loro futura influenza in Europa di Antonio Piola (1838)
“ | Allorchè l’Europa, uscendo dalle tenebre del medio evo, vedeva crescere e consolidarsi il sistema delle riunioni municipali, e quivi introdursi il proficuo metodo della divisione del lavoro, l’industria guidata da più esperte mani, fomentata dal lusso, e concitata dall’incostanza delle mode, moltiplicava e perfezionava le sue produzioni. L’agricoltura allettata dal maggior consumo delle derrate, estese anch’essa i suoi lavori su più ampj terreni; sorsero allora dal benefico suolo più copiose e più variate produzioni, che porsero all’industria mezzi ragguardevoli e preziosi; l’agricoltura e l’industria con vicendevoli soccorsi furono così l’una all’altra di scala a più alta fortuna.
Ond’è, che le produzioni aumentando in ragione degli utili che i produttori ricevevano per causa di maggior consumazione, venne il bisogno di smerciare nelle altre contrade ciò che soprabbondava ed eccedeva la consumazione interna, e la sagacità del commercio assunse siffatta impresa, la estese in ragione della facilità dei trasporti, ed ebbe un utile ad essa corrispondente. |
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10 marzo
modificaBergamo e sue valli, Brescia e sue valli, Lago d'Iseo, Valcamonica di Anonimo (1910)
“ | Bergamo (380 m.; 55,000 ab.) giace a guisa di anfiteatro, sopra tre poggi, allo sbocco delle due valli: Seriana e Brembana, così chiamate dai fiumi Serio e Brembo che da dette valli discendono. È città eminentemente commerciale ed industriale, essendo il mercato al quale si provvedono tutte le circostanti vallate.
È rinomata la fiera di S. Alessandro che vi si tiene, dalla metà d’agosto alla metà di Settembre, in una località chiamata Fiera. |
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17 marzo
modificaInvito a Lesbia Cidonia ed altre poesie di Lorenzo Mascheroni (1887)
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INVITO A LESBIA CIDONIA
Perchè, con voce di soavi carmi, |
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24 marzo
modificaGaribaldi e Medici di Antonio Picozzi (1888)
“ | Sul declinare di giugno del 1848 il popolo Lombardo, disingannato dagli effimeri trionfi delle armi regie intorno al quadrilatero: venuto a cognizione del continuo ingrossare dell’Austriaco all’agognata riscossa; accortosi, un po’ tardi, della penuria d’uomini atti a guidare lo sbattuto naviglio della testè conquistata indipendenza: misurò con giustificata trepidanza il pericolo d’un generale rovescio e quindi del ritorno dell’abborrito oppressore.
E ne aveva ben d’onde. Poichè l’esercito regio, travagliato dalle moltiformi peripezie di parecchi mesi d’assedio intorno alle inespugnabili fortezze, frustrato nelle prime sorridenti speranze di facile vittoria, demoralizzato dalla sempre più rivelantesi incapacità de’ Condottieri, sentiva menomata, sfiduciata l’anima al segno che, da baldo aggressore qual s’era in sulle prime spiccato dal Regno Subalpino, dopo varie scaramuccie e battaglie non sempre felici, assunse a poco a poco le sembianze e l’attitudine di aggresso che si para a difesa. E fu somma sventura per Italia nostra il non aver saputo trar profitto dell’abnegazione, del buon volere, dell’eroismo: virtù delle quali diede in quella sciagurata campagna luminose prove il soldato Piemontese. |
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31 marzo
modificaLeone Duodecimo e Pio Ottavo di Giuseppe Baraldi (1829)
“ | Leone XII! Pio VIII! — . Leone che per un lustro governò la Chiesa cattolica, Pio che dopo trentasei giorni di conclave viene da Dio nella sua misericordia prescelto a nuovo e sommo Gerarca: oh nomi! oh memorie! oh argomento insieme di lutto e di conforto, di timore e di speranza! oh soggetto profondo di adorare gli alti imperscrutabili disegni d’una celeste e ognor presente e mirabile Providenza!
......... Primo avulso non deficit alter Per diciannove secoli si avverò sempre questo non favoloso, ma sacro e vaticinato e lieto portento. Al ramo d’oro, che portò scritto un nome caro all’Italia e alle Lettere, a Roma e alla Religione, il bel nome di Leone, successe e spuntò sollecito a coronar la mistica pianta un altro aureo ramo, che di nuova luce sfolgorante altro nome mostrava ugualmente caro del primo, ma reso più glorioso e tenero da indelebili e recenti memorie, e da quella venerazione che ispira la persecuzione e un prolungato martirio, l’augusto e caro nome di Pio. |
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7 aprile
modificaIl laicismo di Davide Riccardi (1893)
“ | L’influenza del prete nella società è grandissima, non solo per ciò che opera nell’esercizio del sacro ministero, ma anche fuori di esso.
Egli influisce dapprima, e non poco, con la semplice sua presenza. La comparsa d’un sacerdote in una casa, in una conversazione, in luogo dove siano più individui insieme, produce sui presenti un cotale effetto che tutti risentono e che ben trapela nel loro contegno ed in certo riserbo, quale subito s’impone anche ai meno corretti dei cattolici. Certe proposizioni, certi giudizi, certi motti equivoci che si azzarderebbero forse fra soli laici, non si pronunciano più al cospetto del prete. Perchè questo, io domando? — Perchè il prete rappresenta qualche cosa che gli altri non rappresentano: rappresenta l’idea religiosa, il principio religioso, la fede religiosa. Non fa punto bisogno che egli si esprima e parli. La sua presenza parla per lui e vale per una professione, che nessun uomo educato vorrebbe offendere. E questo che avviene nei privati ritrovi, nei caffè, negli alberghi, nei convogli e simili luoghi, si verifica parimenti nelle pubbliche adunanze, negli uffizi amministrativi, nelle assemblee e via discorrendo. |
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14 aprile
modificaMemorie storiche della città e marchesato di Ceva di Giovanni Olivero (1858)
“ | Parlando delle antichità di Ceva sarebbe pregio dell’opera il tener discorso pur anche degli antichi popoli che abitarono queste contrade, quali furono i Liguri, i Stazielii, i Vagienni, i Galli Cispadani, i Romani, ecc., ma siccome di questi scrissero diffusamente tanti eruditi scrittori di cose patrie, tra i quali tiene un luogo distinto il Jacopo Durandi per le sue elaborate ricerche sugli antichi popoli d’Italia, e sul Piemonte Cispadano antico, dato alle stampe in Torino negli anni 1769 e 1774 io per non ripetere le stesse cose mi restringerò a parlar di Ceva.
Molto si disputò e molto si scrisse sull’origine di questa Città, ma non si riuscì fin ora a nulla di certo, e di positivo. Bisogna confessare che non si trova in Ceva un monumento anteriore al Medio Evo, ed è gratuita asserzione che fosse una volta Colonia Romana: tutti sanno quanto fossero i Romani solleciti nell’ergere monumenti, o incider lapidi che ricordassero ai posteri la loro potenza e i loro nomi [...] |
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21 aprile
modificaItalia e Grecia di Felice Cavallotti (1898)
“ | Con la precedente lettera ricevetti, infatti, la seguente, dell’ottobre 1887, che l’on. Cavallotti allora diresse al Ministro di Grecia in Roma, signor Papagiropoulo, in risposta all’annunzio ufficiale che gli dava di aver ricevuto da Atene per lui il diploma e le insegne di Commendatore dell’Ordine del Salvatore.
Quando, nei dì che la Grecia, con l’impeto dei sacri entusiasmi, accingevasi al compimento dei propri destini, io venni a chiederle, se per un poeta italiano e per una schiera di compagni suoi ci era un poco di posto sotto le greche bandiere, e la di lei mano strinse con fraterna effusione la mia; e quando nella Camera italiana, innanzi agli egoismi europei, evocavo per la causa di Grecia l’apostrofe del grande livornese: «O perchè dal turbante dell’infedele non isbarraste tanto di tela che bastasse a coprire le sue membra cristiane?» — in quei giorni, signor ministro, parlava in me semplicemente una gratitudine antica. |
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28 aprile
modificaCommemorazione di Paolo Ferrari di Felice Cavallotti (1892)
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La memoria grande e cara che quì ci raduna mi toglie di rispondere alle di Lei parole, troppo gentili per me ed immeritate, con altre, che potrebbero parere di convenzione, e non rispecchierebbero se non ciò che io sento di me. Ma quando ieri sotto le volte del Famedio di Milano, Ella con voce commossa dichiarava di ricevere per la sua cara Città natale il sacro deposito che Milano le restituì, io, ascoltandola, lessi nel di lei cuore: e sento ch’Ella ora legge nel mio, mentre ringrazio il primo magistrato di Modena di avermi chiamato, nel nome della sua Città, a scioglierò verso la memoria di Paolo Ferrari un debito che per me non è solo d’Italiano, non è solo di artista e di poeta, ma è anche un debito di discepolo ed è un debito del cuore. Perchè, Signor Sindaco, saran quasi vent’anni che un giovane poeta, il quale per la prima volta affacciavasi dalle battaglie della politica alle battaglie della scena, ricercava di consigli un maestro [...] |
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5 maggio
modificaCanti di Giacomo Leopardi (1831) a cura di Alessandro Donati
“ | I ALL’ITALIA O patria mia, vedo le mura e gli archi |
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12 maggio
modificaRicerche sul progetto di una strada di ferro da Milano a Venezia di Carlo Cattaneo (1836)
“ | 1. L’impresa di una strada ferrata vuolsi considerare sotto due aspetti distinti. L’uno riguarda l’utilità da conseguirsi; l’altro riguarda la material costruzione dei lavori. Ma siccome tutta l’impresa mira unicamente a conseguire un lucro, e non a compiere un’opera di difesa o d’ornamento: così la costruzione divien pedissequa e subalterna alla utilità. Laonde il primo quesito da sciogliersi non deve esser questo: Qual è la linea che ammette la più breve, più facile, men dispendiosa e più durevole di tutte le costruzioni? Poichè la miglior costruzione potrebbe tuttavia riescire la meno adatta al guadagno. Ma il primo quesito dev’esser questo: Qual è la linea che promette maggiore ampiezza di privato lucro e publica utilità? Sciolto questo quesito, si vuol poi accomodarlo e contemperarlo coll’altro; ma l’uno è il padrone e l’altro è il servitore. 2. Lo spazio da percorrersi è un vasto piano che insensibilmente si declina al mare. Da Milano a Venezia si discende braccia 215, ossia circa 70 metri. Da Milano a Verona il declivio generale è di poco più d’un mezzo metro o vogliam dire d’un braccio per miglio; e da Verona a Venezia è circa il doppio. |
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19 maggio + 16 giugno
modificaDa Quarto al Faro di Giuseppe Cesare Abba (1882)
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Parma 3 maggio 1860. Notte.
I più generosi hanno indovinato. Garibaldi partirà, ed io sarò nel numero dei fortunati che lo seguiranno. Poco fa, parlavo di quest’impresa coll’avvocato P.... Egli che l’anno scorso, nella caserma dei cavalleggieri d’Aosta, pregava con noi che nascesse la rivoluzione nel Pontificio o nel Napoletano, dacchè Villafranca aveva troncata la guerra di Lombardia; non potrà venire con noi e si affligge. Ha la madre ammalata. |
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26 maggio + 9 giugno
modificaComponimenti scritti per chiarire taluni punti oscuri della fisica arcana di Salvatore Fenicia (1856)
“ | POCHE PAROLE DI PREFAZIONEScrissi questi Sonetti, e l’inviai al mio dotto amico Arago in Francia accompagnati dalla lettera che siegue; ma sventuratamente quel luminare cessò di vivere mentre l’invio era per strada, e non poterono perciò esser fatti di ragion pubblica. Ora che talune mie persuadenti teorie cominciano ad essere bene accolte dappertutto, sembrami necessario non più tenerli nel segreto; ed è perciò che li publico: come publico ancora quanto scrissi al chiarissimo francese. All’Onor.mo filosofo Arago in Parigi A Voi, chiarissimo Amico, che avete ben spinto lo sguardo ne’ secreti latiboli della magna Natura, a Voi indirigo questi componimenti che, sebbene poetici, a me sembran più veritieri delle gravi composizioni prosaiche. Esaminate Voi con la vostra profonda sagacia le teorie in essi contenute; ed alle considerazioni dei sommi, come Voi dagli occhi d’Argo veggenti, di grazia Vi benigniate di metterle: [...] |
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2 giugno
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AL LETTORE
ME che pongo il mio nome sotto queste poche righe d’introduzione, come ad uno de’ più intimi amici dell’autore ed a lui congiunto per sangue, a me che più di tutti fui a parte delle sue gioie e de’ suoi dolori è toccato il triste incarico di tesserne la biografia. Non abuserò certo della pazienza di chi legge, tanto più che le vicende del mio povero amico non offrono nulla di così straordinario da tentare il narratore od il lettore. La sua storia è tutta in quattro parole: morì a trent’anni. Lorenzo Stecchetti mio cugino (le nostre madri furono sorelle) nacque il 4 ottobre 1845 in Fiumana, piccolo comune del Forlivese, che giace in una di quelle fertili valli cui sovrastano i primi contrafforti dell’Appennino e precisamente nel villino chiamato Casella. Di famiglia non ricca ma agiata, nel 1847 gli mancò il padre, nel 1850 la madre, e mio padre assunse la tutela dell’orfano. |
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23 giugno
modificaI precursori di Lombroso di Giuseppe Antonini (1900)
“ | Cesare Lombroso, colla pubblicazione dell’Uomo delinquente in rapporto alla antropologia, giurisprudenza e discipline carcerarie, nel 1876, determinava una nuova orientazione del diritto penale, ed iniziava un’êra gloriosa per la scienza italiana, facendosi centro di un vasto movimento scientifico nel campo di tutte le discipline biologiche e giuridiche.
Il lavoro compiuto in quest’ultimo quarto di secolo, dietro l’impulso dell’opera assidua, tenace, feconda del grande Maestro, fu enorme; i principî che egli sosteneva con ardore d’apostolo e con la sicurezza del documento sperimentale dello scienziato, si imposero, ed attrassero elettissimi ingegni che gli si misero a lato, collaboratori più che discepoli, portando le applicazioni dell’antropologia criminale nel diritto e nella procedura penale. E così si venne affermando l’esistenza di quella Nuova Scuola, che coi nomi di Lombroso, Ferri o Garofalo ha portato oltre le alpi le energie del pensiero italiano, agitando per ogni terra civile la bandiera della giustizia e della scienza; ammonendo i governi di portare efficace e pronto rimedio alla codificazione penale attuale, basata soltanto su forme di astrazioni giuridiche, impropria e pericolosa per eccessivo e metafisico individualismo, nella severità e nell’indulgenza. |
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30 giugno
modificaLa cavalleria italiana e le sue riforme di Achille Boccanera (1868)
“ | I cambiamenti arrecati al sistema di guerra dalle nuove armi di precisione e dagli altri trovati della scienza hanno addotto la necessità d’adattarvi la tattica delle varie armi e gli ordinamenti loro.
Molto si è scritto in questi ultimi tempi, ma le conclusioni numerose, varie e per lo più contraddittorie, non furono quasi mai giuste per la cavalleria, su cui una critica tutt’altro che benevola si sforza per così dire di mettere all’indice, particolarmente presso di noi, ove trovò sempre in alto il maggiore ostacolo al suo incremento. Contro essa si citano a sproposito le nostre guerre del 1859 e 1866, e poichè in vero non l’ebbe quella parte luminosa che in altri tempi, condotta da generali illustri, le valsero altrove il glorioso appellativo d’arma della vittoria, si accusò d’insufficienza nelle guerre attuali. Niuno contesta che plotoni e squadroni, adoperati come a guerra minuta, v’ebbero parte gloriosa di combattimento; ma il grosso della cavalleria — l’instrumento produttore dei grandi effetti morali — non gravitò mai del suo pondo nelle nostre battaglie per mancanza di mano maestra atta a maneggiarla, |
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7 luglio + 29 settembre
modificaOdi e inni di Giovanni Pascoli (1906)
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LA PICCOZZA
Da me!.. Non quando m’avviai trepido, |
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14 luglio + 22 settembre
modificaEpigrammi di Dafnide Eretenia di Vittoria Madurelli Berti (1824)
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EPIGRAMMI
I.
II. A bella.
III. alla stessa.
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21 luglio + 4 agosto
modificaLe Aquile della steppa di Emilio Salgari (1907)
“ | CAPITOLO I. Un supplizio spaventevole. — All’armi Sarti!... Eccolo!... — Un urlìo assordante fece eco a quel grido; poi un’onda di uomini si rovesciò attraverso le strette viuzze del villaggio fiancheggiate da casette d’argilla grigia, di meschino aspetto come già lo sono tutte quelle che abitano i turcomanni non nomadi della grande steppa turanica. — Fermatelo con una palla nel cranio! — Lesti, giovanotti! — Addosso a quel cane! — Fuoco! — Una voce imperiosa, che non ammetteva replica, dominò tutto quel baccano: — Guai a chi fa fuoco! Cento tomani a chi me lo porta vivo! — Chi aveva dato quell’ordine era un bel vecchio, uno dei più belli che si potessero trovare nelle steppe turchestane, che doveva aver già varcata la sessantina, di forme piuttosto tozze e robuste con spalle ampie e braccia muscolose e la pelle fortemente abbronzata e resa ruvida dagli ardori intensi del sole e dai venti frizzanti della grande steppa, gli occhi neri e ancora pieni di fuoco, il naso un po’ adunco, come il becco dei pappagalli, ed una lunga barba bianca che gli scendeva fino a metà del petto. |
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28 luglio + 18 agosto
modificaMemorie sulla dimora del sig. Cagliostro in Roveredo di Clementino Vannetti (1788), traduzione dal latino di anonimo (1789)
“ | N Ell’ottavo anno dell’Impero di Giuseppe Cesare, entrato in Roveredo Cagliostro, ivi fermossi. E chi scrive, di là passando il vide da una finestra, ed era con lui sua moglie, circa le ore sette pomeridiane. E tutto il popolo lo riguardava con ammirazione. E alcuni dicevano esser egli l’Anticristo, altri un Mago, e così a vicenda disputavano. Egli poi gli derideva, dicendo, ignoro io stesso chi mi sia, so bene che curo gli infermi, che giovo agli ignoranti col consiglio, e somministro danaro ai poveri. Molte cose sono scritte di me con vanità e bugia, perchè il vero è a tutti celato. È necessario poi ch’io muoja, e allora si farà chiaro dalla mia penna ciò che io feci. Ed essendosi fatta notte, da lui molti radunavansi, e di molte cose l’interrogavano. E similmente la mattina riceveva tutti coloro, che cercavan parere sui loro incomodi. Molto poi essi temevano. Vennero da lui di notte alcuni amatori di cose nuove e recondite, cui manifestò le sue azioni: Battista fratello di Nicola, e Luigi, ed altri.
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11 agosto + 15 settembre
modificaCronica de Matematici di Bernardino Baldi (1707)
“ | UFORBO di Frigia fù il primo de nominati fra Greci, che instituì le contemplationi Matematiche, e come scrive Laertio, trovò le specolationi delle linee, e de triangoli scaleni.
TALETE accrebbe le cose di Euforbo; indi passato nell’Egitto imparò da Sacerdoti le dette discipline; onde tornato in Grecia seminò fra suoi le cose Geometriche, & Astronomiche. AMERISTO fratello di Stesicoro Poeta, di natione Siciliano, successe à Talete, e fù il primo, che ponesse insieme gl’Elementi Geometrici. ANASSIMANDRO discepolo di Talete, gran Geometra, & Astrologo, fù il primo fra Greci, che cominciasse ad osservare le grandezze, e distanze del Sole, e della Luna, le declinationi del Zodiaco, gl’Horologgi solari, e le Carte Geografiche. PITAGORA diede forma alla Geometria; separolla da la materia, e fecela più nobile; fù inventore de corpi regolari, e d’alcune propositioni famose. I Musici ancora riconoscono da lui i fondamenti di quella disciplina. Fù il primo assertore dell’harmonia de Cieli. |
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25 agosto + 8 settembre
modificaColpo d'occhio a Roma di Adone Palmieri (1862)
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Piazza del Popolo
Se il Viaggiatore entra Roma dal Popolo, a 2 miglia innanzi passa il superbo ponte Emilio a 7 archi, ove nel sottoposto Tevere affogò Massenzio combattendo contro Costantino l’anno 311 dell’era Cristiana. |
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1 settembre + 27 ottobre
modificaRegolamento degli uffizi di notaio e d'insinuatore di Regno di Sardegna (1770)
“ | elle Regie Costituzioni S. M. ha prescritto quelle Leggi generali, colle quali, fissate le basi della validità degli atti, e contratti, non meno che de’ principali doveri di coloro, che vorranno esercitare l’importante uffizio di Notaio, fossero sempre più assicurati gl’interessi de’ suoi Sudditi, e si serbasse incontaminata la pubblica fede: ha pure esteso a quelle Provincie, dove non erasi per anco introdotto, lo stabilimento della Insinuazione, affinché tutti gli Stati potessero ugualmente partecipare de’ riguardevoli vantaggi, che derivano dalla esatta cura, e custodia in pubblici Archivj degli Atti, e Contratti, dalla facilità di farne le ricerche, e di averne con leggiere spesa le copie d’incontrastabile autenticità rivestite. Si è però riserbata di comprendere in particolare Regolamento le Leggi tutte, sotto cui dovranno esercitarsi in avvenire gli uffizj di Notaio, e d’Insinuatore; quindi, avendo fatto raccogliere i provvedimenti dati per l’addietro dalla medesima M. S., e da suoi Predecessori, con avervi fatto le variazioni, ed aggiunte, che al lume della sperienza le sono parute più proprie pel conseguimento del fine propostosi, [...] | „ |
6 ottobre + 20 ottobre
modificaArchimede reintegrato - Idrolibra di Agatino Daidone (1720)
“ | Ell’anno 1716. si scoprivano in Sicilia molte Monete d’oro falsificate, e cercandone gli Orefici la mistione col loro modo usato, diedero motivo di attaccarsi una questione in una assemblea di uomini dotti, e virtuosi: alcuni tra questi si lamentavano de’ Siciliani di oggidì, come inferiori nell’ingegno a’ Siciliani de’ tempi antichi, e facevansi ragione, arringando moltissime di quelle ingegnose invenzioni, ritrovate da’ famosi antichi Siciliani, tra’ quali celebravano più quelle di Archimede Siracusano, di cui si dice, che col mezzo dell’acqua avesse scoperta la mistione dell’argento, che l’Orefice aveva frapposto nella corona lavorata per il Re Jerone. Questo artificio, ripigliarono allora alcuni tra quei della dotta assemblea, da nessuno è stato a’ tempi nostri pratticato: altri aggiunsero, che questa invenzione di Archimede non corrispondeva all’esperienza, nello scoprimento della mistione dell’oro coll’argento, e pretendevano essi cavar diverse conseguenze sì dalla dottrina del Galileo, come dalla dimostrazione fatta dal Dot. D. Gio:Battista Odierna nel suo Archimede Redivivo. | „ |
13 ottobre
modificaAndrea Conti Matematico ed Astronomo di Baldassarre Boncompagni (1840)
“ | Nel discorrer la vita e le opere de’ valentuomini, due fini sommamente utili possono raggiugnersi: l’uno di onorarne la memoria, l’altro d’animar que’ che rimangono a seguitarne la virtù ed il sapere. Argomento opportuno a ciò ne porge quell’illustre Andrea Conti testè rapito alle scienze. Ed in vero all’eminente suo merito ben si conviene un tributo d’ammirazione e di lode: e la sposizione di una vita passata tutta ne’ buoni studi, e in far fiorire le matematiche, e massimamente l’astronomia, potrà esser forse all’animo de’ giovani di alcuno stimolo per coltivare gloriosamente sì nobili e sì utili discipline. Abbiamo quindi cagione a sperare che queste notizie di lui e de’ suoi scritti non torneranno discare a’ nostri lettori.
Andrea Conti nacque nel 1777 in Riofreddo, piccola terra della diocesi di Tivoli. Inviato a Roma fino da’ primi suoi anni, fu affidato alle cure di un prete suo zio, il quale veggendo oltremodo vago di dottrina l’animo del giovanetto, non mancò d’avviarlo alle scuole del collegio romano, affinchè ivi desse opera ai consueti studi di grammatica e di belle lettere. |
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3 novembre
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INTRODUZIONE.
’Historia si può veramente deffinire una guerra illustre contro il Tempo, perchè togliendoli di mano gl’anni suoi prigionieri, anzi già fatti cadaueri, li richiama in vita, li passa in rassegna, e li schiera di nuovo in battaglia. Ma gl’illustri Campioni che in tal Arringo fanno messe di Palme e d’Allori, rapiscono solo che le sole spoglie più sfarzose e brillanti, imbalsamando co’ loro inchiostri le Imprese de Prencipi e Potentati, e qualificati Personaggj, e trapontando coll’ago finissimo dell’ingegno i fili d’oro e di seta, che formano un perpetuo ricamo di Attioni gloriose.
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10 novembre
modificaStoria della colonna infame di Alessandro Manzoni (1840)
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INTRODUZIONE.
i giudici che, in Milano, nel 1630, condannarono a supplizi atrocissimi alcuni accusati d’aver propagata la peste con certi ritrovati sciocchi non men che orribili, parve d’aver fatto una cosa talmente degna di memoria, che, nella sentenza medesima, dopo aver decretata, in aggiunta de’ supplizi, la demolizion della casa d’uno di quegli sventurati, decretaron di più, che in quello spazio s’innalzasse una colonna, la quale dovesse chiamarsi infame, con un’iscrizione che tramandasse ai posteri la notizia dell’attentato e della pena. E in ciò non s’ingannarono: quel giudizio fu veramente memorabile.
In una parte dello scritto antecedente, l’autore aveva manifestata l’intenzione di pubblicarne la storia; ed è questa che presenta al pubblico, non senza vergogna, sapendo che da altri è stata supposta opera di vasta materia, se non altro, e di mole corrispondente. |
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17 novembre
modificaGli amori pastorali di Dafni e Cloe di Longo Sofista (III secolo), traduzione dal greco di Annibale Caro, Sebastiano Ciampi (XVI secolo)
“ | Nell’isola di Lesbo cacciando, e per lo bosco delle ninfe attraversando, mi si scoperse nel mezzo di esso uno a lor sacro, solitario e venerando tempietto: e già dalla caccia affannato, per alquanto riposarmi, e per le Dee visitare entrandovi, mi s’offerse nella prima giunta una vista bellissima sopra quante ne vedessi giammai. Vidi attaccata alla parete d’incontro una Tavola dipinta; la sua dipintura rappresentava una istoria d’Amore. Era il bosco ancor esso bellissimo, ombroso, erboso, fiorito e d’acque d’ogn’intorno rigato, e tutti insieme l’erbe, gli alberi, ed i fiori erano per molti rivi da una fontana sola nutriti. Ma sopra modo piacevolissima si mostrava l’istoria della pittura, copiosa, artificiosa ed amorosa tanto, che molti forestieri, per fama, da ogni banda vi concorrevano, mossi e dalla devozione delle Ninfe, e dalla vaghezza della pittura. Il componimento dell’istoria erano donne che partorivano, altre che i lor parti adornavano, e certe che in deserto li gittavano. | „ |
24 novembre
modificaIl Castello di Malpaga di Carlo Fumagalli (1893)
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a viva impressione che l’artista e lo studioso ritrae in Venezia, dinanzi alla imponente statua equestre del Colleoni, modellata dal Verocchio, torna a ridestarsi nel visitare il Castello di Malpaga, che fu la residenza favorita di quella grandiosa figura, venuta in fama nel XV secolo quale Capitano Generale delle Venete armate.
Il parlare di lui e tesserne gli episodi della vita, dopo le dotte pagine dello storico Pietro Spino, del Bonomi, del Corio e del Muoni, e recentemente dell’inglese Browing, non può essere lo scopo del presente volumetto, che — mi affretto a dichiararlo fin d’ora — si presenta semplicemente come una memoria illustrata del Castello di Malpaga, ancora poco noto fra noi. |
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1 dicembre
modificaMemoria sullo scavo della via Appia di Agostino Jacobini, Bartolomeo Borghesi (1851)
“ | Quei, che istruito nelle antiche memorie delle classiche latine lettere uscito di Roma inoltrandosi per l’Appia via voglia immaginarsi quale essa fosse ne’ prischi tempi della repubblica e dell’impero, grandi cose ad ogni istante vede che gli si parano agli occhi dell’immaginazione. Dove si presentano orti ameni con magnifici ninfei portici e palaggi, dove ampie ville con ogni genere di delizie e private e pubbliche, dove templi eretti alle antiche bugiarde deità, e ad ogni passo lungo te via inalzati sepolcri in tutte ragioni di specie di tempi di nomi. Meravigliandosi che tale incantevole scena sia del tutto sparita, che de’più grandiosi sepolcrali monumenti ne restino miseri avanzi ove s’abbarbica l’edera e annidansi i corbi e che su la famosa regina delle vie sepolta vi pascoli l’armento, cercando in sua mente la causa di sì variata fortuna, vede che nel moribondo e spento Romano impero pel corso di dieci secoli con varie incursioni Goti, Longobardi e Saraceni spogliarono e devastarono la misera Roma e suoi contorni, depredando quanto v’avea di prezioso agli occhi loro, e devastando quanto avea saputo creare l’arte Greco-Romana alimentata da ricchezze e da lusso incredibile, vede a tanta decadenza avervi posto mano l’odio delle sempre malaugurate fazioni cittadine, spopolando il paese e distruggendo e cambiando i più cospicui e robusti monumenti in fortezze, alle quali cose vi vede unita la distruzione del tempo vorace e del male inteso particolare interesse. | „ |
8 dicembre
modificaLe mie prigioni di Silvio Pellico (1832)
“ | Ho io scritto queste Memorie per vanità di parlar di me? Bramo che ciò non sia, e per quanto uno possa di sè giudice costituirsi, parmi d’avere avuto alcune mire migliori: — quella di contribuire a confortare qualche infelice coll’esponimento de’ mali che patii e delle consolazioni ch’esperimentai essere conseguibili nelle somme sventure; — quella d’attestare che in mezzo a’ miei lunghi tormenti non trovai pur l’umanità così iniqua, così indegna d’indulgenza, così scarsa d’egregie anime, come suol venire rappresentata; — quella d’invitare i cuori nobili ad amare assai, a non odiare alcun mortale, ad odiar solo irreconciliabilmente le basse finzioni, la pusillanimità, la perfidia, ogni morale degradamento; — quella di ridire una verità già notissima, ma spesso dimenticata: la Religione e la Filosofia comandare l’una e l’altra energico volere e giudizio pacato, e senza queste unite condizioni non esservi nè giustizia, nè dignità, nè principii securi. | „ |
15 dicembre
modificaFavole per i Re d'oggi di Ercole Luigi Morselli (1909)
“ | «Un giorno la Verità, nuda così, com’è solita andare pe’ ’l mondo, si presentò al trono di un re. Appena si seppe chi era e quel che voleva dire, subito le piovvero addosso mille villanie, e il re, più inviperito di tutti, ordinò alle guardie che cacciassero incontanente quella spudorata dal suo palazzo.
Allora la Verità andò in cerca della Fantasia. Come l’ebbe trovata, da lei si fece prestare una bella veste tessuta d’oro e stellata di gemme: e così vestita ritornò alla Corte di quel re, e mescolando sorrisi a parole, disse quello che voleva dire, e il re l’ascoltò, questa volta, serenamente. Anzi in poco tempo sgombrò la Corte d’una buona quantità di scrocconi e volle cercar da sè le piaghe del suo regno, e fu benedetto dal popolo e il nome suo andò glorioso per la Terra». Così il favolista russo Ismailow, in una graziosa favoletta, spiega l’origine e le ragioni della Favola. Nè meglio si potrebbe. |
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22 dicembre
modificaDella scoperta del nuovo pianeta Cerere Ferdinandea di Giuseppe Piazzi (1802)
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§. I.
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29 dicembre
modificaNovelle rusticane di Giovanni Verga (1883)
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IL REVERENDO
Di reverendo non aveva più nè la barba lunga, nè lo scapolare di zoccolante, ora che si faceva radere ogni domenica, e andava a spasso colla sua bella sottana di panno fine, e il tabarro colle rivolte di seta sul braccio. Allorchè guardava i suoi campi, e le sue vigne, e i suoi armenti, e i suoi bifolchi, colle mani in tasca e la pipetta in bocca, se si fosse rammentato del tempo in cui lavava le scodelle ai cappuccini, e che gli avevano messo il saio per carità, si sarebbe fatta la croce colla mano sinistra. |
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