Della utilità delle faggete
Questo testo è stato riletto e controllato. |
REPUBBLICA ITALIANA
DELL’UTILITÀ
DELLE FAGGETE
E DELLE QUALITÀ, E PROPRIETÀ
DELL’OLIO DI FAGGIUOLA
Mentre che i filosofi d’alto, e sommo intendimento, occupati nelle difficili indagini di materie scientifiche, astruse, e pressochè impenetrabili, diradano quelle oscure tenebre, entro cui stannosi avvolti i secreti più misteriosi, e quindi preparano all’ingegno umano immortalità di gloria, e di fama nei secoli avvenire; la felicità delle nazioni, che prospera soltanto in mezzo all’ingrandimento delle arti utili e necessarie, si fa languente, impallidisce, ed incontra ostacoli, e barriere insuperabili, che si oppongono all’industria, e all’attività di quelli, che vorrebbero pur migliorarla. La prepotenza di pochi, l’invidia di molti, l’interesse di assaissimi, la pusillanimità di alcuni, la paura d’esito non fortunato in altri sono quei mezzi di reazione, coi quali si ritardano, si percuotono, si abbassano, e si troncano i più proficui, e lodevoli stabilimenti.
La sola mano di un provvido, ed illuminato Governo sostiene gli utili progetti, li migliora, e li lascia inoltrar sicuri al felice conseguimento dei fini proposti. Noi fortunati, che, vivendo sotto gli auspicj di ben veggenti Autorità, oltrechè proviamo col fatto le salutari intenzioni al maggior bene de’ Cittadini tutti, conosciamo ancora, che nulla vagliono a fronte di esse le frodi, i raggiri, e le ragionate menzogne di coloro, che con velenoso artificio sanno accortamente mascherarsi, ad oggetto di stabilire la lor privata fortuna sul pianto, e sulla desolazione universale. Sono questi i fondamenti, ai quali s’appoggiano li Socj di Belvedere1 nel presentare al pubblico discernimento il risultato delle mie osservazioni sopra l’utilità delle Faggete, e le qualità, e proprietà dell’Oglio di Faggiuola.
Grandissimi certamente sono i vantaggi che ne verrebbero alla popolazione dal commercio dei prodotti del Faggio; ma la sola Autorità Superiore può prestare i mezzi opportuni per conseguirli.
La situazione delle Faggete è generalmente incomoda. Quelle del Bolognese coprono le balze delle nostre Alpi Pennine a’ confini della Toscana, e del Modonese. La strada, che dalla Comune di Bologna conduce a’ quei luoghi alpestri, è quella medesima, che porta ai Bagni della Porretta, strada disastrosa, e piena di orrori nella stagion più ridente dell’anno, impraticabile in tutte le altre. Molti progetti, in varj tempi, furon proposti collo scopo di renderla facile, e comoda. L’umanità bisognosa, e languente reclamava il sacro diritto di poter senza danno, e senza tema innoltrarsi sin colà, dove la benefica, e liberale natura a larga mano somministra le maniere di ricuperar la salute. Ma gli sforzi della savia ragione non giunsero mai in quegli augusti recinti, dove si bilanciano gl’interessi, e si decide la sorte dei popoli. Il privato interesse seppe ad ogni istante dare all’inganno l’aspetto del vero, e trionfare della causa pubblica.
Esito tanto infelice non avrà, spero, il nuovo Progetto di una strada rotabile sino in Toscana per la direzione dei Bagni della Porretta, dai testè nominati Socj sottoposto alla considerazione del Cittadino Vice-Presidente della Repubblica Italiana. I suoi lumi, e la saviezza delle sue risoluzioni, e quell’ingenuo sentimento di puro, e vero amore per la comune felicità, che lo distingue, ed anima, lo determineranno a favorire, ed a proteggere un divisamento, che, mentre facilita i mezzi all’acquisto, ed al mantenimento della salute degli uomini, apre una sorgente di utilità agl’interessi sociali.2
Il Faggio è una pianta delle più grandi, e delle più maestose delle foreste. Ama la sommità dei Monti, un terreno arido ed asciutto, e prospera in aria libera, e pura. Non isdegna però il piano, ed un terreno umido, e grasso, in cui vegeta egualmente, e si nutrisce.3 In molte regioni dell’Europa si ritrovano delle Faggete, dalle quali i popoli industriosi sanno trar profitto. Le più cospicue della nostra Repubblica sono quelle del Bergamasco, del Modanese, e le nostre di Belvedere, di Capugnano, di Casteluccio, e delle Comunità a queste contigue. Li Montagnai fanno un languido, e scarso traffico di alcuni utensilj, che fabbricano col legno del Faggio;4 ma trascurano la pianta, e lasciano germogliare intorno ad essa una quantità d’arboscelli, il perchè le Faggete sembrano più tosto folte ed orride boscaglie, che ordinate piantagioni. L’industria animata dal profitto ridurrebbe, non v’ha dubbio, la coltivazione delle Faggete a seconda del destino di questa pianta.
Gl’Inglesi impiegano il legno del Faggio nella costruzione dei Vascelli, investendone esteriormente i bordi, ne fanno palizzate di fiumi, Vetture da trasporto, e da viaggio, e sino i carri pei cannoni. Pochi legni in Inghilterra hanno un uso così esteso, come il legno del Faggio.5 E noi soli saremo sempre ammiratori dell’industria degli altri popoli, senza curarci d’imitarne i profittevoli esempj? Possessori d’una pianta della condizione delle annose, di una forma bellissima, che somministra un legno capace di resistere alle ingiurie dell’acqua, e delle stagioni, la lascerem sempre perire vittima del tempo distruttore? Dal Faggio si ottiene un carbone dolce, ed utilissimo pei forni del ferro6, la sua cenere è ricercatissima per le fabbriche dei Vetri; ma ciò, che lo rende di un’utilità notabilissima, è l’Olio che si ricava da’ suoi frutti.7
Nel Mese di Settembre matura il frutto del Faggio, al principio d’Ottobre si apre, e a guisa delle castagne mette in libertà tre o quattro semi denominati Faggiuole. Non tutti gli anni egualmente è fecondo il Faggio di codesti semi; ora ne abbonda, ora ne scarseggia, seguendo l’indole delle altre piante fruttifere. Asseriscono i Montagnai esservi negli anni abbondanti tanta copia di Faggiuola, che il suolo viene da essa coperto all’altezza di quasi mezzo piede Bolognese. La raccolta della Faggiuola si fa nell’Autunno. Se le nevi la impediscono, si eseguisce nella Primavera allo squagliar delle nevi medesime, senza che la Faggiuola abbia sofferto alcun discapito dallo starvi sepolta.
La Faggiuola è di figura triangolare, di color rossigno, e contiene dentro ad una capsula sottilissima e dura una mandorla di grato sapore. Mangiata intemperantemente, e troppo fresca, codesta mandorla produce agli uomini, ed agli animali gli effetti del loglio.8 Io non credo, che ciò dipenda da alcun principio maligno che in essa contengasi, ma bensì da una sostanza pingue mucilaginosa, che gravita su lo stomaco, e produce delle molestie alla testa, quando non sia stata prima arrostita.9
L’uso, che in alcuni luoghi si fa della Faggiuola per ingrediente del pane,10 il costume, che hanno gli abitanti delle Alpi Lucchesi di confettarla collo Zucchero, e di comporne dei saporetti per rendere in tal modo più grata la carne degli Agnelli11 fanno indubitata fede della sua innocenza, e non lasciano alcun timore di nascoste insidie. Giambattista Segni12 assicura, che le Faggiuole sono dolcissime, ed alle forze confacentissime. I Montagnai delle nostre Alpi lasciano perire nel terreno la maggior parte della Faggiuola, che serve di pascolo ai Sorci, ai Ghiri, e ad altri animali, che ne sono ingordi; appena essi ne raccolgono una picciola quantità, per trarne Olio ad uso delle lor famiglie.
Non v’ha Autore di Botanica, di materia Medica, di Agricoltura, che, parlando del Faggio, non ne commendi l’Olio, o per condimento, o per materia di luce. Il Dott. Saverio Manetti13 dice che in molte parti della Germania l’Oglio estratto dal seme di Faggiuola serve in luogo di Burro per la povera gente. Leonardo Fioravanti14 descrive l’Olio di Faggio con queste parole: L’Olio dei frutti del Faggio è chiarissimo, dolce, ed assai piacevole al gusto. Di quest’olio, egli segue, si può far sapone, siccome di quello d’Ulivo, ed è buonissimo da mangiare, ma alquanto solutivo. Giambattista dalla Porta15 ci ha lasciate le seguenti precise notizie dell’Olio di Faggiuola: Ex fagina glande Oleum copiosum optimum elicitur et ad cibarium usum, et ad lumina. Lumen clarum reddit, & sapore est ut dulcium Amygdalarum. Altrove parlando della Faggiuola: Quo vetustior, eo copiosius oleum promit; Tutte queste, e molte altre autorità, che la brevità conveniente ad un semplice Rapporto di Osservazioni non mi permette di produrre, provano non solamente la bontà speciale dell’Olio di Faggio pei cibi, e pei lumi, ma l’uso esteso del medesimo in molte parti dell’Europa.
Non è cosa nuova per noi l’Olio di Faggiuola. Vi furono prima d’ora buoni, e zelanti Cittadini, che dimostrarono al Governo la grande utilità, che dall’uso di quest’Olio ne deriverebbe alla popolazione. Ma la verità viene di rado ascoltata, ed il pregiudizio è sempre inteso ad attraversare quei beni, che non hanno lui stesso per promotore. Sfortunate riuscirono le esperienze, che il Chimico esame instituì dell’Olio di Faggiuola, ed il suo decantato uso pe’ cibi cadde nell’avvilimento. Non so quale fosse l’esito degli esperimenti relativi all’uso dei lumi: ma egli è certo, che un profondo silenzio coprì d’un tenebroso velo l’utilità, e le proprietà di quest’Olio.
Li nuovi tentativi in oggi eseguiti per assicurarsi della particolar bontà dell’Olio di Faggiuola, fanno legittimamente sospettare, che l’esito infelice di quelli, fatti in addietro, dipendesse dalla qualità dell’Olio, che fu sottoposto alle chimiche esplorazioni. È noto a chiunque, che il buono o cattivo metodo d’estrar l’Olio lo rende più o meno dolce, od acre. Se l’Olio di Faggiuola viene estratto, prima che sia preparata, e senza liberar la mandorla dalla sua capsula, se vi si aggiugne la forza del fuoco, l’Oglio acquista un odore poco aggradevole, resta carico d’idrogeno, e ritiene un sale acre proprio della pianta. Comunque siasi, le osservazioni, che io m’accingo ad esporre, convincono, che non solamente l’Olio di Faggiuola è tanto piacevole, ed innocuo ad uso di cibo, quanto pregevole ad uso di luce, ma che esso possiede una qualità distinta, che lo rende stimabile per gli usi medici al pari di quelli di lino, e di mandorle dolci.
Di quest’ultima sua proprietà non si trova fatta menzione in alcuno scrittore di Farmacia, o di Materia medica: se ne incontra soltanto questo cenno presso al Dott. Targioni16 „Il Padre Speziale di Vall’ombrosa l’anno 1664. cavò un poco d’olio di Faggio per medicamento statogli chiesto di lontano.„ Ciò non sarebbe stato sufficiente per dichiarar medicinale l’oglio di Faggiuola, se altre ragioni non mi avessero convinto, ch’esso possedeva quelle medesime qualità, che rendono salutari gli olj di lino, e di mandorle. Un olio proveniente da una mandorla dolce, d’un sapore gustoso, che non subisce alterazioni dal tempo, che non contiene alcun sale nocivo, non sarà egli un lodevole, ed opportuno calmante negli stimoli diretti? A cose eguali, non sarà egli preferibile agli olj di lino, e di mandorle dolci, facili ad alterarsi ed oggimai divenuti oggetto di gravissima spesa?17 Le risultanze felici dell’esibizione dell’olio di Faggiuola agl’infermi, spero, che giustificheranno l’idea, che ne ho concepita. Frattanto, io parlerò in primo luogo del metodo di fabbricarlo, che molto contribuisce alla sua specifica bontà; poscia renderò conto delle poche, ma decisive sperienze, che lo dimostrano eguale all’olio comune di ulive per condire alimenti, e di molto migliore per l’uso dei lumi; e passerò finalmente alle osservazioni di fatto, che lo dichiarano medicinale.
In varie maniere ho fatto spremere olio dalla Faggiola. Ora mi è riuscito troppo carico, e ripiena di mucilagine; ora il risultato non corrispose alla quantità d’Olio, che si doveva aspettare dal seme oleifero. Il seguente metodo è stato l’unico che ha dato un Olio abbondante, e perfettissimo. Feci asciuttare la faggiuola dalla sua umidità, e cercai il mezzo di spogliarla dal suo involucro, che dà sempre all’Olio un color fosco, e ne assorbisce una gran parte. Così preparata la faggiuola l’ho fatta triturare sotto ad una macina verticale di marmo; indi chiusa in sacchetti di lana l’ho fatta porre sotto ad un torchio. Ne ho ottenuto un Olio chiarissimo di prima espressione; Fatto rimettere sotto la macina il materiale da cui fu estratto il primo Olio, e ridottolo in pasta, con l’ajuto di un leggier fuoco, ne ho ricavato l’Olio, detto di seconda espressione. Nessuna sostanza vegetabile, per mio avviso, arriverà giammai a dare una quantità d’Olio corrispondente a quella, che si è ottenuta dalla Faggiuola con questo metodo18.
L’Olio di prima espressione è chiarissimo, di color citrino, di nessun odore, grato al palato, e molto saporito. Io feci condire alla mia tavola una porzion di pesce con l’Olio di Faggio, ed un altra, con l’Olio di Lucca, senza indicare la qualità degli Olj. I commensali gustarono dell’uno e dell’altro, lodando molto il primo, che sepper in seguito esser Olio di Faggio. Il fuoco non lo altera per niente, poichè le fritture con l’Olio di Faggio sono squisite. Molte persone hanno gustato di codest’Olio; e tutte convennero della sua bontà. Nè io, nè quelli, che hanno usato per per condimento l’Olio di Faggio, ne abbiam provata mai verun disturbo di stomaco.
L’Olio di seconda espressione non è men chiaro del primo, ma di un colore alquanto più carico, e lascia sentire un odore, che lo assomiglia all’Oglio di nuocciola. Nonostante questo piccolissimo difetto, io son di parere, che non possa essere dispiacevole ad uso di condimento. Moltissimi amano un qualche odore nell’Olio stesso d’Ulive, e la povera gente nelle Campagne soffre il disgustoso empireuma dell’Olio di noce, e di quello condisce il suo scarso alimento. Quanto meno gli riuscirebbe ingrato l’Olio di Faggio della seconda espressione! Ma io considero questo second’Olio nel solo aspetto di bruciare, e ritrovo, ch’esso tramanda una luce chiara, senza offender la vista, e che gode di tre singolari proprietà, che lo distinguono da quello di Ulive: la prima, che non fà sentire alcun odor disgustoso nella camera, o si spegna il lume, o si roversci la lucerna; la seconda che esso è di maggior ecconomia pel suo prezzo, e per la sua durata; la terza finalmente, che a qualunque freddo dell’atmosfera non è soggetto a gelare.
Gli sperimenti instituiti per conoscere la maggior durata dell’Olio di Faggio a confronto di quello di Ulive, includono la prima delle indicate proprietà di non tramandare alcun dispiacevole odore. Più volte si spensero i lumi da sè stessi, e dalla lucerna dell’Olio di Faggio non venne mai tramandato quel fetor disgustoso, che spande per le camere l’Olio comune di Ulive. Io non farò un nojoso racconto di tutte le sperienze eseguite, per assicurarmi della maggior durata dell’Olio di Faggio. Nessuna diligenza certamente fu ommessa riguardo al peso, nè riguardo ai lucignoli; e costantemente ho ritrovato che l’Olio di Faggio, a condizioni eguali, ha una durata maggiore di quello di Ulive di trentasei, in trentasette minuti. La luce che tramanda è chiara, e non offende la vista, lascia leggere, e scrivere, alla medesima distanza di quella dell’Olio di Ulive. È una circostanza da non passar sotto silenzio che l’Olio di Faggio sottoposto alle esperienze era recente, di pochi mesi, nè quindi aveva fatta la conveniente deposizione. Quello d’Ulive d’ordinario ha compito l’anno quando ci perviene, ed ha avuto tempo di deporre gran parte dell’idrogeno che contiene.
Ho detto che l’Olio di Faggio non gela. Questa sua proprietà non solamente risulta dal non subire alcuna alterazione esposto all’aria aperta nelle più rigide notti dell’Inverno, nelle quali l’Olio di Ulive si congela ad onta del lucignolo acceso; ma ancora dal suo resistere alla forza di un freddo più potente procurato con diversi sali. Il Fisico Professore Citt. Paolo Veratti tentò una congelazione artificiale in due once d’Olio di Faggio prima col Nitro, indi col sal marino, finalmente col sale ammoniaco, proccurando un grado di freddo artificiale sino a 10. sotto 0. nel Termometro di Reaumur; e non trovò altra mutazione nell’Olio, che una sottil pellicola in tutta la sua superficie. Lo stesso trattamento fece all’Olio di mandorle dolci, e a quello di lino in egual dose. Nel primo trovò una notabile consistenza, e nel secondo un fisso intorbidamento. Quello di ulive, che soggiacque ai medesimi tentativi, si congelò in pochissimi minuti. Da tutto ciò sembra che l’Olio di Faggio possieda superiormente a tutti gli altri Olj la proprietà di non congelarsi, proprietà che unitamente alla chiarezza della sua luce lo rende d’ottimo uso per le illuminazioni all’aria aperta.
Io credo di aver bastantemente divisate le qualità, e proprietà dell’Olio di Faggio riguardo agli usi di cucina e di lucerne. Ora passerò a mostrare la sua virtù medicinale, virtù sino ad ora non conosciuta o trascurata.
Non ostante l’intima mia persuasione, che l’Olio di Faggio potesse giovare agl’infermi in tutti quei casi, ne’ quali la convenienza medica crede utili gli Olj di mandorle dolci, o di lino, prima di esibirlo, volli sottoporlo ad un semplice esame chimico. Con l’opera dell’egregio Giovine Farmacista Cittadino Sgarzi feci porre poche oncie d’Olio di Faggio di prima espressione in una storta di vetro, e con calore graduato fattane distillazione, ebbi da principio una flemma delicatamente acida, ed un’Olio tenue; rimase nel fondo della storta una sostanza carbonosa, la quale calcinata non diede alcun prodotto alkalino. Non contento di ciò, feci esplorare l’Olio di Faggio coll’acido nitroso, ed ottenni una materia crassa untuosa, che lo distingue per un’Olio pingue, emolliente, e non disseccante. Decisa con questi semplici tentativi la proprietà emolliente, e gentilmente solutiva dell’Olio di Faggio, con più sicurezza lo proposi per uso medico ai clinici, che hanno la cura degli infermi, in quei luoghi dove la pubblica beneficenza raccoglie gl’infelici bisognosi. Io riferirò fedelmente alla fine del mio rapporto le loro osservazioni.
Il primo caso in cui mi accadde di ricorrere all’Olio di Faggio nella mia ristretta pratica medica, fu in un soggetto giovine di fibra robusta, e di temperamento bilioso. Questi si espose incautamente alle ingiurie dell’aria fredda, e ne ritrasse una doglia al lato sinistro con febbre acutissima, tosse cruda, sete ardente, respirazione angusta, ardore di urina, e smania convulsiva. Cercai di frenare la diatesi stenica con due emissioni di sangue nello spazio di ventiquattr’ore, e coll’uso di copiose bibite di acqua acidula. La sera del secondo giorno gli feci prendere tre oncie d’Olio di Faggio, filtrato per carta. L’Olio non disgustò il mio infermo; non gli fece soffrire alcun nauseoso fiato; non riuscì pesante al di lui stomaco; e dopo alcune ore lo lasciò in braccio ad un placido sonno che durò quasi tutta la notte. L’indomane trovai una notabil calma di tutti i sintomi, i polsi più molli, e meno frequenti. Sospesi la terza puntura di vena già ideata, e gli ordinai un cristere con tre oncie di Oglio parimenti di Faggio.19 In breve restituì il cristere, che fu seguito da copiosi scarichi. La sera dello stesso giorno, s’inasprirono i sintomi, ed io replicai l’Olio di Faggio per bocca, alla dose di sole due oncie. La notte fù placida, e comparvero dei critici sudori. Il giorno dopo, sparì affatto la smania convulsiva, la tosse si rese più tollerabile, e la seguirono sputi di lodevol condizione; il respiro divenne placido, e quasi naturale, le orine sortirono più copiose, e senza ardore, e la febbre si fece assai più mite. La sola doglia laterale lo affliggeva ancora. Mi lusingai, che, se l’Olio avea potuto calmare l’eccitamento d’uno stimolo interno, dovesse anche poter umiliare l’audacia d’uno stimolo, che offendeva la sola muscolatura intercostale. Lo feci applicare con unzioni alla parte dolente; e in meno di due giorni scomparve la sensazion dolorosa. L’infermo, col solo ajuto degl’indicati medicamenti, e dei necessarj ristorativi, nel settimo giorno della sua malattìa, fu libero affatto da ogni morbosa molestia.
In molte altre occasioni di affezioni catarrali, di ardori di orine, di malattìe di petto, di dolorosi assalti, dove conviene temperare uno stimolo fastidioso, l’Olio di Faggio palesemente mi ha dimostrata la sua virtù emolliente, solutiva, temperante, e sedativa. La prontezza, con la quale codest’Olio produce i suoi salutari effetti, senza recare alcuna fastidiosa sensazione all’infermo, la proprietà sedativa, che sovente mi è dato di osservare in esso, sembra, che lo distinguano in qualche modo dagli olj di lino, e di mandorle dolci, olj non sempre facili da digerirsi, e sempre nauseosi, e ripugnanti allo stomaco. Questa riflessione mi determinò a commettere all’Illustre Chimico-Farmacista Citt. Francesco Coli un’esame di tutti e tre gli olj, per rilevare, se alcuna notabile differenza si ritrovasse nei loro principj componenti, che l’uno rendesse più efficace dell’altro. Cortese, come egli è, non ostante le molte, e gravi incombenze, che lo tengono occupato, accettò l’incarico della comparativa analisi. Essa chiuderà le mie Ricerche sopra le qualità, e proprietà dell’Olio di Faggio, e formerà il maggior ornamento delle medesime.
Io mi lusingo di non aver ommessa cos’alcuna nel mio conciso Rapporto d’osservazioni, che lasci dubbio sopra la verità dei fatti esposti. L’utilità delle Faggete non è un sogno: legnami capaci per ogni sorte di lavoro; combustibili, carbone, ed Olio, sono generi utilissimi, e necessari per le arti, pel commercio, e pel consumo. Le qualità, e le proprietà dell’Olio di Faggio, sia per uso dei cibi, sia per uso dei lumi, lo rendono eguale, e forse superiore a quello di ulive. Il suo valore sempre al disotto dell’Olio di Ulive in tutti i sensi,20 lo dimostra un oggetto interessante di ecconomìa pubblica, e domestica. Finalmente le sue proprietà medicinali da nessuno sinora attribuitegli, e da me (come spero) bastantemente provate, ne costituiscono un genere necessario, principalmente in quei sacri asili, dove ricorre l’inferma bisognosa umanità. Le gravose spese, che la condizion dei tempi impone a codesti stabilimenti di pubblica beneficenza, saranno in parte sollevate dal considerabile risparmio, che produrrà l’acquisto dell’Olio di Faggio, a fronte di quello di lino, e di mandorle dolci; e con mano più generosa si potrà nei medesimi accogliere gl’infelici, che dimandano soccorso. Me fortunato, se la mia operosa indagine potrà avanzare d’un passo la prosperità della mia Patria! L’essermi occupato a meritare la riconoscenza de’ miei Concittadini sarà il premio più caro, e più desiderato dal mio cuore.
DOTT. AGOSTINO FANTINI.
REPUBBLICA ITALIANA
ANALISI
DEL'OLIO, E SEMI DI FAGGIO
Comparato con quello di lino, e di
mandorle dolci
La maggior parte degli Olj si ottiene in istato di fluidità, e molti poi passano a gradi di solida consistenza mediante un freddo assai moderato. Ve ne sono però alcuni, che alla temperatura del nostro clima si presentano costantemente sotto un’aspetto solido: tali sono il Burro di Caccao, l’Olio di noci moscate, quello di bacche di lauro, ed altri ancora, i quali d’altronde non mancano di marcatissima untuosità, giacché s’infiammano a grado di calore dall'applicazione di un corpo ardente, che li metta in vapore, e brucciando con fiamma, e fumo, il quale, poi condensatosi, manifesta i caratteri del carbone.
Invitato d’intraprendere l’analisi comparativa dell’Olio dei semi di Faggio a fronte di quello, tratto dai semi di Lino, e dell'altro di Amandorle dolci, ho impiegata ogni più fina, ed avveduta diligenza. E’ inutile l’indicare, che tutti tre gli Olj da prima domandano, che ne’ mortaj o sotto alle molli si schiaccino, e pestino le semenze, che se ne formino paste, e che si esprimano colla forza dell’azione del torchio, da cui escono torbidi, e verdastri, acquistando in appresso dalla quiete, e dall'età purezza di
chiarificazione, e dalla custodia in vasi di vetro pieni, e ben chiusi lo scano del passaggio all'acredine, la quale il pia delle volte è dovuta alla sostanza estruttiva mucosa, che si acidifica per la fissazione in essa dell'ossigeno atmosferico. Allo scopo di esaminare la differenza di questi tre Olj di recente espressi, si sono filtrati per carta bibula all'oggetto di separarli dalla parte mucilaginosa più grossa, e dal parenchima: indi poi si sono sottoposti alle seguenti osservazioni.
Esplorato l’Olio di Amandorle dolci contro la luce presentò colore cedrino: accostato alle narici, l’odore non fu spiacevole: il palato non seppe distinguere gran forza di sapore. L’Oglio di semi di Faggio si dimostrò giallognolo, senza verun odore, ed il sapore tendente al dolce. L’Olio di semi di Lino si presentò giallastro, privo di sapore, e di odore simile a quello del seme stesso contuso. Dopo ciò si ricorse all’esame delle specifiche gravità, e a tal fine si prese un piccol vaso di vetro, della capacità d’una delle nostre once mediche d’acqua pura distillata; (quando nomino misure di peso intendo sempre di indicare le Bolognesi) tal vaso si riempì d'Olio di Amandorle dolci. La bilancia mostrò il peso di ottave sette, e grani sessantaquattro. Lo stesso vaso fu poi riempito d’Olio di Faggio; mancò questo di due grani al peso dell’Olio di Amandorle dolci. Finalmente nella stessa maniera si assoggettò all’esperimento quello di Lino, e si trovò del peso di once una, e grani sei. Da ciò si rileva la specifica gravità maggiore dell’Olio di Lino, minore di quello di Amandorle dolci, e meno ancora di quello di Faggio.
Dopo tali osservazioni si passò all’esame della combustione dei tre Olj. Quindi si presero quattro ottave per ciascheduno di essi, e poste in tre distinti recipienti, unendovi un lucignolo di cotone, ciascuno di eguale grossezza, e lunghezza, e poi collocati in una camera, in cui l'ambiente si trovava al grado di temperatura del Termometro di Reaumur, accesi ad un punto i tre lucignoli, l'Olio di Faggio, e quello di Amandorle dolci arsero con bianca fiamma brillante, e senza apparenza di fumo visibile: l’altro poi di Lino manifestò fumo, e fiamma pallida, di rosso colore all’apice, formando facilmente del carbone alla sommità del lucignolo. La fiamma dell’Olio di Amandorle dolci fu la prima a morire: visse due ore, e dieci minuti: la seconda a mancare fu quella dell’Olio di Faggio, la quale si mantenne attiva per l’intervallo di ore due, e minuti ventotto: si estinse in ultimo la fiamma dell’Olio di semi di Lino dopo tre ore, e cinque minuti dal momento del accensione.
In
In appresso si affidò l’esame dei tre Olj alla destillazione. A tale oggetto si presero due oncie mediche d’Olio di Faggio filtrato per carta emporetica, e si collocarono in una piccola storta di vetro, la quale si pose in un fornello a vento, ed applicato al di lei collo un recipiente tubulato, s’intraprese l’operazione a fuoco nudo, e gradatamente aumentato sino all’intera bollitura dell’Olio. Sul principio sortì flemma del peso di mezz’ottava: in seguito si presentò un vapore bianco unitamente ad un liquor oleoso limpido, e chiaro, che nel fine della distillazione si cangiò in rosso. Nell’atto che cominciarono a sortire i vapori bianchi, s’annodò alla tubulura del recipiente una vescica di Bue privata d’aria, la quale vescica per due volte si riempì di un gas permanente ed occupante il volume di circa cento ottanta polici cubici Bolognesi di acqua.
Questo gas esalava un odore empireumatico fetente, misto ad un acido volatile, che presto si dissipò. Di codesto gas inoltratane una porzione a traverso dell’acqua di calce caustica produsse da prima nubecole bianche, e in appresso lasciò precipitare carbonato di calce. La residua porzione del medesimo gas si spinse mediante un tubo di vetro contro una candela accesa: arse lentamente con fiamma alla base azzurra, e all’apice bianca. Dall’esposta particolarità ne risulta, altro non essere l’accennato fluido elastico permanente, che gas idrogeno mescolato con gas acido carbonico: ambidue si trovavano uniti ad un vapore acido dissipabile al grado della nostra temperatura.
Nel recipiente rimase un’oncia con sei ottave di Olio di color giallo assai carico, altamente empireumatico congiunto ad un’acido volatile penetrantissimo, e molto importuno agli occhi, e alle narici. Unita una goccia di quest’olio alla tintura di girasole, sul momento la fece rosseggiare. L’Olio medesimo, nel tratto di poche ore, acquistò la consistenza di tenera adiposità, e perdette quasi del tutto l’odore penetrantissimo dell’acido volatile sopraindicato.
Residuo nella storta si rinvenne un carbone fogliaceo, del peso di otto grani, il quale calcinato accordò alla calamita poche mollecole di ferro lisciviato escluse totalmente la presenza dell’alkali.
Trattate in simil modo due Once d’Olio di Amandorle dolci, si ebbero ventisei grani di flemma, un’oncia con sei ottave, e mezza di Olio, sei grani di carbone, e cento ventun polici cubici circa di gas: il tutto in corrispondenza dei prodotti avuti dall’Olio di Faggio.
Finalmente si distillarono colla stessa maniera di operazione due once d’Olio di semi di Lino, ed esso presentò trenta grani di flemma, un’oncia, sei ottave, e sessanta grani di Olio, diecisette grani di carbone, e sessantotto pollici cubici Bolognesi circa di gas, non differenti dalli prodotti ottenuti dagli altri due Olj. La seguente tavola esprime separatamente i risultati comparativi di ciascuno delli tre Olj esplorati.
Da once due d’Olio di semi di Faggio si ebbe di flemma un’ottava d’oncia, d’Olio empireumatico, congiunto ad un vapore acido penetrantissimo un’oncia con sei ottave, di carbone fogliaceo; grani otto, e di gas Idrogeno carbonato misto ad un vapore acido penetrantissimo pollici cubici Bolognesi cento ottanta.
Totale, un’oncia, sette ottave, e grani otto. Il peso, che manca, deve riferirsi al peso di gas elastico permanente, e dei vapori acidi.
Once due d’Olio di Amandorle dolci diedero grani ventisei di flemma. Di Olio simile all’antecedente un’oncia con sei ottave, e mezza, di carbone grani sei, di gas Idrogeno non diverso dall’indicato pollici cubici Bolognesi Num. cento ventuno. Totale, un’oncia con sei ottave, e mezzo, e grani trentadue. La perdita dipende da combinazioni analoghe al risultato antecedente.
Da once due di Olio di semi di Lino ne vennero di flemma grani trenta; d’Olio simile a quello degli altri due esperimenti un’oncia, sette ottave, e grani sessanta, di carbone grani dicciotto, e di gas non differente dagli altri pollici cubici Bolognesi num. sessantotto.
Totale, un’oncia, sei ottave, e grani trentasei; la perdita deve ripetersi dalle particolarità stesse delli altri due tentativi.
Dal complesso dell’Analisi comparativa sin ora esposta chiaro si vede, che la loro decomposizione incontra meno ostacoli in quelli, che hanno minor gravità specifica, poichè presentano nella combustione una fiamma più viva, e meno durevole, e nella distillazione maggior quantità di gas, e minore di residuo carbonoso.
Dal complesso dei fenomeni, che s’incontrano nel processo delle esposte operazioni non è improbabile congettura l’asserire, che la flemma ricavata mediante la destillazione esistesse già negli Olj medesimi, e si annidasse nella sostanza mucosa estruttiva, ospitante pressochè in qualunque Olio, la quale sostanza sotto agli eccitamenti del calore lascia sprigionare una porzione di ossigeno, che poi si mescola con quello dell’aria contenuta nel vacuo della storta. Egli è da ciò, che l’idrogeno, nell’atto che si svincola dall’Olio, si combina coll’indicato ossigeno, ed alimenta la composizione dell’acqua. Nel seguito della distillazione un’altra porzione d’ossigeno si fissa su i due radicali idrogeno, e carbonio del materiale estrattivo, e compone l’acido piro-legnoso dei moderni, il quale dall’azione del calorico, ridotto in istato vaporoso, si presenta volatilissimo, ed acidissimo, di maniera che urta con somma forza le narici, ed esprime copiosa lacrimazione. Il gas acido carbonico, che cade sotto all’osservazione, è composto da un’altra porzione dell’ossigeno fissato sul carbonio dell’Olio già decomposto, ed il gas idrogeno, che si forma, dipende dall’idrogeno della porzione d’Olio separato dal carbonio, i quali poi disciolti dal calorico fuggono sotto forma di gas idrogeno carbonato. L’Olio fetido empireumatico, che si ottiene in questa distillazione, è il risultato dalla parte dell’Olio non decomposto, che si unisce con una maggior quantità di carbonio inalzato dalla forza del fuoco, e si amalgama con una parte di quel vapore acido penetrantissimo, che lo riduce allo stato pinguedinoso dotato di acidità.
Il Carbone residuo nella storta, dopo la distillazione dell’Olio, dipende dall’abbandono fatto di quell’idrogeno, che lo teneva nello stato oleoso.
La terrà finalmente, e le mollecole di ferro, che restano dopo la calcinazione del detto carbone, ripetere si devono dalla forza organica vegetativa, la quale inoltra colla materia della nutrizione negli organi de’ vegetabili le indicate sostanze in particolare maniera raffinate, per servire poi in appresso alla conservazione, e all’incremento della pianta.
Riguardo all’uso medico di questi tre Olj, è inutile il far parola di quello dei semi di Lino, e dell’altro d’amandorle dolci, tutto già sapendosi abbastanza. Dirigendo la riflessione all’Olio dei semi di Faggio, e limitandola a quelle viste, che possono competere ad un Farmacista, sembra, che nelle diatesi, e nelle malattìe steniche, che nell’eccesso degli stimoli operati sul sistema vascolare irrigatore, che in non poche alterazioni del sistema vascolare assorbente, che nei casi di troppo eccitamento, ed in altre tali circostanze la forza della vita dal prudente uso dell’Olio di Faggio possa essere richiamata a quel grado di azione, che compete al ritorno di tranquilla salute.
L’Olio di semi di Faggio, che dà generoso ospizio all’idrogeno, e che accoglie in sè poco carbonio, deve moderare la licenza degli stimoli diretti, e tenerli in maggior freno, anche perchè, non essendo sgradevole al palato, non accenderà nello stomaco il tumulto di troppo eccitamento.
I particolari caratteri dell’Olio dei semi di Faggio fan presagire a favore del di lui uso esterno: leggerissimo essendo egli, e sottile assai, ragion vuole, che con tutta facilità insinuare si debba sin colà, ove Olj meno tenui non saprebbero penetrare.
Non è della mia ispezione l’entrare col discorso nei rapporti ecconomici. È fuor di dubbio, che l’Olio dei semi di Faggio costa meno, di quello di Lino, e di Amandorle dolci: e cred’io da critica osservazione dimostrato, essere grandi i vantaggi, che il primo somministra agl’Infermi: sembrerebbe dunque ragionevole assai, che, dato bando ai secondi, massime negli ospedali, e ad uso delle povere famiglie si mettesse in pratica il solo Olio di Faggio, il quale poi a qualunque altro dovrebbe essere preferito a titolo di procurarsi materia di luce. Il non congelarsi all’ordinaria temperatura del nostro clima; il mantener ad altre cose uguali fiamma viva, e brillantissima senza cattivo odore, e senza fumo visibile, o carbone, per più tempo assai dell’Olio di Olivo, il costo maggiore di quest’ultimo, la somma immensa di denaro, che l’Olio d’Olivo porta ogni anno fuori di stato, l’industria nazionale, che si attiverebbe, mettendo in commercio questo ramo di interna ricchezza, sono tanti motivi per giustificare la mia asserzione. Le arti stesse possono ottener vantaggio servendosi opportunamente dell’Olio di Faggio, il quale è capace di ridursi in perfetto sapone, e può servire, quando sia cotto a dovere con ossido di piombo, alla manipolazione di lucide, e durevoli vernici. Tacio gli utili, che da quest’olio possono ottenere le fabbriche di lanifizio, e tutta quella numerosa schiera di artefici, che o nell’ordinare, o nel ridurre a perfezione le loro manifatture devono necessariamente aver ricorso ad un Olio qualunque. Ma io non m’accorgo d’eccedere i limiti del Farmacista? Alzo subito la penna dalla carta, e chiedo scusa al Cittadino Dott. Fantini, se, nell’impiegarmi a norma delle sue istanze, debolmente ho trattata la causa affidatami. Le molte brighe del mio impiego non mi han accordato tempo sufficiente per assoggettare ad ulteriori esami l’Olio dei semi di Faggio. Accetti il mio buon cuore, e solleciti dalla sovrana provvidenza quelle benefiche disposizioni, che, facilitando il cammino dall’alta montagna, ove s’inalzano i Faggi, sino alle ultime pendici limitrofe alle comode, e facili strade della nostra Comune, facciano abbondare fra noi una materia, dalla quale la sana, l’inferma, l’oppressa umanità tanto spera, e si compromette a proprio conforto, e ad utile nazionale.
Salute, e Rispetto FRANCESCO M. COLI. |
OSSERVAZIONI
SOPRA L’USO MEDICO DELL’OLIO DI FAGGIO
NELL'OSPITALE AZZOLINI
DEL CITTADINO DOTTOR DOMENICO
ANTONIO MANDINI
12. Gennaro 1803.
1. Un uomo infermo per malattia febbrile stenica con predisposizione di stimolo diretto, tutt’a un tratto si trovò offeso il sistema orinario con accresciuto eccitamento manifesto per il calore, e per il dolore con l’accompagnamento di soppressione delle orine. Tre oncie d’Olio di Faggio calmarono l’affezione locale in modo, che, sedato l’eccitamento, e riaperto lo scolo delle orine, fu men difficile il provvedere all’universale, e il guadagnare la malattia.
2. Una donna inferma per affezione febbrile reumatica con sintomi di tosse gagliarda, e di nerporo difficile, dopo aver prese, tre sere consecutive, tre oncie d’Olio di Faggio mescolate al brodo e al torlo d’uovo, ne riportò li seguenti vantaggi. La prima sera, minor eccitamento nelle impressioni locali: la seconda, esaurimento di eccitabilità nell’universale: dopo la terza sera, presenza di salutare equilibrio.
3. In un vecchio aggravato per astenica locale affezione nel sistema polmonale, quattr’oncie d’Olio bastarono a riaprire lo sputo di materie catarrose, ed a sollecitare la guarigione.
4. In una puerpera, la di cui pelle era coperta di pustole scabbiose, nella circostanza dei primi trasporti dell’umor latticinoso alle mammelle, tutt’a un tratto gli stimoli scabbiosi si diressero all’interno, ed occuparono il sistema intestinale a segno, che una tormentosa colica, portando seco infiammazione di basso ventre, minacciava la vita. Il solo Olio di Faggio impiegato epicraticamente, e introdotto a maniera di sottrativo trionfò degli stimoli ingiuriosi; richiamò alla pelle le pustule scabbiose, stabilì ordine naturale negli organi lattifri, e dopo sette giorni comparir fece una tranquilla convalescenza.
5.
5. Più rimarchevole d’ogn’altro fu il seguente caso. Una Donna, dopo alcuni mesi d’impressione dolorosa verso l’intestino colon, lasciò vedere la comparsa di sensibile elevazione nel luogo medesimo, la quale, attentamente esplorata, mosse il sospetto di locale affezione, dipendente da arresti di umori, che potevan dar fondamento alla formazione di un tumore. Ebbi ricorso al sapon veneto, e alla gomma ammoniaca sulla lusinga, che tale stimolo, scuotendo l’attività delle forze vitali, dovesse mettere in moto gli umori arrestati, e togliere le disposizioni al mal locale. Fu vano il mio operato: aumentarono li sintomi, e si destò febbre ardita. L’Olio di Faggio, somministrato, mattina e sera, alla dose di un’oncia, continuandone l’uso per dodici giorni, poco a poco dopo copiose evacuazioni di giallagnole feccie tolse il dolore, e l’intumescenza locale, e dispose lo donna a metter piede nel cammino di perfetta guarigione.
In molte pleuritidi, e peripneumonie steniche l’Olio di Faggio mi è sempre riuscito vantaggioso all’oggetto di calmare i dolori. L’uso poi esterno in simili incontri non m’è mai andato in fallo: appena dopo ventiquattr’ore d’applicazione d’Olio, le molestie dolorose hanno sempre avuto temine. Similmente nelle contusioni, e in breve intervallo di tempo le unzioni fatte col medesimo Olio hanno sempre giovato.
OSSERVAZIONI
SOPRA L’USO MEDICO DELL’OLIO DI FAGGIO
DEL CITT. DOTTOR UNGARELLI, MEDICO
DELL’OSPITALE DI S. ANT. ABBATE.
AL DOTTOR FANTINI
Casa 28. Marzo 1803.
Sono debitore alle vostre insinuazioni, come alle vostre fatiche della conoscenza che feci, sono ormai due mesi, dell’Olio di Faggio. Dopo averlo io stesso prima esaminato ed assaggiato più volte, non ebbi difficoltà di esibirlo internamente per uso medico ad alcuno de’ miei infermi dello Spedale di S. Antonio Abbate, che, come sapete, ho l’onore di assistere, e in seguito ancora a parecchi de’ miei clienti, con loro, e mia intera soddisfazione. Io vi presento in breve le osservazioni, e i risultati, qualunque essi sieno, di questa medicatura, i quali, pel esser voi stato la causa ingegnosa di loro origine prima, sono di vostro diritto. Sarete troppo buono, se attribuirete alla sola amicizia questo attestato di stima, e di gratitudine, che da qualche tempo io doveva dimostrarvi.
Vi narrerò dunque di aver fatto usare di questa medicina sino a ventinove volte, e sino a due, e tre in più soggetti, e in altri però una sola volta. Il primo infermo, su cui questo rimedio impegnò la mia attenzione, fu un certo Giuseppe Pozzi, giovane di circa trentanni, che, da qualche tempo, trovavasi nello Spedale suddetto. Restava egli tuttora sotto a qualche violenza d’un dolore laterale per una splenitide stenica, ed era tormentato fortemente all’ipocondrio sinistro, ed alla scapola dello stesso lato. L’affare universale avea in gran parte ceduto ad una sanguigna, ed ai rinfrescanti. L’Olio fu preso alla dose di tre once con altretanta emulsione comune. Trovai, nella mattina, migliorati i polsi dell’infermo, e diminuito di molto il dolore. Ei mi narrò, che la medicina era stata gradita al palato, e niente offensiva all’olfatto; nè rutti nauseosi erangli stati, come avea altre volte provati dall’Olio di Lino; che non avea sentito alcuna nausea, o tormini, ma che la notte, benchè tranquilla più delle altre pel dolore discreto, era passata con della veglia. Nella mattina stessa ebbe tre evacuazioni di ventre, la prima delle quali fu così blanda, che appena potè accorgersene.
Io ho replicata questa stessa medicina in altri otto malati dello Spedale, ed in quegli stessi con esito pressochè uguale; anzi per alcuni ho accresciuti la dose sino a quattr’once, lasciando la semata al punto medesimo coll’aggiunta di giulebbe papaverino bianco a mezz’oncia. V’immaginerete, come spero, che io calcolava prima ogni loro circostanza per la convenienza del rimedio. Le malattie furono tre Peripneumonìe, un catarro, e più tossi tutte steniche. Lo stesso gusto accusavano i malati. I risultati furono il dolor laterale diminuito, ora la espettorazione facilitata, ora la tosse sollevata e le costanti evacuazioni di ventre, per cui non è mai accaduto il bisogno di farne incontro con Cristene. Il fenomeno pure della veglia è stato in parecchi infermi costante.
Altri sedici soggetti di mia clientela nella Città hanno l’obbligo di lor salute, o di morbo diminuito all’Olio di Faggio, di cui vi parlo. Fra questi una Signora, di stomaco assai delicato, con colica uterina, e la cui diatesi sembrommi piuttosto mista, ottenne quanto potea desiderare dall’uso di questo rimedio non ingrato al palato. Scemò ben presto il dolore, e la notte fu tutta condotta dal sonno il più placido. Questo è stato uno dei pochi casi, in cui il sonno fu marcato in vece della solita veglia tranquilla.
Sono circa sei giorni, che io feci la stessa esibizione d’Olio di Faggio, misto alla semata, e al giuleppe di papavero, a certo infermo d’emorroidi infiammate dolorossisime. La diatesi era stenica, ed io l’aveva in gran parte abbattuta colle sanguigne, e cogli altri ajuti opportuni. Ma anche qui il dolore fu diminuito, e fatto più libero il corso delle urine prima impedito; ma il malato vegliò interamente nella notte. Indussi l’infermo tuttavia, soddisfatto dal buon esito del rimedio, a farne uso di nuovo alla dose di quattr’once senz’altro ajuto di emulsione; allora la notte fu la più placida pel sonno continuato.
Eccovi intanto i risultati di queste mie osservazioni. L’Olio di Faggio, oltre avere le qualità comuni ad altri oleosi, non è ingrato nell’odore, e molto meno nel sapore, e deve essere preferito d’assai a quello di Lino. Egli è un opportuno rilasciante, e, come dicono, debilitante di mediocre grado; ciò, che mostrano le replicate evacuazioni alvine, che procura, oltre la diminuzione de’ fenomeni stenici. Ma sembra potersi dedurre, che l’intima sua qualità, che gli antichi chiamerebbero narcotica, o sedativa, accresciuta dall’azione dei papaveracei, e dalli semi freddi si è la causa della veglia costante nei casi di riscaldamento, siccome spessa accade coi blandi oppiati. L’Olio dunque sia piuttosto prescritto senz’altra compagnia di giuleppi, o di semate.
Sono infine persuaso, che, come l'Umanità in generale deve avere buon grado alle vostre premure per illustrare la bontà, e l'efficacia di questo rimedio, molto più debba esservi tenuto, colle persone di stomaco delicato, il bel Sesso, che non deve avere meno parte nel cuore di Medico.
Vostro Aff. Servo ed Amico GIO: CAMILLO UNGARELLI. |
OSSERVAZIONI
SOPRA L’USO MEDICO DELL’OLIO DI FAGGIO
NELL’OSPITALE DI S. ORSOLA
DEL CITT. DOTT. FRANCESCO PALAZZI.
Casa li 12 Marzo 1803.
Con mia soddisfazione, avendo usato dell’Olio di Faggio, da voi gentilmente suggeritomi, non solo in alcune particolari Case, ma nell’Ospitale di S. Orsola, e nella Casa di Forza, ove esercito la Medicina, e Chirurgia, vi do riscontro dell’utile, e vantaggio grande ottenuto non tanto riguardo all’economico, quanto a molte malattìe di petto, e basso ventre sì acute, che croniche. Il medesimo, per parlarvi ingenuamente, l’ho per due volte ritrovato un po difficile alla digestione in causa di essere, forse stato troppo mucolaginoso, e non già troppo recente, come vuole il Muray nei suo primo volume Apparatus Medicaminum pag. 28 ma nella quantità, e proporzione che viene al presente mirabilmente ricavato, apporta non solamente vantaggi sommi, ma anche ritrovasi immune da questo difetto. Ciò è, quanto vi posso assicurare d’avere fedelmente osservato, promettendovi di non trascurare ulteriori esperienze, e di darvene precisa contezza. Bramo veramente la continuazione della sincera vostra amicizia, dichiarandomi di vero cuore.
Vostro affezionatissimo Amico FRANCESCO PALAZZI. |
OSSERVAZIONI
SOPRA L’USO MEDICO DELL’OLIO DI FAGGIO
NEL GRANDE OSPEDALE DELLA VITA,
E DELLA MORTE.
DEL CITT. PROFES. DOTT. LUIGI LAGHI,
Casa 22. Marzo 1803.
Con piacere vi notifico, aver esperimentato utile l’Olio dei semi di Faggio in varj malati, travagliati da affezioni catarrali di petto, ed in altri, che avevano imbarazzo di basso ventre; e sì ne’ primi, che ne’ secondi ha costantemente prodotto ottimo effetto, nè veruno ha mai accusato il minimo senso di peso nello stomaco. Mi rincresce, che non ho potuto rinvenire la languida mia memoria, scritta, anni sono, su tale materia; ma non mancherò di fare ulteriori diligenze: intanto credetemi, quale con verace affezione mi confermo
Vostro affezionatissimo Servo, et Amico LUIGI LAGHI. |
BOLOGNA
PER LE STAMPE DEL SASSI.
ANNO II. REPUBBLICANO.
CON APPROVAZIONE.
Note
- ↑ Li Socj di Belvedere, sono parecchi Cittadini, che presero in affitto i beni Comunali di Belvedere, due anni fa, proponendosi di renderne proficui i Faggj, sia per uso di legname, sia per la manipolazione dell’Olio di Faggiuola.
- ↑ La Strada proposta segue la linea dell’antica abbandonata per incuria de’ passati Governi, abbrevia il cammino da Bologna a Livorno di quasi due giornate, conduce ai Bagni della Porretta, metterà in commercio i legnami di quella parte di Montagna, che ora marciscono inutilmente, aumenterà la popolazione di quei luoghi inospiti, d’onde sogliono fuggire gli abitatori per ricercar fuori di stato la sussistenza
- ↑ La natura, e le qualità del Faggio variano, come quelle degli altri alberi, secondo la natura, e le differenze del terreno. Vedi Bomare, Diction. raisonnè universel d’Histoire Naturelle Artic. Hètre, pag, 388. Rozier. Cours Complet d’Agriculture. Tom. X. pag. 213.
- ↑ Gli utensilj fabbricati dai Montagnai si riducono a manichi per istrumenti d’Agricoltura, a scatoli, a vagli, e a sedie da Camera.
- ↑ Bomare Tom. 5. pag. 389. Rozier Tom. X. pag. 215.
- ↑ Li Montagnai delle nostre Alpi portano il carbone in Tesenna per li forni di ferro in Pisa. I medesimi Montagnai raccontano che il carbone di Faggio è meno nocivo del carbone dei legni forti. Quando se ne potrà avere, l’esperienza giustificherà quest’asserzione.
- ↑ Targioni Tozzetti nel corso del suo Ragionamento sopra l’Olio di Faggiuola fa vedere la grande utilità, che ne verrebbe alla Toscana, se il Governo vi animasse codesta fabbricazione. Questo servirebbe all’uso di bruciare, mentre quello di Uliva venduto fuori aumenterebbe l’introito del denaro nella Toscana. (Relazione d’alcuni viaggi ec. Tom. 6. pag. 52.) Noi per una ragione inversa, animata che fosse la fabbricazione dell’Olio di Faggiuola, avremmo il vantaggio, che non sortirebbe il nostro numerario.
- ↑ Targioni ibidem pag. 49
- ↑ Baldassarre, e Michele Campi Speziali Lucchesi a Cart. 45. del loro Spicilegio Botanico notarono, che i frutti del Faggio mangiati freschi nuocono alla testa, essiccati che siano, si mangiano senza nocumento alcuno.
- ↑ Giovacchino Struppio. Antidotar: Antitrimastigi. p. 66. §. 42. assicura, che nella Contea di Solm si servono della Faggiuola per ingrediente del pane.
- ↑ Baldassarre, e Michele Campi: ibidem.
- ↑ Delle Carestìe p. 151.
- ↑ Delle diverse specie di frumento, e di pane; pag. 219.
- ↑ Tesoro della vita umana lib. 4. cap. 58, pag. 201.
- ↑ Villae, lib. 6. pag. 56.
- ↑ Targioni Tom. 6. pag. 56.
- ↑ Fra noi il valore dell’Olio di mandorle dolci è di lire quattro di Milano la libbra, poco meno costa quello di Lino. L’Olio di Faggiuola di prima espressione, ad onta delle spese gravosissime della raccolta e del trasporto, sta ad un prezzo assai minore, e si vende a ventisei soldi di Milano la libbra.
- ↑ Si sono ricavate per ogni centinaio di libbra di Faggiuola cinquanta libbre d’Olio.
- ↑ È notabile, che nel caso di restituire il cristere senza materie fecali non si sente alcun odor disgustoso, ancorchè il cristere sia stato per qualche tempo negl’intestini.
- ↑ In tutti i sensi, poichè, sia riguardo all’Olio da condire, sia riguardo all’Olio da bruciare. Nel primo caso gl’Olj di Lucca, di Nizza, di Provenza usitatissimi per le tavole costano soldi trenta di Milano la libbra; quello di Faggio di prima espressione, come si è detto altrove, 26. soldi; nel secondo caso l’Oglio comune di uliva costa dicciotto soldi di Milano la libbra, quello di Faggio di seconda espressione quindici soldi.