Wikisource:Testo in evidenza/Archivio/2015
4 gennaio
modificaLa guerra nelle montagne di Rudyard Kipling (1917), traduzione dall'inglese di Anonimo (1917)
«Abbiamo tre fronti»; — disse la mia guida — «sul primo, quello dell’Isonzo, che è la strada che conduce a Trieste, le nostre truppe possono procedere, sebbene tra grandi difficoltà. Sul secondo, quello del Trentino, al nord, dove il nemico è più vicino alle nostre pianure, le nostre truppe debbono arrampicarsi. In ogni altra parte esse debbono pure inerpicarsi e fare dell’alpinismo; lo vedrete».
Egli additò, a sud-est e ad est, attraverso la nebbia caliginosa, alcune giogaie dall’aspetto sinistro, donde si udiva il rimbombo lontanissimo dei cannoni, che discutevano gravemente. «Dove andiamo ora è il Carso», mi disse. Si volse poscia a nord-est e a nord, dove montagne, più vicine e più alte, lasciavano apparire strisce di neve tra le loro rugosità. «Sono le Alpi Giulie», egli continuò. «Tolmino è là dietro. Lì a nord, dove la neve è più densa — vedete? — sono le Alpi Carniche e noi combattiamo su di esse; più in là, ad occidente, vengono le Dolomiti, sulle quali i turisti eran soliti di fare ascensioni, descrivendole poi sui libri [...]».11 gennaio
modificaI Malavoglia di Giovanni Verga (1881)
18 gennaio
modificaCosì parlò Zarathustra di Friedrich Nietzsche (1885), traduzione dal tedesco di Renato Giani (1915)
Ma al fine il suo cuore si mutò; e un mattino egli si levò con l’aurora, s’avanzò verso il sole e così gli disse:
«Oh grande astro! Che sarebbe della tua felicità, se tu non avessi a chi splendere?
Per dieci anni tu sei venuto alla mia caverna: ti saresti recato a noja la tua luce e il tuo cammino senza di me e del mio serpente.
Ma noi ti attendevamo tutte le mattine, tu ci davi il tuo superfluo e ne avevi ricambio di benedizioni.
Guarda! Io sono sazio della mia sapienza, come l’ape del miele di cui ha fatta soverchia provvista; io ho bisogno di mani, che si stendano per coglierla.
Io vorrei donare e distribuire, sino a tanto che i savi tra gli uomini fossero divenuti lieti della loro follìa, e i poveri della lor ricchezza [...]».25 gennaio
modificaIl mio cuore fra i reticolati di Mario Carli (1934)
Se queste quattro proprietà fossero intimamente concatenate fra di loro, così da imporre al loro possessore il seguente ragionamento: «Sono giovane, e perciò ho un'amante: ho un'amante e per conseguenza ho fatto dei debiti: non posso pagarli e l'angustia che mi deriva da questo fatto si generalizza in una stanchezza profonda della vita....» non è facile stabilire. Certo è che al momento della mobilitazione — crisi nazionale delle più formidabili — anche lo spirito di Franco Arbace si trovò in piena crisi.
Nulla è così interessante come il ricercare e analizzare le diverse ripercussioni intime che questo grandioso dramma collettivo ebbe su ogni giovane della nostra generazione, sia che abbia vestito più o meno prontamente il grigio-verde scagliandosi nella grande bufera, sia che non vi abbia partecipato direttamente ma di riflesso.1 febbraio
modificaManuale di 150 ricette di cucina di guerra di Anonimo (1916)
Spezzate una certa quantità di ossa e unitevi dei ritagli di carne, nervi od altro che aveste disponibile, mettete tutto in una casseruola nella quale avrete sciolto un pò di lardo e di grasso. Unite una cipolla abbastanza grossa e tagliata a fettine, una carota, un mazzetto di erbe aromatiche, due o tre chiodi di garofano, dieci grani di pepe, un mestolo d’acqua. Mettete al fuoco e lasciate cuocere rimescolando ogni tanto sino a che l’acqua sia stata ridotta e che il fondo della casseruola cominci a prendere il color bruno chiaro. Allora aggiungete l’acqua necessaria per coprire tutto: fate bollire, schiumate e continuate la cottura per due o tre ore (cassa-fornello) in modo che tutto sia ben cotto. Sgrassate poi con cura il sugo che si sarà formato e passatelo. Il sugo destinato a servire per le salse o per cucinare la carne non deve essere molto cotto nè molto salato. Conservatelo in un barattolo.
8 febbraio
modificaPatria Esercito Re di Leopoldo Pullè (1908)
. . . . . . . . . . . Anima eterna
Del mio paese! A me nell’arso fianco
Il tuo possente anelito trasfondi,
Fammi udir dalle schiuse sepolture
La tua gran voce! — E tu m’ispira il verso
Che fa santa la tomba, ed immortale
Il lauro ai forti per la patria estinti!
Con questa invocazione — stupendo squarcio di poesia, dedicato a quell’Esercito ch’è salute e gloria d’Italia — Costantino Nigra, l’antico e fidato segretario di Camillo di Cavour, assurgendo a uno di que’ voli lirici che oggi — pur troppo! — dobbiamo chiamare antichi, rende omaggio ai capitani e ai soldati morti nelle patrie battaglie per la indipendenza e la unità del proprio paese.
L’invocazione richiama il nostro pensiero a quel marzo 1848, quando, al grido di Viva l’Italia!... Viva Pio IX!... per le strade delle città liberate, si cantava: [...]15 febbraio
modificaLa crisi dell'infanzia e la delinquenza dei minorenni di Scipio Sighele (1911)
I.
Si discuteva anni or sono, — quando gli studî di statistica comparata erano nuovi e quindi più alla moda di quel che oggi non siano, — se la civiltà abbia portato, anche nel campo morale, tutti quei progressi che innegabilmente portò nella vita materiale. E gli ottimisti affermavano che il delitto, almeno nelle sue forme più gravi, va sempre diminuendo; e i pessimisti dimostravano col documento inconfutabile delle cifre, che viceversa i delitti aumentano con una proporzione geometrica spaventosa.
Forse, e gli uni e gli altri avevano in parte ragione, giacchè presso alcuni popoli civili la criminalità effettivamente diminuisce, e presso molti altri pur troppo aumenta.
Dove non è permessa varietà e contraddittorietà di opinioni è a proposito del suicidio, il quale segue dovunque da molto tempo una linea ascensionale che impensierisce, e che lo può far definire il fenomeno patologico caratteristico del nostro tempo. La lotta per la vita ha oggi, in confronto al passato, assai maggior numero di deboli che non sanno o non vogliono combatterla, assai maggior numero di vinti che la fuggono e si condannano all’auto-eliminazione.22 febbraio
modificaAlle porte d'Italia di Edmondo De Amicis (1888)
Al Signor Carlo Toggia, a Torino.
Pinerolo, 22 luglio 1675.
Ti ringrazio della bella lettera, la quale, dopo tanti mesi di silenzio, m’è stata cagione di vivissimo piacere. Ti porgerà questa mia il signor Pietro Osasco, procuratore di S. A. R. il duca di Savoia; il solo pinerolese al quale io possa confidare una lettera pericolosa con la speranza che i vostri riveriti padroni non gli ficchino le mani nelle tasche. Grazie delle affettuose domande intorno alla famiglia. I fratelli, le sorelle, tutti son sani come pesche. Io pure, grazie a quest’aria purissima che vien dai monti, e nonostante le molte noie della mia professione, se non schiatto dalla salute, almeno posso dire che i medici non hanno mai visto il colore del mio letto. Se anche non mi tenessero qua i miei affari, ci starei forse egualmente, perchè ci ho messo le radici, e mi pare che non potrei più trapiantarmi senza pericolo. La città mi piace infinitamente. Vista dall’alto, posta com’è all’imboccatura di due bellissime valli, ai piedi delle Alpi Cozie, davanti a una pianura vastissima, seminata di centinaia di villaggi, che paiono isole bianche in un mare verde e immobile, è la città più bella del Piemonte.1 marzo
modificaCecilia di Antonietta Pozzolini (1864)
Quanto invece dolorosa e muta di ogni gioja trascorre quella beata età giovanile, allorchè privi delle più care affezioni della terra, costretti talvolta a vivere sotto un tetto non nostro, non troviamo un animo gentile che comprenda e compianga i nostri affanni, non una mano pietosa che asciughi le lacrime premule da profondo dolore!
E tale sventura era toccata a Cecilia, giovanetta di circa 18 anni, a cui natura, mentre avea concessa indole affettuosa e sensibile e ornato il volto di delicata bellezza, avea però negate le ineffabili dolcezze dei damestici affetti.8 marzo
modificaDei sepolcri di Ugo Foscolo, Ippolito Pindemonte, Giovanni Torti, Vincenzo Monti (1808)
15 marzo
modificaLa vallese di Anonimo (1869)
Vi parlerò della gioia d’una povera donna, d’una oscura campagnola. Dirò come un’anima ignorante, e vile agli occhi del mondo, acquistò la scienza la più preziosa, e conseguì la gloria che supera quella della dignità e dei troni.
Io mi compiaccio di averla incontrata sulla terra. Ella rese gloria a Dio di avermi udito; e tu, anima che leggi questi versi, se la Verità che contengono dimora in te, sarai benedetta. Anche per te viene in essi annunziata la buona novella.22 marzo
modificaPiccole storie del mondo grande di Alfredo Panzini (1920)
Da sette anni l’onorevole Astese non vedeva il dottor Leuma, anzi — a rigor di termini — non sapeva nè pur più dove fosse: se in questa vita o nell’altra.
Ma secondo ogni verosimiglianza dovea essere in questo mondo perchè non fu mai detto che i dottori muoiano come una persona qualsiasi.
Ora è certo che l’onorevole Astese, se avesse avuto a pena una settimana libera, si sarebbe messo subito alla ricerca di quel caro compagno di Leuma. Oh, lo avrebbe sì ripescato e avrebbe con lui rinnovato alcuna cosa della giovinezza, oimè, della giovinezza così da poco tempo fuggita e pure già così lontana. Oh, potersi riposare all’ombra o al sole con Leuma e provare il gran piacere di dire delle sciocchezze senza la paura di perdere di gravità, e portare anche i mattoni a quelle gran fabbriche di castelli in aria di cui Leuma era maestro architetto!29 marzo
modificaLa madre, nella sua camera attigua a quella di lui, lo sentiva muoversi furtivo, aspettando forse, per uscire, ch’ella spegnesse il lume e si coricasse.
Ella spense il lume ma non si coricò.
Seduta presso l’uscio si stringeva una con l’altra le sue dure mani di serva, ancora umide della risciacquatura delle stoviglie, calcando i pollici uno sull’altro per farsi forza; ma di momento in momento la sua inquietudine cresceva, vinceva la sua ostinazione a sperare che il figlio s’acquetasse, che, come un tempo, si mettesse a leggere o andasse a dormire. Per qualche minuto, infatti, i passi furtivi del giovane prete cessarono: si sentiva solo, di fuori, il rumore del vento accompagnato dal mormorio degli alberi del ciglione dietro la piccola parrocchia: un vento non troppo forte ma incessante e monotono che pareva fasciasse la casa con un grande nastro stridente, sempre più stretto, e tentasse sradicarla dalle sue fondamenta e tirarla giù.5 aprile
modificaSulla pietosa morte di Giulia Cappelletti e Romeo Montecchi di Filippo Scolari (1824)
Non sono pochi per altro coloro i quali tengono che questa generale e perenne tenerezza del nostro cuore verso quegli infelici amanti si debba credere assai più nutrita dal prestigio delli romanzi, e delle opere di poesia e di pittura, le quali ne usurparono l’argomento; che non dalla certezza di un caso, il quale avrebbe dovuto appartenere alla santità dell’istoria.
O consultino in fatti gli annali, o ne cerchino le reliquie, o ne leggano le novelle, essi non vi trovano che implicanze da non poter sciogliere, e per essi tutto aiuta la tenera fiducia che nasce in cuore di ognuno alla visita di quella tomba, che i fieri casi di Giulietta e di Romeo sieno, come scrive il Carli, una favoletta coronata dalla fantasia degli scrittori.12 aprile
modificaOnde conservare alla narrazione tutta la sua naturalezza, lascierò parlare Francesco lo Zuavo:
«La coscrizione mi colpì nel 1839, sett’anni or sono. Sul bel principio dovetti fare trentatre tappe, da Bavay ad Aix in Provenza, poichè si è in questa città ch’io dovea raggiungere il mio battaglione allora in Algeria. Traversai la Francia dall’una all’altra estremità. Imparai facilmente l’esercizio delle armi, e tre mesi dopo sbarcai in Algeri. L’aspetto della metropoli dell’Algeria è veramente fatto per abbagliare un povero campagnuolo, abituato alla vista delle monotone pianure del nostro nebbioso paese. Questa città, dalle bianche case disposte a guisa d’anfiteatro sulle spiaggie del mare, è circondata da una lunga giogaia d’altissimi monti; poi, altri monti di colore azzurro più discosti, formano la cornice di questo quadro magnifico e sublime. [...]»19 aprile
modificaIl perdono di Antonietta Pozzolini (1864)
26 aprile
modificaSenso di Camillo Boito (1883)
3 maggio
modificaStrada ferrata da Venezia a Milano di Autori vari (1837)
I sorprendenti successi delle prime strade di ferro erette in Inghilterra destarono a buon diritto la generale attenzione. Gli Stati Uniti, la Francia, l’Alemagna, l’Austria, il Belgio e la Russia vollero prendervi parte e ne ottennero i più soddisfacenti risultati.
Animati da questi esempi, alcuni dei principali negozianti di Venezia e di Milano, si riunirono onde fondare una società per la costruzione di una strada ferrata da Venezia a Milano, e Sua Maestà Imperiale e Reale Ferdinando I con Sovrano Rescritto del giorno 25 febbraio a. c. si è graziosamente degnata di autorizzarne la formazione.
L’utilità e la importanza di questa grande impresa si rivela facilmente ad ognuno che si faccia a scorrere coll’occhio la carta geografica del Lombardo-Veneto.10 maggio
modificaAlbum Paulista di Laurindo Ribeiro (1911)
Il proprietario | |
(Veduta della Fattoria) Andrea Rosolin, dimora in Brasile da 23 anni, ed è proprietario di 64 ettari di terra e 28 mila piante di caffè. Coltiva anche grani. La sua rendita annuale è di circa L. 23 mila |
17 maggio
modificaLa vergine di Usda di Callindo di Apertisnata (1844)
Era il trenta di aprile; un sospiroso
Bacio di calda lacrima bagnato
Rigemeva l’addio sul niveo collo
Della vergine di Usda. - Giovinetta
Dal terzo lustro non ancora escita,
Tra le rose cresciuta del giardino
E più fresca di quelle, all’amor fatta
Amata riamò nella innocenza
Di castissimi voti. - Ispana donna
La concepì di un mercator di Francia,
Egli primiero gli operosi giorni
Concluse. [...]
24 maggio
modificaSaggio sulla felicità di Francesco Deciani (1809)
31 maggio
modificaRitratto dell'uomo onesto di Anonimo (1780)
Rendi a DIO ciò che l’Uomo
Deve rendere a Lui.
Pria di tentar l’imprese
Matura i pensier tui.
Non farti mai Compagno,
Che delle oneste Genti.
E non insuperbire
De’ tuoi rari talenti.
Presta l’orecchio attento
A ciò che ti vien detto;
E non far pompa mai
D’ingegno, ò d’intelletto.
7 giugno
modificaIl patrizio e l'artista di Antonietta Pozzolini (1864)
14 giugno
modificaNovelle cinesi tolte dal Lung-Tu-Kung-Ngan di Autori vari (Antichità), traduzione dal cinese di Carlo Puini (1872)
Racconto e dico come nel distretto di Kuei-ceu-tao, territorio di Ceng-fan-fu, c’era una volta un Sieu-zai, o vogliam dir baccelliere, chiamato Ting Yuo-ciung, il quale usava spesso recarsi a studiare nella libreria del convento di Ngan-fu; ove con un certo bonzo, o frate buddista, per nome Sing-hui, aveva stretta tal dimestichezza, che da mattina a sera con esso amichevolmente si intratteneva.
Ora avvenne un giorno, che questo Sing-hui andossene alla casa di Yuo-ciung per pigliar consiglio con lui intorno a certo affare: ma il caso volle che il baccelliere, per sue bisogne, ne fosse uscito allora allora. Sua moglie Teng-sci, che aveva sempre udito ripetere dal marito, com’egli molto si tenesse obbligato all’amico suo Sing-hui, perchè nel tempo ch’ei passava al convento fra i libri e gli studi, questi lo regalava di cibo e buon vino, credè far l’obbligo suo andandogli incontro con liete accoglienze ed invitandolo a refocillarsi d’un po’ di riso. Ma come il bonzo ebbe vista la donna, che bella era di persona, di portamento leggiadro, gentile e còlta nel favellare, ne fu subito preso in cuor suo perdutamente.21 giugno
modificaI Robinson Italiani di Emilio Salgari (1897)
— Ohe!... Piccolo Tonno!... Sogni o sei sveglio!...
— Al fuoco!...
— Ma tu hai bevuto, furfante!...
— No! Vedo del fumo!
— Con quest’oscurità!... Il ragazzo è diventato pazzo. —
Una voce che aveva l’accento strascicante dei nostri uomini del mezzodì echeggiò furiosamente sulla tolda della nave:
— La gran scialuppa fugge!... San Gennaro mandi a picco quei pesci-cani del malanno!...
— Chi a picco? — tuonò una voce a prua.
— Fuggono!... Eccoli laggiù che arrancano! Il diavolo faccia la festa a quelle canaglie!
— Ed il fuoco è scoppiato a bordo! —28 giugno
modificaNovella d'un piovano vicino a Firenze di Marabottino Manetti (XV secolo)
5 luglio
modificaLe confessioni di un ottuagenario di Ippolito Nievo (1867)
Ovvero breve introduzione sui motivi di queste mie Confessioni, sul famoso castello di Fratta dove passai la mia infanzia, sulla cucina del prelodato castello, non che sui padroni, sui servitori, sugli ospiti e sui gatti, che lo abitavano verso il 1780. — Prima invasione di personaggi; interrotta qua e là da molte savie considerazioni sulla Repubblica Veneta, sugli ordinamenti civili e militari d’allora, e sul significato che si dava in Italia alla parola patria allo scadere del secolo scorso.
Io nacqui veneziano ai 18 ottobre del 1775, giorno dell’Evangelista Luca; e morrò per la grazia di Dio italiano quando lo vorrà quella Provvidenza che governa misteriosamente il mondo.
Ecco la morale della mia vita. E siccome questa morale non fui io ma i tempi che l’hanno fatta, così mi venne in mente, che descrivere ingenuamente quest’azione dei tempi sopra la vita d’un uomo potesse recare qualche utilità a coloro, che da altri tempi son destinati a sentire le conseguenze meno imperfette di quei primi influssi attuati.12 luglio
modificaLe odi di Quinto Orazio Flacco (I secolo a.C.), traduzione dal latino di Mario Rapisardi (1883)
Mecena, o d’atavi regj progenie,
Mio buon presidio, mio fregio amabile,
V’è chi sul plaustro la polve olimpica
Ama raccogliere: schivando il termine
Con ruote fervide, la palma merita
Ch’ai Numi innalzalo del mondo principi.
Gode un, se mobile turba quirinia
All’onor triplice lui cerca estollere;
Un, se nel proprio granajo accogliere
Può quanto trebbiasi nell’aje libiche.
Chi i campi patrj col sarchio fendere
Si piace, d’attali tesori smuovere
26 luglio
modificaVita di Cecilia De' Vecchi nata Carrara-Beroa di Angelo Maria Lucchetti (1803)
2 agosto
modificaLettera del P. D. Roberto Gaeta al signor abate D. Paolo Frisi di Roberto Gaeta (1783)
9 agosto
modificaNovella di Giovanni Cavedone di Anonimo (XV secolo)
E’ non è guari di tempo passato, che essendo io in Pisa all’albergo del Cappello dove si ritrovonno più e più mercatanti di vari paesi, come tutto giorno veggiamo negli alberghi avvenire; e avendo tutti lietamente cenato, ed essendo d’inverno tutti ad uno grande fuoco a sedere, disse l’uno di questi mercatanti, che per li savi si teneva che il tempo era la più cara cosa che fosse, e che quello perdendo mai racquistare non si poteva: e però, acciò che quella particella della notte che vegghiare intendevano utilemente si spendesse, dove a gli altri piacesse, a lui parrebbe che si dovesse per alcuni di loro novellare delle cose preterite, e narrare de’ casi fortuiti già a molti addivenuti. Fu da tutti molto commendato il detto di quello, e così più e più bellissime novelle vi si raccontarono; infra quali una ve ne fu che sopra tutte le altre piacendomi, acciò che per li tempi futuri raccontata da molti fosse, m’è piaciuto di scriverla, come appresso udirete.
16 agosto
modificaNovella di Bonaccorso di Lapo di Anonimo (XV secolo)
E' non è ancora gran tempo passato, che nella nostra città di Firenze fu una buona e grande compagnia di mercatanti ricchi uomini, de' quali, come maggiore e più ricco, ne fu fatto capo uno che si chiamava Andrea di Signino Baldisserri, e in lui diceva il nome della compagnia, cioè Andrea di Signino e compagni, come che lui poco o niente v'attendesse; ma attendeva ad uccellare, a cacciare e ad altri suoi piaceri. Appresso a lui era nella detta compagnia uno che chiamato era Bonaccorso di Lapo Giovanni, uomo grande e bello di corpo, costumato e di bella apparenza e di laudabili maniere, savio e pratico, non solamente nella sua arte, ma generalmente in tutte le cose, tanto che gran parte delle questioni e terrestri e marine ed eziandio fuori di mercatanzie, o forti o ardue che si fossero, per le mani gli veniano, e molte altre che erano nelle mani d’altri.
23 agosto
modificaDel coraggio nelle malattie di Giuseppe Pasta (1792)
30 agosto
modificaDelle cinque piaghe della Santa Chiesa di Antonio Rosmini (1848)
Esitai prima di farlo; perciocchè meco medesimo mi proponea la questione: «Sta egli bene, che un uomo senza giurisdizione componga un trattato sui mali della santa Chiesa? O non ha egli forse alcuna cosa di temerario a pur occuparne il pensiero, non che a scriverne, quando ogni sollecitudine della Chiesa di Dio appartiene di diritto a’ Pastori della medesima? E il rilevarne le piaghe non è forse un mancare di rispetto agli stessi Pastori, quasichè essi o non conoscessero tali piaghe, o non ponessero loro rimedio?»
A questa questione io mi rispondevo, che il meditare sui mali della Chiesa, anche a un laico non potea essere riprovevole, ove a ciò fare sia mosso dal vivo zelo del bene di essa, e della gloria di Dio; e parevami, esaminando me stesso, per quanto uomo si può assicurare di sè, che non d’altro fonte procedessero tutte le mie meditazioni.6 settembre
modificaDiscorso intorno ad Archimede di Domenico Scinà (1823)
13 settembre
modificaL'Euclide deve essere bandito dalle scuole classiche di Rinaldo Marcucci Ricciarelli (1871)
La più forte opposizione che egli fa è sulla definizione 5.ª del libro V.°; e a buon diritto, perchè su questa definizione poggiano tutti o quasi tutti i teoremi compresi in questo libro; e vari di quelli del libro seguente, che nel loro insieme formano tutta la vasta teoria delle proporzioni, che è il midollo delle matematiche discipline.
Io, meditando su quella, detta da Euclide definizione, e su quanto contro di questa vi ha scritto il chiarissimo professore Purgotti, diceva fra me e me: Se dessa è falsa, per falsi debbono ritenersi i numerosi teoremi che su di essa poggiano: [...]20 settembre
modificaI masnadieri fratelli di Aleksandr Sergeevič Puškin (1822), traduzione dal russo di Emilio Teza (1862)
Non di corvi uno stormo in sulle putri
Ossa s’accoglie; ma nell’atra notte
Sulle sponde del Volga una feroce
Gente s’accoglie: il volto e le favelle
Varia e le schiatte; a squallida capanna
Tolta o alle celle o a un carcere; a vietati
Guadagni intenta: e in tutti i cuori un solo
Desio si annida, non aver più legge
Nè imperio in terra. — Qui trasse il fuggiasco
Dal Donne battagliero: ed il Giudeo
Colle negre sue ciocche; delle steppe
Selvaggia prole, vedi là il difforme
Baschiro ed il Calmucco; [...]
27 settembre
modificaNuovo discorso proemiale letto nell'Accademia di Filosofia Italica di Terenzio Mamiani (1851)
4 ottobre
modificaElias Portolu di Grazia Deledda (1928)
Si preparava una specie di festa: la casa era intonacata di fresco, il vino ed il pane pronti; pareva che Elias dovesse ritornare dagli studi, ed era con un certo orgoglio che i parenti, finita la sua disgrazia, lo aspettavano.
Finalmente arrivò il giorno tanto atteso, specialmente da zia Annedda, la madre, una donnina placida, bianca, un po’ sorda, che amava Elias sopra tutti i suoi figliuoli. Pietro, che faceva il contadino, Mattia e zio Berte, il padre, che erano pastori di pecore, ritornarono di campagna.
I due giovanotti si rassomigliavano assai; bassotti, robusti, barbuti, col volto bronzino e con lunghi capelli neri. Anche zio Berte Portolu, la vecchia volpe, come lo chiamavano, era di piccola statura, con una capigliatura nera e intricata che gli calava fin sugli occhi rossi malati, e sulle orecchie andava a confondersi con la lunga barba nera non meno intricata.11 ottobre
modificaChe cosa è l'arte? di Lev Tolstoj (1897), traduzione dal russo di Anonimo (1904)
18 ottobre
modificaCome in ampia Cittate
Amor forte saetti,
Per leggiadra beltate
Di grave piaga i petti;
E come forte d’un bel guardo a i rai
Altrui l’anima accenda;
E come lacci ei tenda
A farne servi, pienamente il sai,
S’altri in Cittate il seppe,
O gentil Pier Giuseppe.
Per certo Amor t’accese;
Ned’io l’affermo in vano; [...]
25 ottobre
modificaLa discrizione dell'uccellare col roccolo di Giovanni Battista Angelini (1724)
1 novembre
modificaPei monumenti storici del Friuli di Jacopo Pirona (1833)
8 novembre
modificaRisultati delle osservazioni della nuova stella di Giuseppe Piazzi (1801)
15 novembre
modificaDelle scoperte fatte nella luna del dottor Giovanni Herschel di Richard Adams Locke (1836), traduzione dal francese di Anonimo (1836)
I giornali americani avevano di fatti discorso di bizzarri animali, di monti d’amatista, e di smeraldo, d’uccelli, e di fiori visti dal celebre Astronomo inglese nel satellite della terra, col mezzo di una nuova scoperta telescopica. A tali rivelazioni alludeva il signor Arago; e que’ rumori presentati in sommaria guisa parevano siffattamente inverosimili, che lasciavano libero il corso agli ironici dubbi dell’illustre nostro concittadino.
Ora la quistione non è più la stessa. Le relazioni circostanziate de’ giornali americani furono, non ha guari, tradotte, ed in un libretto di 50 pagine offrono de’ dettagli sì bene ordinati, che d’uopo è riconoscere, che i fatti straordinari narrati in quel libretto hanno pur tutta quella consistenza, che la verità, od il più abile artifizio ponno sol dare ad un racconto.22 novembre
modificaRicerche critiche intorno alle medaglie di Costantino Magno di Celestino Cavedoni (1858)
29 novembre
modificaCala Farina di Faustino Maltese (1873)
Tra il corredo dei loro racconti, oltre quelli del Meschin Guerrino, dei Reali di Francia, dei Beati Paoli, v’ha pure quel di Cala Farina; che, sebbene svisato dalla tradizione, e dalle lascivie della imaginazione, ricorda un tratto di storia Siciliana, e le simpatie del nostro popolo per Maniace, capitano Greco mandato dalla Corte di Costantinopoli a scacciare i Saraceni, non per liberare la Sicilia e prosperarla; ma per averne il dominio e tornare a cavarne tanto grano, quanto un tempo da tutta Italia.
La credenza degl’incanti e dei tesori nascosti è radicatissima nelle persone di bassa mano, e solo può togliersi con l’istruzione. E come questo racconto accenna ad immensi tesori incantati, così è tra noi generalmente ascoltato con grande attenzione.6 dicembre
modificaIdillii spezzati di Antonio Fogazzaro (1902)
È un ameno e tranquillo angolo del mondo, caro ai sognatori e agli artisti. Quando sono a Oria passo gran parte della giornata sul lago, solo nel mio canotto, vestito come un barcaiuolo, con qualche libro e i miei arnesi da pesca. Quest’abitudine mi procurò, molti anni sono, la più romanzesca avventura della mia vita.
Approdai una mattina col canotto a una spiaggia fra due scogli in faccia a Lugano, dove c’è adesso la trattoria del Cavallino. Allora il luogo era del tutto selvaggio e deserto. Vi ha fra i due scogli un piccolo valloncello ombroso che conduce a una sottile argentea cascatella. Avevo pescato lungo le rive sassose del monte Caprino e rotta la mia pesca senza pigliare un pesciolino.13 dicembre
modificaTesoro letterario di Ercolano, ossia, la reale officina dei papiri ercolanesi di Giacomo Castrucci (1858)
20 dicembre
modificaL'edera di Grazia Deledda (1920)
27 dicembre
modificaCenere di Grazia Deledda (1929)