Giambi ed epodi/Libro II/Canto dell'Italia che va in Campidoglio

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Libro II - Versaglia Libro II - Giuseppe Mazzini
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XXII.

CANTO DELL’ITALIA

che va in campidoglio


Zitte, zitte! Che è questo frastuono
Al lume de la luna?
Oche del Campidoglio, zitte! Io sono
4L’Italia grande e una.

Vengo di notte perché il dottor Lanza
Teme i colpi di sole:
Ei vuol tener la debita osservanza
8In certi passi, e vuole

Che non si sbracci in Roma da signore
Oltre certi cancelli:
Deh, non fate, oche mie, tanto rumore,
12Che non senta Antonelli.

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Fate piú chiasso voi, che i fondatori
De la prosa borghese,
Paulo il forte ed Edmondo da i languori
16Il capitan cortese.

Qua, qua, qua. Che volete voi? Chiamate
Il fratel Bertoldino
O Bernardino? Ei cova, ei ponza, il vate,1
20Lo stil nuovo latino.

S’ell’è per Brenno, o paperi, sprecata
È omai la guardia. Brava
Io fui tanto e sottil, che sono entrata
24Quand’egli se ne andava.

Sí, sí, portavo il sacco a gli zuavi
E battevo le mani
Ieri a’ Turcòs: oggi i miei bimbi gravi
28Si vestono da ulani.

Al cappellino, o a l’elmo, in ginocchione
Sempre: ma lesta e scaltra
Scoto la polve di un’adorazione
32Per cominciarne un’altra.

Cosí da piede a piè figlia di Roma
I miei baci io trascino,
E giú nel fango la turrita chioma
36Con l’astro annesso inchino

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Per raccattar quel che sventura o noia
Altrui mi lascia andare.
Cosí la eredità vecchia di Troia
40Potei raccapezzare

A frusto a frusto, via tra una pedata
E l’altra, su bel bello:
Il sangue non è acqua; e m’ha educata
44Nicolò Machiavello.

Ora, se date il passo a la gran madre,
Oche, io vo in Campidoglio.
Cittadino roman vo’ fare il padre
48Cristoforo; e mi voglio

Cingere i lombi di valore, e forte
In rassegnazïone,
Oche, io voglio soffrir sino a la morte
52Per la mia salvazione.

Voglio soffrire i Taicún e i Lami,
E il talamo e la culla
Aurea de’ muli, e le contate fami,
56E i motti del Fanfulla.2

Vo’ alloggiar co ’l possibile decoro
La gloria del Cialdini,
Cantar l’idillio de l’età de l’oro
60Di Saturno Bombrini;

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E vo’ l’umilità mia gualdrappare
Di stil manzonïano,
E recitar l’uffizio militare
64D’Edmondo il capitano

Per non cader in tentazion. La prosa
Di Paulo Fambri, il grosso
Voltèr de le lagune, è spiritosa
68Troppo per il mio dosso:

Gli analfabeti miei, che la lettura
Di poco han superato,
Preferiscon d’assai la dicitura
72Piú svelta del cognato.

E cosí d’anno in anno, e di ministro
In ministro, io mi scarco
Del centro destro su ’l centro sinistro,
76E ’l mio lunario sbarco:

Fin che il Sella un bel giorno, al fin del mese,
Dato un calcio a la cassa,
Venda a un lord archëologo inglese3
80L’augusta mia carcassa.


12 nov. 1871.



Note

  1. [p. 534 modifica]Nelle Piacevoli e ridicolose semplicità di Bertoldino figliuolo del già astuto e accorto Bertoldo composte da Giulio Cesare Croce (Venezia, Usci, 1636) si legge come un giorno “Bertoldino torna a casa e vede l’oca che sta in un cesto grande a covare l’ova, e la fece levar su, e esso entrò nel detto cesto in atto di covare, et alla prima ruppe tutte l’ova con il podice, et erano ormai per nascere i pavarini„ con quel che séguita. Ecco perché possono ritenersi per fratelli delle oche cosí Bertoldino come certi poeti i quali sonosi messi a covar l’ova della poesia popolare con effetti non diversi a quelli della covatura bertoldiniana. Del resto Bertoldo e Bertoldino sono due produzioni importantissime della vera letteratura popolare d’Italia, e delle pochissime indigene. Le raccomando a’ poeti e a’ filologi novelli.
  2. [p. 535 modifica]Questo verso mi attirò dal Fanfulla (3 gennaio 1873) una specie di recensione di certo mio scritto sul Centenario di L. A. Muratori, nella quale mi erano, fra le altre, attribuiti de’ versi su Vittore Hugo che io non ho mai scritti. Aggiunta alla seconda edizione. “Del resto Fanfulla li citò [quei versi su V. H.] a dimostrare che in altri tempi il Carducci era stato fieramente avverso a Vittore Hugo, da lui oggi lodato e talora imitato. Se questo non si dimostra co’ sonetti apocrifi, si dimostra con altri scritti innumerevoli del Carducci e mi basta.„ Così il Fanfulla, rispondendo nel suo num. del 28 settembre 1873 alla noticina di sopra. Ecco: o che farebbe il Fanfulla, se io lo invitassi a citare quegli innumerevoli scritti?
  3. [p. 535 modifica]Avverto che questo è un verso fatto alla foggia di quel del Foscolo Antichissime ombre e brancolando e di altri italiani e latini. Io non amo per niente il verismo dei versi che non tornano.