Frammenti letterari e filosofici/Prefazione
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I. O Lionardo, perchè tanto penate? Codice Atlantico f. 71 v. La biografia di Leonardo, nelle sue linee essenziali, è la storia del nascere, dell’ accrescere, dell’ ingigantirsi e dei- l’espandersi di un amore intellettuale verso la natura, intento a riprodurne le forme e a conoscerne le leggi. Questo amore, nato in un’ umile casa di Anchiano poco dopo il 1452, si allarga con un pro¬ gressivo svolgersi ad abbracciare la na¬ tura nell’ infinità delle spazio, del tempo e delle forme. Il primo ricordo, che il Yinci ci serba nei manoscritti, tra i frammenti che ri- sguardano la sua fanciullezza, sembra quasi una profezia : Nella 'prima ricordatone della mia infanzia , scrive egli rievocando una giovanile visione, e mi parea che, es¬ sendo io in culla , che un nibbio venisse a me, e mi aprisse la bocca colla sua coda, e molte volte mi percotesse con tal coda den¬ tro alle labbra. ((7. A., 161 r.) Una tradi¬ zione ellenica narra, che le api annunzia¬ rono al mondo in Demostene- il più dolce e squisito oratore politico ; il nibbio non sembra qui preannunziare il più alto e limpido descrittore della natura? Leo¬ nardo stesso è compreso da questo super¬ stizioso dubbio: la vita sua deve essere r adempimento dell’arduo compito di pa¬ lesare agli uomini i segreti naturali. Egli segna, accanto alle linee precedenti, que¬ sta espressione rivelatrice: par che sia mio destino. All’ aprirsi della sua vita d’ artista, attorno al 1472, lo studio del Yinci è di risuscitare nella propria fantasia la figura delle cose esterne, « andare co’ la ima¬ ginativa ripetendo li lineamenti super- fìziali delle forme » (Asìi . I, 26 r.); e, come la sua mente, il piccolo libro di note, che porta sempre seco, è pieno di profili di visi soavi e mostruosi, di disegni d’ani¬ mali e di piante, di roccie e di monti. (C. A., 27 r.) Questo studio, da prima su- boi dinato alla pratica, si cambia a poco a poco in un desiderio, indipendente da ogni applicazione concreta, di compren¬ dere il meccanismo ciei fenomeni naturali, nei suoi pi ocessi e nelle sue leggi; l’arte della pittura diventa « una sottile inven¬ zione, la quale con filosofica e sottile spe¬ culazione considera tutte le qualità delle fonile » (Ash . I, 20 r.); e il piccolo libro di note, che porta sempre seco, si riem¬ pie di considerazioni e di principi pro¬ spettici e anatomici, zoologici e botanici, meccanici e idraulici. (R., § 4.) Penetiaie colla mente nell’ignoto, in~ dagaie la natura nelle sue fibre più ripo¬ ste diventa la passione dominante in Leonaido: « E tirato dalla mia bramosa voglia, vago di vedere la gran commi¬ stione delle varie e strane forme fatte dalla artifìziosa natura, raggiratomi al¬ quanto infra gli ombrosi scogli, pervenni all’entrata d’ una gran caverna; dinanzi alla quale — restando alquanto stupefatto e ignorante di tal cosa — piegato le mie rene in arco, e ferma la stanca mano so¬ pra il ginocchio, colla destra mi feci te¬ nebra alle abbassate e chiuse ciglia. E spesso piegandomi in qua e in là per ve¬ dere dentro vi discernessi alcuna cosa, questo vietatomi per la grande oscurità, che là entro era, e stato alquanto, subito si destarono in me due cose: paura e de¬ siderio ; paura per la minacciosa oscura spelonca, desiderio per vedere se là entro fusse alcuna miracolosa cosa. » (R., § 1389.) La natura è il grande mistero che Leo¬ nardo cerca d’ investigare. Ma quanto la sua mente penetra più nella conoscenza delle cose, tanto la co¬ scienza superstiziosa e il pregiudizio dei suoi tempi si sollevano contro di lui. Da prima sono i timidi amici di Dio, che lo rimproverano di trascurare le pratiche esterne e la preghiera, per l’ amore entu¬ siastico della natura. « Ma tacciano tal; riprensori, risponde Leonardo, chè questo è il modo di conoscere l’Operatore di tante mirabili cose, e questo è ’l vero modo d’amare un tanto inventore. » (Lu § 77.) Poscia sono i suoi amici medesimi, che rimpiangono quella lenta e progressiva di¬ serzione dall’ arte, che portava inesora¬ bilmente Leonardo a smarrirsi nel labe- rinto senza fine della scienza. Il Verini lo celebrava allora massimo tra i migliori: et forsan superai Leonardus Vincius omnes. Ma subito aggiungeva: tollere de tabula dextra sed nescit: e cercava la causa di questa lentezza nella sua incontentabilità: , . , et instar Protogenis multis unam perfieit annis.* « Hebbe bellissime invenzioni, dirà poi l’Anonimo, ma non colorì molte cose, per-
- De illustratione urbis Florentice. Parigi, 1583,
pag. 27. chè si dice mai a sè medesimo avere sa¬ tisfatto.* » E il Vasari, come un’ eco di questi primi contrasti, ripeterà l’ accusa e la tramanderà ai posteri — giustificandola, come il Verini e l’Anonimo, con il con¬ cetto di un’ eccessiva incontentabilità di Leonardo.** Intanto il cartone di Adamo ed Èva nel 'paradiso terrestre , la Testa della Me¬ dusa , V Adorazione de’ Magi rimangono im¬ perfetti « come quasi intervenne in tutte le cose sue. » Nel 1482 il Vinci abbandona Firenze. Il concorso aperto dal duca di Milano per una statua equestre a Francesco Sforza non era stato che la causa occasionale di questa partenza, frutto in realtà della propria miseria e del disgusto suscitato negli altri per lavori assunti e non con¬ dotti a termine.*** Il calore col quale il
- Arch. Storico Italiano. Firenze, 1872, serie III,
voi. XVI, pag. 222.
- Le Vite (ed. Milanesi). Firenze, Sansoni, 1879,
voi. IV, pag. 22.
- Uzielli, Rie. hit. a L. <ì. V. Torino, Loe-
scher, 1896, pag. 61.
. Vinci palesò un’ idea grandiosa; il buon
nome che godeva già in Lombardia per
qualche sua opera, forse non ignota; l’es¬
sere scolaro del Verroechio, che la statua
al Colleoni rendeva allora famoso, lo fe¬
cero prescegliere in questa fortunata oc¬
casione ad altri artisti. Si presentò dun¬
que in Milano; donò al duca una bellissima
lira in forma di teschio di cavallo, forse
anche a nome di Lorenzo de’ Medici; e
scrisse quella lettera famosa, nella quale,
manifestando le proprie molteplici attitu¬
dini pratiche, veniva già, in modo celato, a
rivelare i grandiosi progressi teorici della
sua mente.*
Ma anche in Milano la sua vita è una
lenta ribellione ai suoi tempi. Da prima
egli dipinge con attività, compone e scom¬
pone modelli per la statua equestre, fab¬
brica disegni di cupole per il duomo, si dà
alla costruzione di edifìzì pubblici e pri-'
\ ati, immagina strumenti guerreschi e opere
idrauliche : ma inesorabilmente il suo in-
- L. d. V., The literarij worlis (ed. Richter). Voi. II,
pag. 395-396 telletto lo porta alla investigazione scien¬ tifica. Per un lento progresso Leonardo dal Cenacolo è ricondotto a quel Trattato di luce ed ombra, a cui aveva già dedicate le prime cure in Firenze; dal Monumento allo Sforza al Trattato sulla anatomia del cavallo e sui metodi della fusione in bronzo; dalle varie opere di architettura militare e civile al Trattato sui pesi e sui moti e a quello di Idraulica* L’aneddoto stesso, narrato dal Vasari a proposito del Cena - colo, è un’ eco dei contrasti che suscitava in questo tempo il suo modo di vivere es¬ senzialmente speculativo. Prima del 1499 nel Vinci è ormai scomparso il pratico; egli deposita il pennello nelle mani dei suoi discepoli; abbandonando la cerchia degli artisti, si pone nel bel mezzo degli scienziati milanesi, ormai spinto da un solo scopo: risolvere gli infiniti problemi che la natura gli presentava incessantemente. « La natura è piena di infinite ragioni, che non furono mai in esperienza. » ( 7, 18 r.)
- Paci oli, Divine proportene. Venezia, 1509,
e.Iv. Il secolo XY era ostile a questo pa&- saggio : spinto dalla sete di un rinnova¬ mento domandava non di pensare, ma d' fare. Leonardo era invece nato per il tra¬ vaglio del pensiero. La poesia, la pittura; la scultura, l’ architettura, la musica, le invenzioni della stampa, della polvere e di strumenti meccanici, le scoperte geografi¬ che, nel loro più meraviglioso fiore, era ciò che il Rinascimento vedeva e ammi¬ rava : la legge astratta non veniva ap¬ prezzata nel suo giusto valore, quasi non si intendeva la sua ragionevolezza. Leo¬ nardo invece passa, per un prepotente bi¬ sogno, dal concreto all’astratto, dalla pra¬ tica alla teorica, dall’ arte alla scienza, portando a sviluppo quella stessa tendenza degli spiriti che, nata intorno a lui, do¬ veva pienamente manifestarsi solo due secoli dopo. Nel 1500 il carattere della vita del Vinci è ben definito : l’ idea dominante q svolgere e condurre a compimento le sue ricerche naturali; il proposito fermo è fare al secolo le minori concessioni possibili. Nel 1502 ingegnere militare di Cesare Bor¬ gia, sente che le angustie della pratica gli tolgono le larghe visioni della teoria: si ri¬ trae allora in Firenze. Nel 1501 aveva avuto sollecitazioni da Isabella d’Este, per mezzo del generale dei carmelitani Pietro da Nuvolaria « perchè facesse uno qua- i dretto de la Madonna devoto e dolce, come è il suo naturale. » Il Vinci aveva promesso caldamente, e poi, smarrito nelle indagini scientifiche, non ne aveva fatto nulla. « Per quanto me occorre, aveva ri¬ sposto il frate alla gentile marchesana di Mantova, la vita di Leonardo è varia et indeterminata forte, sì che pare vivere a giornata. Ha facto solo dopoi che è ad Firencie uno schizo d’uno cartone, (dove) finge uno Christo bambino de età circa uno anno. Altro non ha facto se non che dui suoi garzoni fano ritracti, et lui alle volte in alcuno mette mano. Di opra FORTE ALLA GEOMETRIA, IMPACIENTISSIMO al pennello. » Ora il 13 maggio 1504, dopo una vana attesa, Isabella ritorna alla carica domandandogli per lettera « uno Christo giovinetto, di età di anni circa duodici, che seria di quella età che 1 havea quando disputò nel tempio ; et facto cum quella dolcezza et suavità de aiere, che havete per arte peculiare in excellentia. » Il 27 maggio, quattordici giorni dopo, un incaricato, Angelo del Tovaglia, le risponde: « Lui troppo me ha pi omesso di farlo ad certe hore et tempi, che li sopravanzeranno ad una opeia tolta a fare qui da questa Signo- lia. Io non mancherò di solicitare et esso Leonardo et etiam lo Perugino de quella altra: l’uno et l’altro mi promette bene, et pare liabbino desiderio grande di servire la S. Y. Tamen me dubito forte non habbino a fare insieme ad gara de tarditate : non so chi in questo supererà 1 altro : teng.ho per certo Leonardo hàbei a essere vincitore. » Pietro Pe¬ rugino adempiva sollecitamente al suo impegno ; Leonardo intraprendeva allora il dipinto della Battaglici d’ Aunghiavi, spinto dal bisogno e dalle preghiere dei Fiorentini. &VÌ PREFAZIONE. Nel 1 506 Alessandro Amadorì, zio del Vinci, prende a cuore il desiderio della marchesa d’Este, e si fa promettere dal nipote il compimento di un quadretto soaveedolce:«Etluialtuttomeha promesso comincerà in breve V opera per satisfare al desiderio di V. S., alia cui grafia assai si raccomanda.» Isabella risponde poche righe sfiduciate; poi tacque per sempre. Passò il tempo, e Leonardo nulla fece, dimentico della promessa e del pennello. Quasi a compenso delle durezze del Vinci, il suo discepolo Salai, in questi giorni appunto, mostrava «gran desiderio di fare qualche cosa galante per la Marchesa.» La sua profferta non fu accettata.* Intanto la Battaglia di Anghiari, cominciata a disegnare con ogni cura e entusiasmo, fu abbandonata alle prime mosse, allo stesso modo del cartone d ’Adamo ed Èva, della Testa della Medusa, dell’AcZorazione dei Magi, «come quasi intervenne in tutte le cose sue,» -- - - ■■■ TI C* Luzio, ì precettori d’Isabella d’Este, Ancona* Morelli, 1887, Quale era la causa di questa insoffe¬ renza al dipingere? come mai Leonardo non soddisfece alle istanze di una gentile principessa, nè a quelle universali della sua città natale ? Poche date risponde¬ ranno luminosamente. Al 1504 risale il Codice sul volo degli uccelli ( V. U., 5 r.); al 1505 P opera matematica intorno alle sezioni sferiche . (.U § 1374.) Le ricerche di prospettiva, iniziate già prima del 1482; quelle di anatomia, condotte sistematica- mente fino dal 1489; quelle di meccanica, che lo tenevano intento prima del 1497, sono continuate in Firenze dopo il 1500, insieme agli studi sulla canalizzazione del¬ l’Arno, che diedero germe e vita ai mo¬ derni principi dell’idraulica e della dina¬ mica terrestre. Il 22 maggio 1508, come a coronamento di un lungo periodo di in¬ defessa attività scientifica, spunta nella mente di Leonardo l’idea di un provvi¬ sorio generale riordinamento delle sue note manoscritte: «E questo fìa un rac¬ colto sanza ordine, scrive egli iniziando il Codice del Museo Britannico, tratto di molte carte, le quali io ho qui copiate, sperando poi metterle per ordine alli lochi loro, secondo le materie di che esse trat¬ teranno. » (B., 4.) Questa insofferenza all’ arte produt¬ trice, cominciata appena che alla pratica empirica della pittura si sovrappose il concetto che per creare bisogna conoscere le forme e le leggi dei fenomeni ; dive¬ nuta nefasta in Firenze dopo il 1472; di¬ menticata per un momento in Milano dopo il 1482; riaffermatasi con maggiore vio¬ lenza dopo il 1494; divenuta un bisogno all’ aprirsi del nuovo secolo XYI; conti¬ nuata in mezzo a contrasti ormai più de¬ boli fino alla morte, sembrò un delitto ai contemporanei. Essi non conoscevano al¬ tra forma d’ attività che quella pratica e artistica': la scienza s’ era rifugiata nei chiostri, e si chiamava teologia; s’ era smarrita nei penetrali della cabala, e si chiamava magia. Leonardo da Vinci era trascinato dai tempi all’ arte, e il suo genio lo portava alla scienza ; era spinto dai tempi alla costruzione meccanica, e il suo genio io portava alla costruzione matematica. Tutto ciò che egli ha compiuto in pittura e in architettura, per quanto grandioso, fu una concessione fatta al suo tempo, ma una violenza fatta al suo carattere. Egli si avvia col Perugino e col Credi, col Bramante e col Sangallo sul fecondo cammino della pratica, e solitario si smar- nsce nella scienza; le necessità della vita e 1 indole del tempo lo inducono a riaf¬ ferrare per un istante rarte> ma rintimo della sua mente lo trascina di nuovo alla investigazione teorica e astratta; la sto¬ na della sua vita è il ripetersi di questa perpetua vicenda, che infrange e rovina opera e la potenza sua : non è la serena vita della tradizione, ma il naufragio di- tutto un essere, che anela a ciò che il suo secolo gli vieta, che vuole ciò che il suo secolo gli toglie. Veduto sotto questo aspetto Leonardo a Vinci compare nella sua luce storica: i carattere « vario et indeterminato forte » della sua esistenza si comprende nelle sue intime ragioni; l’ incompiutezza della sua opera artistica è rivelata nelle sue vere cause e cessa d’ esser 1‘ opera del ca¬ priccio individuale: l’ ignoranza dei con¬ temporanei in riguardo al Vinci scien¬ ziato è giustificata nel suo carattere. Il giudizio del secolo XVI o dei suc¬ cessivi cade necessiti iamente. « Condusse a termine pochissime opere, aveva detto Sabba da Castiglione, spinto da naturale leggerezza e volubilità di ta¬ lento : » perchè « quando doveva atten¬ dere alla pittura, nella quale senza dubbio un nuovo Apelle riuscito sarebbe, tutto si diede alla Geometria, alla Architettuia e Notoima.* ** » E ilVasari, raccogliendo poi dalle bocche dei pittori del tempo suo il fallace giudizio, aveva scritto : « Egli si mise a imparare molte cose, e cominciate poi r abbandonava. » Noi dobbiamo capovolgere questo giu¬ dizio dei contemporanei. Essi misurarono l’intero Leonardo dalle sue manifestazioni
- Ricordi. Venezia, 1555, c. j1 v.
- Le Vite , voi. IV, pag. 18,49. pratiche, e lo definirono vario, instabile,
mutabile ; noi, contemplando la sua vasta teoria, alla quale dedicò le forze di tutta la vita, dobbiamo definirlo intento ad un solo proposito e fermo di fronte ad ogni contrasto. Dagli anni primi della giovi¬ nezza fino alla morte egli infatti drizzò le sue forze ad un unico intento : la cono¬ scenza delle leggi dei fenomeni, la descri¬ zione delle forme naturali. Quando Michelangelo rimprovera a Leo¬ nardo con un pungente motto, sedendogli accanto sulla pancaccia di Gerì degli Spini,* le opere lasciate a mezzo; egli, come tutti i suoi contemporanei, non considera che l’ opera esterna, visibile, non l’ interno, grandioso lavoro affidato ai manoscritti, che doveva naufragare per quattro secoli per approdare nel nostro. Quando il Va¬ sari dice che il Vinci molto più operò con le parole che co’fatti; egli non sa che la scienza è altrettanto importante deir arte, e che il viso pieno di dolcezza e di soavità
- Anonimo, Breve vita. Arch. Storico Italiano , se¬
rie III, voi. XVI, pag. 226. L. da Vinci. b XXII PREFAZIONE. della Gioconda non è un’ opera meno po¬ tente della scoperta di quelle leggi pro¬ spettiche e ottiche, che ci servono a ve¬ derlo. Quando Leonardo, « a molti cit¬ tadini ingegnosi, che allora governavano Firenze, » mostrava voler alzare il batti- - stero di San Giovanni o rizzare il corso deH’Arno, « con sì forti ragioni lo per¬ suadeva, che pareva possibile, quantun¬ que ciascuno, poi che e’ si era partito, conoscesse per sè medesimo l’ impossibi¬ lità di cotanta impresa.* » Ma quale mai di questi « ingegnosi cittadini », con¬ dannando il proposito pratico, si sarà fatto a domandare al Vinci quali fossero i principi meccanici o idraulici che lo inducevano a ritenerlo fattibile? S’ egli non ha sollevato il San Giovanni, nè in¬ canalato l’Arno, questo non monta : la sua opera vera sta nel Trattato del moto locale e delle ^percussioni e pesi e delle forze tutte, dove precorre, e in qualche punto avanza, i Dialoghi delle nuove scienze del
- Le Vite , voi. IV, pag. 50-51, 21. PREFAZIONE,
XXIII Galilei ; in quello Del moto e misura delle acque , dove è contenuto il meglio che poi diedero il Castelli e il Guglielmini. Ari¬ stotile Fioravanti, qualche tempo prima di Leonardo, sollevava una torre in Bo¬ logna, e la trasportava da un luogo ad un altro;* Luca Fancelli, poco tempo prima di Leonardo, dava i disegni per la cana¬ lizzazione dell’Arno, onde bonificare la pianura d’ Empoli e i dintorni ; ** ma nè 1’ uno nè l’altro precorrono il Yinci nella teoria, nella quale egli resta gigante o insuperato nel tempo suo e per un se¬ colo ancora. Noi dobbiamo giudicare Leonardo non dalla frammentarietà della sua pratica, ma dalla pienezza della sua teorica. La Battaglia di Anghiari non doveva essere al¬ tro, se non l’applicazione di quei principi, che Leonardo aveva meditati e svolti nel Trattato della pittura ; allo stesso modo che la macchina per volare, la quale, dall’alto
- Libri, Histoire des Sciences matJièm . en Italie.
Parigi, Renouarcl, 1840, voi. IV, pag. 17.
- Ùzielli, Paolo dal Pozzo Toscanelli. Roma, Rac.
Colomb., 1894, pag. 520. di Monte Ceceri presso Fiesole, nella Pri¬ mavera del 1505, doveva librarsi su Firen¬ ze, non sarebbe stata se non un’ effettua¬ zione materiale e caduca delle grandiose leggi scoperte sulla elasticità dell’ aria, sulla struttura e sulle funzioni dei vola¬ tili. L’opera teorica fu compiuta, l’appli¬ cazione pratica rimase imperfetta ; malo scopo della vita del Vinci furono le leggi prospettiche e antropologiche, le leggi meccaniche e matematiche, fondandosi sulle quali egli e i secoli venturi avreb¬ bero colti i frutti più maturi dell’arte e della scienza. Vi è una espressione del Vasari che ci rivela la falsità del giudizio comune diffuso su Leonardo : « Ancora che il Vinci molto più operasse con le parole che co fatti , per tante parti sue s\ divine, il nome e la fama sua non si spegneranno giammai * » No, rispondiamo noi, è appunto perchè egli ha operato più con le parole che co’ fatti che il nome e la fama sua non si spe-
- Le Vite, voi. IVJ pag. 50-ìl. gneranno giammai. I soldati guasconi
hanno distrutto con P archibugio il mo¬ dello della statua a Francesco Sforza ; il tempo col suo incessante trasformare ha scolorito il Cenacolo; la critica artistica annienta con P acuto sguardo P opera pit¬ torica del Yinci. Ciò che non l’archibugio dei soldati guasconi, nè il tempo, nè la critica artistica potranno distruggere, è la gigantesca costruzione della natura, che, sorta nella mente di Leonardo sugli al¬ bori della vita moderna, si compì in lui con quelle medesime forme, con le quali doveva poi organizzarsi nei secoli che pre¬ cedono il nostro e nel nostro medesimo. Nel 1513, quando Leonardo va a Roma con Giuliano de’ Medici, « che attendeva molto a cose filosofiche e massimamente al¬ l’Alchimia ,*» l’artista era pressoché morto, e lo scienziato giganteggiava nella piena coscienza del proprio valore. Prima di agire bisogna conoscere e pensare. La fe¬ condità della teoria è fondata sulla condi-
- Vasari, Le Vite, voi. IV, pag. 4G. zione che la legge abbia a proprio fonda¬
mento il senso e l’esperienza, e a propria espressione la matematica. Tutto ciò che eccede il senso e l’esperienza, tutto ciò che non si può dimostrare «per nessuno esem¬ plo naturale, » siede nel regno della fan¬ tasia, e fluttua nel sogno. I problemi sulla essenza delle cose, sul fine, sulla natura dell’ anima e di Dio, restano quindi nel campo delle infeconde discussioni.* Questo momento dovette essere so¬ lenne nella vita del Vinci ; infermo per la intensità del travaglio, la gran somma dei suoi manoscritti, messa insieme con un lavoro costante di ogni giorno, do¬ vette apparirgli V opera più alta e so¬ lenne della sua vita. Una nota del Codice Atlantico ce lo mostra in Belvedere nello studio fattogli dal Magnifico, assorto in not¬ turne esercitazioni di matematica. Un’al¬ tra nota ce lo presenta a Monte Mario tutto intento a ricercarvi i segni di un pas¬ sato antichissimo, quando il mare copriva
- Solmi, Studi sulla filosofia naturale di L. d. V.
Modena, Vincenzi, 1898, pag. 57. ancora il terreno, sul quale poi doveva sor» gere Roma. La fossa di Castel Sant’An¬ gelo gli dà campo ad alcune osservazioni di acustica. I . giardini del Vaticano gli offrono materia d’investigazioni zoologiche e botaniche, di esperimenti sul volo degli uccelli. L’ Ospedale di Roma apre i suoi battenti a Leonardo, onde le note ana¬ tomiche dei manoscritti diventino più piene e numerose. I a passione per lo studio, il fare mi¬ sterioso di Leonardo, che gli avevano già attirato in Firenze il rimprovero di qual¬ che timorato di Dio, ora, verso il chiu¬ dersi della sua vita, destano nella società romana, assorta negli splendori del rina¬ scimento pagano, un certo terrore misto a sospetto. Un Giovanni Tedesco, geloso delle simpatie che Giuliano de’ Modici prodigava al Vinci, trova terreno favore¬ vole a seminare la maldicenza, tantoché uno screzio personale finisce in una vera e propria persecuzione allo scienziato. Un giorno, recandosi all’ Ospedale per con¬ tinuarvi quelle ricerche, che sembravano profanazione alle menti ancora avvolte nelle nebbie medievali, Leonardo trovò il divieto formale d’ entrarvi, per ordine su¬ periore. Fu un momento straordinariamente triste, e il malanimo si diffuse e divenne più cupo : « Quest’ altro, dice Leonardo in uno di quei frammenti pieni di sconforto che risalgono a questo tempo, m ’ ha im - fedito la Notomia, col Papa biasimandola e così all’ Ospedale. » (0 . A., 179 r.) In un’al¬ tra lettera, che sembra quasi un’autodi¬ fesa, egli contrappone ai sospetti contro la sua persona, la propria vita tutta in¬ tenta alla conoscenza del vero, (i?., §1358.) Giuliano de’ Medici lo liberò dal peggio ; ma quando il 9 di gennaio 1515 questi partì verso la Savoia, tratto da amore di donna, Leonardo si affrettò ad abbando¬ nare Roma, dove il suo spirito nuovo tro¬ vava qualche contrasto.* Tale è il mo¬ tivo della partenza del Vinci da Roma.
- Cfr. G, cop. r. : “ Partissi il magnifico Giu¬
liano de’ Medici a dì 9 di Gennaio 1515 in sull’au¬ rora da Roma, per andare a sposare la moglie in Savoia, e in tal dì ci fu la morte del re di Francia. „ svisato da tutti i biografi: il Vasari lo cerca nel prossimo arrivo di Michelan¬ gelo;* l’Anonimo in un disaccordo con Leone X per una pittura.** Con la tristezza nell’animo Leonardo, poco tempo dopo, nel 1516, abbandonava l’Italia. Ad Amboise nel castello di Cloux, colpito ben presto da paralisi nella mano destra, egli rivolge la lucida mente alla canalizzazione della Francia e alla costru¬ zione, di un castello per Francesco I. Il cardinale d’ Aragona, come racconta il giornale di Antonio de Beatis, recatosi nel 1517 a visitare il Vinci, lo trovò, inabile del tutto alla pittura, in mezzo alle sue note anatomiche, prospettiche, idrauliche, aneora sconosciute al mondo : « Infinità di volumi et tutti in lingua vulgare, quali se vengono in luce saranno profìqui et molto delectevoli.»*** Uno scon-
- Le Vite , voi. IV, pag. 47 : u Lionardo inten¬
dendo ciò, partì ed andò in Francia. „
- Arch. Storico Italiano, serie III, voi. XVI,
pag. 226.
- Uziklli, Ricerche intorno a L. d. V. Roma, Sal¬
viucci, 1884, pag. 459. forto profondo offusca l’anima di Leonardo in questi ultimi giorni; la vita sua era stata l’affannosa ricerca delle leggi na¬ turali, ma il contrasto col tempo ne aveva infranta la fibra, e condannata l’opera a rimanere incompiuta. Circondato dai suoi discepoli e da uomini di chiesa, il Vinci cerca di rinnovare nel proprio animo la fede ingenua della sua fanciullezza, ma la morte lo coglie il 2 maggio 1519. La prima cura del suo testamento era stata quella di lasciare a messer Fran¬ cesco Melzi, gentiluomo di Milano, « per remuneratione de’ servitii, ad epso grati, a lui facti per il passato, tutti et ciascha- duno li libri, che il dicto testatore ha de presente. » (i?., § 1566.) IL Lodovico il Moro, tutto intento a in¬ nalzare la Corte milanese all’altezza delle altre Corti italiane, si compiaceva di cir¬ condarsi di artisti e di uomini di scienza, onde adornare la propria persona dello splendore delle arti e degli studi. Leo¬ nardo non fu solo un pittore, uno scul¬ tore, un architetto, un musico, nella so¬ cietà milanese del secolo XY, ma fu uno squisito parlatore. Un « Prospectivo Mi¬ lanese dipinctore », nelle sue Antiquarie prospetiche Romane, assomiglia Leonardo nel parlare all’antico Catone;* il Giovio lo celebra come il più squisito dicitore del tempo ; ** l’Anonimo afferma che « fu nel parlare eloquentissimo ; *** » e il Vasari raccogliendo la tradizione giunta fino a lui dice, nella prima edizione delle sue Vite : « Con ragioni naturali faceva ta¬ cere i dotti; » e nella seconda: « Ed era in quell’ ingegno infuso tanta grazia da Dio ed una demostrazione sì terribile, ac¬ cordata con l’ intelletto e memoria che lo serviva; e col disegno delle mani sa¬ peva sì bene esprimere il suo concetto,
- Cfr. Atti della R. Accademia dei Lincei. Roma, 1876,
serie II, voi. Ili, pag. 13.
- Bossi, Del Cenacolo di L. d. V. Milano, Stam¬
peria Reale, 1810, pag. 19-22.
- Ardi. Storico Italiano , serie III, voi. XVI,
pag. 222. che con i ragionamenti vinceva, e con le ragioni confondeva ogni gagliardo inge¬ gno. » — « Era tanto piacevole nella con¬ versazione, che tirava a sè gli animi delle genti. » — « Con lo splendore dell’ aria sua, che bellissimo era, rasserenava ogni animo mesto, e con le parole volgeva al sì e al no ogni indurata intenzione.* » Di questa potenza di ragionamento ci resta anche diretto ricordo nell’ opere dei contemporanei. Matteo Bandello ci ri¬ ferisce che — quando il cardinale Gurcense il Vecchio, scendendo una mattina d’estate ad ammirare il Cenacolo, ancora incom¬ piuto, in Santa Maria delle. Grazie, ebbe ad esprimere il suo stupore per le ono¬ ranze, che Lodovico il Moro prodigava agli artisti — il Vinci gli rispose con elevate parole. Poi, partito il cardinale, rivolto ai suoi discepoli e ai gentiluomini, che lo circondavano, « narrò una bella histo- rietta » di Lippo Lippi fra i Turchi, per mostrare come in tutti i tempi siano stati apprezzati gli artisti. Il racconto del- P aneddoto che il Bandello raccolse dalle labbra stesse dell’artista fiorentino, con¬ serva in sè un po' della freschezza primi¬ tiva e della potenza immaginosa propria di Leonardo.* Quando il Vasari vuol cercare la causa del favore, che il Vinci godette alla corte dello Sforza, la trova nella sua arte di par¬ latore : « Sentendo il Duca i ragionamenti tanto mirabili di Leonardo, talmente s* in¬ namorò delle sue virtù, che era cosa in¬ credibile.** » Il memorabile passo dei Ma¬ noscritti, che insegna il modo di entrare nelle grazie altrui con l’accorto discorrere, mostra che il puerile racconto ha nel suo fondo qualche cosa di vero. (G, 49 r.) Che che ne sia, è certo che quella parte dei codici leonardiani che conserva qualche sentenza arguta e gentile, che le novelle
- Bandello, Novelle. Londra, Harding, 1740,
voi. I, c. 3B3-364, Si ricordi come Matteo Bandello fosse ascritto al convento di Santa Maria delle Gra¬ zie. Cfr. Quetif et Echard, Script. Ord. Prcedicat.. voi. II, pag. 15rj.
- Le Vite , \ ol. IV, pag. 28-29.e le allegorie, le profezie e le facezie,
prima di assumere quella veste mirabil¬ mente letteraria, con la quale ci sono con¬ servate, dilettarono le conversazioni piene di cortesia della Corte milanese del se¬ colo XY. Leonardo fu elegante parlatore perché sul labbro suo suonava il dolce idioma toscano, lo fu anche per la natura del- P anima sua delicata e ingenua, piena a volte di vivacità, di vaghezza, di grazia. Il Yinci parlatore si rispecchia nel Vinci scrittore, con l’ aggiunta di quella potente riflessione, che, penetrando nel cuore dell’ uomo e nei segreti della na¬ tura esterna, coglieva le più profonde ragioni del buono, del vero e del bello, L’ idea che Leonardo sia uno scrittore tra¬ sandato, nella spontaneità e rudezza del suo discorso, deve oggimai cadere. Lo scopo supremo di Leonardo è la massima chiarezza nella massima conci¬ sione ; quel modo di scrivere ridondante e numeroso, primo nemico della purezza del pensiero, nato con le novelle boccac cesche, o perpetuato nella prosa accade¬ mica lino ai nostri giorni, sembra sia stato a lui sconosciuto. Una grande sem¬ plicità di mezzi, con la maggiore inten¬ sità di espressione, non è soltanto la legge della pittura e della scoltura del Vinci, ma ò anche quella delle sue dimostra¬ zioni scientifiche, delle sue descrizioni e narrazioni. I manoscritti sono pieni di cancellature, ed ogni cancellatura deterge una lieve oscurità, che vela V apprendi¬ mento del concetto: la lingua, atteggiata nello stile, è il terso vetro al di là del quale si distende limpido il pensiero. La definizione della Prospettiva è ripetuta da Leonardo più di dieci volte con un inces¬ sante mutar di spoglie, onde rivestirla della forma più evidente e più semplice (A, f. 3 r. 10 v.); una lettera a Giuliano de’ Medici è scritta e riscritta con con¬ tinui pentimenti, perchè il pensiero si adegui alla sua forma con la maggiore identità di segno e di significato. 278 r.) Allo stesso modo che il Vinci cer¬ cava nelle figure esterne della natura la XXXVI PREFAZIONE. più mirabile figura, onde esprimere in un quadro la propria eccelsa immagine, così nel dolce idioma toscano, che possedeva tutto nella sua varietà e nella sua vivezza, rintracciava le parole adatte air alto sen¬ so, che il suo spirito, interprete della na¬ tura, gli suggeriva. Leonardo da Vinci è anche un artista del linguaggio : 1* opera sua letteraria paragonata alla prosa ridon¬ dante degli oziosi imitatori dell’ antico, fa lo stesso effetto di un raggio di sole sulla campagna oppressa da un oscuro nembo, raggio preannunziatore di un no¬ vello risveglio della vita. La chiarezza si ottiene solo con la precisione dei termini, come la concisione non è possibile se non con la precisione del pensiero. La precisione del linguaggio è ricercata da Leonardo in una serie di studi che i manoscritti ci conservano ; la precisione del pensiero è un effetto della sua stessa natura, nemica dell’ in¬ determinato. Nel Codice Trivulziano vi sono lunghe enumerazioni di parole talora raggruppate secondo l’ affinità del loro senso, talora, accompagnate da una breve definizione. Questo catalogo di vocaboli, che ha sug¬ gerite le più strane ipotesi agli studiosi del Vinci, fino a quella di ritenerlo peda¬ gogo del giovinetto principe Massimiliano, non è che lo sforzo del fondatore della prosa scientifica italiana di precisare T esatta significazione dei termini. Leo¬ nardo aveva compreso che la scienza, a. differenza della poesia, esigeva d’essere poggiata sull’uso costante e ben definito delle parole. Gli studi grammaticali e lin¬ guistici, iniziati per il latino nel mano¬ scritto II, continuati per il volgare nel Codice Trivulziano, tolgono di mezzo quella leggenda che solo all’ingenua spontaneità, della propria lingua nativa, e non alla riflessione, affidasse Leonardo l’espressione del proprio pensiero. Quando nel Codice Atlantico si trova questa nota, « Donato, » noi dobbiamo pensare al DoNATus,De octo> partibus orationis latine et italice, Vene¬ zia, 1499 (C. A., 207 r.): quando troviamo la frase « Retorica nova, » siamo portati L. i> a Vinci. c 'XXXVIII prefazione.
- al Laurentius Guilelmus de Saona, Re-
thorica Nova , Sant’ Albano, 1480 (C. A., 207 v.) ; allo stesso modo che « Nonio Marcello, Festo Pompeo, Terenzio \ ai¬ rone, » ci suggeriscono la raccolta Nonij Marcelli, De proprietate sermonum; Fe- ,sti Pompei J, De verborum significatone ; M. T. Varronis, De lingua latina , Milano, 1500. (R., § 1470). Nel manoscritto F è ricordato finalmente un « Yocabulista vol¬ gare e latino, » cioè, senza dubbio, il Voca¬ lista ecclesiastico latino e vulgare utile et necessario a molti , di fra Gio. Bernardo, Milano, 1489. (F , cop. r.) x I codici vinciani per la varietà e 1 al¬ tezza del loro contenuto, per esser vergati al rovescio dell’ uso comune, lasciati come dono prezioso a Francesco Melzi, dispersi da prima nell’ Italia, poi nell’ Europa in¬ tera, furono e sono ancora, per una gran parte, sconosciuti. La inesatta trascrizione die un pittore milanese presentava al 'Va¬ sari, poco dopo il 1550, della parte di .questi codici, che riguarda strettamente la pittura, rimasta sepolta nella A aticana, e diffusa in modo tronco dall’intransi¬ genza religiosa, è tutt’ altro che adatta a dare un’ adeguata idea di Leonardo da Yinci come scrittore.* Il Trattato del moto e misura dell’ acque, che riproduce, con poca fedeltà, una parte dei frammenti di Leonardo riguardanti l’idraulica, è scar¬ samente diffuso, e per il carattere seve¬ ramente scientifico dell’opera, quasi im¬ possibile a divulgarsi. La raccolta del Richter, nitida nella forma, ma confusa e inesatta nel contenuto ; le pubblicazioni integrali, compiute dal Ravaisson, dal Bel- trami, dal Piumati, con successo e perfe¬ zione crescenti, sono pressoché inaccessi¬ bili alla maggioranza dei lettori.** Leo¬ nardo da Yinci è ancora sconosciuto ai. più come scrittore, e sembrava ormai giunto il momento perchè una modesta raccolta di frammenti ne divulgasse in qualche modo la conoscenza. Difficoltà molteplici si opponevano al
- Du Fkesne, Il trattato della, pittura di L. d. V..
Paridi, 1651.
- Si riscontri la Tavola delle sigle. compimento di un simile lavoro. La ine¬
satta trascrizione dei manoscritti esigeva un confronto continuo con la riproduzione eliotipica dei codici o con gli originali me¬ desimi. L’assenza della naturale divisione delle parole e di ogni segno ortografico rendeva necessaria una faticosa interpre¬ tazione preliminare. Non minori difficoltà presentava la scelta: il proposito d’eliminare ogni fram¬ mento di indole schiettamente scientifica, per lasciar solo il posto alle espressioni di idee larghe e facilmente intelligibili, imponeva un continuo discernimento. Nel disordine originario dei mano¬ scritti, che rende necessario alla mente del lettore il passaggio alle idee più di¬ sparate, era poi impossibile trovare un filo conduttore, che desse una norma per l’ordinamento della scelta. Fu quindi ne¬ ccessario indagare nel contenuto stesso dei singoli frammenti il criterio dell’or¬ dine, in modo che ogni concetto si le¬ gasse all’ altro con una specie di progres¬ sione logica, onde ne derivasse un senso compiuto. Questo sopratutto per le parti che ìiguardano i pensieri di Leonardo sulla Conoscenza , sulla Natura , sulla Morale e sull’Mrte. Le opeie schiettamente letterarie, rac¬ colte dalla loro originaria dispersione, già pei il loro carattere stesso distinguibili in alcuni gruppi ben determinati, furono da me ordinate secondo quello che pre¬ sumibilmente sarebbe stato il concetto del ^inci. Le Favole di Leonardo, prepa¬ rate dalla secolare elaborazione del Medio Evo, allargano la loro scena dal mondo animale a quello vegetale e inorganico. Le Allegorie , che nel loro complesso for¬ mano un vero e proprio Bestiario, sebbene per la maggior parte non originali, conser¬ vano le traccie di un’elaborazione nuova e degna di essere apprezzata. Le Descrizioni e i Ritratti, dove si manifesta lo scopo lette¬ rario combinato a quello pittorico; le Pro- fezie e le Facezie, dove si palesa lo spirito arguto di un ricercatore combinato con quello di un uomo di mondo, compiono il ciclo delle opere schiettamente artistiche. - -'SS'-'-'"^,Ss*J-<. XLII prefazione. Un’ardua questione doveva essere tiat- tata collateralmente allo svolgersi della raccolta dei frammenti, ed è quella della loro originalità. Le Note, che seguono passo per passo la scelta, e sono da ri¬ trovarsi alla fine del volume, indicano la fonte alla quale ha attinto Leonardo que¬ sto o quello dei suoi frammenti: ma la questione più generale della originalità della sua opera in ogni sua parte è fiat- tata da me in una monografia Intorno alle fonti dell’opera letteraria e scientifica di Leonardo da Vinci, che verrà quanto pn- ma pubblicata. Debbo avvertire da ultimo, che le no- ticine a piè di pagina non hanno altro scopo, che di facilitare al lettore l’intel¬ ligenza del testo leonardiano, e di togliere quei dubbi, che potessero offuscare il senso delle espressioni. I richiami alle opere, che hanno ser¬ vito di base a questa raccolta, sono stati fatti per ogni frammento nei Sommarti e Riferimenti, con opportune sigle. — "A/VVv — TAYOLA DELLE SIGLE A. — Les manuscrits de Léonard de Vinci.- Le ma* nuscrit A de la Bibliothèque de l’Institut (ed. Ravaisson. I). Parigi, 1880. Ash. j, _ Les manuscrìts de Léonard de Vinci. - Les manuscrìts H de la Bibliothèque de l’Insti- tut ; 2038 (Ash. I) et 2037 (Ash. II) de la Bi¬ bliothèque Nationale (ed. Ravaisson. VI). Pa¬ rigi, 1891. Ash. IL — Idem ; ibi. Ash. IIL — Trattato di architettura civile e mili¬ tare, con note di Leonardo da Vinci. - Biblioteca Laurenziana. Codici Ashburnham, n.361 (inedito). B._Les manuscrits de Léonard de Vinci.-Les manuscrits B et D de la Bibliothèque de l’Insti- tut (ed. Ravaisson. II). Parigi, 1883. C. — Les manuscrits de Léonard de Vinci. - Les manuscrits C, E et X de la Bibliothèque de l’Institut (ed. Ravaisson. III). Parigi, 1888. C. A. _ il Codice Atlantico di Leonardo da Vinci nella Biblioteca Ambrosiana di Milano. Roma- Milano, 1891-1899 (in corso di stampa ). D.—SivedaB. E.—SivedaC. XLIV TAVOLA DELLE SIGLE. F. — Les manuscrits (le Léonard de Vinci. - Les manuscrits F et I de la Bibliotlièque de l’Insti- tut (ed. Ravaisson. IV). Parigi, 1889. G. — Les manuscrits de Léonard de Vinci. - Les manuscrits G, L et M de la Bibliotlièque de l’Institut (ed. Ravaisson. V). Parigi, 1890. 77—SivedaAsh.I. /.— Siveda F. L.—SivedaG. La. — Leonardo da Vinci. Das Buch vom Malerei herausgegeben v. H. Ludwig. Berlino, 1882, 3 voi. M.—SivedaG. ji . — The literary works of Leonardo da Vinci, compiled and edited from thè originai manu- scripts by J. P. Richter. Londra, 1883, 2 voi. y, — Il codice di Leonardo da Vinci nella Biblio¬ teca del principe Trivulzio (ed. L. Beltrami). Milano, 1892. T. M. A. — Del moto e misura dell’acqua di Leo¬ nardo da Vinci. Bologna. 1828. V. U. — Leonardo da Vinci. Il codice del volo degli uccelli ed altre materie (ed. Sabachnikoff e Piu¬ mati). Parigi, 1893. W. An. A. — I manoscritti di Leonardo da Vinci della reale Biblioteca di Windsor. - Dell’Ana¬ tomia, fogli A (ed. Sabachnikoff e Piumati). Pa¬ rigi, 1898. Del Ludwig e del Richter sono citati i para¬ grafi ; per gli altri il recto o il verso dei fogli. — A/\/\/Vv—