Dizionario moderno (Panzini)/T
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Tabagismo: intossicazione cronica per effetto del tabacco (fr. tabagisme).
Table à the: tavola apposita dove si prepara il tè, e intorno alla quale si seggono gl’invitati. Così con frase francese nell’uso e nel linguaggio del nostro ceto elegante.
Table d’hôte: è la mensa de’ grandi alberghi, servita ad ore e prezzo fisso, a tavola comune o a tavole separate. Tavola rotonda sarebbe la voce nostra, ma non è molto dell’uso.
Table tournante: locuzione francese, abusivamente usata invece di tavolino parlante, (il più comune degli esperimenti di spiritismo. V. Tiptologia).
Tableau: dal latino tabula, in italiano quadro. La voce francese è polisensa, come molte sue consorelle. Ogni opera di foggia quadrata è un tableau: in tale senso è spesso usata da noi, come pure con forza lepida ed esclamativa quando si scopre qualcosa di inaspettato, e noi potremmo dire e diciamo anche: spettacolo! (Tableau! voce del gergo, cui è sottinteso quel tableau!).
Tablier: dal lat. tabula; voce francese che, fra molti sensi, significa grembiule; ma per indicare certa speciale foggia degli abiti da donna, usasi il vocabolo francese. V. Manteau.
Tablò: V. Tableau. Trovo tablò registrato nel diz. del Tommaseo (?!)
Tabloide: voce del linguaggio farmaceutico, pasticca. Dall’inglese tabloid, diminutivo di tablet = tavoletta.
Taboggan: o come altrimenti si scriva, è voce e cosa degli indigeni del Canada: specie di slitta usata per traversare, velocissimi, quelle gelate regioni. Passò, modificandosi, a significare una specie di sport di tal genere.
Tabouret: voce fr., sgabello, ma per indicare quel sedile, di solito a forma di tamburo, senza spalliera nè bracciuoli, basso, imbottito, elegante che adorna i nostri salotti prevale la parola francese.
Tabù: voce della Polinesia, vale sacro; «divieto religioso di toccare o nominare persone od oggetti»: se il tabù è speciale del feticismo della Polinesia, noi ne possiamo tuttavia rinvenire tracce nella storia delle varie religioni. Si dice inoltre tabù, in senso esteso di proibizione assoluta per effetto di superstizione morale, filosofica o sociale. Tabù è voce universale.
Tabula rasa: lat. tavola vuota, raschiata; dove non c’è nulla, fu antico termine filosofico, adoperato per significare l’anima nello stato anteriore alla esperienza ed alla conoscenza: cera da improntare imagini ([testo greco], Platone, Theat. 191), foglio di carta ove nulla è scritto ancora, sono comparazioni metaforiche equivalenti. Da ciò il senso della frase, quale è usata familiarmente: essere tabula rasa, tamquam tabula rasa = non aver nulla in testa, non capir nulla, conservare la più ignorante verginità di impronte e di conoscenza. Far tabula rasa per portar via tutto, è locuzione notata.
Tachicardìa: term. med. (gr. [testo greco] = veloce e [testo greco] = cuore; Gerhardt, 1882) acceleramento del ritmo nei battiti cardiaci: sintomo che si manifesta in moltissimi casi di affezione del sistema nervoso, delle vie respiratorie o digestive o dell’apparecchio circolatorio: brachicardia è il nome del fenomeno opposto.
Tàccola: per lo più al plurale: nome regionale (Lombardia), dato ad una varietà di piccoli piselli di cui si mangia anche il tenero baccello. | Tàccola, poi, vale cornacchia (corvus monedula).
Tacitare: pagare i danni, eliminare una parte in causa con qualche compenso. Voce ripresa dai puristi come «maniera strana» (Rigutini) per pagare, soddisfare. Non esce dal gergo curiale e dei ragionieri.
Tael: così scritto secondo la scrittura francese che noi seguiamo nei nomi orientali, è nome di moneta cinese. Sono pezzi di puro argento, in forma di barca o di cappello da prete, bollati dal governo, il cui valore e volume variano dai cinque ai seimila taels. Il valore di un tael è circa L. 3.50 di nostra moneta.
Taffetas: il più semplice tessuto di seta, derivante dall’incrocio alternato dei fili d’ordito con quelli di trama; per camicette, per fodere, per sottovesti oggi usatissimo. In italiano v’è taffettà e taffetà, in ispagnuolo tafetan, in inglese taffety, etc., dal persiano taftah. Voce del resto divenuta italiana e antica, qui registrata solo perchè la moda, ripeto, porta a pronunciare e scrivere alla francese: es. taffetas changeant. Nel senso di seta spalmata di materia medicamentosa per ferite, si dice anche in Firenze drappo inglese.
Tafofobia: ([testo greco] = tomba e [testo greco] = paura) neol. del linguaggio medico: terrore, ossessione: della sepoltura, d’essere sepolto vivo. V. Fobia.
Tagliamare: term. mar., quel pezzo di costruzione, posto davanti alla ruota di prua. È il primo che fende le acque.
Tagliando: (da tagliarsi) comunemente al plurale. Voce abusiva e brutta del linguaggio commerciale e di Borsa, invece di cèdola. V. Participio di necessità e Coupon.
Tagliare: nel gergo dei giocatori in Romagna vale giocare alla bassetta, specie di faraone (giuoco d’azzardo), e ciò per l’uso del tagliare il mazzo delle carte in vece di alzarle.
Tagliare i panni addosso: familiarmente vale esercitare la maldicenza. I diz. recano tagliare le legne, le calze, la giubba.
Tagliar la testa al toro: risolvere la questione con argomenti e mezzi decisivi, che non ammettono riscossa o replica. Tale colpo negli antichi tornei contro il toro era definitivo, onde la locuzione.
Tagliata: antica e bella nostra voce: movimento tradizionale della scherma italiana, pel quale rasentando con la propria la punta dell’arma nemica, si colpisce l’avversario al petto in fuori. Questo colpo oggi è detto francesemente coupé (fioretto e spada).
Tagliatelle: plurale delle così chiamate, celeberrime, tajadèl di Bologna: piatto egregio e succulentissimo, che in Romagna ha gran voga, ma solo in Bologna raggiunge talora la perfetta eccellenza. È una minestra asciutta, fatta con la sfoglia di uova e farina, condita con un intingolo di carne, fegatini e parmigiano: se ne fanno di larghe e verdi col succo degli spinaci o di altre verdure. Il nostro Folengo pur le celebra, se non erro, nel suo Baldo. Cfr. il citato bel libro di cucina dell’Artusi. Altrove, più toscanamente, tagliatelli o tagliatini. V. Risotto.
Taglierini fatti in casa o in famiglia: locuzione nostra familiare: «affari brigati prima e combinati fra i cointeressati, quindi fatti palesi al publico, come la cosa più naturale, equa e spontanea del mondo.» V. In famiglia.
Taglio (vini da)': così sono chiamati quei vini che hanno in esuberanza uno o tutti questi tre componenti: àlcole, estratto secco e sostanze coloranti. Servono a tagliare, cioè a correggere con opportune norme, i vini detti leggieri. La Puglia offre eccellenti vini da taglio che hanno larghissima esportazione.
Taille: per «conformazione della vita, della persona» è voce francese, usata talora per vizio giacchè in italiano taglia vale press’a poco lo stesso, inoltro v’è la parola vita, vitina che corrispondo al senso del francese taille.
Tailleur: e voce francese di assai grave significato presso di noi per indicare l’operaio-sarto che è maestro nel taglio degli abiti. Ora invece in francese tailleur dicesi specialmente del sarto, padrone di negozio. Cfr. notes, santé, etc. ed altre parole francesi di fabbrica italiana, qui ordinatamente notate. L’operaio che taglia, è detto Coupeur. Abito tailleur, detto di abito da donna, indica quella foggia maschilizzante oggi di moda, tanto per influsso delle teorie femministe come per maggiore seduzione. È detto tailleur perchè fatto fare dal sarto (= tailleur) e non dalla sarta.
Tait o thait: V. Vestito.
Talis pater qualis (o talis) filius: sentenza latina corrotta popolarmente da Qualis pater talis filius, in cui si rispecchia il concetto della ereditarietà: tale è il padre quale è il figlio, i figli dei gatti raspano, chi di gallina nasce convien che ràzzoli. V. Sicut mater, ita et filia eius.
Talus: «inclinazione naturale dei massi terrosi», scarpata, pendio; vale anche scarpa conoide di deiezione a piè dei monti. Questa parola talus (dal latino talus = tallone) è in inglese ed in francese, e ciò spiega, se non giustifica, l’abuso che alcuni nostri scienziati fanno della parola straniera.
Tam-tam: «piastra circolare di metallo, della quale i soli Chinesi posseggono il segreto della fabbricazione. Si mette in vibrazione percuotendola con una mazza ricoperta di felpa. Il suo uso fu introdotto in Occidente dopo la rivoluzione francese, dapprima nei funerali, poi in teatro nelle scene di terrore; oggi lo si adopera per far del fragore ossessionale, anche se trattasi di un dolce idillio d’amore!» (Galli, op. cit.). Tam-tam è nei diz. francesi.
Tambour battant (à): metafora francese, tolta dal linguaggio militare, e da noi molto usata, specie nella forma italiana a tamburo battente. In italiano, su’ due piedi, a spron battuto. Es. «Fu uno sbaglio indire le elezioni à tambour battant».
Tammany Hall: (lett. Sala della Tammany) è un circolo politico (del partito democratico) di Nuova York. Tammany è il nome — dicono — di un capo indiano: ha per emblema una tigre. A parte le esagerazioni, è press’a poco ciò che sono tanti circoli elettorali presso di noi, con nome che maschera il loro vero essere. Per il partito avverso (republicano conservatore) la Tammany Hall rappresenterebbe una specie di camorra elettorale. Del resto è noto essere i due grandi partiti americani piuttosto di clientela che di principi, di sotto-classi che di classi, di interessi che di idee.
Tamponare: etimologicamente = tappare, essendo la voce francese tampon forma secondaria di tapon, voce di origine tedesca. Come termino di chirurgia, cioè «frenare le emorragie introducendo stuelli o batufoli, fortemente compressi nella cavità onde sgorga la emorragia (fosse nasali, vagina, utero, piaghe; sì da comprimere i vasi», parmi voce tecnica: fr. tamponner, tamponnement. La voce nostra stuello parmi poco usata. Curiosa è la definizione che il Petrocchi dà al verbo stuellare = impedire emorragia con stoppa. Con stoppa? È evidente che il vocabolarista non aveva a mente le norme dell’asepsi.
Tampone: V. Tamponare.
Tandem: velocipede ove si monta in due, l’uno dietro l’altro. Il prof. L. Oraziani, in un suo squisito poemetto latino, Bicyclula (la bicicletta), premiato nel 1900 al concorso di Amsterdam; così descrive il tandem:
dum primo spargit sol aureus orbem
lumine; seu tacitas nullo comitante per umbras
longum carpis iter, seu par aetate sodalis
aut simili aut tecum duplici super axe feratur,
quem nos barbarico vocitemus nomine tandem.
Questa macchina ciclistica, già in grande uso, è decaduta di voga. Tandem in inglese ed in francese è anche il carrettino a cui sono attaccati due o più cavalli, l’uno in fila all’altro. Tandem, in meccanica vale disposizione di due macchine, posta l’una dopo l’altra, le quali lavorino insieme. Questi diversi tandem devono provenire dal latino tandem = finalmente, cioè alla lunga.
Tandemista: il ciclista che monta il tandem: brutta voce del gergo ciclistico.
Tante cose: per tanti saluti, complimenti, è il fr. bien des choses.
Tanto nomini nullum par elogium: lat., a così gran nome nessuna lode è pari motto epigrafico enfatico, ma pur felice sì che acquistò valore di intercalare: è sculto sul monumento eretto al Macchiavelli in Santa Croce nel 1787: l’epigrafe è dovuta al Ferroni. Si ripete il motto antonomasticamente, talora per ironia.
Tanto tuonò che piovve: tanto si disse e si fece che si raggiunse l’intento. E di solito si intende, in quel dire e in quel fare, ostinazione e volere maligno ad un dato fine. Bella locuzione nostra, dedotta dal rapporto del tuono alla pioggia come di causa ad effetto. Si confronti questa umoristica osservazione di Socrate: «Santippe avendo prima detto male di lui, e poi ancora gettatogli dell’acqua adesso, Non diceva io, ei disse, che Santippe poi che ha ben tuonato, era per piovere». Diogene Laerzio, Delle vite e sentenze de’ filosofi illustri, libro II. V. Santippe.
Tantum relligio potuit suadère malorum: a così gran delitto indusse la religione. Così Lucrezio nel principio del suo Poema parlando del sacrificio di Ifigenia. Si suole dire di tutto ciò che lega l’uomo alla religione, superstiziosamente.
Tapis roulant: nome di un nuovo apparecchio meccanico: consiste in un piano mobile e saliente che trasporta i visitatori. Usato per facilità e per richiamo ne’ grandi magazzini di Parigi e dell’estero, fu di recente introdotto anche a Milano e francesemente nominato. Ma il popolo umile, più savio e più italiano, dice a Milano, la scala che cammina.
Tappeto verde: il tappeto del tavolo da giuoco che suole coprirsi di sargia verde, il giuoco stesso (d’azzardo): fr. tapis vert.
Tappezzeria: V. Far tappezzeria.
Taquiner: fr., contradire per cose di poco conto (gergo mondano).
Tarantass: nome di veicolo russo a quattro ruoto, senza molle.
Tarbouch: V. Fez. I levantini usano la voce tarbouch.
Tarde venientibus ossa: variante di sero venientibus ossa, chi tardi arriva male alloggia.
Tarlatana: specie di mussolina leggerissima, di solito per abiti da ballo, frane, tarlatane, voce indiana o da tarlata?
Tartarin: titolo di libro e personaggio del geniale scrittore francese, Daudet: millantatore ed esageratore in buona fede. Il nome di Tartarin ebbe certa voga in Italia e fu usato antonomasticamente. Se ne fece anche l’agg. tartarinesco: voci effimere.
Tartina: dal fr. tartine, e in francese vuol dire cantuccio o crostino di pane con sopra steso del burro o delle conserve. Da noi tartina si dice in cambio della parola nostra panino gravido, che in francese invece è petit pain fourré. Il sandwich per gli inglesi e francesi è fatto di due panini divisi con entro una pasta o di acciughe o di fegato d’oca o di carne, etc., e se ne usa specialmente pel tè. V. Sandwich. Tartine è da tarte, basso lat. torta.
Tartuferia: neol. effimero dei giornali, tolto dal fr. moderno, tartuferie = mensonge, fausseté, lâcheté, hypocrisie. V. Tartufo.
Tartufo: noto titolo del capolavoro del Molière (Le Tartufe, 1667) e personificazione della fredda e perfida ipocrisia gesuitica. Questa felice e famosa denominazione è ritenuta di origine italiana. Cfr. questa ottava:
Quasi di viver Battistone stufo,
Egeno affronta con un punteruolo;
E perchè quei l’uccella come un gufo,
Salta ch’ei pare un galletto marzuolo:
E tanto fa, ch’Egeno il mal tartufo
Manda con un buffetto a far querciuolo:
E poi lo piglia, e in tasca se l’impiatta.
Per darlo per un topo ad una gatta.
Lippi (1606-1664), Malmant. C° X. st. 47.
Dico in nota: «Il mal tartufo: vuol dire uomicciòlo di cattivo animo, che i Latini pure dicono homo fungini generis». Non si dimentichi che del ’600 la coltura italiana ora ancora coltura europea e il poema del Lippi correva allora ms. in Francia. V. Génin, Recréat. t. I, p. 292.
Taso: per tartaro, gromma dello botti, è ottima voce: ma molti si periterebbero d’usarla per non parere d’usare voce plebea. Vedi ciò che è dotto alla parola schiampa. Taso, secondo lo Zambaldi (op. cit.), sarebbe della stessa etimologia di tas, fr., = mucchio, voce di origino tedesca.
Tasso: V. Saggio.
Tata: voce fanciullesca; in alcune nostre regioni vale addio. In romanesco, babbo. Nel senso di fratello, sorella è voce notata.
Tattersall: stabilimento di compra e vendita publica de’ cavalli. Da Londra il nome e la cosa passò alle principali città d’Europa conservando il nome, il quale proviene da Riccardo Tattersall che nel 1795 fondò in Londra tale istituto.
Tatuaggio: disegno scolpito nella pelle, ordinariamente con polvere di carbone, inchiostro, carminio o mattone polverizzato. Nello studio del tatuaggio, carattere antropologico importantissimo che spesseggia tra i criminali ed i pazzi delinquenti, vanno considerate sopratutto le parti del corpo preferibilmente tatuate, ed i segni raffigurati; con ciò si può quasi determinare il grado di pervertimento e di analgesia d’un individuo. Tatuaggio, dal fr. tatouage (ago-puntura), voce haitiana.
Tautologia: gr. [testo greco] = lo stesso e [testo greco] = discorso: voce comune ai vari linguaggi culti; vale «inutile ripetizione di parole esprimente la cosa istessa», ed è vizio. Intendesi anche come figura retorica. Nelle scritture moderne anche di quelle lodate (anzi!) è frequentissima una speciale forma di scrivere che io chiamerei proprio tautologia, la quale consiste nel ripetere la stessa cosa, spesso ripigliando con la stessa parola, geminando uno stesso concetto invece di tendere drittamente al fine, amplificando, cioè, all’infinito! Eppure piace! La qual cosa dimostra che ciò che noi chiamiamo in mal senso retorica, cioè gli abusati artifici dello scrivere, è sempiterna. Spregiamo i vizi e le retoriche di un’età passata, e non ci avvediamo dei vizi e della retorica dell’età nostra. Proprio come colui che ha mala luce!
Tavola molino o molinello o filetto: specie di giuoco di dama fatto su tavola variamente lineata: è detto molino perchè alternando su e giù una pedina, cioè facendo mulinello, si fanno tre punti su due linee. Giuoco specialmente noto agli scolaretti ed ai banchi scolastici.
Tavola reale: V. Tric-trac.
Taverne: voce inglese, dal latino taberna, indica quello che cabaret in francese: luogo publico ove si vendono vino e commestibili. Nel secolo XVIII, prima dell’istituzione dei caffè, erano luogo di ritrovo anche per la gente a modo ed elegante. Ne derivarono gli odierni clubs.
Tavoliere: o anche tavolato chiamano i geografi un territorio livellato in alto (altipiano, pianoro), e specificatamente questo nome è dato alla pianura nella provincia di Foggia, tra l’Appennino ed il monte Gargàno. Tavoliere delle Puglie.
Tavolino o tavola parlante: V. Tiptologia.
Tavolo: per tavola «non si conosce in Toscana» (Rigutini) e perciò riprendesi come voce regionale. Tavolino è da tavola, come seggiolino da seggiola e non da seggiolo. «Sono figliuoli di madre senza padre».
Tazza: per bicchiere è d’uso poetico: «tra le tazze e i coronati vini:...» Parini. Il popolo milanese, usando sovente tazza, per bicchiere, non si deve credere che ciò faccia per forte impulso poetico, ma per più semplice ragione, come io credo; è, cioè, costume lombardo bere il vino in ciotole di terra o di maiolica (tazza), e di questa usanza non solo il contado, ma altresì qualche osteria di città può offrire testimonianza. Da ciò l’estensione della voce tazza per significare bicchiere.
Tè: questa è la grafia comunemente accolta per indicare la nota bevanda per infusione delle foglie del tè (Thea chinensis). Non manca però chi scrive the alla francese (thé), ovvero tea, all’inglese.
Te: per tu: svenevolezza del parlare toscano, a cui molti — non toscani — abboccano come ad una eleganza peregrina. Certo una persona colta di Toscana, se anche lo dice, non lo scrive.
Tea: (o thea) attributo di speciali rose, così nominate dal profumo del tè.
Tea-room: ingl., la stanza ove si prende il tè. Sotto questo titolo trovo in un autorevole giornale italiano la seguente notizia di cronaca: «Tea-room. — È il nome di una istituzione: una specie di club femminile che distinte signore vogliono effettuare, con seri intenti sociali e di beneficenza, in una casa bella e in posizione centrale. La Tea-room dovrebbe essere aperta nelle ore pomeridiane d’ogni giorno dell’inverno e della primavera, a guisa di simpatico centro di nobili ed efficaci iniziative a vantaggio di istituzioni benefiche d’intraprese a scopo di lustro cittadino, ed anche a comodità di forastieri di passaggio. Tra le promotrici notiamo i nomi più cospicui dell’alta società milanese, le quali hanno aderito all’idea, sottoscrivendosi come socie fondatrici per lire 100». Evidentemente queste nobili socie della Tea-room non sono socie della Dante Alighieri, o almeno non conoscono questo istituto se non come uditrici (è di gran moda in questi anni) della ingegnosissima ermeneutica dantesca che si suole fare o da uomini di grido, o da uomini che desiderano salire in grido.
Teak: voce inglese, in francese tek o teck, voci straniere più usate della nostra tectona: Tectonia grandis, albero delle Indie orientali, che fornisce un legno duro, ottimo per la costruzione di navi e di edifici, venendo difficilmente intaccato dagli insetti.
Teatro: per luogo ove succedono fatti solenni, ha esempi dal Seicento. Questa metafora spiace ai puristi ed è estensione conforme al francese: theatre = lieu où se passent des aetions remarquables, es. le theatre de la guerre. Certo la metafora appare goffa se dirò: la casa fu il teatro di un furto. In senso lepido od ironico può invece riuscire efficace, es. Napoli fu il teatro delle sue gesta. Insomma vi sono sfumature nell’uso delle parole che è difficile determinare. In milanese è un teatro vale è cosa da ridere, scena buffa, e simili.
Teca: è voce greca ([testo greco]) che si usa in archeologia religiosa cristian; vale custodia, cassetta! reliquiario. Cfr. biblioteca.
Tecoppa: V. Massinelli.
Te deum: sono le prime parole dell’inno attribuito a S. Ambrogio: te, Deum, laudamus = noi lodiamo te, o Signore, e cantasi altresì nell’occasione di publici, fausti avvenimenti. Dicesi in modo familiare anche con forza esclamativa Te deum! por dire, alla fine, finalmente!
Tega: gr. [testo greco], per baccello di fava di fagiuolo o di pisello, è data dal Petrocchi come voce morta. Vive ampiamente nei dialetti.
Teiera: vaso per l’infusione del tè; dal francese théière.
Teint: fr., propr. tintura, colorito del volto, cioè cera colore, carnagione. Questa inutile voce francese è usata anche in tedesco.
Tela juta: V. Juta.
Telefonìa: gr. [testo greco] = lontananza, fine e ([testo greco] = suono. Voce di formazione dottrinale per indicare la trasmissione elettrica dei suoni articolati e musicali. I primi tentativi sono dovuti al Riess, la soluzione completa del problema al Bell.
Telegraficamente: avverbio «buono, buonissimo per far rima col verso:precipitevolissimevolmente»
così, con ironia, il Fanfani. Ma accolto, e come non accogliere? l’aggettivo telegrafico, anche l’avverbio, pure alquanto lunghetto per cosa sì breve, si impone come necessario. Sarebbe ozio il discuterne.
Telepatia: (gr. [testo greco] = lontananza e [testo greco] = passione, affetto) trasmissione del pensiero, comunicazione spirituale tra persone lontane senza alcun parvente mezzo dei sensi. La parola «telepatia» fu introdotta da F. W. H. Myers nel 1882. Di questo ancora non chiaro fenomeno dell’anima, V. fra noi Morselli, I fenomeni telepatici. Pappalardo, Telepatia, Manuale Hoepli. Un notevole esempio di telepatia è questo, raccontato da Garibaldi: «Solo una volta - ho raccappriccio nel raccontarlo - sull’immenso Oceano Pacifico, tra il continente americano e l’asiatico, colla Carmen ebbimo una specie di tifone, non formidabile come quelli che si sperimentano sulle coste della China, ma abbastanza forte per farci stare parte della giornata, 19 marzo 1852, colle basse gabbie — e dico tifone, perchè il vento fece tutto il giro della bussola, segno caratteristico del tifone, e il mare si agitò terribilmente come suole in quel grande temporale. Io ero ammalato di reumatismi, e mi trovavo nel forte della tempesta addormentato nel mio camerino sopra coperta. Nel sonno io ero trasportato nella mia terra natale; ma in luogo di trovarla quell’aria di Paradiso ch’ero assuefatto di trovare a Nizza, ove tutto mi sorrideva, tutto mi sembrava tetro come un’atmosfera di cimitero; tra una folla di donne ch’io scorgeva in lontananza, in aria dimessa e mesta, mi sembrò di scorgere una barca — e quelle donne, quantunque movessero lentamente, avanzavano però alla mia volta. Io con un fatale presentimento feci uno sforzo per avvicinarmi al convoglio funebre, e non potei movermi, avevo una montagna sullo stomaco. La comitiva però giunse al lato del mio giaciglio, vi depose la bara e dileguossi. Sudante di fatica, avevo inutilmente cercato di sorreggermi sulle braccia. Ero sotto la terribile influenza d’un incubo — e quando principiai a muovermi, a sentire accanto a me la fredda salma d’un cadavere, ed a riconoscere il santo volto di mia Madre, io ero desto; ma l’impressione di una mano ghiacciata era rimasta sulla mia mano. Il cupo ruggito della tempesta ed i lamenti della povera Carmen spietatamente sbattuta contro terra, non poterono dileguare i terribili effetti del mio sogno. In quel giorno ed in quell’ora certamente io era rimasto privo della mia genitrice, dell’ottima delle madri». Rammentiamoci infatti che il 19 marzo 1852 la signora Rosa non era più. Garibaldi di Giuseppe Guerzoni, vol. I, pag. 398.
Telepatico: agg. di telepatia, V. questa parola.
Telodinamico: aggettivo usato in meccanica come attributo di corda, fune, la quale, accavalcandosi a carrucole, trasporta la forza impressa ad una di esse carrucole, a grande distanza: trasmissione telodinamica (da [testo greco] = termine, e [testo greco] = forza).
Telum (que) imbelle sine ictu: dardo imbelle senza forza (Vergilio, Eneide, II, 544) dicesi sdegnosamente con senso di spregio di colpo che non ferisce, o per viltà e debolezza del feritore o superiorità e forza di chi è preso di mira.
Tempesta in un bicchier d’acqua: dissidio, diatriba di breve durata, di niuna conseguenza, per causa futile.
Tempi borgiani: cioè da ricordare i misfatti della casa dei Borgia: frase disdegnosa di G. Garibaldi (1869, scandali della Regia, attentato Lobbia) che lo spirito italiano volge, come al solito, in senso di beffa.
Tempista: detto del musico che ben sa e tiene il tempo musicale.
Tempo va dintorno con le force (lo): famoso verso dantesco (Par. XVI, 9) spesso citato per significare l’opera distruggitrice del tempo (force = forbici).
Tempo sportivo: V. Sport.
Tenax propositi vir: uomo tenace di proposito: espressione Oraziana (Justum et tenacem propositi virum, Odi, III, 3) per indicare le virtù della volontà ad un sicuro fine prefisso.
Tender: parola inglese, entrata anche nel vocabolario francese: deriva dal verbo inglese to tend per attend = attendere, essere in servizio, servire: indica il carro che è unito alla macchina, ove è la provvista del carbone e dell’acqua. Provveditore, magazzino, serbatoio ed anche tendero, proposti dai grammatici, sono rimasti nel serbatoio. I ferrovieri dicono talvolta carro di scorta, e dicono bene, almeno a me pare.
Tenenza: ufficio grado del tenente: es. la tenenza dei carabinieri. Deve essere dal francese lieutenance.
Tenere: nel dialetto napoletano è anche più usuale del verbo avere, al quale si sostituisce, come nella lingua spagnuola. Dal dolor di capo o di denti alla febbre e a qualunque malanno; dalla stanchezza, noia, nausea, al vigore, al brio, al desiderio, alla speranza, agli anni dell’età e a qualunque oggetto di proprietà o di possesso, tutto si tiene. Brutto idiotismo.
Tenere: le locuzioni tengo a dichiarare per mi preme, voglio dire, etc. (ci tengo a dichiarare è altra cosa); sapere a che tenersi, per so che devo fare; tenersi tranquillo, per star tranquillo, sono riprese dai puristi perchè conformi a modi francesi. Ma non mi sembrano molto dell’uso.
Tener ancor del monte e del macigno: locuzione frequente, tolta dal verso dantesco (Inf. XV, 63) in cui il Poeta inveisce contro i fiorentini:
Ma quell’ingrato popolo maligno,
che discese di Fiesole ab antico,
e tiene ancor del monte e del macigno.
Tenere a stecchetto: dare troppo parsimoniosamente il necessario e con rigore eccessivo: antica e viva locuzione nostra. Stecchetto quasi stecchito? o, come spiega una nota al Malnantile, II, 22, è forma corrotta di stocchetto da stoccheggiare = difendersi? Ingegnosa è la spiegazione che mi propone il sig. Pietro Galli, vice bibliotecario della Gambalunghiana di Rimini: tenere a stecchetto, locuzione dedotta dal modo come si alimentano i nidiaci, imboccandoli con uno stecchetto. (Trovo questa spiegazione anche in Pico Luri di Tassano, op. cit., pag. 207).
Tenere il cartello: nel linguaggio teatrale così si dice quando un dramma si ripete con favore sì che il cartello o manifesto della recita non è mutato per parecchie sere.
Tenere il coltello per il manico: in una questione si dice che il tale tiene il coltello per il manico quando può risolverla come vuole, trovandosi in condizioni speciali di forza e di fortuna.
Tenere i piedi in due staffe: chi tiene i piedi nelle due staffe, meno facilmente è balzato di sella: chi si appoggia su due partiti opposti, chi si regola in modo che mancando un sostegno, abbia l’appoggio dell’altro, meno facilmente cade nel cammino della vita. NB. Ciò non è eroico nè onesto, ma comodo e prudente.
Tenere la smarra: nel linguaggio della scherma vale dirigere gli assalti accademici. In antico: spada di marra = fioretto.
Tennis: forma abbreviata comune di Lawn-Tennis. V. questa parola.
Tennista: giocatore di Lawn-Tennis (palla-corda). Leggo questa parola nel manuale di detto giuoco (Baddeloy, Hoepli, 1898).
Tentanda via est: bisogna tentar la via, emistichio di Vergilio (Georgiche, III, 8), divenuto motto.
Tentazioni di S. Antonio: intondesi specialmente delle tentazioni e delle seduzioni carnali. Leggi il Cavalca, Vita di S. Antonio, Cap. VI: Della guerra che ’l Diavolo gli mosse, e come vinse lo spirito della fornicazione. Diede ispirazione al famoso quadro del Morelli, di tal titolo.
Tenuta: per assisa, abito (militare), divisa è il fr. tenue, (grande tenue, tenue d’hiver, d’été). Spiace ai puristi e i lessicografi evitano d’accogliere tale senso di tenuta. V. tuttavia ciò che è detto alle voci bivacco e distaccamento. | Anche la locuzione tenuta dei libri, per computisteria è ripresa dai puristi (tenue des livres).
Teobroma: (Theobroma Cacao) letteralmente dal greco, vale cibo degli Dei: Albero dell’America tropicale, selvatico e coltivato, dell’altezza media di 7 m., con frutti lunghi circa 20 cm., larghi 10 e semi lunghi 2 cm. larghi 1. Tali semi, oltre a servire di eccellente nutrimento agli indigeni, formano l’ingrediente principale della cioccolatta.
Teoria: per processione, schiera, fila è parola molto in onore presso gli esteti. Trovo anche i pioppi in lunghe teorie. Neologismo copiato dal nuovo francese, thèorie, in tale senso ([testo greco]).
Teosofia: gr. [testo greco] = sapienza divina, noto ed antico termine filosofico, rinnovato per indicare una forma di pensiero buddistico, il quale dal postulato di un principio divino, deduce la fondamentale legge delle cose; un movimento vibratorio di evoluzione e di involuzione che, applicandosi alla vita fisica, è cagione di un processo di incarnazione perpetua. Questa specie di misticismo importato dall’oriente, ebbe in madama Blavatsky un apostolo fervente e presso gli stranieri (anglo-sassoni) ha numerosi seguaci. Ingl. theosophy. Una dello non rare formo mistiche che servono di surrogato all’idea religiosa.
Teppa: V. Teppista.
Teppismo: astratto di teppa. V. Teppista.
Teppista: questa parola milanese è stata dal giornalismo, specialmente, diffusa oltre la regione: vale fazioso, prepotente, camorrista, mafioso e simili. Teppista in Milano è il nome dato a persona appartenente alla feccia sociale; disoccupati per mestiere, che attendono a distruggere (vandalismo), violentare, mangiare e bere senza pagar scotto, se non di busse, e, all’occasione, a rubare. La teppa non ha ordinamento come la camorra e la màfia. È sopratutto sfogo di brutalità. Il nome è relativamente recente. Nel Cherubini (op. cit. ed. 1841) non è voce notata se non nel senso di muschio, borraccina, che tale è il senso di teppa. Il basso gergo odierno ha i sinonimi ligera, fil de fer. Di questa teppa, disdoro della capitale (che si vanta del titolo di morale, datole dal Bonghi), parla a lungo il Rovani ne’ suoi Cento Anni, libro XVIII, § 9, il quale ne racconta le origini: «Tra gli anni 1816 e 1817 non pochi di codesti giovani, attratti da un’indole congenere, si trovarono insieme e si confederarono; e non avendo un nemico propriamente detto da combattere, si accinsero, per passatempo e a sfogo di umori acri, a tribolare il prossimo. Cominciarono da principio con alcune risse, spontaneamente offerte dall’occasione, di poi, l’esito più o meno fortunato di quelli, li venne impegnando grado a grado a un sistema di offesa e di difesa; in seguito, acquistandosi qualche fama per frequenti e chiassose vittorie, si diedero, come avevan fatto un tempo i paladini e poscia i capitani di ventura, a fiutare dappertutto dove vi fosse da menar le mani, da metter la via a rumore, da portare lo scompiglio in qualche pubblico o privato convegno, da disturbare qualche crocchio di persone. Codeste loro imprese, al pari dei melodrammi, si dividevano in serie, semiserie e buffe. In generale però, nella loro intenzione, meno qualche caso di vendetta, non avevano mai fini nè seri, nè colposi, bensì avveniva spesso che una soperchieria fatta da essi per ridere e passare il tempo, producesse poi degli effetti gravi, e qualche volta anche funesti». (La Compagnia della Teppa). I teppisti ebbero tale nome dal luogo, coperto di muschio borraccina (teppa) dove avevano quartier generale. Almeno così è probabile. |Lôcch: vale stordito, intontito, (cfr. il romanesco tonto), e pare voce di origine spagnuola, loco. Dicesi specialmente per mariuolo, barabba, gente da strada, specie di teppista, ma è voce che non esce dal dialetto.
Teratologìa: voce scientifica comune, alle lingue culte: (gr. [testo greco] = mostro e [testo greco] = trattato): studio delle anomalie e delle mostruosità degli esseri organizzati.
Terebrante: detto di dolore, vale perforante (lat. terebrare = forare). Dal francese térébrant.
Terminale: agg. di termine, quindi finale. Voce antica e non comune; se talora la si riscontra, è — credo — per effetto del francese terminal. V. ciò che è detto alla parola Platea.
Termine (mezzo): per via di mezzo (ripiego, pretesto), riprendesi dai puristi come gallicismo: così riprendesi mezza misura. Anche le locuzioni a termini di legge (meglio, caso mai, ai termini della legge) per secondo, conforme; essere in buoni termini per essere in buon accordo, in armonia, si riprendono dai puristi come gallicismi.
Termochimica: quella parte della termologìa ([testo greco] = caldo) che si occupa dello studio delle quantità di calore che si svolgono nei fenomeni chimici. Il Berthelot è uno dei fondatori di questo importante ramo della scienza.
Termopili (le): noto e glorioso nome storico del passaggio litorale che dalla Tessaglia conduceva nella Grecia di mezzo, difeso da Leonida contro i Persiani. Questa parola ricorre estensivamente per indicare il punto strategico della difesa militare di un dato territorio.
Terramara: neologismo del linguaggio degli archeologi. Questa parola è corruzione di contadini emiliani di terra marna. Essa fu accettata ed introdotta nell’uso scientifico dagli illustri archeologi nostri, Pigorini e Strobel: i quali pure formarono il vocabolo terramaricoli per indicare gli abitanti delle terremare, stazioni della pura età del bronzo (prischi Latini). Sono le prime città italiche.
Terramaricoli: abitatori (lat. colere = abitare) delle terramare. Terramara è nome dato a quelle palafitte (V. Palafitte), che si costruivano dagli antichissimi popoli in terra asciutta, ma recinte da argine e fossa. I terramaricoli sono i discendenti dei palafitticoli, i primi Latini. V. Terramara.
Terranova: nome di una fra le più stimate razze di cani da guardia, da difesa e insieme di lusso: grosso, solitamente nero, ricca coda, pelo lungo e liscio, testa massiccia, muso espressivo. Il nome di questo famoso cane da acqua proviene dall’isola di Terranova (New-Foundland), ma non ne pare originario, bensì importato, quindi selezionato al tipo presente dagli inglesi. «Il cane terranova è sotto ogni rapporto uno dei migliori compagni che l’uomo può vantare di possedere», così scrive il Vecchio nel citato manuale Il Cane.
Terre à terre: locuzione francese, vale gretto, meschino, pedestre. Aller terre à terre = star rasente al suolo, esser meschino di idee.
Terreno: nel senso figurato di soggetto, termine di un argomento o questione, spiace ai puristi. Modo sancito dall’uso ancorché «metaforacce» (Rigutini). Così dell’uso sono le locuzioni scendere sul terreno = venire a duello, guadagnar terreno = avanzare in un affare, tastare il terreno = conoscere l’intenzione altrui, disputare il terreno (a palmo a palmo) = difendersi accanitamente; ma i puristi lo ritengono di provenienza francese, gagner du terrain, sonder le terrain, disputer le terrain.
Terribile: detto iperbolicamente per cosa da poco, che terribile non è, risente della maniera francese. Certo è molto dell’uso, e vorrei dire acclimato fra noi. V. la locuzione enfant terrible.
Terrier: fr., specie di cane bassotto: questo cane era, in origino, impiegato ad inseguire volpi, conigli selvatichi ne’ loro nascondigli sotto terra, ondo il nome. Oggi meglio si chiamorebbe ratier (rat, topo), giacchè oggi il terrier è cane speciale di scuderia e di casa per dar la caccia a’ topi, al che è abilissimo e coraggioso. Innumerevoli sono lo specie dei terriers. I cinofili distinguono il foxterrier, usato nella caccia alla volpe, dai terriers o ratiers, cani da cortile (bullterrier, terrier inglese e tedesco, boston terrier) e dai terriers del Yorkshire, tutti coperti di mantello setoso, e dal Skye-terrier, scozzese, tre volte più lungo che alto, setoso fin sopra gli occhi, delizia e amore delle signore del secolo XX, come
la vergine cuccia delle Grazie alunna
era delle dame incipriate del Settecento. Prova della persistenza di certe degenerazioni morali.
Terrificante: per terribile, orribile, orrendo, è il fr. terrifiant. V. Terrificare.
Terrificare: per atterrire, far terrore, è neol. inutile, dal fr. terrifier. Usato molto è il part. terrificante, a cui per ignoranza superflua si è aggiunto anche terrorificante. Es. «Il fumo non cessava di uscire dal cratere, e le detonazioni erano accompagnate da spaventevoli uragani con lampi senza interruzioni. I bagliori erano terrorificanti».
Terrore (il): noto termine storico, La Terreur = forma di governo che gravò su la Francia dalla caduta dei Girondini alla morte di Robespierre (1793-1794), onde le voci, terrorisme tale metodo di governo, terroriste = partigiano di tale reggimento, terroriser = tenere sotto un governo di terrore. Se ne formarono in italiano le voci terrorizzare, terrorismo, terrorista, non belle certo, ma logiche e necessarie, specialmente in senso storico.
Terrorificante: V. Terrificare.
Terrorizzare, terrorista: V. Terrore.
Tertoifel o Tartoifel: esclamazione lepida, che talora si ode ed è corruzione dialettale del tedesco Der Teufel = per il demonio! Esclamazione che è ricordo di triste dominio.
Terza Italia: cioè l’Italia doi nostri tempi.
Egli vide nel ciel crepuscolare
col cuor di Gracco ed il pensior di Dante
La terza Italia.
Prima Italia, capo del mondo con Roma antica; seconda Italia, sede della maestà della chiesa di Roma; terza Italia la moderna, unita in nazione, abolito il potere! politico dei Romani Pontefici. Terza Italia è locuzione frequente nelle opere del Mazzini, e probabilmente è sua: certo sua è la concezione di una nuova Italia, nuova luce del mondo.
Terzi (i): cioè le terze persone. Voce del linguaggio giuridico: tutti coloro che hanno diritti od obblighi verso (in confronto) l’attore. Terzi, nel linguaggio amministrativo, sono i consegnatari ed i corrispondenti di un’azienda, oppure i soli corrispondenti, oppure tutti coloro che hanno rapporti di qualsiasi specie verso un’azienda.
Terziario: aggettivo usato in origine dai geologi per significare la relativa età dei monti (monti primari, le Alpi; secondari, gli Appennini; colli terziari, le colline): successivamente fu detto dei terreni e delle rocce di un’epoca relativamente a noi prossima.
Terzilio o tersilio: nell’Italia superiore e media indica una specie di tresette in tre, con voce toscana, calabresella: se in quattro, è detto quartilio, ovvero voglio, ovvero misidìa (dal domandare la carta che fa quegli che è di mano), ovvero quadrigliato, secondo le regioni. Il tresette in due è poi detto anche pizzighino dal prendere, quasi pizzicare, le carte come fanno a vicenda i due giocatori. Nei detti giuochi il tre e il due son detti venticinque; il due e l’asse ventotto; il tre e l’asse, ventinove, appunto perchè tale è la somma del valore di queste carte nel giuoco di scopa o primiera.
Terzo sesso: come nelle api c’è il maschio (fuco), la femmina (regina), e le api operaie, così per derisione si dicono del terzo sesso quelle donne che si vogliono maschilizzare, che vogliono essere operaie della vita senza gli impacci della femminilità. Ciò va bene per le brutte, ma per le belle è una gran difficile questione, quando non la risolva il buon senso da parte dei due sessi! NB. Certe rigidezze teoriche e certi fantasmi bizzarri ci vengono dall’estero, e con le cose, i nomi. Noi italiani abbiamo il torto di abboccare e scimmiottare, laddove la natura e la storia offrono in noi esempio di libertà per la manifestazione di ogni buona e sincera forza di natura, compreso il femminismo saviamente inteso; e ciò fin da antico. V. Spinster.
Terzo Stato: tiers Etat, era detto in Francia, prima della Rivoluzione, quel ceto sociale che non apparteneva nè alla nobiltà nè al clero, borghesia, o con bella voce nostra oramai perduta, cara al Cattaneo ed al Carducci, cittadinanza.
Tesata: voce dei meccanici per indicare la lunghezza o portata di una trasmissione.
Tesmofòro: gr. [testo greco] = legislatore. (Fu epiteto di Demetra (Cerere) che regolò il consorzio umano con le leggi del matrimonio e dell’agricoltura).
Testa: nelle locuzioni, domandar, volere, offrire la testa di qualcuno, vale domandare etc. il sacrificio di alcuno, cioè che uno faccia da vittima, o per espiazione o per soddisfazione di vendetta. La frase è tolta dalla antica barbarie di offrire al vincitore o dal volere egli il capo del nemico. Erodiade chiese ad Erode Antipa, suo sposo, la vita di Giovanni Battista e gliene fu offerto il capo; Tolomeo credè far grato dono a Cesare regalandogli il capo di Pompeo, etc. È locuzione derivata dal francese, demander la tête?
Testa a croce: V. Pattino.
Testa busa: (busa = vuota. Cfr. la voce vernacola buso = buco). Questa locuzione fu usata dal Manzoni nella prima edizione dei Promessi Sposi, cap. XI, pag. 214 delle due edizioni raffrontate.
Testa di, etc.: V. Appendice.
Testa di legno: vale come uomo di paglia, prestanome, in dato negozio od uffizio.
Testa di Turco: nel gergo francese tête de Ture = souffre — douleur: allusione alle teste di Turco nelle fiere, su le quali si percuote col pugno per fare saggio di forza.
Testata: V. Stazione di testa. Voce ripresa.
Teste: lat. testis, latinismo del linguaggio forense invece di testimonio o testimòne, e non testìmone come pronunciano alcuni legali nell’Alta Italia. Teste spiace ai puristi, come inutile latinismo.
Testimone: V. Teste.
Testis unus, testis nullus: motto della antica sapienza giuridica e vuol dire che la testimonianza di un solo testimonio non basta davanti ai tribunali a stabilire la verità di un fatto.
Tête à tête: fr., vale colloquio intimo, segreto, ed è locuzione francese usata talora in vece delle nostre da solo a solo, a tu per tu, a quattro occhi, da soli. Tête à tête è tradotto anche in un assai brutto testa a testa e v’è, fra gli altri, un esempio del Manzoni nella prima edizione dei Promessi Sposi, cap. X: Rimasta poi «testa a testa», seconda ed.: rimasta poi «sola» con una giovane contadina inesperta, non pensava più tanto a contenersi.
Teterrimo: latinismo, superlativo di teter = tetro, brutto, deforme, orrido, vergognoso.
Tetti (gridare dai): cioè dall’alto, in modo che tutti sentano e sappiano: dicesi familiarmente di cosa fatta palese senza più alcun riguardo.
Teuf-teuf: voce onomatopeica francese per indicare l’automobile.
Thàlatta, thàlatta, | Sei mir gegrüst, du ewiges Meer: mare, o mare! salve, mare eterno. Così comincia Arrigo Heine una delle sue grandi liriche (Canzoniere) e vi pone per motto il saluto [testo greco], con cui i greci di Senofonte salutarono il Ponto (Anabasi IV, 7, 24). È infatti il mare mirabile cosa, anche perchè è deserto da uomini.
Thalweg: voce tedesca vale fondo di valle, asse della valle, linea di impluvio o impluvio. Voce usata dai tecnici e da quei geografi pei quali l’uso di voci strane e barbare sembra segno di maggior sapienza. O non c’è un testo scolastico di geografia in cui invece di governo è prevalentemente usato il vocabolo politeia (gr. [testo greco])? Poveri bimbi di prima ginnasiale! NB. L’ortografia moderna tedesca scrivo Talweg.
That is the question: (Amleto, atto III, scena I) «Essere o non essere, ecco il gran problema (that is the question).... è più nobile cosa all’anima il patirò i colpi dell’ingiusta fortuna, o ribellandosi contro tanti mali, opporsi al torrente o finirli?», così Amleto comincia il suo famoso monologo, in cui parve che lo Shakespeare aprisse nuove pieghe dell’immenso involucro dell’anima. Ma il popolo che giustamente ama più di ridere che di pensare, giacché nel ridere è la soluzione pratica dei più ardui problemi dell’essere, rivolse il that is the question a cose di minore gravità, anche al modo di far colazione, di pagar un debito, etc., e così dicasi del to be or not to be.
The right man in the right place: V. Right man, etc.
Thonné: non è parola francese, che io sappia. In una vecchia e reputata enciclopedia di cucina trovo una ricetta per donner au veau l’apparence et le goüt du thon mariné. Vitello thonné è modo di dire creato a Milano come la soupe à la santé. V. Tonné.
Tic: voce fr., usata anche presso di noi, dal tedesco tiken = toccare lievemente. Indica un moto convulso, abituale e cosciente, risultante dalla contrazione involontaria di uno o più muscoli del corpo, spesso riproducente, in modo intempestivo, qualche gesto riflesso o automatico della vita ordinaria. Congiunto ad altri fenonemi, è sintomo di alcune forme di degenerazione del sistema nervoso. | Tic doloroso della faccia, varietà di nevralgia facciale.
Ticket: per biglietto, tessera, è voce inglese entrata nel gergo francese, quindi nella nostra favella mondana e, specie, nel gergo anglo-francese delle corse: ce mot est anglais: nous dirions en fr. billet ou carte (G. Delesalle, Dict. Argot).
Ti conosco, mascherina!: familiarmente vale: non m’inganni, so il tuo giuoco. Grazioso traslato, tolto dalle Donne curiose, dello Zanardini, atto IV, scena IV.
Tiflite: term. med., infiammazione dell’intestino cieco ([testo greco], cieco). Questa voce medica perdette di valore poichè fu dimostrato che la più parto delle tifliti non sono che peritoniti localizzato attorno all’intestino cieco ed alla sua appendice.
Tifòne: (gr. [testo greco]) particolare tempesta, a tipo rotatorio e traslatorio insieme, dell’oceano Indiano: comunemente detto ciclone. Le trombe, i tornados, il simoun, etc. sono venti terrestri di tipo ciclonico. La regione dei veri cicloni è quella degli alisei, e la traiettoria seguita è pressochè quella della grande corrente equatoriale. I diametri di questi turbini sono di parecchie centinaia di chilometri e la velocità di traslazione da 12 a 14 chilometri all’ora.
Tigia: per asta, stelo dello stantuffo, è parola che talora ricorre da rozzi meccanici in Lombardia, per effetto del fr. tige.
Tilbury: parola ingl., dal nome dell’inventore: specie di elegante baroccino scoperto. Voce notata nei diz. francesi.
Timbro e timbrare: dal fr. timbre, timbrer, in italiano bollo, bollare. Timbre in fr. ([testo greco] rad. [testo greco] = batto) vale campana fissa senza battaglio, bordoni tesi per dar risonanza sotto la pelle del tamburo, quindi metallo, pasta di voce o di suono; tuttavia la locuzione timbro di voce (timbre de la voix) è sancita dall’uso. Per indicare quel carattere che distingue due suoni della stessa altezza quando sono prodotti da due diversi istrumenti, i fisici sogliono dire timbro.
Time is money: il tempo è danaro, ed è il famoso motto della dominatrice razza anglo-sassone, nel quale forse è più opportunità e impronta dell’indole di quel popolo che vera sapienza.
Che ’l perder tempo a chi più sa più spiace.
Così più saviamente Dante nostro (Purg. III, 78). L’opinione del motto inglese è fatta derivare da questa sentenza di Bacone: Time is the measure of business, as money is of wares. Cfr. Teofrasto in Diogene Laerzio (V. 2; n. 10, 40) che avverte: [testo greco].
Timeo Danaos et dona ferentes: (Verg. Eneide, II, 49). Dicesi di benefìci interessati e sospetti (Temo i Greci anche quando arrecano doni — il famoso cavallo di Troja).
Timòlo: sostanza contenuta nell’olio essenziale del timo o del serpillo. Usasi come antisettico.
Timpanismo: lat. tympanum = tamburo: voce medica: turgore dell’addome prodotto dai gas intestinali.
Tintinnabulo o tintinnabolo: più che voce morta, come nota il Petrocchi, è voce pedantesca (lat. tintinnabulum = campanello), usata talora ad arte o per celia.
Tintoretto: nel gergo familiare nostro usato è talora questo sopranome del celebre pittore veneziano, Jacopo Robusti (1512-1594) come allusione a persona che suole tingersi nel volto o ne’ capelli.
Tintura: medicamento formato dalla dissoluzione dei principi attivi d’una o più sostanze medicinali in un liquido acconcio (acqua, alcole, etere).
Tipo: per individuo, originale, curioso, è voce familiare. Così in fr. type = individue, excentrique, original. Un tipo, un certo tipo si dice spregiativamente. In fr. type = individue quelconque.
Tiptologia: (gr. [testo greco] = batto e [testo greco] = discorso) dottrina ed interpretazione delle percussioni del tavolino parlante per effetto di spiritismo: fr. typtologie, ingl. typtology.
Tiragliatori: versione del fr. tirailleurs, nome di milizia francese, instituita nel 1840, destinata a far fuoco in ordine sparso e a volontà precedendo il grosso dell’esercito.
Tiramolla: detto delle funi, è voce notata dal Tommaseo: familiarmente vale tergiversazioni, indugi, star fra il sì ed il no per acquistar tempo e consiglio. Cfr. l’antica canzonetta:
Tiramolla, morettina.
Tirapiedi: parola specialmente lombarda (tirapee) non priva di forte efficacia. Tirapiedi era detto il garzone, l’aiutante del boia, che tirava i piedi all’impiccato. Tirapiedi, nota il Cherubini, è nel gergo il religioso che conforta i morenti all’ospedale. Tirapiedi si dice con isprezzo ed in gergo familiare l’aiutante di qualcheduno, che gli è pedissequo, adulatore e simili.
Tirare: nel linguaggio della scherma vale battersi, ma non in duello, bensì per esercizio. (V. anche l’Appendice).
Tirare a palle infocate: muovere guerra aspra e di fazione contro persona o istituzione: frase frequente nel linguaggio della politica e dei giornali.
Tirar giù a campane doppie: dirne di ogni sorte con impeto e rabbia, sfogarsi, dir male, etc., locuzione familiare, tolta dal suonare doppio delle campane che l’una succede, rafforzando, nell’intervallo dell’altra.
Tirar la carretta: locuzione nostra familiare, efficace se non eletta, tolta dal somiere che si guadagna la vita trascinando il carretto: vale vivere miseramente dell’umile o mal ricompensato lavoro quotidiano: include anche l’idea del lavoro fatto per necessità della vita, senza entusiasmo nè fede. In fr. trainer la chareue.
Tirar l’acqua al suo mulino: operare a proprio vantaggio, locuzione popolare tolta dal mugnaio che sottrae acqua altrui per averne in maggior copia per sè: non esclusa quindi l’idea di frode.
Tirar sassi in colombaia: far cosa contraria agli interessi propri e degli amici e soci: locuzione familiare.
Tirar su: in dialetto bolognese adulare, lusingare, lustrare, dar dell’olio.
Tirata o tiratina d’orecchi: lett., sistema di punizione assai comoda e naturale coi bimbi riottosi, giacchè è così facile e vengono così bene sottomano, le orecchie: però è deformante, e poco gentile. Per estensione vale rabbuffo, rimprovero, e talora si dice in senso quasi di attenuazione come a dire «cose da fanciulli!». Così il Carducci dopo aver con roventi parole bollata la protervia di un certo giovinetto che gli avea dedicata una lirica barbara in tutti i sensi in lode delle Ghite teutoniche e in oltraggio delle Lucrezie italiane, pallide di sifilide, annota: «Lasciando ristampare questa tirata d’orecchi, avverto per la terza o quarta volta i signori ragazzi italiani che io non rassomiglio a Gesù Cristo né meno nel Sinite parvulos», etc. V. Protesta, in Confessioni e Battaglie.
Tiré à quatre épingles: espressiva locuzione francese, volgarizzata in «essere tirato a quattro spilli», cioè essere così bene e ricercatamente vestito, che non c’è una piega fuori di posto.
Tiremm innanz: andiamo avanti (al patibolo)! famosa risposta di Antonio Sciesa, popolano milanese, martire dell’Indipendenza italiana (1851), al capitano auditore che por indurlo a rivelare i complici, lo fece soffermare dinanzi alla sua dimora, promettendo salva la vita. Della autenticità della frase umile e sublime disputano gli spolveratori della Storia. Essa frase è consacrata nella tradizione, come da esempio: «..... noi ricordiamo Pasquale Sottocorno lo sciancato che tra le scariche va ad incendiare i ridotti tedeschi; noi ricordiamo Carlo Zima che incendiato dai Croati, si avvinghia alle bestie nemiche e le incatena con sè ad una morte; noi ricordiamo il Tiremm innanz dello Sciesa. E tirammo innanzi, col re che fulminò a S. Martino, con Giuseppe Garibaldi monarchico che ricacciò coi calci dei fucili alle spalle gli imperiali austriaci da Varese a Como, con Giuseppe Garibaldi repubblicano che raccolse una tedesca bandiera lasciata sur un mucchio di morti tedeschi dagli imperiali prussiani». (Giosuè Carducci, Confessioni e battaglie, Protesta).
Tiretto: voce dialettale e familiare milanese (tirett), per cassetto e cassettino, dal fr. tiroir. Ripresa dai puristi; vero è che è spontaneamente evitata, come avviene di molti francesismi.
Titanico: come attributo di ingegno, sforzo, opera e simili, vale poderoso, forte ed audace come le imprese dei Titani, (i figli del Cielo e della Terra che mossero guerra a Giove).
Tizianesco: si dice specialmente de’ capelli di donna, per indicare un bel colore aureo e fulvo, quale è frequente nei quadri del Tiziano. Aggettivo usato, fra altri, dal Lanzi nella sua Storia della pittura, I giovani tizianeschi, dice il Carducci nell’ode al Cadore. V. Raffaellesco.
Tizio, Caio, Sempronio: triade di nomi, comune nelle esemplificazioni antiche, oggi usata per designare facetamente tre persone di cui è inutile fare il nome, e per lo più in racconti giocosi. Titius, Cajus et Sempronius, così riuniti come designazione schematica, ricorrono in Irnerio, giurista bolognese (V. Gaudenzi, Storia del cognome a Bologna nel sec. XIII. Bull. dell’Ist. stor. ital., n. 19, pag. 39.
Toast: voce ingl., accolta ne’ dizionari francesi e da noi usata nel linguaggio signorile o nelle relazioni di banchetti diplomatici in voce di brindisi. V. questa parola. Toast vale letteralmente tostato, cioè fetta di pane abbrustolito, che solevasi inzuppare nel bicchiere, propinando.
To be, or not to be: ingl., «essere o non essere» filosoficamente è il dilemma dell’esistenza, se essa è veramente o non è illusione. Cfr. Cogito, ergo sum. Ma si dice in più facili e miti sensi. Vedi That is the question e vedi Essere o non essere.
Toccante: per commovente, è brutto gallicismo (touehant). Ma non mi pare molto dell’uso. (È vero che toccare vale compungere, commuovere, ma si richiede l’oggetto. Es. tocca il cuore. Vedi più ampiamente il Rigutini (op. cit.), p. 50.
Toccare (un porto): detto delle navi, vale entrare e fermarsi per breve tempo in detto porto o rada. Voce classica.
Toccasana: familiarmente vale, rimedio pronto, panacea di ogni male. Ricorre in senso morale.
Toccio: voce del dialetto veneziano, l’intingolo, il sugo delle vivande, in milanese pòccia, onde i due corrispettivi verbi tocciàr e poccià = intingere: da un probabile poculum latino? In fiorentino volgare, poccia = mammella.
Tocco: giuoco plebeo dei bevitori nel Napoletano e nell’Italia meridionale. Si numera su le dita, e il preferito dalla sorte nomina un padrone e un sotto padrone di una certa quantità di vino (corrispondente per lo più ad un bicchiere a testa), i quali ne diventano arbitri e fanno bere chi vogliono. Talora il giuoco finisce con delle risse e non manca il classico coltello. Nel Lazio dicesi passatella.
Toeletta: V. Toilette.
Togo: voce di gergo vale buono. Per l’etimologia, V. lo Zaccaria (op. cit.).
Toilette: ecco materia a scrivere un volumetto. Vediamo di riassumere: Metastasio nelle Cinesi ha:
eccomi alla toeletta
ritoccando il tuppè.
Il Parini (Mattino, 482-483) dopo molto emendare, lasciò scritto:
Ecco, te pure
la tavoletta attende.
Il Monti, nella Feroniade, III, la chiama:
sacra
alla beltade, inacessibil ara
che non hai nome in cielo e tra’ mortali
da barbarico accento la traesti
cui le Muse abborrir.
Le voci proposte dai puristi sono abbigliatoio, specchio, (V. Dante Par. XV), spogliatoio, ma non sono concordi. E accogliendo una di queste voci, come formare la frase fare toilette più facile a condannare che a togliere? Il Rigutini fondandosi sull’uso del popolo, accetta toeletta: Ma a due condizioni, prima che «si scriva e si pronunzi a questo modo, toeletta», la seconda che «si rigetti per abbigliamento di una signora, come si rigetti la maniera far toelette, per abbigliarsi» perchè, se può accordarsi il passaggio dalla tela che si stende sul tavolo (toile) al mobile ed alla stanza ove ci si veste, non regge il passaggio all’abito ed all’acconciatura. Quanto alla prima condizione la scrittura e la pronuncia sono delle più incerte: toelette, teletta, toletta, toeletta, quanto alla seconda davvero non meritava il conto di accogliere toelette e poi non volere i sensi estesi e derivati in cui sta il segreto e la forza del vocabolo, anche se audaci. Quanto alla scrittura, altri infine vorrebbe, e c’è chi usa., tavoletta. Ma chi dirà: la tal signora aveva una bella tavoletta? Concludendo: la voce è da antico fra noi e segna il dominio della eleganza francese sino dal ’700: non si è assimilata alla grafia italiana: prevale anzi nell’uso la scrittura e il suono francese toilette. Detto specialmente di signorili, compiute e mondane vesti muliebri e di ricercati abbigliamenti e mundizie, la parola e la frase sono comuni anche ad altri linguaggi.
Toilette: detta dei condannati alla ghigliottina, consiste nel recidere i capelli e tagliare il colletto della camicia al paziente affinchè la mannaia recida meglio. Costume e locuzione francese. L’antica umanità italica, più forte che le disquisizioni dottrinali, ha abolita la pena di morte legale fra noi.
Toilette lingerie: voce effimera della moda. V. Linge.
Tokay: Tokay, villaggio dell’alta Ungheria, da cui proviene il famoso vino di questo nome.
L’unico al mondo imperial Tokay
l’ungarese
bottiglia, a cui di verdi ellere Bromio
concedette corona, e disse: Or siedi
de la mensa regina.
Parini, Il Mattino, 81.
Tôle: voce fr., anticamente taule, dal latino tabula quindi lamiera, ferro ridotto in lamine. Il dialetto milanese ha la voce tolla, derivata dal francese tôle e vale banda, latta (onde la locuzione faccia de tolla = faccia di lamiera, viso di bronzo, faccia da schiaffi, impudente). Alcuni rozzi scrittori di meccanica, trovando in francese tôle e ricordando il tolla milanese, ingannati dal suono, credono di ben tradurre per tolla, invece di lamiera. In francese quello che si dice in milanese tolla (latta) è fer blanc.
tolla: voce milanese, V. Tôle.
Tolstoismo: nome dato ad una tendenza filosofica, propugnata con gli scritti e con l’esempio dal romanziere russo Leone Tolstoi. Difficile a definire: misticismo cristiano, idealità socialista, rinunzia, riazione alle nuove forme di individualismo e di tirannide moderna, ne sono le basi.
Tomate: la voce è di origine spagnuola tomata, e a sua volta gli spagnuoli la debbono aver tolta dall’indiano essendo questo noto frutto originario del Perù o del Messico, terre primamente (sec. XVI) occupate dagli Spagnuoli. I francesi oltre che tomate dicono anche pomme d’amour: in italiano pomidoro. Ma nella Lombardia e nell’alta Emilia è più in uso e volgare la voce tomate. Non esce dal dialetto.
Tombino: in romagnolo vale ponticello di piccolo arco. Tombin in milanese vale chiavica. Tombon, basso archivolto in cui sprofonda un canale che immette in un altro. Quello di S. Marco è tristamente celebre pe’ suicidi. Molti luoghi fra Marca e Romagna hanno il comune nome di tomba (luogo elevato).
Tommy: vuol dire semplicemente Tommaso; ma nel ceto mondano pare talora preferibile il nome ingl. V. Snob e V. Marie.
Tommy Aktins: nomignolo familiare del soldato inglese.
Tonnè (vitello): Non è parola francese. V. Thonnè.
Tonneau (à): occorre nel linguaggio dello sport questa voce francese per indicare gli automobili che, oltre ai due posti dinanzi, hanno anche posti posteriori chiusi (quasi a botte) per altri passeggeri.
Tontina: voce oramai fuor dell’uso, giacchè si dice assicurazione su la vita. Tale nota forma di contratto prende nome da Lorenzo Tonti, napoletano, che ne fu trovatore e lo propose al Mazzarino (1653): onde ebbe nome francese, tontine, tradotto in tontina.
Tonto: intontito, instupidito. Voce romanesca.
Tony: in inglese vale semplicione. Ora in molti circhi equestri il pagliaccio, che fa lo stupido di mestiere, è chiamato Tony: così è che questa parola è usata talvolta popolarmente, in ispeciali locuzioni.
Topica: usano questa parola familiarmente a Milano per sbaglio, granchio, sbadataggine, ciò che i francesi dicono bevue, gaffe. Topica è la nota voce dotta, sformata a tale senso dal popolo: una delle parole pedantesche dei Don Ferranti del Seicento.
Toponomàstica: lett. dal greco, nome dei luoghi: studio, cioè, sull’origine dei nomi dei luoghi. Sinonimo, onomatolagia, scienza recente. Cultori presso di noi, il Flechia, l’Ascoli ed altri.
Top weight: V. Light weight.
Toque: voce, pare, di origine celtica, toc, già da antico passato in italiano in tocco, e valse ad indicare il beretto piccino e senza orlo de’ giudici e de’ lettori: uso e parola quasi in disuso. Ma si dice oggi toque, in francese, per indicare una forma di grazioso cappello muliebre, tondo, piatto con lieve ala rivoltata.
Toracèntesi: termine medico, dal greco [testo greco] = petto e [testo greco] = forare: atto operatorio che consiste nel forare la parete toracica con un trequarti per estrarre il liquido prodottosi nella pleura o nel pericardio.
Toracotomìa: termine medico; dal greco [testo greco] = petto e [testo greco] = taglio: operazione chirurgica che consiste nell’apertura del torace.
Torbido: per tumulto, sommossa, turbamento, agitazione politica, prodromi di una rivolta, è voce ripresa dai puristi come gallicismo (troubles).
Torchère: fr. da torche, in italiano torcia, candelabro.
Torchietto di Tanlongo: locuzione effimera popolare, vale macchina per batter moneta falsa: dicesi lepidamente ed ironicamente. La locuzione trae origine dalla emissione di una serie duplicata di biglietti da mille dalla liquidata Banca romana, di cui era direttore certo proposto a senatore, Bernardo Tanlongo: uno dei tanti episodi sudici della gran vita economico-politica d’Italia. L’oblio e il riso italiano vi passano sopra.
Torchon: fr., strofinaccio, canevaccio; ma ricorre la voce francese per indicare una specie di tessuto a grossa trama.
Toreador o Torero: voce spagnuola, accolta nel diz. francese: termine generico per indicare colui che prende parte alle cacce del toro nei circhi (Corrida). Toreador, da torear = combattere il toro. Vocabolo popolare per effetto della Carmen del Bizet.
Torista: la versione più accolta nell’uso del francese touriste, è turista. V. questa parola.
Tornichetto: V. Tourniquet.
Tormenta: tempesta di neve, e per lo più si dice delle Alpi: dal fr. tourmente (da tormentare o da un possibile turbimentum della bassa latinità?). Cfr. turbo, turbine.
Tornados: V. Ciclone.
Tornate a riveder li vostri liti: verso della mirabile allegoria con cui comincia il secondo canto del Paradiso dantesco: vale la metafora popolare, tornate a casa, tornate indietro, detta con senso ironico di chi si accinge o presume ad alta impresa con impari coscienza e conoscenza.
Tornatura: nome di antica misura agraria di superficie usata in Romagna, come la pertica in Lombardia, la biolca nell’alta Emilia e in parte delle terre lombarde confinanti col Po. Le antiche misure italiche furono sostituite da quelle a sistema metrico decimale per legge del 27 ottobre 1803, anno secondo della Republica italiana. Un quadrato di 100 metri di lato costituiva la nuova tornatura, pari dunque all’ettaro. Se non che nell’uso prevalse e prevale la misura delle tornature vecchie, varie alla lor volta da città a città. Ragguagliate all’ettaro, variavano da 0,2080 (Bologna) a 0,3417 (Ravenna), cioè fra il terzo e il quarto dell’ettaro. La tornatura si divideva in tavole.
Torniamo all’antico: sentenza di G. Verdi, non tanto in opposizione all’arte nuova o musica dell’avvenire, quanto in difesa della severità degli studi. Questa frase, che con largo riferimento all’arte in genere, godette di una certa notorietà, leggesi nella forma tornate all’antico in una lettera a T. Florimo, bibliotecario del R. Collegio di musica a Napoli, con data 5 gennaio 1871.
Torototella: nome di menestrello lombardo (Bergamo, Brescia), un tempo frequente, il quale suole fare allusione agli uditori con rime improvvisate e stroppiate, e terminanti col ritornello torototela torototà.
Torpedinare: si usa nel senso di colpire con torpedine: è verbo notato dal Guglielmotti (op. cit.) nel senso di metter l’opera in lavori attinenti a torpedini (fr. torpiller).
Torpèdine: terribile e gran proiettile, caricato con materia esplodente, di lancio subacqueo, da nave a nave. Manovra audace e difficile! Dal nome del noto pesce elettrico, Torpedine (lat. torpedo, pesce che col contatto fa intorpidire, torpère, le membra). Questa macchina subdola e orrenda — frutto del genio della età nostra — fece le sue grandi assise nella guerra russo-giapponese (1904). Torpedini dormienti sono dette le mine subacquee.
Torpediniera: piccola nave da guerra, a vapore, velocissima, assegnata a lanciare torpedini contro le navi nemiche. Torpediniera d’alto mare, atta a tenere il mare per più lungo tempo in modo autonomo, cioè nave di rifornimento e proporzioni maggiori, laddove la torpediniera è di servizio costiero. Ariete-torpediniera, specie di incrociatore, velocissimo, munito di sprone e tubi di lancio.
Torquemada: nome del Grande Inquisitore spagnuolo, divenuto antonomastico, per martoriatore, persecutore, inquisitore crudele e fanatico. V. Santo Ufficio.
Torrenziale: come attributo di pioggia, spiace ai puristi (fr. torrentiel), lo sancisce l’uso, e d’altronde le locuzioni a catinelle, a orci, a bigonci, come Dio la manda, a bocca di barile etc., scossone, rovescio, non vi corrispondono bene.
Torsade: fr., termine moderno di pettinatura muliebre: specie di treccia lenta fatta con due filze di capelli: intesi dire anche tortillon. In tale senso cotesta parola è nota fra noi (propr. vale passamano).
Tortello: V. Cappelletti.
Tory: nome dato ai componenti di uno dei due grandi partiti storici inglesi, Torys, conservatori, e Whigs, liberali. Il nome che suonava dileggio, press’a poco come la già usata parola malva, come forcaiuolo, ovvero come brigante che in Romagna si disse talora dei monarchici, fu dato da prima ai partigiani del re d’Inghilterra, Carlo II Stuardo (1630-1685) figlio del decapitato re Carlo I. In seguito, come avviene in simili casi, la parola tory perdette il senso spregiativo e gli stessi sostenitori dei diritti della corona e del clero se ne fregiarono.
Sir John Bull propagatore
delle macchine a vapore
manda i tory a rotoli.
(Giusti, Dies Irae.)
Tosa: voce milanese che non esce dal vernacolo, benchè non manchino esempi letterari, vale ragazza, bimba (al plurale nel dialetto, tosann, tosanett). «Intender vollono alla melanese, che fosse meglio un buon porco che una bella tosa», Boccaccio. Il Manzoni usò tosa una sol volta nella prima edizione dei Promessi Sposi «povera tosa», capitolo III. Tosa è voce del basso latino, sorta sotto il dominio longobardo, ma la ragione storica è controversa. Da tonsa = tosata, secondo costume servile, imposto dai chiomati dominatori alle donne italiche? da intonsa, detto delle donzelle pe’ capelli lunghi rispetto alle maritato che portavano cuffia?
Tossina: voce del linguaggio della scienza medica: veleno solubile (cfr. tossico), secreto dai bacteri, sia nell’organismo sia nelle colture artificiali. La nuova scienza medica attribuisce alle tossine la più parte dei sintomi delle malattie che hanno origine dai microbi.
Totalizzatore: dal fr. totalisateur, banco delle scommesse alle corse, in cui il totale delle somme scommesse è diviso in modo proporzionale al numero delle puntate. V. Pari mutuel.
Tòtano: è il nome toscano e registrato del loligo vulgaris, squisito mollusco di mare, del gruppo dei cefalopòdi (cioè aventi il capo coronato da tentacoli o piedi), il quale sul litorale Adriatico è più noto col nome di calamaio o calamaretto, dal nero che secerne. Senonchè questo è più piccino, ma più polputo e saporito di quello. Ben lo sanno i buongustai, pei quali un piatto di calamaretti fritti è di gran pregio.
Totis viribus: lat., con tutte le forze.
Toujours perdrix: letteralmente sempre pernici, cioè sempre pernici stancano! E pur la pernice è squisitissima cacciagione! Avvertasi, fra parentesi, che pe’ francesi è più esatto scrivere toujours des perdrix. Toujours perdrix sarebbe un italianismo da riprendersi, tenendo essi molto alla proprietà della loro favella. Questo fine motto francese ha paternità incerta come avviene di molte arguzie. Secondo alcuni si riferirebbe ad Enrico IV, secondo altri a Luigi XIV: lo intesi anche riferire a re Bomba, Ferdinando II. Comunque sia, il confessore rimproverava al re le troppo frequenti divagazioni dal talamo coniugale. Tacque il re, e il dì seguente cominciò ad imbandire al confessore pernici, e il dì dopo pernici, e il terzo giorno pernici, e così di seguito. Disse il confessore: «Ma insomma? Toujours des perdrix?» E il re: «Toujours reine?». Meno fine, ma di esatta rispondenza al motto francese è il nostro, di origine schiettamente popolare: Il pan di casa stufa!
Toujours trop tard: V. Nous arrivons toujours trop tard.
Toupet: è in fr. il nostro ciuffo. Si dice figuratamente avere il toupet, por dire aver l’ardire, la sfrontatezza, la faccia tosta di fare qualcosa. L’origino storica della locuzione, siccome spiega il Littré, non ci farebbe molto onore: Avoir du toupet s’est dit parce que les Bravi italiens laissaient croîre un toupet qu’ils portaient sous leur chapeau, le ramenant sur leur visage, le coup fait, pour n’être point reconnus. E il Manzoni [P. S., Cap. III]: «il ciuffo era quasi una parte dell’armatura e un distintivo dei bravacci e degli scapestrati, i quali poi da ciò vennero chiamati ciuffi».
Tour de cou: voce francese della moda, collana.
Tour de force: letteralmente giro di forza, sforzo e dicesi o per celia o sul serio di azione compiuta con abilità e prestezza, fuori del consueto. E fra le locuzioni francesi più comuni presso di noi.
Touriste: V. Turista.
Tournée: è parola francese usitatissima anche da noi per indicare quel giro che gli attori in voga o i sonatori di grido o le compagnie drammatiche fanno all’estero o per varie città. Anche in questo caso la parola francese indica eccellenza. La Duse, il Mascagni faranno una tournée, non mai un giro. Di una compagnia di poveri guitti non si dirà una tournée.
Tournedos: voce della culinaria francese ed indica un piatto di filetti di bue; essa è tradotta in italiano con la consueta libertà con cui si rendono simili parole.
Tourniquet: fr., arganello, arnese fatto di una croce di legno, girevole, posta orizzontalmente su di un suggesto per far passar le persone una ad una: costruito con arte, serve a contare e far entrare la gente ad uno ad uno nei luoghi publici a pagamento: contatore. Tourniquets si dicono anche quelle strade a giravolta o a nastro o a zig-zag che servono a vincere le fortissime pendenze in montagna. Le parole italiane, usate o proposte, sono scalone a serpe, serpentina e anche tornichetto. Nell’Appennino tosco-romagnolo, girata (zireda).
Toussaint: la gente di molto raffinata mondanità invece del comune Ognisanti (la festa istituita sino dal 731 da papa Gregorio III in onore di tutti i santi) dice talora la Toussaint, alla francese.
Tous les genres sont bons, hors le genre ennuyeux: acuta e arguta sentenza del Voltaire a proposito di arte drammatica e di commedie, e che si ripete oggi per ogni forma dell’arte. Leggesi nella prefazione de L’Enfant prodigue, commedia.
Tout à l’egout: (tutto alla fogna), locuzione francese usata per indicare le fognature a circolazione continua: a sistema romano.
Tout-court: l’italiano ha senz’altro, alle corte, alle spicce, per farla corta, etc. Ma per molti è più sottomano e pare più efficace il modo francese.
Tout de même: locuzione comune, specialmente nelle terre subalpine, per indicare una muta od un abito tutto di una stoffa: non è, che io sappia, in francese. In fr. si dice habillement complet o neologicamente, complet. Altro caso di parole francesi coniate in Italia come notes, voltaire, vino brulè, etc. quasi che quelle veramente francesi non bastassero.
Tout de suite: fr. subito.
Tout ou rien: al tout de suite appaio quest’altro modo francese, o tutto o nulla. Ma no! detto in francese è più efficace: ecco un esempio: «Per conto mio sono un avversario irreconciliabile dell’opportunismo, ma non sono neppure un partigiano del Tout ou rien». Chi scrive così è un regio professore!
Toute la lyre: tutta la lira: titolo di una raccolta postuma di liriche di Vittore Hugo: locuzione accolta dal giornalismo francese per indicare tutto, con entusiasmo, in amplissimo senso e spesso ironicamente. Locuzione usata anche presso di noi.
Tout finit par des chansons: verso del Beaumarchais, (Mariage de Figaro). Cfr. il motto La France est un gouvernement absolu, tempéré par des chansons. (Chamfort, Caractères et anecdotes. Opere scelte).
Tout le monde: modo iperbolico, come è natura della lingua francese, invece di tutti.
Tout Paris: voce del gergo francese: la gente elegante, la gente nota o notevole, che non suole mancare nelle riunioni intellettuali o mondane.
Tout passe, tout casse, tout lasse: tutto passa, tutto si infrange, tutto viene a noia, motto francese di un certo consumo fra noi nella filosofia spicciola e facile della gente mondana. Come aggiunta lepida e scettica si aggiunge et tout se remplace. Deve essere motto recente, se non come origine, come diffusione.
Tout prix (à): locuzione francese abusiva, ad ogni costo.
Tout seigneur tout honneur (à): oppure à tous seigneurs tous honneurs: motto francese, usato per onorare altrui: a ciascuno secondo il suo grado.
Town: ingl., città.
Trabàccolo: piccolo bastimento dell’Adriatico, con due alberi con vele così dette al quarto, e fiocco.
Tra color che son sospesi: (Inf. II, 52): cioè nel Limbo; così dice Vergilio a Dante: io era tra color, etc. L’emistichio spesso si ripete in senso faceto per indicare coloro che sono incerti tra la salvezza e la condanna, tra l’approvazione ed il biasimo.
Tractant fabrilia fabri: (Orazio, Ep. II, 1, 116) i fabbri fanno opere da fabbro: caso particolare che deve essere inteso genericamente, cioè ognuno fa l’arte propria, nobile od umile che essa sia, e la vera nobiltà sta nel modo con cui l’arte è trattata.
Trade Union: letteralmente società operaia, ed è il nome di potenti associazioni inglesi, formate da operai, provetti (skilleds) in qualche arte o mestiere, con l’intento di proteggere e promuovere i comuni loro interessi: mutua associazione, previdenza, cooperazione, contratto collettivo, azione politica allo scopo di promuovere una legislazione sul lavoro, etc. Codeste società inglesi di cui sono note le formidabili lotte di resistenza contro il capitale, ebbero in origine forma rivoluzionaria di lotta di classe, indi si svolsero con tendenze evoluzioniste e di adattamento. Nei giornali e nel gergo degli economisti si trova anche la parola tradunionista.
Tradire: si dice che la parola tradisce il pensiero quando l’espressione non corrispondendo all’idea, induce altri a giudizio che non vorremmo: spesso si dice quando dalla foga del discorso siamo tratti ad espressione troppo colorita e violenta; spesso è locuzione comoda per non ritrattarci della voce dal sen fuggita. Tradire usato semplicemente per mostrare, es. la veste tradisce le forme si riprende come gallicismo.
Tradunionista: difforme parola del gergo politico. V. Trade Union.
Trafila: o anche filiera (fr. filière) piastra di acciaio temprato, fornita di fori di diametro determinato e disposti ordinatamente. Facendovi passare dei fili metallici meno duri, si riducono a cilindri di quel diametro che si vuole. Metaforicamente trafila si dice dei mezzi, specialmente burocratici, persone, uffici etc. per cui conviene passare per raggiungere un dato fine.
Trafiletto: V. Entrefilet.
Tragediabile: detto di soggetto che può essere buon argomento da scriverci una tragedia, è voce creata dall’Alfieri: notata già dal Tommaseo nel suo dizionario.
Tra il lusco e il brusco: locuzione toscana che vale tra il fosco ed il chiaro. Il romagnolo dice lo stesso: tra e losch e brosch. Cotesto brusco può considerarsi come una corruzione della voce toscana bruzzo. V. questa voce.
Trahit sua quemque voluptas: ciascuno è tratto dalla sua passione. Vergilio, Egloga, II, 65.
Train: voce fr., =: traino, treno (dal latino trehere = trascinare), indi, figuratamente, maniera di vivere, lusso di abiti, masserizie, servi, corteggio e simili. Ora questa estensione di senso è anche in italiano, e perciò parrebbe inutile dirla in francese. Es. «S’è messo in gran treno, Bisogna vedere con che treno stanno in casa. Tu hai tanto treno, moglie, cameriere, servitore» che son tutti esempi classici, e forse per ciò sono poco seguiti! Il Fanfani registra fra i modi non buoni la frase: «Essere in treno di...» rispondente all’être en train de... etc., in luogo di «essere in vena, stare per fare, etc.»: ma cotosta locuzione non mi paro molto dell’uso.
Traine: (fem. la) voce francese, talora usata dalle sarte por strascico, coda. V. Manteau.
Trainer: voce inglese, talora usata nello sport, vale allenatore, cioè quel capo di scuderia che ha l’ufficio di preparare con opportuni esercizi il cavallo per le corse. Prevale, però, la parola allenatore. Nelle corse ciclistiche allenatore è il ciclista o il motociclista che precede il corridore fendendo l’aria, ed incitando al corso. La voce inglese talvolta si alterna con la francese corrispondente, entraineur. V. questa parola.
Traìneur de sabre: locuzione di gergo francese per designare con caustico disprezzo la oltracotanza militaresca: trascinatore di sciabola. La locuzione è di Armando Carrel. V. Militarismo.
Trait d’union: V. Tratto d’unione.
Tram: nel gergo francese è abreviazione di tramway, e così da noi. V. Tramway.
Tramagnino: nome dato ai figuranti corifei, giocolieri negli spettacoli teatrali di ballo. Tale parola proviene da un nome proprio.
Tramviario: aggettivo da tramvia. Il popolo dice ed i puristi confermano tranvai, e in questo caso l’aggettivo avrebbe dovuto essere un tranvario o press’a poco. Ma non si dice. Evidentemente i tecnici chi per primo usò tramviario non era un filologo ne un purista.
Tramviere: il conduttore e l’operaio addetto ai servizi dei tranvai. Tramviere come ferroviere sono neologismi nostri.
Tramway: «tranvai e non altrimenti (cioè tranvia, tramvia o tramvai) secondo che dice il popolo toscano, si dovrebbe pronunziare e scrivere italianizzando la voce inglese» così il Rigutini. Il popolo, infatti, anche fuor di Toscana, così dice, cioè tranvai. Tuttavia molti ormai usano la forma abbreviata tram, che è del gergo francese. Anche in Toscana intesi dire tramme. La parola tram-road o dram-road, ricorre in inglese sino dal 1794. Questo tram non è abbreviazione di Outram, nome proprio, come in qualche libro è detto: ma vale traino, veicolo; e way = via.
Trancliant: voce francese, reciso, spiccio, brusco, che non ammette repliche, perentorio, etc. (dal lat. trans e scindere). Voce talora usata abusivamente.
Trancia: dal fr. tranche (latino transcindere = tagliare): macchina utensile formata da un coltello acconciamente fissato, il quale taglia, porta via le bave, etc. Trancia è altresì la macchina che festona, profila, trafora: se però il foro è rotondo, dicono punzonatrice. | Trancia per fetta è voce assai volgare usata in Milano, es. una trancia di panettone, di giambone (!). Ma una persona a modo non userà certo tale goffo francesismo. Voce dei camerieri.
Trani: a Milano chiamano Trani tanto il vino della Puglia (fosse almeno genuino vino pugliese!) quanto il negozio dove si spaccia, sui quali è comune la scritta Trani e Barletta.
Tranquillizzare: per tranquillare, star tranquillo è gallicismo ripreso (tranquilliser) che sarebbe vano riprendere. È registrato dal Manuzzi, dal Tommaseo. Ha esempi del Parini e del Manzoni.
Trans: prefisso che vale attraverso, moto per: lat. trans. Es. ferrovia transiberiana, cioè che attraversa la Siberia.
Transatlantico: agg. fatto sost., per indicare specialmente i grandi piroscafi che fanno il servizio attraverso l’Atlantico, tra Europa ed America.
Transeat: 3a pers. cong. pres. del verbo latino transire = passare: dicesi familiarmente con forza concessiva, sia pure.
Transenna: voce usata nel linguaggio architettonico per indicare una divisione, o parete divisoria: lat. transenna = grata, rastello, dal verbo transire = passare, sia perchè la vista passa attraverso, sia perchè le aste si intrecciano passando (se transeant mutuo).
Trànsfuga: lat. transfuga, disertore che passa al nemico, fedifrago, traditore.
Trànsito e transitare: per passaggio e passare, sono due neologismi usati specialmente nel linguaggio delle ferrovie e provenutici dal francese transit e transiter = passer en transit (lat. transitus). Stazione di transito è detta quella stazione in cui, essendovi altre diramazioni o linee, è necessario per ragioni di servizio il passaggio d’uno in altro treno delle merci e dei viaggiatori.
Transustanziazione: termine della teologia cattolica: lat. transubstantiatio: il cangiamento degli elementi nel Sacramento dell’Eucaristia, per l’atto della consacrazione, nel reale corpo e sangue di Cristo.
Tran-tran: andazzo; es. il solito trantran, voce, parmi, popolare e familiare. Nel gergo francese, train-train. Aller son train-train, son petit train-train. Voce onomatopeica.
Tranvai: V. Tramway.
Trapanazione: term. med., operazione che consiste nel fare un orifizio in un osso, mercè trapano o altro strumento.
Trappa: severissimo ordine religioso il cui capo luogo era alla Trappa (Trappe) presso Mortagne (Normandia). Nome proprio divenuto denominazione generale. Questo Trappe, francese, nulla ha che vedere con trappe = trappola. Trappe nel dialetto del Perche dove è Mortagne, vorrebbe dire scaglione.
Trappista: monaco dell’ordine della Trappa. Si dice trappista come si dice frate, cioè di persona misantropa, che fugge i rumori, i piaceri e la vanità del mondo.
Trasalire: è verbo ripreso dai puristi come gallicismo (tressallir). Vero è che è più agevole riprenderlo che evitarlo.
Trasferta: neol. del linguaggio degli uffici: indica il compenso pecuniario dato ad ufficiali publici od agenti che per ragione di servizio si recano fuori della loro sede. «Vociaccia burocratica» la dice il Rigutini. «Viatico, gita, accesso» suggerisce il Fanfani, ma non sono dell’uso.
Trasformatore: (elettrotecnica) apparecchio nel quale si realizza una doppia trasformazione di potenza elettrica a potenza elettrica. Questi apparecchi hanno acquistato oggidì una grande importanza nella distribuzione dell’energia elettrica. Il rocchetto di Rumkorff è il più antico trasformatore.
Trasformismo: oltre che la teoria biologica del trasformarsi di una forma della vita in altra forma (press’a poco come evoluzione o selezione naturale), dicesi da noi trasformismo per indicare quella politica che fu con special cura addottata dal ministro Depretis (1883-1887), la quale tendeva a trasformare e fondere i vari partiti, specialmente nella Camera: una tinta sporca fatta di colori non belli, nè schietti, nè chiari. Come tutto ciò che è ambiguo, duttile, adattabile, sofistico, spiacque tale politica ai migliori nostri: «Quale egli (Alberto Mario) entrò fiorente di forza... nella primavera sacra del 1848, tale egli esce da questa ombra bizantina di trasformismo». G. Carducci. Vale, in Confessioni e Battaglie.
Trasformista: il giocoliere che si trasforma, col trucco, nel volto e nell’aspetto di personaggi noti.
Trasloco e traslocare: per trasferimento, trasferire sono parole dell’uso burocratico; invano riprese dai puristi.
Trasporto: per movimento dell’animo trasportato dalla passione, è ritenuto dai puristi, francesismo. Ma se anche tale, è uno di quei tanti casi di traslato felice che il condannare è più facile che l’evitare.
Tràstola: voce napoletana; vale trappola, inganno.
Tratta: la cambiale comprende tanto il pagherò come la tratta: il pagherò o pagheremo è l’obbligazione di pagare da parte di chi sottoscrive la cambiale, la tratta è un ordine dato ad un terzo (il quale accetta e verso il quale vi è credito) di pagare un’altra persona. Remittente o beneficiario è colui a cui vantaggio è fatta la tratta. Traente colui che dà l’ordine della tratta. | Tratta: specie di pesca usata sul litorale arenoso dell’Adriatico nostro, e consiste nel prendere con lunghissima rete un largo spazio di mare presso la riva: la qual rete, tratta dai due lati alla riva a furia di braccia, restringendosi e raschiando la rena, raccoglie tutto il pesce compreso in quello specchio di acque. Poca pesca e grande uccisione! Il Folengo ne ha una vivace descrizione nel suo Baldo. | Tratta: nel linguaggio ferroviario vale distanza tra due punti fissi.
Trattativa: neologismo dei più comuni, invece di negoziato, pratica, etc. È ripreso da puristi «come una di quelle borraccine che si apprendono all’albore della lingua e lo isteriliscono» (Rigutini).
Tratto d’unione: (fr. trait d’union), lineetta o stanghetta, è segno ortografico per unire due parole le quali esprimono un concetto unico, ma non si sono insieme fuse. Es. Monarchia Austro-Ungarica. Figuratamente trait d’union «vale legame, vincolo, anello di congiunzione», ed è di frequentissimo uso. «Uso sconciamente gallico» lo dice il Rigutini. Di solito si dice alla francese.
Tratturo: nome dato alle vie naturali che nel tavoliere delle Puglie si formarono dal passaggio dei grandi armenti che discendevano per pascolo dagli Abruzzi. Ampie estensioni di proprietà demaniale: nome e cosa assai antica.
Trauma: voce schiettamente greca ([testo greco] = ferita) che i medici usano per significare le lesioni prodotte all’organismo da cause esterne sia contundenti, o taglienti, o laceranti. Derivato: traumatico, traumatismo.
Traumatismo: astratto di trauma; stato generale, particolare per l’effetto di violenze esterne sul nostro organismo.
Travaso (delle idee): per passaggio (influsso) dei pensieri da una in altra mente si dice talora per celia; e il vocabolo travaso, che è proprio de’ liquidi, acquistò tale nuovo e ridicolo senso da un povero onesto uomo, morto da poco in Roma, il quale aveva alcun splendore geniale fra molte stranezze e pazzie, Tito Livio Cianchettini. Costui componeva, stampava e vendeva un suo giornaletto intitolato Il Travaso d’idee. D primo numero vide la luce in Pavia il 16 agosto 1869.
Trave armata: nell’arte muraria così è detta una trave di legno o di metallo che ha un tirante di ferro sotteso da un contrafisso, destinati ad aumentarne la resistenza. Si usa segnatamente nelle impalcature da solaio.
Traversina: appoggio diretto, trasversale delle rotaie: può essere tanto di legno come di ghisa.
Traversino: nel giuoco del bigliardo vale tirare il raddoppio delle mattonelle lunghe (far percorrere alla palla due volte il bigliardo).
Travet: V. Travetto.
Travetto: per impiegatuccio è parola che ebbe gran voga e dura tuttora (dal titolo della notissima commedia di Vittorio Bersezio, piemontese, Le Miserie d’ Monsù Travet). Oggidì non le condizioni economiche, ma le condizioni morali di dipendenza sono di molto mutate da quelle che il Bersezio descrisse: vero è che la selezione dei meno degni e capaci ai gradi di comando, la quale non è rara presso di noi, rende l’ubbidire sempre cosa gravosa.
Travicello (re): V. Re Travicello.
Traversa: voce dialettale veneta, e del contado romagnuolo, il grembiule. V. Zinnale.
Trazione: neol., dal francese traction (lat. tractio, da trahere = trarre), azione di una forza che trae un corpo mobile, carro, veicolo: onde trazione animale con la forza de’ cavalli, buoi, etc.; trazione a vapore, con la macchina a vapore (doppia trazione a due macchine); trazione elettrica, per mezzo della elettricità (generatori fissi ovvero mobili) usata per tranvai e per le ferrovie.
Tre alberi: (fr. trois mâts) detto per brevità di nave a tre alberi, escluso il bompresso.
Trebbiano: ottima specie di vitigno che dà un vino bianco, di colore paglierino tendente all’opale. Il trebbiano concorre in gran quantità a formare il famoso vino bianco romano, detto delli Castelli.
Tréggia: da traho = traggo; in Toscana così chiamasi una specie di slitta o tronco biforcato senza ruote, tratta solitamente da’ buoi, ed usata in montagna per trasportare paglia, fieno, derrate. Voce antica e classica.
Tregua di Dio: voce storica con cui la Chiesa, per temprare la barbarie medioevale, stabiliva alcuni determinati tempi in cui le contese tra signore e signore, feudo e feudo erano vietate in nome di Dio. La locuzione è usata oggidì per indicare sospensione di inimicizie, di lotte politiche, ma si dice con speciale significato.
Trema: i maestri di francese spesso così dicono invece di dieresi: trema, fr., dal greco [testo greco] = buco, punto. (Due punti su di una vocale, indicanti suono diviso dalla vocale vicina; es. naïf).
Trembleur: fr., che trema, nome dato dai tecnici all’interruttore automatico nel rocchetto di Rumkorff (così detto del continuo martellare).
Trèmolo: voce volgare veneta e del litorale romagnolo per indicare la torpedine, torpedo marmorata (specie di pesce).
trenato: per allenato è brutto francesismo, entrainé: non mi pare molto frequente.
Treno di piacere: treno speciale a prezzo ridotto per determinato luogo, a scopo di gite di festeggiamenti. È detto treno di piacere come lucus, dicesi a non lucendo, cioè per la mancanza di piacere, se pure per piacere non si intende quello di essere pigiati come acciughe in barile. Vero è che l’enfatica locuzione è tolta dalla Francia: train de plaisir.
Trentatrè: V. Massone.
Tre puntini: massone o capo della setta massonica, così detto in tuono familiare e di spregio dall’emblema °°°. V. Massone.
Trequarti: nome di istrumento chirurgico, usato per far punture (toracentesi, paracentesi e in generale per dare esito a liquidi patologici). Componesi di uno stelo metallico contenuto in un cannello dal quale esce solo la punta triangolare a facce taglienti: fatta la puntura, il cannello rimane nella ferita perchè si compia lo scolo del liquido. Fr. trocart o trois-quarts.
Tres faciunt collegium: tre persone formano un collegio. Questa è una massima giuridica che il Digesto (De verbor. signif., 30, 16) attribuisce a Nerazio Prisco, console e giureconsulto romano, vissuto verso l’anno 100 dopo Cristo: vuol dire che una società per essere giuridicamente costituita, deve essere almeno di tre individui: si usa molto a proposito per le compagnie di tre individui che sembrano più complete e più geniali di quelle più numerose, e più spesso per significare la validità di un’assemblea quando si è in tre.
Tre volte buono: vale nel linguaggio lamiliaro imbecille, buono fino ad esser vittima o zimbello altrui. Locuz. già registrata (Tommaseo).
Trial: voce inglese dello sport equestre, e vale prova, saggio.
Trias: (dal greco [testo greco], triade, il numero tre), nomo dato dai geologi al primo periodo dell’era secondaria, perchè originariamente era diviso in tre epoche.
Triasico o triassico: aggettivo di trias, termine dei geologi.
Tribadismo: (gr. [testo greco] = sfrego), forma di inversione dell’istinto sessuale nella donna. V. Omosessualità in Appendice.
Tribù: in certo linguaggio familiare e con senso di ingiuria al fiero vincolo di interesse e di sangue, vale la tribù d’Israele, cioè gli Ebrei.
Tribunale dell’Aia: cioè con altra denominazione: Corte permanente di arbitrato internazionale dell’Aia. Tribunale di arbitrio instituito dalla Conferenza Internazionale della Pace, raccolta in Aia dal 18 maggio al 29 luglio 1899 per iniziativa dello Tzar Nicola II. Specie embrionale del Consiglio Anfizionico ellenico. In che cosa non ci ha preceduto la sacra Ellade? NB. per la filosofia della storia: nel 1904 questo Tzar provocava contro il civile Giappone una delle più feroci ed orride guerre che si ricordino.
Tricheco: ordine dei pinnipedi (piedi muniti di pinne), classe dei mammiferi. Specie di grande foca delle regioni boreali, ma fornita di canini superiori sporgenti, e di baffi.
Triciclo: velocipede a tre ruote, fr. tricycle.
Tricolore: per bandiera nazionale è parola tolta dal fr. tricolore. Fu il Lafayette a proporre nel 1789 i tre colori come emblemi di concordia tra il re (bianco) e la città di Parigi (rosso e azzurro). Gli Italiani, grati per la libertà che loro promettevano i francesi, vollero imitarne le fogge nella loro prima organizzazione militare, e perchè vi fosso qualche distinzione, sostituirono al colore turchino il verde, sino a che nella seduta del 9 gennaio 1797 del Congresso Cispadano in Reggio, il tricolore così modificato, fu ufficialmente proclamato emblema di sovranità e da quel giorno data l’istituzione della nostra bandiera nazionale. Il pittore Mauro Gandolfi ne diede il primo disegno con questo spiegazioni: «La bandiera por la legione italiana sarà di stofa di seta emuerre (moir) di tro colori, cioè il verde per base, bianco e rosso. L’altezza sarà di piedi 6 1/2 misura di Bologna e larga 5/2. Nella fascia rossa vi sarà scritto a caratteri d’oro, PMA Legione italiana, abbreviando la parola prima per avere il giusto comparto nella sopra segnata proporzione. Nella fascia bianca che sarà più larga, vi sarà dipinto il fascio consolare di colore d’aciarro, il bonet rosso, i rami di quercia e le lettere in oro. Nella terza fascia le parole Coorte etc. in oro. L’asta dipinta a tre colori terminata con una piccha d’acciarro e suo fiocco a tre colori. Salute e rispetto».
Tricot: voce francese usata per indicare un tessuto a maglia imitante l’intreccio fatto coi ferri per le calze.
Tric-trac: giuoco di dama e di dadi. Il getto dei dadi permette le mosse (V. Gelli, op. cit.). È giuoco antico; il nome deve essere onomatopeico e parrebbe di origine francese (trirtrac). Dicesi anche tavola reale. Il tric-trac è ricordato dal Machiavelli nella nota e famosa lettera a Francesco Vettori: «con questi io mi ingaglioffo per tutto dì giuocando a cricca, a trich-trach».
Triest: il nome di qaesta città istriana va perdendo la desinenza italica ed acquistando suono e scrittura straniera. Triest per Trieste non solo leggesi nelle scritte tedesche, il che è spiegabile dato l’intento di rivolgere a nazionalità tedesca quella città; ma ciò che è più notevole, le stesse ferrovie italiane portano, almeno io la vidi, questa scritta: Venezia-Triest. Molti commercianti italiani spediscono a Triest lettere in tedesco, etc. Piccole cose, le quali tuttavia hanno un certo significato e valore.
Trifase: (sistema trifasico, cioè di tre fasi), voce di elettrotecnica. «È il sistema di tre correnti alternate dello stesso periodo e della stessa intensità massima, ma spostate di un terzo di periodo l’una rispetto all’altra, così che la seconda corrente comincia a prodursi con un ritardo di un terzo, e la terza con un ritardo di due terzi di periodo rispetto alla prima. La scelta della corrente alternata in luogo della continua dipende sopratutto, e specialmente nel caso del trasporto dell’energia a grandi distanze, dal fattore economico. L’energia elettrica è misurata infatti da due grandezze: dalla quantità di elettricità e dalla caduta di livello (potenziale), precisamente come l’energia idraulica dipende dalla quantità di acqua e dal salto da cui cade. Nelle correnti continue non si può, per motivi costruttivi ed economici, alzar troppo questo dislivello elettrico (qualche centinaio di volta), e però per una data quantità di energia, si dovrà aumentare la quantità di elettricità, per il cui passaggio occorreranno fili di rame, grossi, pesanti e però costosi; nel caso delle correnti alternate, invece, si possono raggiungere dislivelli elettrici enormi (migliaia di volta) e in corrispondenza si può diminuire l’intensità della corrente al cui passaggio bastano fili sottili, leggeri e però assai meno costosi». Prof. Sartori. (Una corrente si dice alternata quando la sua intensità cresce da zero ad un massimo, per decrescere con legge simmetrica di nuovo a zero, risorgendo poi in direzione contraria, sempre con il medesimo andamento fino ad un massimo uguale al precedente, per ridiscendere ancora a zero e riprendere la primitiva direzione. Sifatto andamento si può rappresentare con una linea ondulata).
Trinciaforaggi: macchina agraria per trinciare i foraggi. I diz. registrano trinciapaglia.
Trionfo da tavola: fruttiera, alzata, eleganti coppe di cristallo o di metallo a più ripiani per dolci e confetti.
Trinkcalle: voce tedesca, mescita. Nel gergo francese = buvette.
Tripoteur: voce del gergo francese: agioteur véreux qui fait des tripotages à la Bourse. | Tripoteur: fr., da tripoter = far intrugli, guazzabugli, indi imbrogliare, intrigare.
Trittico: in pittura oggi vale, soggetto svolto in tre scompartimenti. Dittico, trittico, polittrico, dicesi di pittura e di scoltura a basso od alto rilievo che sia in due, tre o più parti divisa.
Trocantere: termine di anatomia dato a due tuberosità del femore, poste alla sua estremità superiore.
Troglodita: propr., popolo delle caverne ([testo greco]); dicesi estensivamente per significare somma barbarie e rozzezza.
Troïka: (voce russa che vuol dire tre). Non è nome di carrozza speciale russa, ma vuole semplicemente indicare tiro a tre (cavalli), come quivi è costume.
Trolley: voce ingl., universalmente accolta (to troll = andar qua e là), per indicare la rotella che comunemente fissa ad un’asta al sommo dei carrozzoni elettrici, striscia sui fili aerei, conduttori della corrente. In Milano il popolo usa ancora (forza conservativa dei dialetti!) la voce perteghetta = lancia, pennoncello.
Tromba faloppiana: ovvero ovidutto o più comunemente salpinge (gr. tromba), canale per cui esce l’uovo nell’utero. Dal Falloppio, celebre anatomico nostro.
Trombato: neol. nostro molto volgare e dicesi dei candidati politici che non riescono ad essere eletti, i quali cioè a guisa di note mal suonate, non escono fuori, ma si rimangono nella tromba; questa almeno mi sembra la più probabile spiegazione. Evvi anche il superlativo trombatissimo. Dicesi anche rimaner nella tromba.
Trombone: voce dialettale veneta, vale vanaglorioso, millantatore o con voce non buona ma usatissima, fanfarone.
Trombone: arma da fuoco, corta, con canna di ferro o di bronzo, nella metà superiore foggiata a campana o a tromba, onde il nome. Serviva per difesa a tiro corto nelle fortezze (spazzacampagna). Era l’arme delle bande carliste nella Spagna e dei briganti nel Reame di Napoli: caricavasi a veccioni o dadi. Oggi arma da museo.
Trombòsi: ([testo greco] = grumo, coagulo, e il suffisso osi) term. med., indica la formazione di un grumo nell’interno di un vaso sanguigno, in essere vivente.
Trompe-l’oell: fr., inganna occhio; nome dato a certe prospettive finte di sfondo, o a quadri che imitano coso di natura morta.
Troppa grazia, Sant’Antonio!: fra i santi dispensatori di grazie, uno dei più generosi è S. Antonio da Padova, onde si dice familiarmente troppa grazia, etc., sia quando il beneficio col suo eccesso nuoce, sia quando non è richiesto, sia quando è sospetto: sempre in senso lepido.
Troppo e il vano (il): locuz. dantesca di stupenda precisione (Par. VI), usata per indicare ciò che eccedendo o adornando in eccesso, offende il vero ed il buono, e perciò deve essere tolto.
Trotter, e Trotting: part. ingl. trottando, il trotto. Questo nome è dato all’ippodromo, o campo per le corse al trotto, e si è fatto anche l’agg. trottistico, buono da fare il paio con podistico.
Trottin: jeune fille qui fait les réassortiments dans les maisons de mode, couture. C’est le gavroche femelle des atelier des modistes. Voce del gergo francese. La piscinina milanese è termine dialettale corrispondente. Non so quanto a grazia, ma quanto al resto ed alla monelleria può stare alla pari. Vanta al suo attivo uno sciopero vittorioso.
Trottoir: fr., rialzamento ad arte lungo le vie per comodo de’ pedoni, affinchè non vi montino o passino i veicoli. V. Marciapiede. Femme de trottoir, nel gergo francese, prostituée qui racole, «che batte la frusta», in milanese.
Trou-d’homme: voce fr., usata da’ meccanici: bocca di accesso in una caldaia. Meno usata è la locuzione passo d’uomo.
Troupe: voce fr., non ignota in certo linguaggio per compagnia drammatica.
Troupier: termine familiare francese e vale soldato; ma dicesi spesso con un certo senso di spregio, come per indicare persona che non vede più in là del suo ufficio di soldato. È derivato da troupe. Cfr. Scarpone, voce corrispondente del nostro gergo della caserma.
Trousse: fr., astuccio.
Trovadorioo: agg. riferito all’arte de’ trovatori (trobadours = i nobili rimatori provenzali dell’evo medio).
Trovar pane per i suoi denti: dicesi quando alcun violento, audace, protervo, etc. s’imbatte in chi sa stargli a fronte.
Trovarsi in un letto di rose: frase usata negativamente; attenuazione ironica, vale trovarsi a disagio, in difficile alternativa o contrasto.
Trovata: cioè un ripiego con cui uno si toglie abilmonte e argutamente d’impiccio; improvvisato, trovato lì per lì. Voce frequente, specie nel linguaggio teatrale.
Truc: voce del gergo francese, malizia, giuoco, frode, cioè ruse, tromperie, manière: avoir ou connaîtré le truc la manière. | Trucco (fr. truc) era detto nel secolo XVIII uno speciale bigliardo senza buche in cui per giocarvi con buona fortuna conveniva conoscere il segreto. Da ciò forse il senso derivato? | Usasi tanto la voce truc come la forma italiana trucco; e nel linguaggio teatrale truccarsi = mutarsi di volto, cangiare abito e fisonomia. Trucco vale altresì travestimento, modo di fare, astuzia per non farsi conoscere, e simili, senza mal senso. Trucco è parola romanza e vale bastone. Per l’etimologia, V. Zaccaria, op. cit.
Truccarsi: camuffarsi, ma specialmente intendendo dell’uso teatrale.
Truccatura: voce dei comici: l’arte di adattare, trasformando, la fisonomia e la persona alla necessità della parte nel dramma. V. Truc.
Trucco: V. Truc.
Truck System: letteralmente vuol dire in inglese sistema della permuta, e si intende l’uso di pagare i lavoranti, le opere, non col denaro ma in natura.
Truffaldino: Arlecchino, e per celia, familiarmente, vale imbroglioncello, piccolo gaglioffo (da truffa). Ha esempio del Menzini, Satire, 3.
Truffé: fr. per guernito, coperto, farcito di tartufi, è participio del verbo truffer: non raro nel linguaggio culinario o parlando di vivande (si intende nel gergo dei cuochi e degli albergatori, o nel gran ceto mondano, a cui le parole specifiche italiane sanno di plebeo).
Trust: voce inglese equivalente press’a poco al tedesco Ring, Cartel, al fr. syndicat, ed esprime neologicamente una specie di coalizione o lega di quei potenti che esercitano le grandi industrie allo scopo di accaparrare e monopolizzare un dato commercio o una data produzione, specie delle materie prime e delle cose o industrie necessarie. Altri disse: specie di socialismo capitalista. Giudicate in bene o in male, si possono tuttavia considerare come un prodotto delle civiltà industriali dell’età nostra. Dall’America del Nord, che rappresenta la più alta espressione di cotesta civiltà industriale, provenne il nome e la cosa. Trust vale propriamente protezione, garanzia, fede. Cfr. il tedesco treu = vero, fedele. V. Cartel.
Tse-tse: (Glossina morsitans), mosca dell’Africa meridionale, le cui punture sono esiziali a molti animali.
Tsung-li-yamen: il ministero degli affari esteri presso i Cinesi (secondo la grafia francese, che di solito noi seguiamo per certe voci orientali, Cina, Giappone, etc).
Tub: ingl., tubo, tinozza, bagno. Neologismo introdottosi nel gergo francese, e per via del giornalismo e del linguaggio mondano apparso anche fra noi. Voce apparsa e scomparsa. Parole meteore.
Tubatura: per indicare il complesso dei tubi per condurre liquidi e gas, è voce comune, che si alterna con tubazione e intubazione.
Tubercolo del Darwin: tubercolo situato sull’orlo postero-superiore del padiglione dell’orecchio, rudimento della punta dell’orecchio negli animali. Almeno secondo la teoria dell’evoluzione.
Tubercolòsi: malattia contagiosa ed inoculabile, comune all’uomo ed agli animali, dovuta ad uno speciale bacillo detto di Koch, caratterizzata anatomicamente dalla diffusione di questo bacillo in tutto o in parte dell’organismo e dalla formazione per opera di questi bacilli di un prodotto infiammatorio che ha aspetto di tubercolo (lat. tuberculum, da tuber, tubero, bernoccolo, tumore). Clinicamente ha diverso aspetto e conseguenza secondo che invade tutto il corpo o parte di esso (polmoni, intestino, ossa, glandole, cute). Per tubercolosi generalmente e volgarmente si intende quella polmonare, o tisi, se non che la tisi rappresenta lo stato avanzato del processo tubercolare. La tubercolosi oggi è guaribile, non così la tisi.
Tubercoloso: per affetto da tubercolòsi, è voce usata non solo dai medici, ma oramai anche dalle persone ignare di scienza. V. Tubercolòsi.
Tubi di Crookes: (V. Crookes etc).
Tue-la: uccidila! intendendo della donna adultera e del diritto del marito offeso di vendicarsi in tale modo. Questa abusata espressione francese leggesi in Alessandro Dumas, il giovine, nell’opuscolo L’homme-femme; e nel suo dramma, la Femme de Claude è sostenuta tale tesi. V. più ampiamente Fumagalli, Chi l’ha detto?
Tuffo: per fetore di cosa fradicia, stantìa, è voce dialettale (Romagna, Lombardia, Marche, tuff).
Tuga: voce del linguaggio marinaresco: cameretta di poppa, costrutta sul cassero o su la coperta, a garanzia della macchina del timone o per stanza de’ passeggeri. È antica parola che manca a molti dizionari recenti: vero è che nell’odierna marina è disusata.
Tulle: tessuto di seta o di cotone, fine, trasparente, bucato, come un velo o un merletto. Il perchè del nome non è chiaro, giacchè non pare che Tulle, città di Francia, abbia, come i più credono, dato il nome a questo tessuto. Il Petrocchi registra tulle togliendo l’esempio dal Tommaseo: vero è che molti pronunciano alla francese.
Tu Marcellus eris: motto augurale (Tu sarai Marcello!) dedotto dal libro VI dell’Eneide.
Tumore bianco: artrite tubercolare cronica, così detta dal rigonfiarsi dei tessuti e dalla mancanza del processo infiammatorio, donde il colore bianco della pelle (fr. tumeur bianche).
Tumulto dei Ciompi: V. Ciompo.
Tunnel: voce inglese usata promiscuamente in sostituzione di traforo, galleria, benchè vi siano delle sottili distinzioni che si avvertono nell’uso e che troppo lungo sarebbe determinare con esempi. Noi siamo sotto il tunnel, Quegli operai lavorano al traforo del Sempione.
Tu per tu (a): coi verbi venire, essere, trovarsi, vale di fronte, in attitudine di combattimento e di disputa senza che più alcun mezzo o riguardo sia frapposto: modo antico e classico, vivo tuttora nella parlata.
Tu quoque? lat., anche tu? e si dice per lepidezza. Storicamente sono le ultime parole di Cosare morente, vedendo Bruto fra gli uccisori: Tu quoque, Brute, fili mi? (Svetonio, Vita di Cesare, 82).
Turbina: voce di meccanica, dal fr. turbine, lat. turbo = turbino. La parola ci viene di Francia appunto perchè tale macchina è di origine francese (Fourneyron, Girard, Jonval). È una parola che anche la Crusca dovrà - credo - registrare, quando arriverà alla lettera T: «a) idraulica (T.) Tipo di macchina mediante la quale, applicando il principio su cui è basato il funzionamento dell’arganetto idraulico, si trasforma in energia di movimento, o cinetica, la potenziale dell’acqua scorrente in un condotto; b) a vapore (T.) Tipo di macchina, mediante la quale (od in modo analogo a quello nel quale opera la turbina idraulica o facendo che il vapore di acqua, alla sua uscita dalla caldaia in cui viene generato, agisca immediatamente su piani girevoli) si ottiene senza organi intermediari, quali sono cilindri e stantuffi, la trasformazione in cinetica della energia potenziale del vapore» (F. Grassi). Tale potente apparecchio meccanico si studia di applicare alle navi, ottenendo per tal modo grandissime velocità.
Turbo-alternatore: macchina formata dall’accoppiamento di una turbina a vapore con un alternatore (trasformatore di energia meccanica in energia elettrica con corrente alternata).
Turbo-motore: (V. Turbina) denota specialmente la turbina a vapore.
Turchetto: voce vernacola nostra di alcune regioni, quasi piccolo caffè turco. È il caffè da un soldo, zucchero e liquore compreso. A Milano Vendesi per le vie nelle ore antilucane e domandasi dal modo con cui è servito: caffè del ginocchio.
Turchi [i giovani]: V. I Giovani Turchi.
Turco (o arabo o anche tedesco): dicesi familiarmente parlar turco per dire parlare in modo incomprensibile, e si suol dire negativamente quando altri non ubbidisce quasi non intendendo. Es. Non parlo mica turco!
Turcos: plurale di Turco, nomo dato dai francesi ai fucilieri indigeni dell’esorcito d’Algeria. Questo nome fu loro imposto casualmente al tempo della guerra di Crimea, chè i Russi, vedendoli, al loro vestire, gridavano Turcos! Il nome fu accolto e rimase, rafforzandosi poi nell’uso, al tempo della campagna d’Italia (1859).
Sì, sì, portavo il sacco a gli zuavi
e battevo le mani
ieri a’ Turcòs: oggi i miei bimbi gravi
si vestono da ulani.
Turf: vale in inglese zolla erbosa, indi campo delle corse. Voce dello sport, accolta nel nuovo francese e... da noi.
Turista e turismo: neol. che, per quanto spiacenti, i diz. dovranno accogliere. Ad es. la fiorente istituzione milanese del Touring (Touring-Club) ne ha diffuso popolarmente il nome e la scritta sino nelle più remote borgate d’Italia. «Perchè tale bella Istituzione che insegna e aiuta a viaggiare congiungendo insieme diletto, sapere, economia, non prese nome italiano?» Questa vana domanda potrebbe farsi l’ingenuo purista, non il savio che conosce l’indole e la storia del popolo italiano, e non si accontenta di vedere un fatto singolo con la lente, ma i fatti singoli coordina alle cause. Turista è il viaggiatore per diletto: diletto che gli stranieri insegnarono a noi, popolo sedentario e poco amico della geografia, ben si intende all’età nostra contemporanea, diletto cui favorirono i mirabili mezzi moderni di trasporto, individuali e collettivi: biciclette, automobili, treni di lusso, grandi piroscafi, etc; diletto cui la passione per lo sport diede il fascino della moda. La voce è inglese, tourist, accolta in Francia in touriste: voce internazionale adunque e germogliata sul ceppo greco-latino (cfr. [testo greco], tornus, tour, tornio, torre (?)). Qualche purista propose giramondo, viaggiatore alla pedona. Ma chi se ne vale? e poi vi corrisponde? Il carattere tipico del turista è reso assai bene in questo grazioso quadretto veneziano di Ippolito Nievo (schietta e nobilissima giovane anima italica!):
Il touriste.
Vien duro da Marsiglia
Colla sua guida in tasca
Ed in Piazzetta casca
Illustre oltramontan.
Fiuta San Marco, sbircia
La scala dei Giganti,
Compra un paio di guanti,
Si sdraia da Florian.
Carezza un po’ la morbida
Rivista de’ due Mondi,
Guarda il Corso dei fondi,
Paga il cigarro e il the.
Reduce a bordo, parte
Squartando una bistecca.
— Venezia dalla Mecca
Ei non distingue affè.
Dalle Lucciole.
NB. A Bologna ci fu nel maggio 1904 un’Esposizione Turistica e fu inagurata dal re, da un cardinale, da un sindaco radico-repubblicano, da un poeta (O. Guerrini), etc. C’erano tutti. Non rimane che la Crusca a sanzionare la parola, quando arriverà alla lettera T. Se pure non arriverà in questo frattempo qualche letterato di grido a muovere guerra a turismo e turista come già capitò alla parola réclame, la quale, però, guarita del greve colpo,
volve sua spera e beata si gode.
Turistico: V. Turista.
Turlulù: voce viva familiarmente per sciocco, baggeo. Cfr. il francese tourlourou. Turlulù è voce antica, notata in questo senso nei vecchi lessici.
Turlupinare: per raggirare, imbrogliare etc. è voce nuova e comune: dal fr. turlupiner che nel francese moderno vale se moquer, taquiner. Tale verbo deriva da Turlupin, sopranome dell’attore comico francese Leprand, del secolo XVI; onde turlupin = mauvais plaisant. (Chiamavansi altresì Turlupins una specie di eretici dei secoli XIII e XIV, diffusi in Francia, Paesi Bassi, Allemagna, che a modo di cinici sostenevano non doversi aver pudore di checchessia, tutto essendo naturale, cioè fattura di Dio).
Turno: per vicenda, volta, giro, toccare (tocca a me), è il fr. tour. Arzigogolare su la comune origine latina (cfr. tornio) — cosa comune alla più parte delle voci francesi — non toglie che sia gallicismo, ma di quei gallicismi così vivi ed usati che è inutile riprendere. Nel modo proverbiale chacun à son tour (= un po’ per uno non fa male a nessuno), riprende la forma e il suono francese. Certo è però che il popolo umile non dice turno, e un purgato scrittore sfugge tale voce.
Turtle soup: voce inglese che vuol dire zuppa di tartaruga benchè la tartaruga non c’entri. Questa minestra nazionale degli inglesi è di gran dispendio, di straordinaria complicazione e varia cottura: è una specie di minestra di carne, assai greve con infinità di droghe e sapori.
Tutoyer: da tu e toi: dare, darsi del tu. Questo verbo francese l’ho letto tradotto in tuteggiare (!).
Tutti (il Signor): il publico, il giudizio del publico: locuzione familiare in cui è determinato come individuo l’anonima tirannia della opinione publica.
Tutti i nodi vengono al pettine: V. I nodi, etc.
Tutti i salmi finiscono in gloria: vale a dire: la conclusione è sempre quella, e si dice per lo più con senso faceto od ironico. (È noto che i Salmi dell’Uffizio finiscono sempre con la parola gloria).
Tutti per uno, uno per tutti: motto catechistico del partito socialista, includente il concetto imperativo della solidarietà.
Tzar: V. Czar.
Tze-tze: V. Tse-tse.
Tzigany: in russo, in inglese è il suono della parola nostra zingaro. Nelle stampe ricorre talora questa parola tzigany per indicare la musica degli zingari, la quale è assai caratteristica per le sincopi e i cambiamenti di misura e di movimento.
Tyre: nei pneumatici o gomme delle biciclette di provenienza inglese, leggesi la parola tyre: vuol dire cerchione, NB. Degno di considerazione è l’uso di mettere ai manufatti italiani nome e scritta inglese o francese. Spesso Londra e Parigi (London, Paris) nascondono nomi di borghi e città italiane.