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Ma: nell’uso familiare questa congiunzione avversativa talora è usata con forza di sostantivo, e vale obbiezione, impedimento, difficoltà e simili. Es. vi sono parecchi ma. Tale uso ha esempi classici e antichi.

Macàbro: attributo, un tempo, del nome danza: serie di imagini e danze rappresentanti la morte e il trionfo della morte, in uso nell’Evo medio, con intento religioso e morale. Oggi dicesi di ogni narrazione o realistica rappresentazione o descrizione che si compiaccia nel richiamo della morte. Il Du Cange, lo Scheler fanno derivare tale voce da chorea machabaeorum, e lo Scheler avverte come nell’antico francese del secolo XII si incontri macabré = machabée. Altri dall’arabo mak bara = canto funerario. Anche lo Zambaldi fa derivare macabro dalla danza de’ Maccabei, sette fratelli ebrei che insieme alla madre e ad Eleasar patirono il martirio sotto Antioco Epiphanes e probabilmente ebbero parte nelle danze de’ morti delle antiche leggende.

Macadamizzare: cioè selciare le strade secondo il sisttuna ritrovato da Mac Adam, ingegnere inglese, 1756-1836; e consiste in un selciato compresso artificialmente con macchine a grandi ruote così che i ciottoli formino un’amalgama fortissima. Alcune nostro strade nazionali, specie del Veneto, formano un Mac-Adam naturalo e antichissimo. (Dal fr. macadamiser).

Macao: nome di noto o comune giuoco d’azzardo: di origino ungherese.

Macaroni: nel gergo francese vale italiano; ciò non suona molto gentile alle orecchie nostre, giacche maccherone vale per noi baccellone, scimunito. Vero è che i francesi danno questo nome solo per allusione al cibo nostro prediletto.

Maccheroni con io sbruffo: V. Sbruffo.

Macchiaiuolo: neologismo del linguaggio dei pittori, e come neologismo locale fiorentino, registrato dal Petrocchi «che schizza, fa alla macchia». Diconsi macchiaiuoli quegli artisti che fanno canone precipuo dell’arte loro il vedere la natura a macchie, il rendere codeste macchie, senza tanti impicci di contorni, di contrasti, di luci. Giacchè altro è il rendere il chiaro-scuro, il contrasto delle luci e delle ombre, e altro è la macchia: maniera speciale che trascura tutto e non rende la visione completa, bensì in un atto transitorio, in quel momento cioè che l’occhio comprende la natura allo stato di masse, o — come appunto dicesi — di macchie non definite, e che vanno di mano in mano delineandosi e definendosi. Hanno — come è naturale e come si capisce — punti di affinità e di contatto cogli Impressionisti. (V. questa parola). È da notare però che il modo tutto speciale e caratteristico di visione e quindi anche di esecuzione e di tecnica dei macchiaiuoli è quasi esclusivo di una scuola, o, per meglio dire, di un gruppo di artisti fiorentini, cui appunto, e quasi solo ad essi, si dà codesto appellativo. Sopranome o nome non si sa bene se da loro stessi adottato o se piuttosto a loro appioppato per distintivo, o anche con intento di [p. 320 modifica]critica, del quale però vanno orgogliosi. Se non loro caposcuola, certo portabandiera (caporale della piccola schiera) fu Telemaco Signorini, morto sul finire del 1900. Scrisse per alcuni anni il Gazzettino combattendo l’Accademia, gli Accademici, i vecchi cànoni dell’arte, e battendo i sostenitori di essi a dritto e a rovescio. Fu certamente innovatore geniale e vivace; se non che il torto del suo gruppo fu di esagerare (come sempre degli innovatori), dando importanza eccessiva, unica a una norma particolare dell’arte, che non è però tutta l’arte. Di lui così dice il Panzacchi nel Libro degli Artisti, Cogliati, 1902, pag. 519, in nota: «Telemaco Signorini, fiorentino, morto vecchio di recente, fu il più autorevole di quei pittori detti macchiaiuoli, che intorno al ’60 cercarono di rinnovare con la sincerità dell’impressione l’arte imbastardita dai romantici e dagli ultimi avanzi dei neoclassici. Fu un singolare artista i cui meriti vanno di giorno in giorno facendosi più chiari».

Macchietta: voce familiarmente usata nell’Alta Italia per significare persona bizzarra, che pel costume o pel vestire è ridicolmente e piacevolmente notevole. Comune nel Veneto, non ignota, credo, in Toscana.

Macchina: è detta talora antonomasticamente la bicicletta. Montare in macchina, cioè inforcare la bicicletta. È infatti la bicicletta, fra le macchine dell’industre secolo XIX, una delle più geniali.

Macchina elettorale: locuzione angloamericana, usata nel linguaggio internazionale giornalistico per indicare, tanto il comitato elettorale, come il complesso dei mezzi e delle forze messe in opera per riuscire nelle elezioni. Presso di noi ha mal senso.

Macchina infernale: ordigno esplodente di distruzione, bomba: fr. machine infernale.

Macchina utensile: i tecnici e gli ingegneri meccanici usano questa denominazione generica per indicare tutte quelle varie macchine le quali fanno agire un utensile (sega, pialla, trapano, tornio, etc.) adempiendo in modo più complesso, potente, perfetto, rapido il lavoro che compiva, o potrebbe compiere, la mano dell’uomo. Gli ingegneri milanesi dicono invariabilmente utènsile, ed è accento errato. (V. Accento) Cfr. il fr. machine-outil, ted. Werkzeugmaschine.

Macchinario: il complesso delle macchine necessarie per compiere una complessa funzione meccanica od industriale.

Mac Farlane: specie di pastrano d’inverno. Voce inglese accolta anche in francese: pardessus sans manches avec pélerine. Da un nome proprio scozzese. Per questa complicata questione dei nomi degli abiti maschili, V. Vestito.

Mâchefer: fr., scoria che si estrae dalla combustione del ferro: da mâcher = schiacciare e fer = ferro.

Machiavellismo: per arte fraudolenta e violenta di governo è vocabolo consacrato dall’uso, e in Italia e fuori. Machiavélisme: — leggo in un autorevole testo francese — système politique, qui se trouve développé dans le livre de Machiavel «le Prince»: sert à designer tout système de gouvernement et toute politique ayant pour base le despotisme, le pouvoir absolu sans frein, et pour moyens d’action le mensonge, l’hypocrisie et les procédés les plus contraires à l’equité. È una delle tante ingiustizie storiche, le quali si possono correggere forse nell’opinione, non nella parola. Essa ingiustizia si formò per due cause: primamente per avere sintetizzato nel grande statista fiorentino gli errori e le opinioni dei tempi, secondo per essere stato il Machiavelli sincero nella vita e negli scritti. Il diritto che egli insegna non discorda pur troppo dalla realtà della vita e degli uomini, e la sua politica, mutate le forme, è quella che ancora impera nel mondo. Ora l’umanità non fu ne è disposta a critica benevola verso chi osò rivelarla ignuda. NB. Niccolò Machiavelli morì povero e i potenti della terra lo lasciarono in abbandono. Figli di Machiavelli si legge talora, riferito agli Italiani: perifrasi di cui troppo lungo sarebbe il discutere: vale quasi eredi della politica del Machiavelli (!?)

Macis: rivestimento carnoso o arillo della noce moscata (seme della Myristica [p. 321 modifica]moschata o fragrans) che serve por aroma, modicamento, essenza.

Mackintosh: nome dell’inventore della gommatura dei tessuti. Dicesi anche di specie di impermeabile.

Macramè: frangia, passamano, e per estensione si dice di certi lavori che si eseguiscono mediante nodi e intreccio di cordoncini grossi fili; e se ne fanno galloni, reticelle, etc. In genovese, asciugamani.

Macro: prefisso greco, [testo greco] = grande, lungo, che si trova in composizione di molte voci mediche e scientifiche: macrostomia, gran bocca; macropodia, grandi piedi; macroglossia, grande lingua; macromelia, grandi membra; macropsia, vista esagerata, che vede gli oggetti maggiori del vero; macrochiria, grandi mani etc. includendovi sempre il concetto di anomalia e di mostruosità.

Macrocosmo (e microcosmo): [testo greco] grande e [testo greco], piccolo + [testo greco], universo, termini filosofici: il gran mondo (macrocosmo) detto dell’universo, in opposizione all’uomo (microcosmo o piccolo mondo).

Macte animo o macte virtute: espressione latina di esortazione e di augurio.

Madam: inglese, signora, mylady: si adopera soltanto nel vocativo.

Madama: fr. madame per signora è voce notata dai puristi. Ma per signora di gran paraggio e riferentesi a nobili e reali donne di Francia, ha esempi della più pura classicità nostra! Madama poi in senso lepido e faceto, è popolare. Certo potrà essere difettoso il madama dei subalpini, adoperato invece di signora, ma è cattivo uso regionale. Madamigella poi non mi pare gran che dell’uso, o se si dice, dicesi francesemente. Madamigella, come madama, talora è parola adoperata in senso lepido. V. Madamina. Madame storicamente fu titolo dato in Francia alle fanciulle reali, ancorchè zitelle, ma con l’aggiunta del nome. Parlando di regine e imperatrici non dicesi madame la Reine, ma usasi madame come vocativo, parlando, scrivendo. In italiano bene vi risponde la bella voce signora, e Signora chiamò il Carducci la regina Margherita di Savoia, del quale vocabolo gli fu fatto rimprovero come di plebea ignoranza, al che il grande Poeta rispose: «e se io le dissi Signora, non è vero che mi correggessi: volevo dire Maestà, non sono avvezzo a parlare con le regine. Cotesto è un madrigale ignorante. Come al Re nel vocativo si dice Sire, così alla Maestà della Regina d’Italia si dice Signora, come Señora a quella di Spagna e Madame a quella di Francia, quando ce n’era. Cortigiani delle gazzette, imparate almeno le prime creanze del servaggio!» (Eterno Femminino regale).

Madamina: idiotismo lombardo che significa la sartorella, o la sartina, o la crestaia. Le eleganze di questo tipo femminile sono varie secondo il paese e le abitudini, ma identica e caratteristica ne è la psicologia ed il costume. V. Grisette, Midinette. Per Madamina, V. una graziosa descrizione de Le giovani di bottega, o sia le Madamine. Corriere milanese delle dame, 10 luglio 1819, pagina 227.

Madapolam: tela candida e fine per camicie. Madapolam, oggi villaggio dell’India meridionale, fu centro importante di commercio del cotone durante il florido periodo della Compagnia delle Indie orientali, e diede il nome a questo tessuto.

Made in Germany: e anche made in Italy (fatto in Germania, etc.) è marca commerciale che si suole apporre, come richiesta, ai manufatti che hanno maggior probabilità di spaccio nelle esportazioni in Inghilterra e nelle colonie inglesi.

Mademoiselle: fr., per istitutrice, damigella di compagnia, specialmente se francese. V. Miss, Fraülein.

Madiere o madiero: ciascuno di quei principali pezzi di costruzione, che piantati di traverso su la chiglia del bastimento, formano la prima base e il primo innesto di tutte le coste del medesimo (Guglielmotti, op. cit.).

Madro: nel nostro gergo dei comici così è chiamata con ironico e felice traslato al genere maschile, la madre della giovine attrice. Ella ne custodisce la virtù pericolata come fosse una virtù pericolante. Insomma, una specie di allenatrice naturale alla vita del palcoscenico. Tipo comico antipatico nel tempo stesso. [p. 322 modifica]

Maestra: nel ling. mar., indica la maggior vela del bastimento, così quadro come latino, e insieme la più bassa e centrale. Detto dell’albero della nave, V. Albero.

Màfia e non màffia: associazione o consorteria, con forte carattere di setta e di violenza, fiorente — ancorché illegale — in molte terre di Sicilia. (V. per le affinità di filosofia storica, Manzoni, P. S. Cap. I.) «La parola màfia viene dal gergo delle carceri donde uscì solo nel 1860 per mezzo di una commedia del signor Rizzotto, che descrisse l’associazione ivi esistente. Fu allora adoperata per indicare un altro fatto sociale che prima non aveva avuto un proprio nome» . P. Villari, nota alle sue Lettere meridionali. V. Allongi, La Mafia, Remo Sandron, 1904. L’etimologia della parola non è certa. Lo Zambaldi op. cit. dice: forse dall’arabo.

Mafioso: o imitando il suono dialettale, mafiuso, settario appartenente alla mafia; o dicesi genericamente di persona partigiana, come camorrista.

Magattèll: voce milanese vale burattino, cioè il fantoccio che si manovra dal di sotto introducendovi la mano. Il Cherubini spiega la parola come una corruzione di un imagitelli, lat. imaguncula = piccola imagine.

Magazine: (pronuncia mag-a-zèn) voce inglese, usata per indicare quelle Riviste, adorne di vignette che sono come un magazzino o miscellanea di vari scritti di natura dilettevole, varia e pratica per la coltura democratica e spicciola dei nostri giorni. La prima stampa di tal genere in Inghilterra fu il Gentleman’s magazine nel 1731. Molte riviste italiane si sono informate a tale costume straniero, facendo delle vignette e delle curiosità il principale loro pregio. È un progresso?

Magazzeno: per magazzino è versione della equivalente parola francese, che si pronuncia magasen. Appartiene al numero di quei gallicismi che, se anche non sono evitati, sono generalmente riconosciuti come difettosi.

Maggiostrina: voce milanese acconciamente e talora lepidamente detta per indicare il cappello di paglia (la paglietta) che si porta in sul venire della buona stagione. Maggiostrinna inoltre è diminutivo dialettale lombardo di magiòstra = fragola. Avvertasi che maggiostra e magiòstra per grossa fragola, è voce registrata anche ne’ diz. italiani (Scarabelli, Gherardini) e dal Petrocchi fra le voci morte.

Maghetto: emiliano e romagnolo, macone umbro, indica il ventriglio dei polli, dal tedesco magen. Voce press’a poco comune nei vari dialetti italici, venuta forse col dominio de’ Longobardi. In milanese magòn = stomaco dei bovini, e accoramento (verosimilmente dal riflesso doloroso nell’epigastrio, quando si è afflitti).

          In cá del pover omm gh’è sto magòn
          tucc se lamenten e tucc han reson!

(Maggi, Fal. Fil. I, 9).

Nel milanese volgare per indicare il ventriglio ne’ polli dicesi perdée.

Magiòstra: per fragola è puramente dialettale lombardo. V. Maggiostrina.

Maglieria: neol. nel significato di negozio di maglie ovvero di ogni genere di maglie.

Magna Charta: è per gl’inglesi press’a poco ciò che lo Statuto Albertino per gli italiani. La Gran Carta data sin dal 1215, e fu per domanda de’ baroni d’Inghilterra concessa da re Giovanni Senza Terra, e poi confermata nel 1624 da suo figlio Arrigo III. Questo Statuto che stabilisce il diritto, la giustizia e la libertà del popolo rivendicandolo da ogni illegalità e violenza, è sino ad oggi considerato come il fondamento vivo e solenne delle franchigie costituzionali dell’Inghilterra, e molto valse ad educare quel popolo ai liberi ordinamenti.

Magnalio: lega di magnesio ed alluminio in proporzioni diverse secondo lo scopo cui deve servire (90% di al. e 10% di magn., oppure 80% di al. e 20% di magn., od anche proporzioni differenti da coteste).

Magnanimi lombi: = nobili ed illustri progenitori (Parini, Mattino, 2) locuzione fatta comune ed usata ironicamente, secondo il senso del Poeta.

Magna parens frugum: così Vergilio chiama l’Italia gran genitrice di biade. Salve, magna parens frugum, Saturnia tellus. (Georgiche, II, 173). Saluto [p. 323 modifica]solenne cui i tempi e i fati aggiunsero senso sacro e profondo.

Magna pars: lat. gran parte: ricorre questa locuzione, tolta da Vergilio, per indicare che alcuno è operatore od autore massimo in qualche cosa (quaeque ipse miserrima vidi | et quorum pars magna fui, che io stesso il vidi, ed io gran parte fui, Eneide, II, 5, 6.)

Magnate: (dal lat. magnus = grande) titolo dato in Polonia e in Ungheria ai membri dell’alta nobiltà. Oggi titolo onorifico.

Magnis ìtineribus: propr. in latino a grandi giornate, e dicesi delle milizie che muovono a grandi tappe, cioè rapidamente: per estensione: in riassunto, per sommi capi.

Magone: voce dialettale lombarda. V. Maghetto.

Magrone: chiamano gli agricoltori e gli allevatori quei suini i quali sono bensì sviluppati, ma non sono ancora stati sottoposti all’ingrassamento.

Mahdi: il Messia dei maomettani che convertirà tutto il mondo all’islamismo e compirà l’opera di Maometto. Celebre fra cotesti presunti profeti, risorgenti ogni tanto in Oriente, fu Achmed Suleiman che destò enorme fanatismo fra’ suoi seguaci (Dervisci, V. questa voce) nel Sudan. Fu signore del Cordofan, ruppe presso El Obeid l’esercito egiziano, si impadronì di Cartum, chiave dell’Egitto, nel 1885, invano eroicamente difesa dall’inglese Carlo Gordon che vi incontrò la morte. Morte fieramente vendicata e città ripresa in questi ultimi tempi dagli inglesi, i quali non vogliono onte su le loro bandiere. La grafia madì è poco seguita nell’uso.

Maidico: da maïs gli scienziati, i tecnici, etc. hanno fatto questo aggettivo. Es. malattie maidiche (la pellagra). Povero Fanfani, anche per questa parola è morto a tempo, chè se l’avesse intesa, Dio sa quanto no avrebbe sofferto! V. maïs.

Mail-coach: pronuncia mel-cocc) o stage-coach o anche stage: è l’antica, grave e grande vettura postale a tiro a quattro. Gli inglesi, che non buttan via niente, l’hanno rinnovata, e con che lusso! per le corse: sui sedili in alto stanno signori e dame, dentro, i domestici. Li guida uno de’ signori e dietro stanno, di solito, due tubatori, a diletto anch’essi delle, ahi, non più docili plebi: docili tuttavia alla contemplazione dell’ozio e della vanagloria altrui. Mail coach è voce inglese accolta altresì in francese.

Maillechort: nome che danno i francesi (e si usa fra noi) al metallo bianco, o argentano, o alfenide, o packfong, secondo la varia composizione del rame, dello zinco e del nichelio.

Main gauche: mariage de la main gauche: matrimonio della mano sinistra Morganatico (matrimonium ad morganaticam o ad legem salicam), propriamente è quel rito pel quale i principi sposano in seconde nozze, solitamente, donne inferiori di grado; ed offresi la mano sinistra: i figli, benchè legittimi, non partecipano della eredità, nè del nome, nè del grado. La costumanza è antica, di origine germanica, a noi venuta coi Longobardi. Nell’uso comune si dice di persona qualificata che sposi donna di impari condizione, e prevale in tal caso la espressione francese.

Maionese o maionesa: V. Mayonnaise.

Maire: in Francia il primo ufficiale municipale: sindaco, gonfaloniere, podestà in nostra lingua. Maire, dal lat. major = maggiore.

Maïs: grano turco, formentone, granone, mèlica. La parola maïs (di Haiti) passò in Francia e quindi fra noi. È una delle voci che fa veder rosso al Fanfani: usata nei libri, ma non attecchita nel popolo.

Maître d’hotel: a questo prevalente vocabolo francese risponde la nostra bella maggiordomo: siniscalco, cioè maestro di casa, e scalco dicevasi di colui che tagliava lo vivando prima di porle su la mensa e a questa presiedeva. Scalcare l’arte del tagliar le vivande: parole quasi spente.

Maiuscola: si scrive in italiano con lettera maiuscola: a) la prima lettera del periodo, del verso (oggi pel verso, col forte esempio del Carducci, la minuscola) e, secondo i più, la prima lettera delle citazioni o di un discorso diretto, cioè dopo i due punti: ma non è legge; b) i nomi [p. 324 modifica]propri usati come tali come: Senato, Parlamento, Camera; i sopranomi come Griso, Azzeccagarbugli; i numerali opinativi, proposti ad un nome proprio, es. Carlo Terzo, Pio Settimo; i nomi dei popoli, es. i Francesi, i Russi; il Noi e il Nostro dei sovrani. Re e Dio a chi pare e piace, secondo le opinioni, benchè il secondo nome, come simbolo e segno della maggiore delle idealità umane, dovrebbe essere onorato della maiuscola; c) i titoli dei libri; d) i nomi delle solennità, Pasqua, Natale. Ma si vorrà accusarmi di esser pedante e sottile critico se dico che oggidì, nel considerare come propri i nomi comuni, si abusa e si imita un po’ troppo da vicino la maniera tedesca che scrive con maiuscola ogni sostantivo?

Major e longinquo reverentia: sentenza latina (Tacito, Ann. I, 47) a cui risponde l’adagio italiano: confidenza toglie riverenza.

Maki: nome dato a parecchie Proscimmie o Lemuri, ma specialmente al Lemur Gatta del Madagascar.

Mala cosa nascer povero!: V. Pauper ubique iacet.

Malandrinaggio: astratto di malandrino, cioè la vita, e il costume di darsi a cotale genere di esistenza delittuosa.

Malapena (a): a fatica, a stento: locuzione dell’uso.

Malaria: e derivato malarico. Questo infausto nome italiano (mala aria) è usato anche fuori del confine del bel Paese: in francese vale paludisme, o fièvres palustres. La malaria è una malattia che si manifesta per lo più. con parossismi febbrili e forme intermittenti, determinata, secondo gli studi del Golgi, ed altri, dal ciclo evolutivo che compirebbero nel sangue umano speciali elementi cellulari, detti sporozoi, innestati, come avrebbero dimostrato le recenti ricerche del Grassi, Bastianelli etc. dalla zanzara con la sua puntura. Sarebbe specialmente il genere Anopheles che ospiterebbe il parassita malarico onde l’uomo è infettato. V. Anofele.

Malarico: neol. V. Malaria.

Malattie professionali: sono chiamate quelle infermità in cui specialmente si incorre esercitando un dato mestiere.

Malattie segrete: V. Malattie veneree.

Malattie veneree: sono chiamate quelle infermità che si contraggono, solitamente, per contatto sessuale con individui infetti. Da Venus = Venere, dea dell’amore. Diconsi anche malattie segrete perchè tali morbi che vanno da forme lievi e passeggere a forma gravissima, quale è la sifìlide (lue venerea o morbus gallicus), attaccandosi per effetto di disonesti amori, suole chi ne è colpito tacerli e occultarli. Vero è che si potrebbero chiamar segrete anche per altra cagione che non è il caso di spiegare.

Mala vita: nome dato, nell’Italia meridionale, indi esteso ad altre regioni, ad associazioni, come la camorra, la màfia, che hanno per intento il mutuo concorso e soccorso nell’operare fraudolentemente o violentemente.

Mal della lupa: termine volgare di quella forma di malattia che i medici chiamano bulimia.

Mal du pays: = nostalgia. Non è locuzione comune, ma la gente mondana usa talora questa locuzione francese per indicare quel desiderio, simile ad uno sconsolato male, che vince e annienta coloro che non resistono a vivere in terra straniera. Il francese ha pure la parola nostalgie ([testo greco] = ritorno e [testo greco] = dolore), ma l’usa specialmente nel linguaggio della medicina.

Male della montagna: turbamento profondo che colpisce talora nelle ascensioni alpine: si manifesta come un principio di asfissia, stanchezza e abbattimento grande, disturbi di stomaco, respirazione spessa. Proviene specialmente dalla rarefazione dell’aria.

Maledictus homo qui confidit in homine: (Geremia, XVII, 3) maledetto l’uomo che ripone la sua fede nell’uomo.

Malesuada Fames: fame consigliera di male (Vergilio, Eneide, VI, 276), et turpis Egestas, i due mostri che stanno all’ingresso dell’Averne. Questo umano pensiero fu già espresso da Euripide (Elettra 376): [testo greco]: la povertà è di per sè una malattia, e insegna all’uomo il male [p. 325 modifica]per mezzo della necessità. Cfr. il Parini, Il Bisogno.

Malgrado: «vale: pur non essendo o andando a grado, pur non piacendo: e, siccome piacere e, dispiacere sono propri soltanto degli esseri animati, così quella preposizione non può essere riferita, come il fr. malgré, a nomi indicanti cose, e usurpar quindi l’ufficio di nonostante. — Errarono quindi il Foscolo, Lettera: mi scrive che, malgrado alcuni debiti (...malgré quelques dettes... s’è ad ogni modo concertato col Ministero della guerra. Manz., XXXVIII: malgrado quest’aiuto (malgré ce secours) le cose si rincamminarono. Il fr. malgrè, riferito a cose, corrisponde dunque a: non ostante, riferito a persone, corrisponde a: malgrado. La lingua italiana è più varia ed etimologica della francese». Così il sig. Allan op. cit., ma dagli stessi esempi autorevoli appare quanto sia forte ed antico l’uso di questo malgrado pure in eccellenti scrittori. Malgrado mio, tuo, suo, sono, per le ragioni dette sopra, da ritenersi modi italiani schiettamente, nè urge, come vorrebbero alcuni scrupolosi di purità, costituirli con a mal grado mio ovvero mal mio grado. Tengasi a mente l’esempio del Caro nella versione dell’Eneide, lib. I:

          Gente inimica a me, malgrado mio,
          naviga il mar tirreno.

Maligno: in medicina dicesi di mali che presentano un carattere grave ed insidioso, d’un tumore suscettibile a generalizzarsi e addurre la morte dell’infermo.

Malleina: V. Morva.

Malo periculosam libertatem quam quietum servitium: classico aforismo e formula liberale: antepongo una perigliosa libertà ad una tranquilla servitù, cioè preferisco la libertà con tutti i suoi mali, al governo tirannico con tutti i suoi benefici.

Malthusianismo ossia legge di Malthus: tendenza della popolazione ad aumentare in proporzione geometrica, mentre i mezzi di sussistenza aumentano in proporziono aritmetica, onde quella soverchiando su questi, ne consegue che in un dato punto dell’avvenire gli alimenti più non basteranno a sostentare l’umano genere. Necessaria cosa, quindi, prevenire questo avvento col regolare e diminuire il fatale aumento della popolazione (Essay on the Principles of Population, 1798). Molte critiche vennero fatte alle due leggi dell’aumento della popolazione e dell’alimento. Notevole però è il fatto che il principio di Malthus confortò il Darwin ed il Wallace alla teoria della lotta per l’esistenza pel mondo animale (Struggle for Existence): la quale lotta è fondamento della Selezione naturale. Malthusiano è termine comune e familiare per significare chi, ad arte, limita la prole o non ne vuol sapere di figliolanza.

Malto: (malt) orzo tallito o germogliato, cioè il prodotto intermedio che si ottiene co’ cereali nella fabbricazione della birra,

Maltusiano: V. Malthusianismo.

Malva: da questo noto nome di erba emolliente e lassativa con cui si fanno empiastri, sono chiamati con voce familiare di gergo e con senso spregiativo in molte regioni d’Italia quelli che seguono le opinioni temperate in politica: i così detti moderati, V. questa parola. Col decadere però dell’influsso e della potenza di questo partito non ha più sua ragione d’essere la parola di scherno: decade infatti dall’uso.

Malversazione e malversare: neologismo tolto dal francese malverser e malversation. In buon italiano prevaricare, prevaricazione o peculato (latino peculatus) truffa, baratteria; cioè il delitto del publico ufficiale che distrae o sottrae denaro di cui abbia per ufficio l’amministrazione.

Maman: V. Mammà.

Mamellone: por estensione di mamellon, capezzolo della mamella, chiamano i francesi il poggio o il colle staccato, ovvero il sommo del monte che esce in tal forma, e infine ogni protuberanza o tubercolo. Questo mamellone e il mamellonato (mamellonné) che ne deriva, si leggono talvolta presso di noi. Certi francesismi non valgono più o mono degli altri, ma quando non sono necessari, sono esteticamente difformi, malamente formati, non pssono a meno di generare un senso di disgusto, anche se si è italicamente indifferenti ad ogni decoro del linguaggio.

Mammà e papà: non piacciono ad [p. 326 modifica]alcuni puristi e sono ritenuti per gallicismi, maman e papà. Certo maman fu voce francese scritta da buoni autori nostri, sul principio del secolo scorso, e può darsi che l’imitazione di Francia abbia rafforzato l’uso delle due parole in vece di babbo e mamma, ma possono anche ritenersi papà, mamà per voci naturali. Giustamente il Pascoli in una sua nota in Fior da fiore, pag. 89, scrive: «Papà: si vuole che non sia italiano papà! Vorrà dire che i bimbi coi loro labbruzzi fanno, senza che nessuno abbia loro insegnato, dei gallicismi! E si dica altrettanto di mammà. O bambini: dite papà e mammà quanto vi pare e piace: sono parole della lingua universale». Manifestamente il Pascoli è sotto l’impressione delle belle mi’ nerbate che il troppo feroce e poco fine P. Fanfani minaccia a chi usa papà e mammà.

Mammana: per levatrice, antica voce, viva nei dialetti dell’Italia centrale. Nel Veneto, Comare.

Mammut: elefante fossile della Siberia, i cui avanzi si rinvengono pure in quasi tutti i paesi d’Europa, compresa l’Italia. È l’Elephas primigenius dei paleontologi. L’avorio fossile della Siberia proviene appunto dalle immense zanne di questo gigantesco proboscidato quaternario, il quale era provvisto di pelliccia e di criniera.

Managgia: esclamazione napoletana, estesa a quasi tutta l’Italia meridionale e centrale, = male o malanno abbia, maledetto sia, malannaggia. Mannaggia l’anema toja, e i muorte tuoje, è l’infame e tipica bestemmia napoletana.

Managgia La Rocca (generale): maschera e macchietta romanesca, recente: tipo di Rodomonte. Capitano Spaventa, Ammazza sette e Stroppia quattordici, etc. Ricorre talora nel linguaggio de’ giornali.

Manchette: polsino. Coup de manchette nel linguaggio della scherma indica il colpo di taglio con cui si cerca di ferire l’avversario al polso della mano che tiene la sciabola.

Manchon: in francese significa manicotto, cioè quella nota specie di pelliccia in cui le signore nascondono le mani, e non polsini come dicono alcuni da noi (Milano) storpiando il francese e l’italiano insieme. Per significare i polsini, i francesi dicono manchettes.

Mandarinismo: come è noto, mandarini (parola sanscrita, mantrin = consigliere, introdotta dai Portoghesi in Cina) sono chiamati gli impiegati e gli ufficiali che amministrano quell’Impero, famoso per la sua immobilità conservatrice. Si tratta di un vero esercito burocratico di impiegati, reclutati e promossi per esame, spesso ignoranti, concussionari, venali. Secondo comune opinione, noi per mandarini intendiamo gli alti ufficiali di questa burocrazia, e fondendo insieme i concetti su espressi con quello di grande autorità infeudata in persona che si gode la sinecura di un alto ufficio, creammo questo astratto per indicare uno stato sociale, una tendenza morale che è non solamente nell’impero giallo ma anche nel dolce nostro Paese! Fra i neologismi ho trovato anche questo, mandarinismo intellettuale per indicare la bramosia di titoli, diplomi, onori ufficiali, accademici, gradi che sono più o meno segreto sogno de’ nostri dotti, letterati, scienziati, etc.

Mandrillo: scimmia della famiglia dei cinocefali: dicesi, volgarmente, di uomo lussurioso.

Mandrino: francese mandrin, voce usata nel linguaggio dei meccanici ed indica la parte del trapano o di qualsia perforatrice a cui si adatta l’utensile che serve ad allargare fori già fatti: allargatoio dicono pure i meccanici. In tedesco Dorn.

Manducemus et bibamus, cras enim moriemur: filosofia della vita quale S. Paolo (Epist. I ad Corinth, 15, 32) riferisce con dispregio a Sardanapalo, l’antico re edonista. La sapienza della dottrina del quale re è altresì riferita nelle comuni parole latine: edamus, bibamus, post mortem nulla voluptas. Filosofia che è più facile vilipendere, come fecero gli stoici e cristiani, che combattere con valide ragioni.

Maneggio: per cavallerizza è riprovato dal Fanfani: per raggiri, arti, intrighi dal Rigutini. Neologismi derivati dal fr. manège.

Maneggione: termine milanese [p. 327 modifica]maneggiòn = faccendone, ministro maggiore di osti, caffettieri e simili.

Mane Thecel Phares: parole fiammanti di incerto senso, apparse al convito di Baldassarre, re di Caldea, profetanti la rovina di lui (Daniele, cap. V, 25). Si ripetono per antonomasia quando si voglia indicare avvertimento pauroso ed oscuro.

Mangiar il pan pentito: locuzione nostra popolare che significa pentirsi, quasi mangiare il pane bagnato o condito dalle lagrime del pentimento, che sanno di sale e di amaritudine più di ogni altra.

Mangiar la foglia: comprendere a volo e a tempo, ma senza farne mostra, e si intende solitamente comprendere che altri trama a nostro danno o con nostro sfruttamento. Viva locuzione, dedotta probabilmente dall’osservazione di alcuni animali che per l’istinto loro finissimo conoscono il cibo velenoso o malefico al fiuto o al primo assaggio. Il Tommaseo scrive: «forse dai bachi». Si potrebbe anche spiegare così: il sapore della foglia, come limone, vite, pesco, basta a farci conoscere il frutto: da ciò la locuzione.

Manglier: è il nome francese della Rhizophora Mangle, piccolo albero delle lagune e delle spiaggie marine dell’America intertropicale e del Malabar, la cui corteccia astringente è adoperata come gargarismo ed emostatico. Dal suo tronco cola un succo, che disseccato riceve il nomo di kino o chino della Colombia (Calegari).

Manica: fu detto già per banda, compagnia di soldati: oggi dicesi familiarmente nelle locuzioni: manica di birbanti, di farabutti, e simili. Di manica larga o di manica stretta è traslato familiare per dire persona facile o difficile a concedere, e si intende di chi è investito di alcuna autorità morale, come, confessore, maestro, etc.

Maniche a vento o trombe a vento: in marineria sono così chiamati i ventilatori: gran tubi metallici, eventualmente di tela, emergenti in vari punti delle soprastrutture. Terminano a cuffia girevole sull’asso verticale, in modo da prender aria fresca e condurla ne’ locali inferiori, specie delle macchine.

Manicomiale: agg. neol. e arbitrario da manicomio.

Maniero: abitazione nobile e forte fuori della città. Questa parola il Petrocchi registra come voce fuor d’uso. Nel senso, però, di castello antico mi pare voce viva.

Man mano: questa locuzione che spiace ai puristi (V. il paragrafo A. in fine) ha valore dall’uso, presso che comune. Il Pascoli, scrittore di molta autorità in fatto di lingua, non dubita di usarla:

               Man mano intrecciavi i capelli
               man mano allungavi le vesti.

Mannequin: dal neerlandese manneken diminutivo di mann che in tedesco vuol dire uomo, dunque piccolo uomo, ometto. In italiano o si pronuncia alla francese, si traduce per manichino che certo è brutta voce. Mannequin è il modello di legno snodato che serve ai pittori: indica altresì quel fantoccio di vimini che serve alle sarte per provarvi le vesti: e in questo senso l’udii in Romagna chiamare la pupa, nel ferrarese la puttazza (da putta). Dicesi anche di chi agisce non da sè, ma per impulso altrui: fantoccio, burattino, testa di legno, bamboccio. Non mancano nomi in italiano. In tedesco Büste, Gliederpuppe.

Mano: innumerevoli sono le locuzioni formate con la parola mano, e si trovano in ogni lessico. Notiamone qualcuna: giurare in mano di, etc. cioè in presenza di chi è investito di una data autorità: mano regia già si disse l’autorità civile nelle cose ecclesiastiche. Dice in alcune regioni il popolo mano regia per indicare facoltà piena di fare: mano nera, (mano negra) nome di una setta anarchica spagnuola (1878, 1883), dimostrata invenzione della polizia: di seconda mano, dicesi di notizie attinto non alla fonte o al documento, ma copiando da altri, o di merci acquistate non dai produttori, ma dai rivenditori.

Mano morta: dicesi oggidì dei beni inalienabili delle istituzioni perpetue, specialmente di beneficenza, dei beni delle fabbriche o fabbricerie, onde la così detta tassa di mano morta, che tiene le veci [p. 328 modifica]di quella di successione. I possessi delle corporazioni religiose, cui la legge non concede, non essendo soggetti a successione, sarebbero mani morte. Come termine storico dell’antico diritto feudale, mano morta vale forza morta, stato cioè di persona che, essendo vassalla, non poteva testare ne disporre de’ suoi beni; i quali naturalmente ritornavano al feudatario. Diritto di mano morta era dunque, il diritto da parte del signore feudale di ereditare da coloro che dimoravano nel feudo, essendo in istato servile. La Rivoluzione di Francia abolì tale diritto.

Manovra: per esercizio militare, movimento dei treni, etc. è riprovato dai puristi come gallicismo, e così il verbo manovrare: fr. manoeuvre e manoeuvrer. Meglio possiamo dire che si tratta di uno dei tantissimi neologismi, non creati da noi, ma provenuti dal francese e oramai indispensabili. Il Rigutini ammettendo la necessità di tali voci, consiglia di non usarle in senso figurato.

Manovra: nel ling. mar. così si chiamano complessivamente tutti i cavi e i cordami dell’alberatura delle navi, e si distinguono in manovra dormiente o fissa e manovra volante o corrente.

Mansion House: V. City.

Manu militari: lat. con mano militare, cioè usando, nell’esecuzione di leggi o decreti, il diritto della forza, quando la forza del diritto pare insufficiente.

Manustuprazione: V. Onanismo in Appendice.

Manteau: francese: nel linguaggio della moda occorre talvolta in vece di mantello. «Questi vocaboli, assolutamente non necessari e che, usati, indicano inferiorità intellettuale, sono assolutamente da combattersi, anche registrandoli nei vocabolari. Nell’Alta Italia, specie in Lombardia e in Piemonte, c’è poi una vera mania di tutto infranciosare. Bisogna sentire il linguaggio delle modiste! Sono analfabete, che usano tutte le voci scritte come sono nei cataloghi o nelle corrispondenze che vengono da Parigi!» Questo sfogo d’indignazione non è mio. A che vale sdegnarsi? Ma è del dotto prof. Calegari, il quale ebbe occasione di rivedere le bozze di quest’opera, e poichè così scrisse in margine, non mi parve da scancellare tale chiosa. Ma avvertasi: il prof. Calegari è un italiano irredento.

Mantecare: questo verbo nel dialetto milanese è usato in uno speciale senso culinario: dare, cioè, il lucido e l’amalgama — rimestando e ingrassando come si farebbe per una manteca — al classico risotto (manteccà).

Marabout: dall’arabo marabath = devoto a Dio, nome dato ai seguaci di una speciale setta della religione maomettana, diffusa nell’Africa settentrionale. Le forme marabut o marabutto, registrate nei dizionari italiani, mi paiono meno frequenti della grafia alla francese. V’è altresì una specie di cicogna indiana o africana le cui penne sono tenute in grande pregio (ciconia marabou) e scrivesi marabù, o, alla francese, marabout.

Marais: voce francese che significa un terreno incolto acquitrinoso, valle, come dicesi nel ferrarese. Pare che marais risponda esattamente all’antica, anzi morta parola nostra marese = stagno; voce corrotta dal latino mare. (Secondo lo Zaccaria, op. cit., marais e marese sarebbero voci di origine germanica).

Maramaldo: per «traditore, e vile sicario che infierisce sui deboli e sui vinti» è voce usata. Fabrizio Maramaldo fu uccisore di Francesco Ferrucci a Gavinana (3 agosto 1530), il quale gli buttò le terribili parole: «tu ammazzi un uomo morto!», che uccisero per eterna infamia il nome di Maramaldo. Cfr. B. Varchi, Storia Fiorentina, lib. XI; Ed. Alvisi, La battaglia di Gavinana, Bologna, 1881.

Maraschino: noto rosolio, fatto con speciali ciliegie dette marasche (da amarasca = amara). Celebre fra gli altri quello di Zara, la nobile città italica, sola, di là dal mare! Queste specie di marasche, coltivate a tal uopo in Dalmazia, sono colte quando non sono ancora mature, pigiate, fatte fermentare, indi distillate, dolcificate e messe in commercio in bottiglie rivestite di trecce di paglia.

Marasma senile: termine medico, da [testo greco] = disseccare: processo regolare di atrofia che colpisco la più parte dei [p. 329 modifica]tessuti quando si è vecchi onde il savio motto degli antichi che «la vecchiaia è morbo per se stessa».

Marbrè: voce dei salumai milanesi, foggiata con l’intento di accostarsi all’ideale di una parola francese, che poi non c’è in quella lingua in tale senso: marmorizzato: e si dice di carni di varie specie che messe e cucinate in istampo, imitano lo venature del marmo. Cfr. Notes, Voltaire, Compteur.

Marca (alta): fuor del comune, raro, alla moda, appartenente all’aristocrazia della cosa o del ceto di cui si tratta, è brutta locuzione neologica provenutaci dal francese: vin de marque, personnage de marque = en vue, à la mode, che va per la maggiore.

Marca di fabbrica: segno esteriore che un fabbricante impone a’ suoi prodotti per distinguerli da quelli consimili di altri fabbricanti. Fr. marque de fabrique. Dicesi anche spesso in senso faceto, figuratamente, per impronta, suggello, carattere. V. Etichetta.

Marcare: per segnare o notare (con segni), porre mente, dare rilievo o scolpire (un suono), proviene dal fr. marquer, e perciò è ripreso dai puristi. Mi pare gallicismo comunemente evitato. V. Marcato.

Marcato: per scolpito, rilevato, spiccato è traslato di conio francese, marqué. In buon italiano marcato vale soltanto bollato, segnato cioè con la marca o marchio. Così dicasi, di marcare e di marcamente.

Marchesana: questa signorile e antica parola in luogo di marchesa, titolo nobilesco, è dal Petrocchi confinata tra le voci morte. Piace ad alcuni moderni, specie fra’ seguaci della scuola estetica, richiamarla all’onore dell’uso.

               e quando ne le sale
          le marchesane udiano Isotta o i fieri
          giovani Orlando.

Marchesa Travasa: press’a poco come Donna Fabia (V. (questa parola). La marchesa Paola Travasa

Vuna di primm damazz de Lombardia,

è quella famosissima matrona che possedeva la non meno famosa cagna maltesa

          tutta pêl, tutta goss, e tutta lard,
          che in cà Travasa, dopo la Marchesa,
          l’eva la bestia de maggior riguard.

Essa, la marchesa con la sua cagna, vive nell’immortale poesia sociale del Porta, La nomina del capellan, e qui a Milano il nome ricorre con valore antonomastico.

Marchese: per mestruo, V. Appendice.

Marchese Colombi (il): V. Colombi. Qui vuolsi aggiungere che la popolarità di questo nome è specialmente dovuta alla irresolutezza stupida di questo personaggio, consegnata nel verso:

tra il sì e il no, son di parer contrario.

Marcia e marciare: per cammino e camminare, non si possono nemmeno più chiamare neologismi, essendo da grandissimo tempo penetrati nella lingua italiana. Marcia è alquanto posteriore. Voci accolte anche da eccellenti scrittori. Così il Carducci nel Ça ira dice:

Marciate, della patria incliti figli.

Chi però volesse aver cura della purità del linguaggio farebbe bene a non usare queste voci se non in senso militare.

Marciapiede: parola francese, marchepied, che il Fanfani annota fra le voci corrotte, ma sdegnosamente ammette avere avuto da tempo cittadinanza italiana come fisciù, canapé, benchè affermi doversi usare dai ben parlanti il verbo andare sostantivato, pl. andari = viottolo, sentiero. Ma chi l’intenderebbe? Avvertasi però che in fr. marchepied vale più specialmente predella, montatoio, sgabello, e che per esprimere quella parte della strada che è rialzata per maggior comodo dei pedoni, dicesi trottoir, voce che spunta talora anche da noi. Povero Pietro Fanfani! Dopo avere accolto marciapiede a gran fatica, ecco appare trottoir.

Marcio in Danimarca (c’è del): V. Putrido.

Marcita: milanese marscida, prato allagato con un volo d’acqua per averne l’erba più rigogliosa e a più tagli. Caratteristica del paesaggio e della campagna della bassa Lombardia. [p. 330 modifica]

Marconigramma: dispaccio ottenuto col sistema Marconi: radiotelegramma. (Di queste nuove parole fu discusso filologicamente nel Marzocco, giornale letterario, 8, 15 Febbraio 1903. V. Radiotelegrafia).

Mareggiata: term. mar.; movimento tempestoso del mare su le coste.

Maretta: piccola agitazione del mare, con onde brevi, spesse, spumanti. Termine popolare e insieme del linguaggio marinaresco.

Margarina: corpo cristallino che si trova nel tessuto adiposo e da considerare come una mescolanza di stearina e palmitina. Forma in buona parte il burro. Chiamasi collo stesso nome il burro artificiale.

Margaritas ante porcos: le gemme davanti ai porci, o come si dice volgarmente dar lo zucchero all’asino, cioè beneficare, esser gentile con chi non è degno: dall’Evangelo di S. Matteo, VII, 6: neque mittatis margaritas vestras ante porcos.

Margine: per posto, luogo, spazio è comunissimo specialmente nel linguaggio degli uffici. Es. non c’è margine per la tal spesa, largo margine. «Questi margini sono presi di netto dal francese marge» (Rigutini). Ma per quanto gallicismo, la lingua dell’uso sembra che non ne possa fare a meno.

Mariage de la main gauche: V. Main gauche.

Mariano: agg. di Maria. Es. Mese Mariano.

Marianna: fr. Marianne: la republica francese democratico-sociale, nome convenzionale che si venne formando, se non erro, negli ultimi tempi della monarchia di Luigi Filippo d’Orleans e valse ad indicare il nuovo ideale politico de’ Francesi. Il nome dura tuttora fra noi in senso lepido, specie nel linguaggio giornalistico. La Marianna, personification de la République. (G. Delessalle, Dict. Argot-Français, Paris, Ollendorff, 1896).

Marie: così in francese, e talora in inglese, Mary, accade di sentire in certo linguaggio e in certo ceto mutato il dolce nome di Maria. Eleggo a caso questo nome, consacrato dall’arte del Petrarca, di Dante, del Manzoni e del Carducci, per accennare al vezzo che le nostre donne hanno di usare come più eleganti e galanti i nomi corrispondenti stranieri; effetto di mondanità, come un tempo in Roma imperiale prevalevano i nomi greci: aggiungivi alquanto di mancanza o, meglio, di oblio di decoro nazionale; per la quale cosa avviene del pari che i nostri musicisti eleggano argomenti e titoli strani e barbarici alle loro opere, le nostre letterate assumano nome straniero di battaglia, etc. etc. Così, a proposito di nomi, in un giornale letterario leggevo una relazione di un romanzo francese, la cui eroina si chiamava Jacqueline (Jacopa) e lo scrittorello nostro si smammolava e sospirava: «Udite come suona leggiadro e muliebre questo nome che è sì plebeo in italiano». Anche qui è questione d’intenderci: i suoni sono belli o bratti anche secondo l’orecchio che ci si fa. Francesca, senza fallo, ha meno agile suono di Francine: proviamo a sostituire in Dante:

          ....Francine, i tuoi martiri
          A lagrimar mi fanno tristo e pio.

È una stonatura! Appunto perchè il segreto di un linguaggio consiste in una speciale simpatia e luce che i suoni hanno con sè, e non sono soltanto semplici designazioni di oggetti. Per questo basterebbe il volapük. Vi sono certi nomi che le nostre gentili donne portavano un tempo con tutta la completa magnificenza de’ suoni italici e cui oggi le signore eviterebbero di eleggersi a battesimo. Vedi ad esempio i dolci e bei nomi delle gentili donne nel Decameron., e cfr. il seguente passo: «Ed aprendo la porta, quivi si era Madonna Jacopa, nobilissima donna di Roma, con due suoi figliuoli, senatori di Roma e con grande compagnia di uomini a cavallo» (Fioretti di S. Francesco. IV Considerazione). Verità vuole tuttavia che si ricordi come questo mal vezzo di dare alle donne nome francese, inglese, etc. trovi una qualche eccezione nell’aristocrazia storica: ma ciò avviene più per rispetto alla tradizione che all’italianità.

Marieuse: celle qui aime à s’entremettre pour procurer des mariages.

Marina: neol. a cui i puristi consigliano di sostituire la più eletta voce, marineria: [p. 331 modifica]significa tutto il servizio navale di uno Stato. Es. la marina italiana, francese etc. Distinguesi in marina da guerra o militare, in marina mercantile o di commercio.

Marina: oltre ai noti significati, questa parola è usata per indicare quella parte del mare che è presso la spiaggia e dove l’acqua è poco fonda. Così intesi dire sul lido adriatico da’ marinai, e tale senso risponde eziandio ad un uso antico e classico della parola. Onde andare in marina detto delle navi, vale volgarmente arenare, far naufragio sul lido.

Marinage: voce tecnica fr., tradotta talora in marinaggio: indica il materiale scavato nelle gallerie e l’operazione dello scarico.

Marino per marinaio: è il fr. marin e dicesi specialmente di marinaio provetto, rotto alla vita del mare. Voce riprovata dai puristi, nè a torto.

Marionetta: voce venutaci di Francia ed accettata da gran tempo. La marionetta, di solito, si muove coi fili dall’alto: i burattini si fanno dal disotto, introducendo la mano entro il fantoccio. Marionetta, dunque è il fr. marionnette, alterazione di mariolette, diminutivo di mariole, nome dato in antico a figurine rappresentanti la Vergine Maria (Littré) o da Marion (Marie), nome di bambola o Mariole = bambola, come dicesi nel dipartimento della Marna (Scheler). La voce «marionetta» è tanto penetrata nell’uso che sarebbe pedanteria non accoglierla.

          A te, porgente su l’argenteo Sile
          le braccia a l’avo da l’opima cuna,
          ne la testante ilarità senile
          parve la vita accorrere con una
          
          Marionetta in mano.

Maritarsi: vale prender marito e dicesi della donna, «e sebbene qualche esempio non manchi por ammogliarsi, pure non consiglierei di adoperarlo in questo senso che sarebbe il se marier dei Francesi, i quali lo dicono tanto della donna quanto dell’uomo». Rigutini.

Maritozzo: nomo di un dolce di lievito, fatto con olio ed uva secca, che mangiasi in Quaresima, comune nelle Marche e in Romagna.

Marmellata: è uno dei tanti vocaboli derivati dal francese (marmelade) e penetrati nell’uso: del quale però non mancano antichi ed autorevoli esempi. In puro italiano, conserva di frutta. La parola francese proviene alla sua volta dallo spagnuolo mermelada, cioè la conserva fatta di mele cotogne (membrillo e nel portoghese marmelo lat. melimelum).

Marocca: dicesi in milanese della parte più cattiva di checchessia, ogni rifiuto di mercanzia. Forse è la stessa che la parola disusata maràme, detta probabilmente a somiglianza delle cose che sono rifiutate dal mare.

Marquise: tenda, tendone, tettoia, sopratenda: così detta parce qu’il protège les marches ou degrés du perron: ovvero de la marquise, grande dame', que l’on garantit de l’inclemence de l’air. (Littré).

Marron: per indicare il colore marrone, nel linguaggio della moda prevale, per vero abuso, la voce francese.

Marrone: nella locuzione veneta e lombarda, far marrone significa esser colto in fallo, ma non di cose gravi; e come modo efficace quale la più parte delle locuzioni nate dal genio del popolo, fu usata dal Manzoni nella prima stampa de’ Promessi Sposi «sono io che ho fatto un marrone. (V. Indice analitico metodico dei P. S. del prof. Boraschi, ed. Brida. Milano)» . Certo è che in altre parti d’Italia non essendo intesa, produce pessimo effetto. Del resto marrone equivale nella buona lingua a marachella. Marrone per errore si vorrebbe far derivare da voce tedesca. Cfr. E. Zaccaria, op. cit.

Marrons glacés: locuzione francese comunissima per significare i «marroni canditi».

Marsala: il più famoso e il più universale fra i vini spiritosi ed igonìci d’Italia: ricorda lo Xeres ed il Madèra: ha sapore caratteristico, dovuto a speciale fabbricazione. Fabbricasi in grandi stabilimenti detti, con voce regionale, Bagli, in provincia di Trapani. L’industria del Marsala è dovuta al sig. Giovanni Woodhouse di Liverpool, che uvea in animo di imitare il Madera. B. Ingham e Vincenzo Florio ne seguirono l’esempio, onde i [p. 332 modifica]nomi delle principali marche di fabbrica di’ tale vino-liquore.

Marsigliese: V. Allons enfants de la patrie.

Marsina: voce registrata dal Gherardini, op. cit., per indicare «quel vestimento che i Toscani chiamano giubba, i francesi habit, i veneziani velada e i milanesi marsina. Hanno ammesso i giustacori, ribatezzato le marsine e le croate. Magalotto. Var. Operet. 452» in dialetto milanese infatti abbiamo marsina, marsinòn, marsinìn. Il Petrocchi pone tale parola tra quelle fuor d’uso, mentre è tuttora dell’uso per giubba o falda come dicono in Toscana. V. Frac e per questa complicata questione delle vesti maschili, V. Vestito.

Marsupiali: (dal lat. marsupium = borsa) mammiferi la cui prole nasce in uno stato di imperfetto sviluppo, onde è dalla madre accolta in una borsa addominale dove si attacca alle mammelle e ci sta per il tempo necessario. Tali i Canguri, il Lupo Australe, le Sarighe; i due primi generi sono propri dell’Australia.

Marsupio: gruzzolo, pecunia, voce dialettale lombarda marsuppi, lat. marsupium = borsa.

Martin pescatore: fr. martin pêcheur, uno dei vari nomi dati all’alcione o Uccello Santa Maria. V. Coccal. I diz. hanno marin pescatore, voce malnota ai naturalisti.

Martinitt: chiamano in Milano gli orfani dell’orfanotrofio, perchè in origine ricoverati nel convento di S. Martino de’ Somaschi in Porta Nuova. Il nome de’ Martinitt ricorre anche nella storia delle Cinque giornate (marzo 1848) per la parte notevole che vi esercitarono.

Martire a buon mercato: locuzione lepida e caustica, non rara, specie nel linguaggio politico, per significare colui che sfrutta e sconta alla banca del popolo alcuna sofferta persecuzione, per avere aiuto a salire. Noto del resto è l’abuso che si fa di questa solenne parola (gr. [testo greco] = testimone della fede).

Marxismo: una delle più notevoli suddivisioni del partito socialista. V. Marxista.

Marxista: socialista, seguace delle dottrine di C. Marx, di Treveri (1811-1883): il maggior apostolo ed assertore di quella scuola che si suole chiamare del socialisìno scientifico e della universale fratellanza dei lavoratori manuali. Der. Marxismo. Carlo Marx, ottenne popolare rinomanza specialmente per un poderoso lavoro di critica su la società borghese e sul sistema capitalistico (Il Capitale). Egli fu organatore del socialismo sotto il primo nome di Internazionale. Suo motto divenuto impresa e stemma: Lavoratori di tutto il mondo, unitevi!

Mary: così, cioè anglicamente, e anche non trattandosi di donne inglesi, si scrive talvolta, e si pronuncia Meri, il dolce nome di Maria, che il Petrarca, Dante, il Manzoni, il Carducci con tale suono celebrarono. Se codesta è una maniera aristocratica per distinguere la dama e la pedina che portano lo stesso nome, ell’è distinzione davvero miserevole.

          Salve beata! in quale età scortese
          quel sì caro a ridir nome si tacque?

Domanda il Manzoni nell’inno Il nome di Maria. In senso profano si potrebbe rispondere: Talora nella nostra! V. Marie.

Maryland: nome di tabacco originario del Maryland (Stati Uniti).

Maschera: talora è così denominato l’inserviente ed usciere, il cui ufficio è di osservare chi entra e chi esce dal teatro.

Mascotte: voce del gergo francese fétiche de joueur: il corno.

Mascula: latinismo, detto di donna che abbia in sè alcun che di maschile.

Masochismo: voce scientifica derivata dal nome di Leopoldo Sacher - Masoch, romanziere tedesco, (1835-1895). Costui nelle sue opere fu divulgatore e perciò diede nome a quel pervertimento del senso che consiste nella voluttà delle obbrobriose sevìzie. Opposto di sadismo. V. Appendice.

Massa: voce di primo ordine, universale, potente atta a vari sensi: risponde al concetto della collettività di molte cose o persone, indicate nel loro complesso. Essa pure è una di quelle parole fortunate che balzano di seggio molte altre [p. 333 modifica]voci, avendo ampio significato. In questa sua estensione è ripresa dai puristi. Però intendiamoci: massa è voce più che antica, gr. [testo greco], lat. massa: come unità, congerie di materia, di milizie, etc. ha esempi classici nella nostra lingua. Ma luso molteplice e speciale che se ne fa oggi è cosa propria dell’età nostra. In massa: fr. en masse.

Massacro e massacrare: sono parole riprese dai puristi come non buone, avendo noi trucidare, far strage, fare un macello; strage, eccidio, scempio.

          La strage e il grande scempio
          che fece l’Arbia colorata in rosso.

«Massacro» è voce di origine teutonica (basso tedesco mastken, onde il moderno metzeln) accolta nel francese in massacrare, massacrer; e per questa via ci provenne di recente. Voci usatissime.

Massaggio: V. Masseur.

Masseur e massage: questa parola fu poi tradotta in massaggio, invece la prima, e così il fem. masseuse, è pronunciata alla francese. La parola è di etimologia incerta, o da [testo greco] = impasto, o dall’arabo mass = palpeggiare, e significa la stropicciatura energica dopo il bagno per provocare la riazione del sudore e agire sui tessuti e sui muscoli così che ne deriva un vero benessere e un aumento di energia. Questo è antico uso orientale; più probabile, dunque, l’etimologia dall’arabo. Per altro come forma di voluttà non era ignoto ai Romani, pei quali i bagni formavano un vero diletto sensuale.

Percurrit agili corpus arte tractatrix,

Marziale (III, 82).

Come cura modica ne’ dolori articolari, nell’ortopedia, per ridar vita ai tessuti stanchi o malati, il massaggio è di invenzione relativamente recente, e richiedo una speciale perizia. Devesi tale processo curativo specialmente al medico Giovanni Mezger di Amsterdam (n. nel 1839), e la tecnica di tale operazione distinguesi talora con le seguenti voci francesi, effeurage, friction, pétrissage, tapotement.

Masseuse: V. Masseur.

Massimario: neol. raccolta di massime o precetti su di un dato oggetto.

Massinelli: al pari del Tecoppa, è creazione felice e spontanea dell’attore milanese Edoardo Ferravilla: ambedue rispecchiano un certo lato dell’anima popolare milanese: Massinelli (La class di asen) è il tipo del giovane pieno di idiota e lieta bonarietà; Tecoppa del delinquente, ma non brutale. Questi nomi hanno una certa estensione, anche fuori di Milano, e specialmente il secondo ricorre nel gergo dei giornali.

Massone: V. Frammassone. Nell’uso però occorre spesso di udire o di leggere termini simbolici di questa setta, e perciò qui si dichiarano a un dipresso, senza pretendere di dare, sia di essi che delle parole massoneria e massone, una spiegazione storica, enciclopedica o altro. Secondo i Massoni, concetto fondamentale della Massoneria è la ricostruzione morale della Società, onde i simboli dell’arte muraria. [La Massoneria, quale è modernamente, ha origine dall’Inghilterra]. Compasso: simbolo de’ giusti limiti verso il suo simile: linea di barriera contro l’errore. Livello: difesa contro le seduzioni dell’orgoglio. Squadra e filo a piombo: le azioni umane secondo equità e giustizia. Cazzuola: è il simbolo che — mediante il cemento della libertà, dell’eguaglianza, della fratellanza, — serve a costruire il grande edificio. Compasso e squadra intrecciati, rappresentano l’uno il ciclo, l’altra la terra. Il Delta raggiante (Δ) o Gloria, è simbolo del G ∴ A ∴ D ∴ U ∴ (grande architetto dell’universo) cioè Dio. I maestri delle logge hanno costume, quando si rivolgono ai fratelli, di mettere accanto al nome questi tre punti simbolici del Delta raggiante, onde Tre puntini vale popolarmente massone. Trentatrè: è il Supremo grado della Massoneria di Rito Scozzese. Trentatrè è altresì il numero di supremi consigli massonici, onde trentatrè vale popolarmente, massone. Qualunque sia il loro grado nella vita e i loro titoli nella gerarchia della Setta, i massoni si denominano fra loro fratelli. Chi è fuori del Tempio della Massoneria, è un profano = fuori del tempio, profanus. Loggia: [p. 334 modifica]con questo nome è propriamente chiamato il laboratorio ove lavorano i massoni; trad. della parola ing. lodge, fr. loge. (V. Loggia). La città dove è una loggia si chiama Oriente, e ogni loggia ha un titolo. Venerabile: fr. venerable, trad. dell’ingl. worshipful master, è detto il presidente di una loggia. Gran loggia: nome dato al potere centrale che regge le logge massoniche di un paese o nazione: dicesi anche Grande Oriente. Il capo di una Grande loggia è detto il Gran Maestro.

Massoterapia: (fr. massothérapie). Da massaggio e [testo greco] = cura: voce medica che vuol dire uso terapeutico del massaggio.

Master: comune voce inglese, uguale a maestro, mastro in italiano. Ma dicesi inglesemente e mondanamente master, il direttore d’una partita di caccia o il più esperto in qualunque di tali nobili esercizi.

Mastite: termine medico, da [testo greco] mammella e il solito suffisso in ite, nome generico di tutte le affezioni di carattere infiammatorio della mammella.

Mastro Impicca: locuzione popolare: il boia.

Matador: parola spagnuola, dal latino mactator = uccisore. Nome dato al toreador cui spetta nella corrida di uccidere il toro con la spada e a piede.

Matamoros: lett. uccisore di mori, personaggio comico della commedia spagnuola, affine al nostro Capitan Fracassa, discendente dall’immortale Pirgopolinice plautino (Miles gloriosus). In fr. Matamore.

Match: voce inglese (pronuncia metc) che vuol dire scommessa., partita nelle corse di ciclisti, di cavalli, di corridori, di automobili, etc.; talvolta però dicesi lepidamente anche in senso morale. Per chi ama le curiosità linguistiche, eccone una: «Machk (scommessa) di Lire 450. Società ippica Riminese» (manifesto del 21 agosto 1900). Il non erudito estensore del manifesto credette di mancare ad un suo dovere non adottando la parola nuova: che abbia sbagliato era troppo naturale; grazioso invece è quella parola scommessa fra parentesi. Essa vuol dire: «questo machk voi non capirete, e anch’io non so come ben scriverlo, però è parola che io non posso ommettere.» Trattavasi di una cuccagna, vecchio diporto italiano! Noto queste sciocchezze perchè a mio avviso hanno valore: documentano cioè il fascino che su la nostra ignoranza hanno le parole straniere, quasi recassero un suggello di superiorità umana, e spiegano una delle ragioni del decadere della favella italiana.

Mate: (ilex paraguayensis) arbusto che fornisce una specie di tè, usato nell’America meridionale. Mate è voce spagnuola.

Materiale: scolastico, ferroviario, scientifico, di guerra in luogo di arredo è voce riprovata dal Fanfani, ma consacrata dall’uso. Certo è alla francese.

Materialismo storico: o determinismo economico, è la dottrina che ricerca i motivi dei fatti sociali, politici etc. derivandoli specialmente dalla loro ragione economica. N. B. Buona chiave moderna senza dubbio è questa, ma da sola non basta ad aprire e spiegare il segreto delle umane azioni.

Materializzazione: neol. di «mostruosa lunghezza» (Rigutini) foggiato sul neol. fr. matérialisation.

Materia peccans: lat. materia peccatrice, voce generica e vaga, usata dagli antichi medici per indicare gli agenti specifici delle infermità.

Matinée: fr. abito elegante di colori vivaci, estivi che portasi al mattino (di giorno). Sopraveste che le signore indossano per far le loro mondizie e nel pettinarsi.

Matinée: voce francese, letteralmente mattinata, cioè lo spazio di tempo dall’alba sino al mezzodì; poi nell’uso delle grandi città sino all’ora del pranzo; e infine significò quegli spettacoli che si danno in questo periodo diurno, onde una matinée musicale, alle due o alle tre dopo mezzodì, una matinée di fanciulli, etc.

Matricolino: (da matricola = ruolo) lo studente universitario appena iscritto allo Studio: gli studenti del primo anno; e per estensione, inesperto.

Mattaccino: ballo giocondo del secolo XYI. Il Doni lo dice dismesso sino dal suo tempo, e cioè verso la metà del secolo XVII. Erano detti mattaccini anche i [p. 335 modifica]saltatori e i pantomimi. Annibal Caro chiamò con tal nome certi suoi sonetti burleschi contro il Castelvetro.

Mattanza: la grande uccisione dei tonni che si fa in quella singolare pesca. Dallo spagnolo mactanza, lat. mactare = sacrificare, uccidere.

Mattatoio: macello publico.

Mattinale: per mattiniero è versione del francese matinal. V. suffisso ale.

Mattinata: per spettacolo diurno è versione del francese matinée, con la quale parola indifferentemente si alterna. Mattinata nell’italiano classico è la canzone del mattino, come serenata la canzone della sera, onde il bel verbo morto mattinare.

A mattinar lo Sposo perchè l’ami,

Dante, Par. X, 141.

Mattoide: che ha del matto, neol. scientifico del Lombroso, divenuto popolare, specie includendovi idea di alcuna genialità. V. Oide.

Mauser: nome di uno speciale fucile a retrocarica, dall’inventore Guglielmo Mauser (1834-1882) di Oberndorf.

Mauve: malva, ma nel linguaggio della moda per varie ragioni, non esclusa quella che si copia come vien viene dai giornali stranieri, si antepone dire il colore di una stoffa in francese: mauve, ciel, bleu, etc. sopprimendo la voce colore e il segnacaso. Certa gente elegante che si riempie la bocca con «un bell’abito mov», sapesse almeno di aver detto semplicemente malva.

Mayonnaise: la voce fr. s’alterna con la traduzione maionesa o maionese, nome di salsa per condire i pesci lessati e le carni fredde. Si prepara così: si frullano i tuorli d’uova (uno per persona è d’assai) fin che sono diventati candidi e spumosi, poi frullando sempre, vi si stilla olio fine d’oliva quantum sufficit, succo di limone e sale poi. Secondo alcuni lessicografi mayonnaise è corruzione di bayonnaise, della città di Bayonne. Altri scrive mahonnaise, dalla città di Mahon.

Max: Massimiliano: diminutivo tedesco non infrequente. V. Jean e Marie.

Maximum: superlativo neutro latino, venutoci dalla Francia per indicare il più alto grado a cui possa essere portata una cosa: nel computo delle pene, il limite massimo a cui si possa arrivare: similmente dicesi, in opposito senso della parola minimum. Il Petrocchi registra tali gallicismi. Il Rigutini non li nota nè meno. Al Fanfani la veste latina li fa parere latinismi, e però li tratta con relativa benevolenza.

Mazurka: noto ballo di origine e nome polacco. Il tempo forte, cioè il primo dei tre tempi, è segnato con fiero batter di tallone, specie presso gli Austriaci e gli Ungheresi. Divenne di moda a Parigi al tempo del secondo Impero: presso di noi ballo e nomi popolari. La forma it. di mazurca mi pare meno comune.

Mazziniano: seguace delle idee del Mazzini. Talora intendesi per cotesta parola il republicano rigido nelle antiche formule, che poco si è evoluto nella modernità. N.B. Non dimenticare, comunque sia, che G. Mazzini, diede — più di ogni altro — vita e coscienza nuove a questa antica patria.

E un popol morto dietro lui si mise.

Mea culpa, mea maxima culpa: per mia colpa, per mia somma colpa, lat. della liturgia della messa, divenuto comune.

Mechitarista: appartenente alla congregazione dei mechitaristi, congregazione monastica e letteraria degli Armeni, che ha sua sede principale in Venezia, isoletta di S. Lazzaro o degli Armeni. Ne fu fondatore Pietro Mechitar (1676, 1749) ed è riconosciuta dal Pontefice.

Medaglia di presenza: Vedi Gettone.

Medaglia o medaglietta: la medaglia d’oro, contrassegno dei deputati: usasi familiarmente por la stessa deputazione, ufficio, onore del deputato. «Es. aveva già 25 anni di medaglietta, quando per la prima volta salì al seggio presidenziale».

Medela: latinismo per medicina, rimedio.

Me de mi: mio di me. Sogliono talora i milanesi ripetere, quando parlano il dialetto, il concetto del possesso prima con l’aggettivo, indi col genitivo possessivo. Questo particolare del linguaggio potrebbe [p. 336 modifica]essere argomento di studio se qui fosse il luogo. Dice Giovannin Bongee: l’è la famm de moa de mi.

Medianico: V. Medium.

Medianità: neol. e astratto di medium, V. questa parola.

Medicale: (Vedi suf. ale) medical c’è in inglese ed in francese, non in italiano: evidente caso di oblio che in italiano medico, oltre che nome, è altresì aggettivo, cioè dicesi di cosa o di persona attendente alla medicina.

Medico: detto di donna per medichessa, è neol. alla francese. Es. la donna-medico, fr. femme médecin. V. Professore e Dottore.

Medice, cura te ipsum: medico cura te stesso! proverbio riportato da G. Cristo, nell’Evangelo di S. Luca IV, 23.

Medicina legale: ramo delle conoscenze mediche che trattano della relazione della medicina col diritto.

Medio-evo: dicesi familiarmente di istituti e costumanze che sembrano opposte ed in contrasto con la modernità pratica, attiva, scientifica. Ma in verità non sempre si tratta di usi antiquati. Anche molte costumanze modernissime potrebbero meritare l’epiteto spiegativo di medio-evo!

Mediocribus esse poetis, | Non homines, non Dii, non concessere columnae: non gli uomini, non gli Dei, non le vetrine dei librai permettono ai poeti di essere mediocri. Acuta e vera sentenza di Orazio, (De arte poetica, 371).

Medio tutissimus ibis: nel mezzo andrai sicurissimo (Ovidio, Met. II, 137), sentenza aurea specialmente in senso morale, non però quanto alle strade; che se per le strade era vero al tempo di Ovidio, non è più al tempo degli automobili e delle biciclette.

Medium: voce universale, più comune di medio: termine relativo al fenomeno del magnetismo animale, dell’ipnotismo e dello spiritismo; e si dice di persona che parla ed opera in modo che si supponga avere egli relazione con una forza estranea o con uno spirito incorporeo. Molti medium e spiritisti si vantano di operare contro le comuni leggi fisiche, altri di essere mozzi di comunicazione (medium) tra i vivi ed i morti. Che molti dei vanti e delle potenze dei medium non siano che vanterie od astuzia da giocoliere, è stato provato; ma in molti altri casi i fenomeni devono essere considerati come sinceri. Derivati medianico e medianità. V. Spiritismo.

Meermoos: termine tedesco, che tradotto letteralmente significa musco marino. Sono chiamati così dai fioricultori i sostegni di certe colonie di minutissimi animali marini della classe dei Briozoi, somiglianti a muschi e tinti artificialmente in verde.

Meet: (pronuncia mit), ritrovo di caccia, nel più frequente uso della parola. È voce inglese, dal verbo meet = incontrarsi. Cfr. meeting.

Meeting: (pronuncia miting) comizio: voce inglese, entrata anche nel dizionario francese, ma che va, se non erro, scadendo dall’uso presso di noi. Deriva dal verbo meet = incontrarsi, dunque riunione, accolta, concione, parlamento, assemblea, e alla lettera comizio, da cum e ire = andare insieme. Mitingaio l’oratore, il frequentatore de’ comizi, ma con senso di spregio. Eloquenza mitingaia, cioè tribunizia: di molto rimbombo e poco senso, molta violenza e poco buon senso. Voce condannata dai puristi.

Mega: gr. [testo greco] = grande, una delle parole più frequenti, usata specie nel linguaggio scientifico, come prefisso componente di moltissime parole. V. Logo.

Megadine: lett. dal greco = grande forxa: termine nuovo di fisica: indica la forza di un milione di dine. Una dine (V. questa parola) è = 1 gr./980, dunque una megadine è circa un chilogrammo. Sistema assoluto di unità di forza, adottato nella fìsica.

Megaohm: (dal greco, lett. grande ohm) nuovo termine di elettrotecnica: indica la resistenza offerta da un conduttore alla corrente elettrica, quando la resistenza stessa è uguale ad un milione di ohm. V. Ohm.

Megalòmane: V. Megalomania.

Megalomanìa: voce scientifìca universale, da [testo greco] = grande e [testo greco] = follia, dunque delirio di grandezza che è una [p. 337 modifica]delle forme più comuni di pazzia, e consiste nel credersi re, imperatore, profeta, eroe, etc. A questa parola oggi è data un’estensione di troppo maggiore, e in questo senso passò dal linguaggio dei medici al linguaggio comune, significando che non sempre il megalomane è in manicomio nè sempre la megalomania si accompagna a demenza: spesso anzi si accompagna all’ingegno pratico e attivo, costituendone però un difetto, giacchè il megalomane nella sconfinata opinione di sè, manca del senso critico dell’opera propria, che è tutta bella, degna, perfetta. Questa stessa fiducia e inconsapevolezza, togliendo però dubbi ed esitazioni, costituisce una forza da cui l’ingegno trae spesso straordinario vantaggio. Avvertasi infine che il grosso publico, essendosi impadronito di questa come di altre parole scientifiche, la usa e l’abusa con diletto come i bambini fanno dei balocchi nuovi. Derivato megalòmane.

Megatèrium e megatèrìo: specie di mammiferi fossili, dal greco [testo greco] = grande e [testo greco] = animale, mostro, fiera.

Mehr Licht!: più luce! parole attribuite a Volfango Goethe prima di morire. Mi Si oscura l’universo, disse Giovanni Bovio, morente.

Melange: = mescolanza: nome di liquore, ed è voce creata in Milano, sempre con l’intento di accostarsi all’ideale di una parola francese; la quale poi, in tale senso, non c’è in quella lingua.

Melanzana: più com. petonciano spiega il Petrocchi o petronciano, noto frutto del Solanum melongena L., solanacea coltivata nell’Europa meridionale.

Melinite: V. Lyddite.

Melior est canis vivus leone mortuo: Ecclesiaste, IX, 40. onde, probabilmente, il nostro adagio: meglio un asino vivo che un dottore morto.

Melone: è nome di cucurbitacea e di frutto notissimo e caro al dolco estato in ogni regione d’Italia, fratello giallo della rossa anguria: ma non si trova — di solito — registrato nei diz. italiani perchè quivi vince la voce toscana popone (Melopepo, cucumis melo).

Membro: per socio di Istituto o Accademia, Corporazione, etc. non è «bellissimo» dice saviamente il Rigutini. Di fatto è ridicolmente amfibologico. Riprovevole pure è l’uso di membri per stanze di una casa, ma non mi pare voce molto usata in tale senso.

Memento mori: ricordati che devi morire, motto di mortificazione e di richiamo dei Trappisti e degli asceti, dedotto dal Memento novissimorum (Ecclesiastico XXXVIII, 21) e dal Memento homo quia pulvis es et in pulverem reverteris (cfr. Genesi, III. 19).

Meminisse iuvabit: V. Forsan et haec olim meminisse iuvabit.

Memorandum: latinismo (da ricordarsi) della lingua francese, usato per indicare una nota diplomatica contenente l’esposizione sommaria d’una questione, e degli atti che un governo emanò in proposito.

Ménage: (dal basso latino masnaticum o mansionaticum, derivati dal verbo manere; quindi il luogo ove si sta, la dimora, confronta magione, maison): ecco un bell’esempio della differenza tra il francese e l’italiano: quello adopera una sola voce in vari sensi, mentre noi adoperiamo dei sinonimi: ménage indica sì la famiglia come il reggimento della famiglia, come i suoi componenti, o la famiglia nel complesso, come ciò che è necessario alla casa, come l’unione dell’uomo e della donna, e simili. Onde le frasi che si possono fare con un’unica voce e senso lucido: Ménage de garçon, entrer en ménage, ils font bon ménage, s’acheter un ménage, il y a quatre ménages dans cette maison, tout sert en ménage, mettre une fille en ménage, faux ménage, etc.

Ménage a trois: cioè il marito, la moglie e l’amante di costei in pieno accordo. Locuzione parigina, e cosa di questo mondo. Cfr. il Parini:

La pudica d’altrui sposa, a te cara.

Menagère: voce francese, proferita nel nostro ceto ricco e mondano alla buona parola massaia. Menagère è una delle tante voci fr. entrate anche in tedesco; ma di tale servitù quel popolo tende a scuotere oramai il giogo.

Ménagerie: in vece di serraglio, ricorro talora nell'uso, certo non del popolo, bensì [p. 338 modifica]delle persone di mezza coltura o che vanno per la maggiore. Ménagerie è da ménage = recinto o chiuso per gli animali nelle campagne, poi nel significato di serraglio per belve e strani animali.

Menare a bere: colui che mena a bere, specie in rapporto alle bestie che vivono a torme, è più esperto degli altri, onde così si dice familiarmente di persona che la sa più lunga, ha più astuzie, lacciuoli, esperienza, quindi trae altri ove vuole e con sua utilità.

Menare il can per l’aia: locuzione nostra familiare, tirarla alla lunga con scopo determinato, specie per guadagnar tempo.

Menare uno per il naso: condurre altri docilmente e stupidamente, far fare ad altri ciò che si vuole; e spesso vi è inclusa la idea del male operare. Locuzione familiare, tolta probabilmente dal modo con cui si guidano i buoi per le froge col mordacchio.

Meneghino: è pei milanesi ciò che è Stenterello pe’ Toscani, Pantalone pe’ Veneziani, etc., maschera arguta e di molto buon senso, ancor che semplice e villereccia. Sembra provenire da una sincope di Domeneghin, (Domenico), o secondo altri da Domenega, ossia servo della domenica. Questa seconda spiegazione sembra più conforme al vero: solevano le dame avere un servo pel dì della domenica perchè le accompagnasse alla chiesa, tenesse il libro, etc. «Una satirica descrizione del Meneghin, considerato come servitore della domenica, ci ha lasciato Guido Ferrari nel vol. VI, p. 240 e 241 delle sue opere impresse in Milano nel 1791» (Cherubini). Come aggiunto di dialetto, oppure da solo, meneghino è sinonimo di milanese. Parlar meneghino, cioè parlar milanese volgare. Dirla in buon meneghino, dirla chiara.

Meneghino (dialetto): è propriamente il linguaggio forte e storico dei sobborghi e del volgo milanese, linguaggio dalla tradizione letteraria antica e gloriosa, ultimi il Tanzi, il Balestrieri, il Porta: distinguesi dal dialetto milanese odierno, parlato dalle classi medie, in quanto questo è raggentilito e più facile ad essere inteso.

Meneur: nel senso di personne qui est à la tête d’une intrigue, d’un mouvement populaire, qui le dirige, etc., è voce francese, usata per vizio, che talora si incontra, specie nel linguaggio dei giornali.

Meningite: V. Dura madre.

Meno: è riprovato dai puristi e dai grammatici nelle seguenti locuzioni: 1) A meno che in vece di eccetto che. 2) Meno per eccetto, fuor che, es. tutti meno io. 3) Quanto meno per almeno. 4) Meno con senso negativo per no, usato in proposizioni disgiuntive: avvertimi se questa cosa si può fare o meno. 5) Nella locuzione: non posso fare a meno di, etc. più schietto: non posso fare che (Rigutini). Quanto al più schietto, sostituirei più classico e puro. Certo fuor dell’uso corrente.

Menopausa: da [testo greco] = mese e [testo greco] = cessazione: termine medico che significa il cessare de’ mestrui in sui cinquant’anni. Menopausa artificiale si dice quando avviene in seguito ad operazione, asportazione dell’utero o castrazione bilaterale.

Mens sana in corpore sano: sentenza latina, fin troppo nota, anzi frase fatta: è un emistichio di Giovenale (Satira X. 356): orandum est, ut sit mens sana in corpore sano, conviene pregare che sia la mente sana nel corpo sano.

Mentalità: stato intellettuale. Nuovo astratto, dal fr. mentalité.

Mentolo: (C10 H19 OH): canfora di menta: è la parte concreta (steraoptene) che si separa per raffreddamento dall’olio essenziale di menta peperita. Si usa in profumeria e specie in medicina per sali odorosi, pastiglie, etc.

Mentore: nel mito di Odisseo, Mentore è l’amico dell’errante re di Itaca, precettore di Telemaco. Fénélon nel suo Telemaco imagina che Minerva accompagni il giovanetto sotto le spoglie di Mentore. Dicesi Mentore in fr. e in it. di guida saggia e paterna, di consigliere fidato: spesso in senso ironico. Da [testo greco] = ardimento, animo, volontà.

Menu: notissima voce, con cui si indica la serie dei piatti e la qualità loro negli alberghi, e ne’ pranzi: si scrive in eleganti cartoncini, posti avanti ai convitati in mezzo alla tavola. Lista è la [p. 339 modifica]parola che vi risponde precisamente ed ha esempio antico in tale senso. Nel libro citato dello Scappi, la lista delle vivande è detta servizio di cucina. Ma avessimo anche mille parole, menu è la voce dell’uso, spesso alternata con la sua traduzione, minuta. I germanici, pur essi asserviti a moltissimo voci francesi, dicono parimente menu; ma come popolo forte che ha senso del suo essere e volontà di essere, e però onora il proprio linguaggio, tende a purificarlo in molte parole, e ad es. in questa. A menu sostituisce la parola, Speisenfolge. Le goffaggini poi di termini culinari, appartenenti ad un linguaggio che non è più di alcuna nazione, ma che pompeggiano sicuramente anche in banchetti solenni ed ufficiali, si presterebbero ad arguta trattazione, se qui fosse il caso.

Menuisier: fr. falegname.

Menzogne convenzionali: titolo di un acuto e bel libro paradossale e pur vero di Max Nordau, divenuto locuzione comune (Die konventionellen Lügen der Kulturmenschheit). Dicesi di quelle ipocrisie che tutti usano, riconoscono per tali, dispregiano forse nel segreto della coscienza — quando c’è — ma all’esterno onorano e vogliono onorate. È spesso la moneta spicciola del commercio della vita.

Mercante: voce usata in Lombardia e nell’Emilia per indicare il merciaiuolo (o merciaiolo come vuole il Petrocchi) cioè chi vende tutte le cose minute occorrenti ai sarti e alle donne per cucire. Il dialetto lombardo fa largo uso della voce mercante, seguita dal segnacaso di, per determinare il genere in cui si merca, in vece di un sol nome; sino a mercante di vino, in vece di oste.

Mercante di carne umana: come termine storico fu propriamente il negriero che vendeva gli schiavi d’Africa ai coloni d’America: dicesi di chi sfrutta senza umanità e pietà l’opera del suo simile, e più specialmente di chi incetta e mercanteggia donne per la prostituzione. V. Schiave bianche.

Mercante d’ebano: il mercante di schiavi. Col nome convenzionale legno d’ebano erano denominati i negri d’Africa di cui si faceva grande tratta per le Americhe nel secolo XVIII e principio del XIX. Marchand de bois d’ébène.

Merci: voce viva francese cui rispondo la nostra bella e morta parola antica, mercede e mercè. In vece di grazie, o per lezio o sul serio, dicesi talora merci.

Merda!: versione della storica esclamazione di Cambronne. V. Hugo ne’ suoi Miserabili (2a parte, lib. I, cap. XIV) descrivendo la battaglia di Waterloo, dice: «un generale inglese, Colville secondo gli uni, Maitland secondo gli altri, gridò: bravi francesi, arrendetevi!, e Cambronne rispose: Merde!

Merdocco: V. Depilatorio.

Merenda: dicesi nel Veneto (marenda) per colazione, mentre il suo significato più comune e conforme all’uso toscano, è il lieve pasto tra il pranzo e la cena.

Meringa: specie di dolce leggero, ripieno di crema o di lattemiele: fr. méringue, voce di dubbia etimologia, o dallo spagnuolo melindre, radice mel = miele, frittella di miele e farina, o da Mehringen, nome di villaggio tedesco.

Merinos: alla francese, è grafia e pronuncia forse più comune di merino, italiano e spagnuolo: nome di fine tessuto, proveniente dalla lana della pecora Merino (ovis aries hispanica) che per essere molto produttiva, servì a migliorare molte altre razze europee.

Meritare conferma: nel linguaggio giornalistico è usata questa singolare locuzione per dire che una notizia è data soltanto come probabile, quindi che deve essere confermata.

Merla: i tre giorni della merla, locuzione lombarda (i trii dì de la merla) che vuol indicare i tre giorni più freddi dell’anno, cioè i tre ultimi di gennaio. Di questa locuzione ho raccolto due leggende: la prima di una merla che avendo nidificato anzi tempo gli ultimi tre dì del gennaio (che si dice avesse soltanto 28 giorni), questo per punirla, chiese al febbraio (che aveva 31 giorni) tre dei suoi più freddi giorni: l’altra di una giovane sposa di nome Merla che nel traversare il Po, gelato, fu inghiottita e tre dì rimase nascosta, e questi tre giorni dalla [p. 340 modifica]Merla ebbero nome. L’antico e disusato proverbio toscano: «La Merla ha passato il Po», ha relazione con questa leggenda?

Merlano: (voce lombarda, dal francese merlan) noto pesce dei nostri mari, della famiglia dei gadidi (ordine dei malacotteri); della lunghezza media di dieci o quindici cm., di facile digestione, specie lessato, eccellente poi in tutte le salse e forse è per codesto che non ci intendiamo a chiamarlo. Il merlan francese, è il Merlangus vulgaris, che sul nostro lido adriatico dicesi Merluzzo, a Venezia è chiamato Lovo, in Toscana Nasello, in Istria Molo, in Lombardia, francesemente, Merlan. In Lombardia per merluzzo si intende il baccalà, che è il merluzzo grande (Gadus Morrhua) dei mari del Nord e che in commercio si trova essiccato; e secondo la preparazione, è detto baccalà o Stoccofisso. (V. questa parola).

Merletta: in romagnuolo, saliscendi.

Merluzzo: V. Merlano.

Mésalliance: fr. alleanza, matrimonio con persona di condizione inferiore e bassa per cui ne deriva danno e disdoro. Il prefisso mes è uguale all’italiano mis che troviamo in misleale [sleale], miscredente, misaventura, misfatto, etc, dal latino minus.

Mesmerismo: dottrina del Mesmer sul magnetismo animale (Francesco Mesmer di Iznang, lago di Costanza, 1734-1815).

Messagerie: fr. stazione ed ufficio onde partono vetture o navi. La vettura o la nave stessa.

Messaggio: fr. message, inglese message, nel linguaggio diplomatico indica le comunicazioni che il capo del potere esecutivo rivolge al potere legislativo. Il Petrocchi registra tale senso neologico, ma a me pare che in italiano si dica discorso, e che, se usiamo la voce messaggio, è specialmente riferendoci a governi stranieri.

Messalina: (Valeria) imperatrice romana (15, 48 dell’era volgare) moglie dell’imperatore Claudio. Dicesi antonomasticamente di donna rotta ai piaceri e sessualmente degenerata (et lassata viris, necdum satiata recessit. Così fu detto di Messalina).

Messa nera: fr. messe noire: parodia audace e sacrilega della messa Cristiana in onore di Satana - la forza naturale, misteriosa e ribelle - celebrata dagli stregoni e dalle streghe nell’Evo Medio. V. la ricostruzione in Michelet, La Sorcière. Dicesi oggi messa nera di certe rituali orgie con cui a’ degenerati sessuali e sociali sembra di adonestare il loro pervertimento.

Messianico: agg. da Messia, francese messianique, inglese messianic. Storicamente è la speranza del popolo ebreo in un Re, spirituale e temporale, che riunendo e liberando Israele, riconducesse l’età dell’oro su la terra. Questo è il nome che ricorre nelle Sacre Carte (Vecchio Testamento) Mashiach, da mashah ungere, voce ebraica, l’unto del Signore. Questa speranza in un Messia (Liberatore Duce, cfr. il Veltro Dantesco) si incontra anche nella tradizione di altri popoli, oppressi e divisi, e prende nome dalla più famosa di questo tradizioni che è appunto quella degli Ebrei.

Messianismo: fr. messianisme, credenza, attesa di un messia.

Messidoro: da messis = messe e [testo greco] = dono: decimo mese del calendario republicano francese (dal 18 giugno al 18 luglio).

          Era un giugno maturo, era un bel giorno
               del vital messidoro


Messo t’ho innanzi: omai per te ti ciba: uno dei tanti versi danteschi (Paradiso X, 25 ) divenuti popolari: questo entrato specialmente a mo’ di frase fatta nel gergo delle scuole.

Mestruazione e mestrui: dal latino me?menstrua mensile: fenomeno fisiologico congiunto al fenomeno della riproduzione, che appare nella donna dal tempo della pubertà alla menopausa, e consiste in uno scolo sanguigno per le vie genitali, e si riproduce ogni mese, fatta eccezione del tempo della gravidanza e talora dell’allattamento. Diconsi anche Regole e così in fr., règles. V. Marchese.

Meta: parola che non esce dall’uso dialettale milanese, usata dal Manzoni, P.S., cap. XII e dichiarata con le parole: «così chiamano qui la tariffa in materia di commestibili», calmiere. [p. 341 modifica]

Metà: familiarmente e borghesemente e talora come celia si dice per moglie, specie nella locuzione la mia metà. Registrano tale senso il Tommaseo, il Rigutini, etc. Così pure in francese, ma moitié = ma femme.

[testo greco]: V. Les Dieux s’en vont.

Metallo bianco o metallo Britannia o metallo Inglese: lega il cui componente principale è lo stagno e gli altri sono il piombo l’antimonio, lo zinco, il rame in composizione variabile secondo gli usi cui deve servire. Ha colore bianco lucente ed ha, come è noto, svariatissimi usi. Distinguesi dal pakfong.

Metamorfosare: per trasformare, specialmente nella forma riflessa, è neologismo tolto dal fr. métamorphoser: gr. [testo greco] = trasformo. Voce ripresa dai puristi, certo non bella e non registrata comunemente.

Metempirico: termine filosofico neol., dovuto a Giorgio Enrico Lewes, e vale metafisico, trascendentale, riferito a ciò che è dopo l’esperimento ([testo greco] = dopo ed [testo greco] = prova) ciò che non è verificabile entro i limiti di una possibile esperienza.

Metano: V. Grisou.

Meteorismo: termine medico: gonfiamento dell’addome e anche dello stomaco per effetto dei gas quivi contenuti. Da [testo greco] = elevato, in alto, (onde poi meteore, [testo greco], i fenomeni atmosferici che avvengono in alto, nel cielo). Vale press’a poco come timpanismo.

Metodo storico: chiamasi in letteratura quel processo di critica obbiettiva e scientifica che parte dal fatto e dal documento sincerato e vero, quale appunto si pretende nella storia. Si contrapone, in certa maniera, al metodo estetico di cui tanto si abusò pel passato. Il metodo storico rappresenta negli studi di ricerca e di letteratura quel positivismo che pervade oggidì l’umano pensiero. Ma avvertasi che in arte il documento di per sè poco vale quando non è vivificato dal sentimento e illuminato dall’intelligenza, e che l’intuizione e l’estetica hanno la loro ragione d’essere, e sono cose positivo esse pure. Dal Muratori al Bartoli, al Carducci, al D’Ancona, il metodo storico ebbe pur fra noi cultori insigni che rinovarono l’atmosfera e gli studi letterari in Italia. Però abusato talora nelle scuole nostre, non poco contribuì a disamorare i giovani da quegli studi che gli antichi dissero, anzi tutto ed a ragione, belli ed umani.

Metraggio: l’atto del misurare per metri, metratura. Nel linguaggio comune del commercio questa voce, tolta dal francese métrage, col solito suffisso in aggio è prevalente.

Metrite: nome generico dato a tutte le affezioni infiammatorie dell’utero. Da [testo greco] = utero, matrice.

Metropolitana: nome delle ferrovie che servono al trasporto entro l’ambito delle grandi città o metropoli, come Londra, Vienna, Parigi: sono ferrovie talora aeree o sotterranee.

Mettendolo Turpino, anch’io l’ho messo: così umoristicamente l’Ariosto (Orlando Furioso, XXVIII, 2) chiede scusa del bellissimo, ma troppo realistico racconto, in cui l’Oste fa la psicologia dell’animo muliebre; ne riversa cioè la colpa su l’arcivescovo Turpino cui la leggenda attribuisce l’epica storia di Orlando. Ripetesi talora il verso in senso analogo.

Metter dell’acqua nel suo vino: moderarsi, temperarsi, diventar meno violento e più cauto nelle proprie idee e nello proprie azioni, e si dice talora ironicamente quando ciò accade non tanto per sopragiungere del senno prudente, quanto per necessità e forza delle cose. Locuzione dedotta dal francese: mettre de l’eau dans son vin.

Metter dentro alle segrete cose: V. Segrete cose.

Mettere a dormire: si dice familiarmente che una questione, una pratica etc. è messa a dormire quando per deliberato, e spesso tacito consenso, non se no fa più parole, la si considera come esaurita e risolta, benchè tale non sia.

Mettere agli archivi: gli archivi (lat. archium, dal gr. [testo greco] = antico) sono il luogo ove si mettono e custodiscono i documenti e le scritturo publiche e privato dopo che le cose e operazioni a cui esso servivano, vennero adempiute. [p. 342 modifica]Spesso però le carte si ripongono per sempre senza risolvere la cosa di cui trattano. Da ciò il modo di dire mettere agli archivi, usato specie nel linguaggio politico, per dire «non più trattare, seppellire una questione». Avvertasi che la locuzione mettere agli archivi ricorda la fr. equivalente mettre aux archives.

Mettere alla porta: licenziare in modo brusco, scacciando: fr. mettre à la porte.

Mettere all’indice: V. Indice.

Mettere all’ordine del giorno: V. Ordine.

Mettere a posto: cioè far star a dovere, includendo il concetto di azione personale energica in sostegno del proprio diritto, e di prepotenza o turbolenta usurpazione od esorbitanza da parte altrui.

Mettersi a posto: trovare impiego, da vivere, accasarsi, farsi la posizione, il nido, il covo e simili. (Locuzione lombarda).

Mettere con le spalle al muro: figuratamente vale, ridurre altrui al punto che più non possa indietreggiare, cioè tergiversare, sfuggire; sia quindi obbligato a dar battaglia.

Mettere il cervello o la testa a partito: dicesi, come esortazione o come asserzione, di persona che fu innanzi incurante de’ fatti suoi, trascurato, dissipato etc.

Mettere il lucchetto: chiudere, e, figuratamente, impedire di parlare. Alcun tempo fa era in uso, specie nel giornalismo, la locuzione la cuffia del silenzio.

Mettere in libertà: licenziare da alcun servizio.

Mettere in opera: locuzione dei meccanici e degli industriali per indicare l’assetto di servizio e il buon funzionamento di macchine, utensili, organi delle fabbriche, etc. Questa messa in opera richiede aumento di responsabilità e quindi di spesa. Brutto neol., dal francese.

Mettere in quarantena: detto di notizie, vale ritenerle sospette, metterle quindi sotto osservazione come si fa delle navi che si ritengono infette.

Mettere in rilievo: V. Rilievo.

Mettere in tacere: non più trattare o parlare di una data cosa, ovvero operare abilmente in modo che di una questione spesso incresciosa o pericolosa o per sè o per amici, non più si abbia a rinnovare parola. Se la giustizia ne soffre, altri ne gode. L’arte del mettere in tacere è antica quanto il mondo, spesso è buon spediente politico: così i senatori romani, comperati da Giugurta, avrebbero messo in tacere assai volentieri lo scandalo d’Africa: omnis invidia prolatandis comsultationibus dilapsa foret. (Sallustio, Giugurtina).

Mettere i punti sugli i: rompere il riserbo, quindi dire le cose chiare e con significazione, dichiarare i nomi delle persone: in fr. v’è pure mettre les points sur les i.

Mettere una nota gaia, triste etc: dicesi tanto dei colori, come delle parole, dello espressioni e anche di persone: locuzione tolta dal linguaggio musicale: parmi recente e non certo di provenienza francese.

Mettere una pulce nell’orecchio: indurre in alcuna persona dubbio e sospetto.

Mettere una questione sul tappeto: metterla in discussione, proporla, esaminarla: è il fr. mettre une affaire, une question sur le tapis (cioè sul tappeto che ricopre il tavolo).

Metter la mano sul fuoco: affermare in modo sicuro, mallevare. Locuzione nostra familiare, tolta più che dal ricordo liviano di Scevola, dalle prove del fuoco in uso ne’ tempi di mezzo: e vuol dire «sono così certo della verità che porrei la mano nel fuoco, sicuro di non ardere».

Metter la museruola o mettere il bavaglio: locuzione figurata che vuol dire costringere altrui con violenza al silenzio e alla sottomissione. Cfr. mettere il lucchetto.

Metter le cose a posto: figuratamente vale stabilire la verità e l’ordine delle idee e de’ fatti per ben giudicare di alcuna questione. Si suole così dire in opposizione a chi, nel confondere o tacere ad arte i fatti, si studia di svisare il vero aspetto di una questione.

Metter le gambe sotto la tavola: mettersi a tavola, ma includendovi la buona idea di godere tranquillamente della mensa, senza altro curare.

Metter le mani avanti: chi sta per cadere mette istintivamente le mani avanti per difesa. Questa locuzione si trasporta in senso morale riferendosi al premunirsi [p. 343 modifica]che uno fa contro un colpo dell’avversario, una possibile obbiezione od attacco.

Metter nel sacco: locuzione usata familiarniente per stravincere, far di altri ciò che si vuole. V. Manzoni P. S. cap. I. I tedeschi dicono parimente den Andern in den Sack stecken.

Mettersi in evidenza: mettersi in mostra, operare in modo che il publico apprenda il vostro nome e le vostre virtù e ad esse ricorra onde voi ne abbiate lucro ed onore. Locuzione foggiata su la francese se mettre en evidence = se montrer avec l’intention de se faire remarquer. Queste frasi fatte che contengono un pensiero e risparmiano al pensiero la fatica di formare la frase, sono una peculiarità della favella francese. L’uso nostro se ne impadronì e non vale rimprovero di puristi o di grammatici. Certo per chi ha il gusto della italianità sono una stonatura.

Mettersi in libertà: locuzione familiare nostra che vale, di solito, togliersi il giacchetto e stare in maniche di camicia. Talora la libertà si limita al colletto, alla cravatta, etc. Nelle nostre famiglie di modesta borghesia, di estate, si suole invitare gli ospiti a mettersi in libertà: invito che non sempre può considerarsi come una gentilezza.

Mettersi nei panni (o anche nei piedi): vale investirsi dell’altrui parte, posizione, pericolo. «Credi pure, ch’io so mettermi ne’ tuoi panni.» (Manzoni, P. S. VII).

Mettersi o infilarsi la giornea: vecchia locuzione nostra che vale assumere tuono disconveniente di sentenziosa autorità, e dicesi per ispregio: da giornea, antico nome di zimarra, aperta sul dinanzi, veste oratoria o curiale.

Metuens magis quam metuendus: timoroso piuttosto che tale da incutere paura, Così Sallustio (Giugurtina, XX) chiama Aderbale: locuzione icasticamente latina.

Mévente chiamano i francesi quello che in Toscana dicesi benissimo rinvilio, cioè il diminuire del valore e del credito di una merce. Mévente., da me (minus = meno) e vente, = vendita.

Mezza calzetta: locuzione spregiativa, milanese: dicesi in ispecie di donna che vuol parere e valere più che non sia.

Mezzadria o mezzeria: sistema colonico per cui il frutto del terreno è diviso in parti uguali ed eque tra colono e padrone. Tale sistema è molto antico, specie in Toscana e in Romagna dove la proprietà è, o meglio, era, assai divisa. Mezzadro o mezzaiuolo, il colono che coltiva il terreno con tale patto.

Mezza figura: parlando di persone destinate ad alti uffici di governo, chiamansi mezze figure quegli individui che non hanno nè un fiero ingegno, nè una volontà rigida, nè una capacità di operare rinnovando o riformando, ma sono docili strumenti delle volontà altrui e si muovono facili agli urti impressi dagli opposti partiti e interessi. Queste mezze figure sono quelle che le democrazie odierne di solito preferiscono ed eleggono, giacchè dalle volontà geniali facilmente potrebbero essere dominate.

Mezzania: la parte di mezzo alla lunghezza di ogni bastimento. Dividevasi l’asse maggiore in tre quartieri: di prua, di poppa e di mezzania. Sezione di mezzo.

Mezzanino: a questa parola è dato a Milano un senso alquanto diverso che nell’uso comune italiano (V. e correggi Ammezzato), indica cioè le bassissime stanze sotto il primo piano dei palazzi, abitate dai familiari e da povera gente. Probabilmente sono detti mezzanini perché il piano (si tratta di solito di antichi palazzi) che per rispetto alla facciata appariva unico, rispetto all’uso era diviso in due. L’igiene odierna li condanna. Oggi questi piani, pur alquanto occultati tra i piani principali, sono detti ammezzati, e debbono rispondere a certo leggi igeniche.

Mezzanotte: come punto geografico opposto a mezzogiorno, cioè per settentrione o nord è ripresa dai puristi come voce «discretamente ridicola» (Rigutini).

Mezzo: al pl. per averi, sostanze, denari, etc. è dai puristi ritenuta voce di cui troppo si abusa. | Mezzo per modo, via. come tentai ogni mezzo., non pare ai puristi di schietta italianità | Mezzi vocali per voce è del pari locuzione ripresa | «Sconcissimo» chiama il Rigutini [p. 344 modifica]il modo di dire a mezzo invece di per mezzo Es. a mezzo stampa. Che dire poi della scrittura a 1/2?

Mezzo: quando è messo dopo altro numerale, resta o dovrebbe restare invariato. Es. sono le tre e mezzo, cinque lire e mezzo.

Mica: (lat. mica, bricciola) è particella rafforzativa e riempitiva, non negazione in sè solamente (come quidem in latino). Perciò è idiotismo lombardo usare mica senza negazione. Es. io so mica. Tanto però è l’uso di questo mica (minga e mia) che fanno i lombardi che, nell’ opinione erronea essere l’italiano molto diverso dal loro dialetto, quasi altra favella, non pochi indotti temono di usare mica anche dove è bene usata: es. io non so mica. Del resto mica è forma letteraria antica, viva in altri dialetti nostri, veneto, romagnolo.

Mica male: per discreto, abbastanza bello, buono, è locuzione milanese che non esce dal linguaggio familiare. Cfr. per ciò che di elementi gallici ha il dialetto lombardo, il fr. pas mal.

Micca: e diminutivo micchetta, nel dialetto milanese significa pane, panino: deriva dal latino mica., bricciola, pizzico, mica panis (Lo Zaccaria, op. cit. propone un’etimologia tedesca: in fr. miche = pagnotta). Micca è parola usata anche in Romagna, e dicesi mecca = il pane di farina gialla. Le affinità nei vari dialetti italici ci si mostra sempre maggiore come più ci addentriamo negli studi di essi. Appare, per così dire, unica la radice di piante che sopra il suolo stanno divise e lontane.

Micidiale: (da omicidiale) antica parola nostra che con forza di sostantivo (omicida) fu usata fin dal Boccaccio: «non volere divenire micidiale di chi mai non t’offese», Decameron, Giornata II, novella IX). Questa antica voce rivive oggidì, specie nel linguaggio degli antropologi, per significare coloro i quali recano le stimate degenerative del sanguinario.

Micro: vale piccolo, gr. [testo greco], ed entra come prima parte in composizione di moltissime parole, neologiche la più parte, del linguaggio scientifico, per esprimere il concetto di piccolezza, contrapposto a quello di grandezza, che suole esprimersi con macro ([testo greco]) o con mega, ([testo greco]) grande.

Micròbio: pl. micròbi, devesi ritenere miglior lezione di mìcrobo, almeno per ragione etimologica (da [testo greco] = piccolo a *** = vita, cioè animali di piccola vita). Probabilmente la forma mìcrobo micròbo ci derivò dal fr. microbe. Il Petrocchi ne dà una spiegazione che si può benevolmente chiamare ingenua: «animaletti microscopici scoperti dal prof. Pacini nei corpi dei colerosi», e quelli che non sono nei corpi dei colerosi? Microbio è nome generico come l’altra parola microrganismo, e comprende, oltre ai bacteri, altre specie, come gli infusori, le muffe, gli agenti della fermentazione, etc. (V. protisti, bacteri e bacilli). Questa parola microbio è diventata popolare ed è usata anche in senso traslato.

Microcefalo: termine medico da [testo greco] = piccolo e [testo greco] = testa. Sviluppo del cranio e del cervello, inferiore al normale. Si accompagna di solito all’idiotismo ed al cretinismo. Anche questa parola della scienza è entrata nell’uso ed abuso del parlare comune e vale stupido, cretino etc.

Micrococco: nome dato a bacilli e bacteri in forma di grani, da [testo greco] = piccolo, e coccus = grano o bacca.

Microfarad: (gr. letteralmente piccolo farad) Nome di capacità elettrostatica: equivale ad un milionesimo di farad: viene comunemente usato come unità di misura per esprimere la capacità dei condensatori elettrici e delle condutture elettriche, quali sono i campi telegrafici subacquei, le linee telegrafiche e telefoniche aeree e sotterranee etc.

Micromania: neologismo foggiato analogicamente di megalomania: dal greco [testo greco] = piccolo e [testo greco] = tendenza dello spirito a pensare e sentire bassamente di sè: vi si annette sempre un significato morboso e anormale. È l’opposto dell’abusato vocabolo megalomanìa, cioè il sentire esageratamente di sè, onde i due nomi megalòmane e micròmane.

Microrganismo: neol. scientifico dal gr., piccolo essere organizzato. V. Microbio. [p. 345 modifica]

Midinette: altro e nuovo nome che l’inesauribile genio del gergo parigino creò per indicare la sartorella (V. grisette, madamina), così detta dalla refezione del mezzodì (midi).

Midriasi: ([testo greco], da [testo greco] = oscuro) dilatazione anormale della pupilla con immobilità dell’iride: der. midriatico: termino medico.

Mielite: da [testo greco] = midolla: nome dato alla più parte delle malattie intrinseche della midolla spinale.

Migliore della sua fama: locuzione probabilmente dedotta da Ovidio, ipsa sua fama melior (Ep. ex Ponto, I, 2, 143) Cfr. il verso dello Schiller (Maria Stuarda, III, 4), Ich bin besser als mein Ruf.

Miglioria: neologismo notato da Rigutini come non buono: «se di terreni la voce italiana è bonificamento, se di malattia miglioramento».

Mignardise: = delicatezza, da mignard, grazioso, delicato: voce francese da noi usata per significare una specie fine di merletto per guarnizione.

Mignon: vocabolo francese che vuol dire gentile, favorito: nella nostra lingua sovente aggiunto di oggetti di forma piccina e aggraziata. Deriva dall’alto tedesco Minna Minnja. Nel tedesco medioevale v’è Minne = amore, che oggi è voce poetica. Cfr. Minnesinger = poeta d’amore. Altri da mine = aria del volto, ma non si ritiene buona etimologia. La parola mignon fu tradotta già da antico in mignone, e noto è l’esempio del Redi (Ditirambo):

               Qualche nuovo smisurato
               sterminato calicione
               sarà sempre il più mignone.

Migraine: in certo linguaggio mondano la voce fr. pare più elegante della sorella italiana emicrania. Solito caso! Dal gr. [testo greco], metà e [testo greco], cranio: sindrome caratterizzato da accessi di cefalalgia intensa, il più di sovente da un sol lato e avente sede nella regione temporale ed orbitale: vi si accompagna un generale malessere, con nausea e vomito. È il nome della malattia che più si presta ad essere usata come scusa, specialmente presso le dame.

Mikado: titolo dell’imperatore del Giappone, lett. il Venerabile: capo spirituale e temporale del Giappone. Prima dell’ultima rivoluzione, la quale trasformò il Giappone, modernizzandolo alla maniera del nostro occidente, il Mikado era una specie di nume in terra, invisibile, intangibile, sacro. La scrittura italiana micado è poco dell’uso, ciò avviene per molti termini stranieri, che noi scriviamo, di solito, secondo la grafia francese od inglese.

Milady: forma italiana e francese dell’ingl. my lady = mia signora, titolo che si dà, conversando o scrivendo, a dama inglese, moglie di un lord o d’un barone. Voce registrata nei diz. francesi.

Milân e poeu pù: nota espressione di campanilismo che fa il paio con altra non meno orgogliosa, chi volta el cuu a Milan, le volta al pan. Sono del resto espressioni assai antiche e registrate dal Cherubini (op. cit.), il quale vi aggiunge questa: Milan l’è el giardin de’ l’Italia, saviamente però avvertendo che ciò si deve intendere soltanto della floridezza economica! Cfr. la più recente espressione Milano, capitale morale (V. La capitale etc.) Del resto di questi orgogli cittadini altri esempi abbondano. Es. Vedi Napoli e poi mori, Roma è caput munni e Cifalù secunni, etc.

Miles gloriosus: lat. soldato glorioso, attributo di Pirgopolinice, l’immortale spaccone, l’arcifanfano insuperabile di Plauto, capostipite della numerosa famiglia dei Matamoros, Capitan Spaventa, Capitan Fracassa. Nome usato tuttora per significare un millantatore, un rodomonte.

Miliardaio: da miliardo (V. questa voce) è parola non registrata nei diz. italiani. È forse il caso di affermare che manca la parola perchè manca la cosa. I miliardai sono solitamente di provenienza americana e costituiscono i nuovi Re, del ferro, dell’acciaio, del petrolio, della borsa, etc. V. Re etc. Trovo anche usato miliardario.

Miliardo: è il francese milliard, che cacciò di nido la voce italiana billione o bilione, somma di mille milioni.

Milieu: voce francese dal molteplice significato: mezzo, centro, posto d’onore, temperamento, ambiente (affetti, [p. 346 modifica]relazioni, luogo) il fluido che ne circonda, etc.

Militare in favore: locuzione neol. che vale operare favorevolmente, convergere ad un dato fine, tornar di lode, testimoniare a vantaggio, etc. È locuzione derivata dal fr. cela milite en sa faveur.

Militarismo: da un neol. fr. militarisme. Sarebbe propriamente non solo l’ordinamento militare, ma il preponderare soverchiando e opprimendo della classe o casta militare su gli altri ceti sociali. E militarista dicesi chi è sostenitore di tale istituto. Come tutti i suffissi in ismo contiene l’idea dell’eccesso della cosa.

Militarista: V. Militarismo.

Militarizzazione: ridurre a sistema militare. Questo neologismo non è, che io mi sappia, in francese: certo è tolto dal neol. militariser = rendre militaire.

Military: corse al galoppo riservate ai soli ufficiali in servizio con cavalli di servizio. Furono istituite dal Ministero della guerra con apposite norme e premi ad imitazione di altri paesi, come incitamento agli ufficiali a provvedersi di buoni cavalli di servizio. Non potevasi dal Ministero italiano trovare una parola italiana?

Mille e una notte: racconti orientali che si fingono narrati da Scheherazade al sultano di Persia Schariar, il quale, tradito dalla sultana e fattala uccidere, per evitare il pericolo di nuovi tradimenti nelle future spose, solo di un giorno le faceva partecipi al talamo, indi le mandava a morte. La bella Scheherazade, figlia maggiore del gran vizir, seppe col fascino di meravigliosi racconti opportunamente interrotti e continuati per mille e una notte, rimuovere il Sultano dal feroce proposito. Tale la favola. «Mille e una notte» dicesi come termine di paragone e sinonimo di tutto ciò che è meraviglioso, magico, così in italiano come in ogni lingua culta.

Millimetrista: fra le parole di formazione abusiva, scioccamente bizzarre ed inutili, noto anche questa, per indicare il pedante che misura col millimetro e nulla vede all’infuori dei particolari. Es. il millimetrista non cerchi il pel nell’uovo.

Milodonte: (Mylodon) mammifero fossile dell’ordine dei Maldentati o Sdentati, affine al gigantesco Megaterio (Megatherium), i cui resti trovansi pure nei terreni d’alluvione dell’America meridionale.

Milord: forma francese e italiana della forma inglese my lord = mio signore. Voce comune alle lingue europee. La forma italiana milorde e milordo, quale è nei nostri dizionari, non è la più frequente nell’uso, se non del popolo. Frequente quivi pure è il diminutivo milordino per galante, damerino.

Milordo: nel dialetto contadinesco di alcune terre di Romagna, milordo e milorda (ing. my lord) valgono bello, elegante, vestito a festa, etc. Lo stesso in milanese milord, milordin, fà el milordin, e così in altri dialetti. Quale curiosa istoria di questa parola si potrebbe fare!

Mimare: versione del fr. mimer = imitare co’ gesti, fare il mimo, così goffa che si può notare solo come bizzaria di voce abusiva.

Mimetismo: voce scientifica (dal gr. [testo greco], imitazione) fr. mimétisme ingl. mimicry: mezzo di difesa usato da certe specie di animali, i quali imitano, cioè prendono l’aspetto di altre specie ben difese, cioè più adatte alla lotta per la vita. Questo interessante fenomeno fu dal Darwin detto di analogia o di adattamento. E nella vita degli uomini non avviene forse un fenomeno consimile"? (Cfr. l’ode del Parini all’Impostura). Affine al mimetismo è l’adattamento protettivo del colore che riscontriamo in molti animali, cioè di assumere il coloro del luogo circostante: gli animali del deserto hanno il color fulvo delle arene; gli animali delle nevose regioni artiche si vestono di candore; i pesci, come le scorpene, i granchi, le meduse, si occultano per l’aspetto simile alle acque ed agli scogli.

Mina: francese mine = fisonomia, cera. Parola non usata oltre le terre subalpine.

Minare: nel senso figurato di consumare, distruggere, scalzare, recar danno di nascosto è modo neologico tolto dal fr. miner: cette maladie le mine, le temps mine tout, etc.

Minente: voce romanesca: popolana di transtevere, transtevcrina.

Minestrone: è non solo accrescitivo di [p. 347 modifica]minestra, ma una specie di minestra assai grossolana e comune in Lombardia, da cui si estese poi alle altre cucine conservandone il nome: «propriamente quella minestra in cui entrano a compagnia riso, fagiuoli, cavoli cappucci e spesso anche sedani, carote ed altro»; così nelle elette sue spiegazioni il Cherubini, (op. cit.) e in quell’«altro» intendi cotenne, lardo, erbe aromatiche.

Minette: V. Fair e minette, nell’Appendice.

Mingere: lat. mingere talora usato, o per colla o come termine più decoroso, perchè meno compreso, invece di urinare.

Minimum: V. Maximum.

Minnesänger Minnesinger: voce storica tedesca, da Minne = amore e Sänger = cantore, cioè trovatore, citharoedus, poeta d’amore che componeva e andava cantando versi d’amore. Secoli XII e XIII.

Minuta: per lista delle vivande. V. Menu.

Minuta: termine culinario milanese che consiste in un piatto di carni prelibate, come creste, fegatini, granelli, etc. cotti nel burro con sale, pepe, farina, indi funghi o tartufi. Si bagnano poi con brodo vino bianco. Non si dimentichi che la cucina milanese, ancorchè un po’ grossolana e greve, ebbe un tempo meritata e gran rinomanza. Cucina classica!

Mirabolano: spaccone, conta-frottole.

Mirabolante: per stupefacente, meraviglioso, ma con speciale senso lepido e di scherno, è dal fr. myrabolant. V. lo Scheler (op. cit.)

Miraggio: fr. mirage, fenomeno ottico dovuto alla rifrazione della luce, per cui appaiono nell’orizzonte false imagini di paesaggio. In italiano dicesi con bella parola che ha sapore di romanzo, fata morgana. I francesi traendo molti vocaboli dal linguaggio scientifico e fisico, hanno dato a tale voce il senso di illusione, sogno, e hanno trovato in noi buoni imitatori.

Mise: sost. fem. francese dal verbo mettre, lat. mittere = mettere. Voce usata da noi per indicare il modo di vestire. Nel qual senso è neologismo pure in francese, registrato dal Dizionario dell’Accademia solo dall’edizione del 1834. Usata pure è nella locuzione Mise en scène per indicare i preparativi, le cure, l’allestimento d’uno spettacolo scenico, la scena.

Mise en scène: oltre che nel linguaggio teatrale (V. mise), è locuzione talora usata nel linguaggio giuridico per indicare il complesso dei raggiri fraudolenti, atti ad ingannare l’altrui buona fede.

Misògino: dicesi di uomo che sente repulsione patologica per la donna nei rapporti sessuali (dal gr. [testo greco] = odiare, e [testo greco] = donna). Dicesi anche di chi avversa la compagnia delle donne.

Misoneismo e Misoneista: voci neologiche, usate ed abusate per indicare chi è avverso delle cose nuove. Vi si connette nell’uso comune il senso d’anomalia e difetto di giudizio in cotesta avversione, quasi che l’accogliere tutti i prodotti della civiltà e del costume sia un dovere nell’uomo moderno, e grave colpa il contrario: difetto come del gufo che rifugge dalla luce. Dal greco [testo greco] = odiare e [testo greco] = nuovo. Fr. misonéiste.

Miss: voce inglese vale «signorina», preferibilmente seguita dal nome proprio. Le giovanette italiane di ricca e nobile condizione costumano aver seco una governante o precettrice, la quale, se inglese, chiamano usualmente col nome loro di miss. V. Fraülein. N. B. La lingua italiana è insegnata solitamente dalla balia.

Missione: «questa voce nel senso di mandato, ufficio e sim. ha veramente origine in quelle parole del Vangelo Ego mitto vos, ecc. dette da Gesù Cristo a’ suoi discepoli. Onde bene si dirà: La missione e l’apostolato della Chiesa, del sacerdozio e sim., tenendosi sempre dentro ai confini religiosi. Ma i Francesi prima di noi la estesero a qualsivoglia mandato ed ufficio, per piccolo o umile o inconcludente che sia: tantochè noi, ripetendo quest’uso, l’applichiamo indifferentemente tanto all’ufficio dogli Apostoli, quanto a quello dei pubblici spazzini». (Rigutini). Solito caso di estensione di senso al modo francese.

Missiva: propr. la lettera che si manda por prima, in opposizione a responsiva. Per lettera è dal fr. missive (lat. mittere).

Mister e Mistress: in inglese significano [p. 348 modifica]signore, signora, innanzi al nome proprio, parlando o scrivendo. Abbreviato, Mr. e Mrs. Mistress è specialmente detto di signora che eserciti un’arte o una professione.

Mistero: nella comune locuzione far mistero, detto di cosa di poca importanza, spiace e ricorda ai puristi la locuzione fr. faire mystère d’une chose.

Mistificare: verbo usatissimo nel senso di abusare dell’altrui buona fede per farsene giuoco o trarne vantaggio: proviene dal francese mystifier neologismo, del resto, anche in francese. V. il Littré a questa voce. Noi abbiamo moltissime voci: burlare, canzonare, ingannare, ciurmare,^ etc. Eppure a mistificare si annette un senso — come dire? — di modernità e di perizia nell’inganno, così che tale voce predomina senza concorrenti in certo suo speciale significato. Non mi pare peraltro che il popolo la usi.

Mistificazione: V. Mistificare. (Il Petrocchi registra il nome, non il verbo).

Mistrà: acquavite di anici o fumetto, come si dice in Toscana. Mistrà è voce ampiamente dialettale. (Veneto, Emilia, etc).

Mistral: parola francese, dall’antico provenzale maestrale usata su le coste del Mediterraneo: in italiano maestrale o maestro, vento tra la tramontana e il ponente.

Misura di carbone (a): locuzione familiare che significa ricambiare ad usura, ma in mal senso, come ad es. di contumelie, di offese. Il motto deve trarre origine dall’abitudine che dovevano un tempo avere i carbonai di essere generosi nel dare la loro merce, non badando troppo per il sottile al peso.

Mitilo: (mytilus edulis) genere di molluschi bivalvi, con conchiglia nero-azzurrognola, di forma triangolare: sono forniti delle cosidette glandole del bisso, destinate a produrre certi fili cornei, di cui l’animale si vale per attaccarsi ai corpi sottomarini, ai quali aderisce così saldamente, che anche la più violenta forza delle onde non può strapparlo. Volendo cangiar di sito, fila un nuovo bisso, e rompe l’antico, e ripetendo questa operazione più volte, procede lentamente innanzi. Sono detti anche volgarmente peoci, o pidocchi di mare sul litorale adriatico, arselle sul litorale tirreno, cozze nell’Italia meridionale.

Mitingaio: dalla voce inglese meeting, accolta pure in francese, e vale letteralmente comizio, si è formato l’aggettivo mitingaio, spesso attributo di eloquenza. V. Meeting.

Mobilio: è voce ripresa per mobilia, che letteralmente in latino vuol dire le cose mobili. Peggior scrittura, mobiglio.

Mobilium turba Quiritium: incostante folla dei Quiriti (Romani) Orazio, Odi, I, 1, 7.

Mobilizzare: detto degli eserciti, è neologismo di provenienza francese mobiliser. In italiano c’è il verbo mobilitare, presso che disusato.

Modalità: voce del linguaggio filosofico, astratto di modale (ragione formale del modo). Come neologismo, in senso concreto, per forma, accessorio, accidente, es.: «non rimane che intenderci su di alcune modalità», riprendesi dai puristi come estensione della parola, conforme all’uso del fr. modalité.

Modanatura: term. arch., nome generico dato ai corpi più o meno sporgenti che entrano nel comporre il profilo di una cornice.

Moderato: nel noto senso politico ci deve essere provenuto dal francese modéré, voce quivi usata sino dal tempo della Rivoluzione e del Direttorio. Moderato, voce del resto più che ottima da moderare, temperare, frenare, regolare, è nome dato presso di noi a coloro che nella politica italiana seguono le idee monarchiche costituzionali, il moderato, secondo etimologia, sarebbe l’ideale degli uomini politici, se non che vedi al paragrafo In medio stat virtus una sentenza del Manzoni.

Moderatore: in meccanica, apparecchio che serve a moderare, rallentare i movimenti.

Modestia a parte: locuzione ironica o lepida che dicesi come preavviso o a mo’ di parentesi, quando si vuole enunciare un fatto un’opinione che suona non il semplice contrario di modestia, ma anzi la più sfacciata opinione di sè. [p. 349 modifica]

Modista: neol. dal fr. modiste, voce sancita dall’uso ancorchè non assolutamente necessaria, avendo l’italiano la voce crestaia, da cresta, gala. «Modista, spiega il Petrocchi, lo stesso che crestaia, ma questa ha più dell’ordinario e spregiativo». Così forse a Firenze, o per effetto della voce «moda» che denota finitezza e scienza della cosa, o perchè la voce francese ha, come di solito, senso nobile per noi.

Modulo: con tale nome indicano i tecnici ed i meccanici un numero od una grandezza di riferimento per determinare altri numeri od altre grandezze simili.

Modus est omnibus rebus: v’è misura in tutte le cose. Plauto, Poenul I. 229.

Modus vivendi: lat. modo di vivere, accordo e concessione reciproca, pur di vivere in pace, fra parti contendenti ed opposte. Modus vivendi è pure termine diplomatico per indicare il complesso delle condizioni secondo le quali due o più Stati determinano i loro reciproci rapporti con cui intendono vivere, agire, negoziare.

Mofetta: fenomeno vulcanico consistente nell’emanazione di acido carbonico, e che segna la fine delle eruzioni. (Grotta del cane). Cfr. Mefìte.

Mògano: Vedi Acagiù.

Moire: stoffa marezzata di seta o di lana, così manufatta sotto l’azione dei cilindri da ricevere un certo splendore o lividore ad onde o chiazze di vago e cangiante effetto. Oggi più specialmente intendesi di stoffe di seta, e le prime fabbriche furono in Francia, (Lione, Nimes, Tours).

Moka: forma fr. più comune dell’italiana moca: usasi per indicare il caffè che viene dalla Moka, cittá dell’Arabia, ed è fra le specie più reputate, quando avviene di trovarne in commercio. E forse per la stessa acuta ragione che lucus deriva a non lucendo, che i caffettieri gridano moka! alle loro bevande appunto per l’assenza completa del prezioso aroma. Moka per caffè è pure voce del gergo francese.

Molazza: apparecchio di macinazione (e talora di miscela) con una o due molo ad asse orizzontalo, rotolanti sur un piatto pure orizzontale, (per macinare terra, pula di riso, ecc.) Voce comune in Lombardia (dal lat. mola = macina).

Molera: chiamano i milanesi (e credo tutti i lombardi) le pietre arenarie.

Moletta: voce dialettale e familiare dell’alta Italia per arrotino (dal lat. mola = mola, macina).

Molla, molla!: (V. Mollare) classico grido delle nostre folle, caratteristicamente usato per impedire agli agenti della forza publica di trarre in arresto: si contrapone all’altro non meno tipico grido dialettale ciappa ciappa (acchiappa) che urlasi, specie contro ladruncoli, borsaiuoli. Molla! voce di comando marinaresco.

Mollare: allentare, lasciare: voce speciale del linguaggio marinaresco; mollar le vele = scioglierne i gerli e spiegarle; mollar gli ormeggi = scioglierli a terra e ricuperarli a bordo quando la nave si disormeggia per salpare; mollar le scotte = allascarle quando si poggia o si molla in poppa: mollare in poppa = poggiare fino ad avere il vento in poppa.

Molletton: voce francese: mou (latino mollis = molle): stoffa di lana o di cotone anche di seta, pelosa da una o da ambo i lati, dolce e calda: se ne fanno coperte, camiciuole, sottovesti; serve per imbottire e coprire. Più usato è il color bianco. Milanese, mollettòn.

Moloch: voce fenicia = Re, Signore. Deità mostruosa e feroce di forma umana con testa taurina, adorata, un tempo, in Oriente (Fenici, Cartaginesi) e onorata di vittime umane. In tutte le letterature il nome di Moloch è simbolo di ogni costume istituzione disumana e violenta, che domanda sacrificio di bene.

Moltiplica: voce ripresa da’ puristi in vece di moltiplicazione. Questa abbreviazione notasi anche in altre parole come bonifica, qualifica, modifica, notifica, etc.

Momento psicologico: si dice per momento opportuno, favorevole per fare alcuna cosa. Il motto è riferito come di origine francese e in tale caso avrebbe rapporto storico con l’assedio di Parigi del 1871. Per bombardare Parigi con isperanza di pronta rosa, attondevasi il momento psicologico in cui la città, divisa dal [p. 350 modifica]mondo, stretta da un cerchio di ferro, affamata, non isperando soccorso, avrebbe giudicato inutile ogni ulteriore resistenza e difesa.

Mona: voce veneziana, stupido, sciocco V. Appendice.

Monatto: nome storico dei lugubri e truci becchini della peste di Milano, nome salvato dall’oblio dalla mirabile narrazione che A. Manzoni fa della peste nel cap. XXXII de’ P. S. Quivi vedine pure l’etimologia probabile, cioè dal tedesco monatlich, quasi assunto di mese in mese.

Mondana: in fr. mondaine dicesi di donna che ama la vita e i piaceri mondani, nell’italiano classico — benchè raro ne fosse l’uso — mondana o donna di mondo vale meretrice. Nell’italiano dell’uso odierno ambedue i sensi hanno valore. Certo prevale quello francese che non ha mal senso. Però non oserei, come fa il Petrocchi, collocare mondana del secondo senso tra le voci morte, giacchè, o per influsso dell’antico valore o piuttosto per effetto del neol. fr. demi-mondaine = femme galante, l’antico significato risorge per indicare cortigiana, di alto grado, etera.

Mondarisi: gli operai della campagna (opera) che attendono alle mondature del riso.

Mondo politico, letterario, artistico etc. per il ceto, o più semplicemente, gli artisti, i letterati, etc. è maniera iperbolica alla francese, ripresa dai puristi. Accogliesi mondo quando esprime totalità in senso vero e grande, come il mondo Cristiano.

Monferrina: danza originaria del Monferrato (Piemonte): è in sestupla di crome a movimento vivace.

Monismo: dal gr. [testo greco] = solo; voce universale del linguaggio filosofico, e suole applicarsi a quei sistemi ideologici i quali considerano in tutto l’universo l’opera e la manifestazione di un solo principio efficiente. (Scuola Eleatica, Spinoza, Schopenhauer, Hegel, derivato monista).

Monitor: da alcuni italianizzato in monitore. Bastimento a vapore, corazzato e rostrato, senza alberatura, raso su l’acqua, con pochi e grossi cannoni. D’uso per le coste, laghi, fiumi. Fu inventato, denominato e terribilmente sperimentato dagli Americani nella guerra di secessione del 1864.

Mono: gr. [testo greco] = solo, unico, semplice, elemento costitutivo di moltissime parole di carattere scientifico, in ogni culto linguaggio.

Monoculus in terra caecorum (rex est): (è re colui che possiede) un sol occhio in terra di ciechi: locuzione latina usata, ironicamente, per esprimere la relatività del valore, del sapere, dell’intelligenza. Dev’essere motto di antica formazione popolare. V. Beati monoculi, etc.

Monofisiti: (da [testo greco] = solo e [testo greco] = natura) nome di seguaci di setta cristiana in oriente del V secolo, la quale pur ammettendo l’unione delle due nature in Cristo, affermò che la natura umana fu come assorbita da quella divina: opinione dichiarata eretica. La chiesa Armena è erede di questa eresia.

Mongioia: V. Mont-joie.

Monomanìa: gr. [testo greco] = unico e [testo greco] e secondo l’introduttore della parola che fu l’Esquirol, questo [testo greco] sarebbe da [testo greco] = luna, onde maniaco dei greci = lunatico dei latini. Questa parola, divenuta universale, volle indicare in origine una pazzia parziale o melanconia, per distinguerla dalle forme più gravi della demenza. «Lesione parziale dell’intelligenza, degli affetti della volontà» (Esquirol).

Monosillabi: per le regole su gli accenti dei monosillabi, V. qui, qua.

Monotremi: nome dell’infimo ordine dei mammiferi, formato dalle due specie australiane Echidna e Ornitorinco, munite, la prima, di una bocca tubolare cornea, la seconda di un becco piatto, simile a quello dell’anitra. I monotremi si propagano per uova, ma si considerano come mammiferi in quanto nutrono i loro piccoli con una specie di secrezione lattea.

Monsieur Alphonse: V. Alphonse nell’Appendice.

Monsieur de la Palice: V. Palice.

Monsieur de Paris: nel gergo francese vale il carnefice.

Monsignore: titolo che noi diamo specialmente ai vescovi. In Francia Monseigneur era titolo altresì dei principi e del [p. 351 modifica]Re. Sotto Luigi XIV designò specialmente il Delfino. Monsignore il re o lo re leggesi nelle antiche nostre prose ove si parla dei re di Francia.

Monstre: nel linguaggio popolare la lingua francese seguendo l’indole sua iperbolica, chiama monstre tutto ciò che è anormale, fuor del costume, assai grande, quindi un bouquet monstre, un établissement monstre, etc. In tale senso da noi si usa talora questa parola, e in ciò sta la servile imitazione. Monstre, dal latino monstrum (quod moneat voluntatem deorum).

Montagnardo: e così la voce montagna nel noto senso politico, provengono dal fr. montagnard e montagne. Al tempo della Convenzione di Francia i più accesi Giacobini sedevano a sinistra e in alto: da ciò il nome tramandatosi ne’ Parlamenti.

Montarsi la testa: V. Montatura.

Montatura: nel linguaggio familiare usasi per esagerazione, cosa artificialmente ad arte montata con un dato fine. Così dicesi montarsi, montarsi la testa per esaltarsi, scaldarsi la testa. V. autosuggestione. Il fr. ha appunto monter la tête. Talora montatura equivale a macchinazione, trama.

Monte (a): nel giuoco delle carte la locuzione andare o mandare a monte per annullar la partita, è locuzione tanto toscana come della più parte de’ nostri dialetti. Dicesi anche di progetto, divisamento mancato. A monte = non se ne tenga conto, non se ne parli più, (familiarmente parlando).

Monte di Venere: V. Appendice.

Monteur: così nel linguaggio dell’industria meccanica si chiama con voce francese quell’operaio che monta e compone nel loro luogo definitivo i vari pezzi di una macchina.

Montista: nel dialetto lombardo, i locatari del monte di Pietà.

Mont-joie (Saint-Denis): grido di guerra de’ Francesi nell’Evo Medio, dal monte presso Parigi ove S. Dionigi ebbe la gioia o compenso del martirio: Montegioia, o Mongioia. «Mongioia cavalieri» è, ad es., il grido dei signori francesi alla battaglia di Benevento come racconta G. Villani nella sua Cronica, VII, 8, 9. Singolare la forza che aveva l’italiano nostro antico di assimilare i nomi stranieri, anche i più difficili! Hawkwood diventava l’Acuto; Valois, Valese, etc. e questa assimilazione si compiva in modo naturale e popolare. Oggi questo importante fenomeno più non si avverte.

Monroe (dottrina di): così sono chiamati certi principi di diritto internazionale espressi da Giacomo Monroe, presidente degli Stati Uniti dal 1817 al 1825, in suo messaggio del 2 dicembre 1823. Il concetto ne è questo: il sistema coloniale europeo non può applicarsi alle nuove condizioni dell’America però che tutto il gran continente è formato di Stati che hanno i medesimi diritti delle nazioni europee per quel che riguarda la loro indipendenza. Il fatto della prima occupazione o della esplorazione non costituisce un diritto di sovranità per gli Europei su quel continente, i cui possessi non possono d’ora innanzi dipendere che da trattati o da guerre. La dottrina di Monroe si venne in questi tempi sempre più concretando nel concetto dover essere l’America degli Americani, (specialmente di quelli degli Stati Uniti, vero imperialismo di razza!)

Montura: per divisa, uniforme non è voce «franciosa» come dice il Fanfani, ma d’origine — credo — lombarda. Il Petrocchi la fa derivare dal francese, ma monture vuol dire altra cosa, cioè cavalcatura. Per dire montura nel senso di assisa, in fr. si dice uniforme. Del resto questa montura è voce dell’uso da tempo.

Monumenti Vespasiani: così sono detti talora gli orinatoi publici in forma di edicola e di torrette, dal nome dell’imperatore Vespasiano quod etiam urinae vectigal commentus esset (Svetonio, Vespasiano, XXIII). Ma tale nome a simiglianti opere è di primo conio francese vespasienne = urinoirs publics sous forme de petites guérites ou de colonnes.

Mops: noto e piccolo cane di lusso; assai bruttino e comico con quel suo muso nero e rincagnato a mo’ del molosso (bulldog) a cui rassomiglia: pelo lucido e raso color caffè latte, orecchio corto che oggi più non costuma cimare. Pesa circa kg. sei, ma ha il difetto dì facilmente [p. 352 modifica]impinguare e allora è assai brutto. È di carattere bizzarro e ineguale e non brilla per molta intelligenza ed affetto. Pare di provenienza dall’estremo oriente. Le tappe certe di questa bestiola sono dal Capo di Buona Speranza all’Olanda. Nel XVII secolo passò assai pregiato in Inghilterra e vi ebbe il nome di Pug-dog. La Francia l’accolse nel XVIII secolo, ed ebbe l’onore di vederselo presentato a corte da madama di Pompadour, e un gentiluomo per quel suo muso nero lo chiamò Carlin, ricordandogli la maschera nostra di Arlecchino, e tal nome colà gli rimane. Noi lo chiamiamo Mops, voce tedesca, da una radice mup = far boccacce, ghigno, rictus. Cfr. Kluge, op. cit., In italiano Muffolo.

Morbido: in latino morbidus vale ammalato infermiccio, da morbus. In italiano morbido ha il senso di molle, gentile, cedevole al tatto, non ha, che io sappia, il senso di morboso o patologico mentre tale senso ha appunto in francese morbide, in inglese morbid.

Morbin: voce caratteristica veneziana che significa la vivezza, la bizzarria rigogliosa petulante, specie di chi è giovane ed ha de’ frulli pel capo: ruzzo, voglia di ridere e di far ridere. Morbino è altresì voce romagnola (V. Diz. del Mattioli, Imola, Galeati 1879) nè mancano esempi classici, del Doni (Attav. p. 21) e di altri. Così registrata è la frase: fare uscire il morbino ad alcuno, cioè levare il ruzzo, far star a cervello.

Morbus gallicus: V. Appendice.

More o more di rovo: noto frutice di una specie di rovo spontaneo e comune (Rubus fructicosus, L). Mangiansi naturali se ne fanno pregiate conserve o sapori e siroppi medicinali.

Moresca: una specie di danza delle spade, già in voga in tutti i paesi dove si conservava la tradizione delle guerre dei Cristiani contro i Saraceni. Con essa si rappresentavano le lotte contro gli Arabi.

More solito: modo avverbiale latino, secondo il solito (costume), e per lo più si dice del ripetersi di fatto o di abitudine riprovata.

Moretto: volgarmente e familiarmente di cesi di quegli uomini politici di minor conto, i quali seguono, sostengono, intrigano fanno il galoppino per altro uomo politico di maggior conto o capo partito. I moretti parlando di deputati, servono a formare la maggioranza. Vi si annette spregio e mal senso. Il significato dev’essere tolto, per estensione, dall’uso di tenero piccoli mori come paggetti e servitorelli. Così costumavano anche i ciarlatani di piazza. Voce di gergo politico, caduta alquanto in disuso.

Morfinismo: (da morfina che è un alcaloide dell’oppio) la malattia e l’abuso della morfina, la quale avendo un’azione sul sistema psico-motore, induce un senso di fittizio benessere che assomiglia alla più perfetta, fisiologica sanità: lucidezza mentale, forza di muscoli, vivace fantasia, lietezza, etc., onde è che molti ne abusano senza ragione medica, e il piacere è si forte che il morfinomane soggiace sovente all’uso del lento e delizioso veleno. Altro anestetico inebriante à la cocaina, alcaloide della coca. Agisce press’a poco come la morfina e produce gli stessi sintomi, degenerando talvolta in manifesta follia con idee deliranti, esaltamento, allucinazioni. Onde le voci cocainismo, cocainista.

Morganatico: V. Main gauche.

Morgue: voce francese che vuol dire «cella mortuaria», ove si espongono i cadaveri degli sconosciuti per il riconoscimento. L’origine del vocabolo è dubbia. Morgue = viso e però morgue il luogo ove si riconosce il volto? Veramente morgue vuol dire viso fiero, minaceioso, e morguer, guardar fissamente, minacciare. Il passaggio da questo al primo senso non è chiaro. Però dalla seguente spiegazione dal Littré: Morgue: endroit á l’entrée d’une prison, où l’on tient quelque temps ceux que l’on écrouè, afin que les guichetiers puissent les regarder, les examiner, pour les reconnaitre ensuite, si può intendere il passaggio di morgue nel senso di cella mortuaria pel riconoscimento. E. Poe, il mirabile novelliere americano, ne fa il nome di una via nel suo Assassinio della Via Morgue. In milanese brugna, V. Cherubini, op. cit.

Morituri te salutant: V. Ave, Caesar, etc. [p. 353 modifica]

Mortadella: specie di salame cotto, di gran mole e di forma ovoidale: speciale di Bologna. Deriva da mirto, lat. myrtatum. | Mortadella, chiamano in vece in Milano, oltre la mortadella bolognese, una specie di salame di fegato (salam de fideg) assai drogato e sapido.

Morte: detto specialmente di pesci, uccellagione etc., significa volgarmente in alcune regioni nostre il vero e proprio modo di cucinare, speciale ed adatto. Es. l’anguilla su lo spiedo, i calamaretti fritti, l’anitra arrosto, è la loro morte.

Morte dei conte Ugolino (far la): familiarmente e facetamente vale morir di fame, di inedia. Espressione faceta tolta dal noto tragico canto dell’inferno Dantesco.

Morte civile fr. morte civile: termine giuridico: perdita cioè dei diritti civili e politici in seguito a condanna, come deportazione, pena capitale, ergastolo a vita. Distrugge il diritto di proprietà e i legami civili del matrimonio. La morte civile fu abolita in Francia per legge del 31 maggio 1855. Dicesi presso di noi morte civile per significare l’ostracismo e l’anatema che la società, indipendentemente dalla legge, infligge a persona divenuta indegna di appartenere all’umano consorzio.

Mortificare o necrotizzare: neol. del linguaggio medico, colpire di cancrena (mors = morte, [testo greco] = morte): fr. mortification = cancrena, necrosi.

Morto un papa, se ne fa un altro!: locuzione italiana se altra mai! Dicesi per significare che è facile supplire persona con altra persona. Vero è che gli uomini si susseguono, non sempre si assomigliano.

Morva (corruzione di morbus): nome scientifico di una terribile malattia infettiva, propria de’ cavalli e degli asini, volgarmente detta cimurro (scolo nasale). Essa è dovuta ad un bacillo, speciale dei cavalli, ma che può trasmettersi agli altri animali, ed altresì all’uomo. Quando le fosse nasali non sono intaccate, la malattia prende il nomo di farcino. Malleina, è poi chiamato un mezzo diagnostico della morva, consiste in un siero che si inietta nell’animale sospetto, produce reazione febbrile se l’animale è affetto da morva.

Moscardino: dal francese muscadin così detto dal muschio (fr. musc) o da altri profumi di cui facevano uso gli eleganti. Muscadins furono detti gli eleganti al tempo del Direttorio, e sotto il nome di jeunesse dorée rappresentarono la reazione monarchica, e specialmente la reazione della mondanità, del lusso e delle eleganze contro l’ostentazione democratica e plebea del tempo precedente, cioè del governo detto del Terrore. Parlait-on sans jurer, sans fair des solecismes? on etait un muscardin. Les femmes étaient aussì appellées muscadines lorsqu’elles ne sentaient pas l’ail ou l’eau-de-vie. Ai moscardini successero al tempo del Direttorio gli incroyables per la ridicola e fatturata eleganza, indi i dandys, i fashionables, i lions, etc. Moscardino è voce divenuta persino dialettale (Romagna). V. Lion.

Moscato: più comune di «moscado», dal basso lat. muscatus, che ha sapore di muschio: aggettivo e sostantivo di note varietà di vitigno e di vino, eccellente per dolci e frutta (dessert). Il moscato di Montefiascone presso Bolsena, ha il leggendario nome di Est, Est. (V. questa voce). Il moscato di Siracusa per il vellutato e l’aroma non teme confronto con nessun vino consimile. Si produce con l’uva detta moscatella. Gareggia con i famosi moscati di Lunel, Frontignan, Setubal.

Mòscio: vizzo, floscio, non fresco, non eretto. Aggettivo usatissimo nell’Italia centrale, quanto mal noto nelle province settentrionali: registrato in ogni lessico.

Mosquito: è nome comune di alcune zanzare, veri flagellatori dei luoghi paludosi in molti paesi tropicali. Per la maggior parte appartengono al genere dei Simulium. Mosquito, lat. musca, è voce spagnuola, accolta in inglese.

Mostacciuolo: termine lombardo de’ pasticcieri: significa una pasta con droghe e zucchero, biscottata e in forma di spola.

Mot de la fin: locuzione francese registrata nei diz. d’Argot, per indicare un motto lepido, un frizzo, spesso in fino del discorso: locuzione usatissima fra noi.

Motetto: «composizione in contrapunto osservato, e con dotti artifici, destinata [p. 354 modifica]alla chiesa. Vi ha pure un’altra forma congenere, elaborata sul canto fermo con fuga a due o a tre soggetti, svolti indipendentemente l’uno dall’altro, pur rispettando le leggi dell’armonia. È anche una composizione affine alla cantata, ma più severa di questa. Il vocabolo proviene dal latino motetus, quasi a significare piccolo moto». (A. Galli, op. cit.).

Motivare: voce del linguaggio forense, ripresa dai puristi, derivata dal francese motiver nel senso appunto di esporre i motivi di una sentenza, e dicesi anche in senso non giuridico per spiegare i motivi di una dichiarazione qualsiasi. Ma i francesi non hanno l’astratto motivazione, voce arbitraria che non di rado si incontra presso di noi, specie nel linguaggio curiale: aggiungivi anzi anche motivato, nello stesso senso.

Motivazione e motivato: V. Motivare.

Motivo: sinonimo di sinfonia o cantilena: è il germe da cui si sviluppa ogni composizione, consta talvolta di poche note.

Motivo per cui: locuzione conclusiva ripresa dai puristi; certo troppo sciatta e volgare in vece di onde, perciò, per questo, tanto anzi è sciatta che talora dicesi lepidamente.

Motociclistico: agg. da motociclo.

Motociclo: la bicicletta fornita di motore. Diminutivo motocicletta. Evidentemente dal fr. motocycle.

Motu proprio: o proprio motu, lat., di moto proprio: dicesi più particolarmente delle Bolle o altri atti del Pontefice per indicare che la deliberazione contenuta in tale documento fu presa di spontanea volontà, non per influsso d’altri. Dicesi anche dei sovrani temporali. | Motu proprio dicesi comunemente di quelle onorificenze che si vogliono far credere provengano proprio da deliberata elezione del Capo dello Stato, il quale si accorge doversi onorare un dato cittadino; e perciò hanno maggior pregio solendo la maggior parte delle onorificenze essere date per proposta gerarchica o per diritto di grado o per altre non confessabili ragioni. Una delle tante ipocrisie convenzionali!

Motus in fine velocior: lat., più veloce è (ovvero sia) il moto verso la fine. Sentenza di speciale sapore scolastico.

Mouflon: nome dato al montone selvaggio che bene alligna in Sardegna ed in Corsica, e in italiano dicesi muflone o muffione. Ma nel commercio e nell’uso prevale la parola francese per indicare la pelliccia di codesto animale, che è grigia, densa, lanosa e dolce al tatto; e serve per collari, manicotti, etc. Per l’origine della parola, cfr. il Du Cange, op. cit., alla voce Musmo.

Mousseline: (da Mossul, città della Turchia Asiatica) è il più fine e più leggero dei tessuti di cotone. Originario dell’India e dell’oriente, oggi si fabbrica con pari arte in Europa. Benchè italianizzata in «mussolina,» sovente è preferita la parola francese.

Movimentato: per agitato, mosso, vario, vivace, animato (detto specialmente di spettacoli e di azioni) è il francese mouvementé.

Mozione: nel linguaggio parlamentare è parola frequente in vece di proposta, ed è neologismo di origine francese, motion. In buon italiano mozione vuol dire l’atto del muovere, come la mozione degli affetti. Ma nel notare i gallicismi bisogna pur pensare che gli istituti amministrativi politici, militari della terza Italia sono presso che tutti di provenienza francese; inutile quindi querelarci se «il linguaggio parlamentare attinge col bigonciuolo alla cisterna francese» (Rigutini).

Mozzarella: voce napoletana (muzzarella); indica una specie di cacio (provatura) fresco: posto su la pizza come condimento, chiamano mozzarella in carrozza.

Mr: inglese, abbreviazione di Mister, Signore.

Ms: abbreviazione di manoscritto e mss. al plurale.

Much ado about nothing: molto rumore per nulla. Titolo d’una nota commedia dello Shakespeare, passato in francese e talora anche presso di noi.

Muezzin: voce araba che vuol dire banditore, il quale dall’alto de’ minareti chiama alla preghiera. Voce entrata nell’uso delle lingue europee. [p. 355 modifica]

uftì: dottore della legge maomettana investito di certi poteri religiosi e legislativi. Gran Muftì = il gran pontefice nella religione di Maometto; interprete del Corano e gerarca: investe con la spada il Sultano del suo potere assoluto. È anche nominato col titolo di Scheik el Islam.

Mughetto: oltre che nome del noto fiore gentile, è nome di una malattia grave in sè, e come sintomo, che coglie specialmente gli infanti, ed è così detta per il suo color bianco come il fior del mughetto. Malattia parassitaria dovuta allo sviluppo su certo mucose (la mucosa della bocca in ispecie) di un microrganismo detto, oidium albicans.

Mujich o mujick: forma alla francese (moujik) di una parola russa di tale suono che vale «contadino», già servo della gleba, paziente, credente, devoto (fin che dura!). Tipo riccamente rappresentato nella letteratura russa, di gran moda oggi nel nostro occidente.

Mulier recte olet, ubi nihil olet: la donna ha buon profumo quando non odora di nulla. (Plauto Mostellaria, I, 3, 141). Della propensione della donna per i profumi — che, come pur da questo passo appare, è antichissima — se ne occupò l’odierna scienza antropologica. Quanto alla sentenza plautina molto vi sarebbe a che dire.

Multa renascentur (vocabula): molti vocaboli rinasceranno, e cadranno di quelli che oggi sono in onore. Così Orazio nella sua Arte Poetica razionando del naturale evolversi del linguaggio. Multa renascentur dicesi anche in senso esteso.

Multi sunt vocati, pauci vero electi: molti sono i chiamati ma pochi gli eletti S. Matteo, XX, 16), parole che dal sublimo senso religioso sono torte nell’uso a comuni significati e riferimenti.

Mundus vult decipi: il mondo vuol essere Ingannato, e talora si aggiungo ergo decipiatur, e però lo si inganni. Tale sentenza si legge in latino nei Paradoxa di Seb. Francks, 1553. È pur attribuita al Cardinale Carlo Caraffa, nipote di Paolo IV (V. Giac. Aug. de Thou, Historia sui temporis, lib. XVII, 1556).

Municipalizzazione: intendosi per questa parola un istituto economico e sociale a cui tendono i socialisti specialmente: esso consiste nel togliere ai privati l’esercizio di alcuni uffici e servigi cittadini per affidarli invece al Municipio, cioè alla città intera (la Comune o il Comune) in modo che essa abbia ogni utilità e lucro. Se ne è formato anche il verbo municipalizzare.

Muor giovine colui ch’ai ciel è caro: V. [testo greco], etc.

Mrs: in inglese abbreviazione di mistress, signora.

Muraglia della Cina: storicamente e geograficamente è la nota muraglia, turrita, costrutta dai Cinesi nel secolo III a. Cr. contro le invasioni nordiche. Per allusione al carattere stazionario della civiltà cinese, dicesi talora gran muraglia o muraglia della Cina per indicare barriera morale che impedisce o si oppone ai moti progressivi ed evolutivi della civiltà.

Murata: quella parte del fianco della nave che va da prua a poppa al di sopra della suola, o soglia, o friso. (Si danno questi nomi ad una specie di robusto listello rilevato fuori di bordo, che costituisce come un fregio delle navi).

Muschio: base preziosa di molti profumi: è il prodotto di secrezioni di follicoli sotto cutanei, raccolti in una borsa situata presso l’ombelico, del maschio di una specie di capriolo detto Portamuschio (Moschus moschiferus, L.) speciale dell’Asia.

Musette: nome di un ballo campestre, semplice e grazioso, così denominato dall’istrumento musicale con cui si ballava, che è detto dai francesi musette, diminutivo di muse, tibia otricularis degli antichi, cornamusa. V. Loure.

Musivo: a mosaico. (Cfr. Du Cange, op. cit.).

Musmè: voce giapponese, giovane donna.

Mussare: questo verbo, traduzione fonica del mousser, francese, l’ho intesa più frequentemente in Toscana che altrove in luogo della nostra parola spumare. Pi fatto il Petrocchi, toscano, accanto a mussare nota: di vino o d’altro liquore che spumeggia. Giustamente il Fanfani nel suo Lessico condanna questa parola. Ciò [p. 356 modifica]però non toglie che talora i toscani, considerando la lingua italiana come una loro privativa di cui fanno elargizione, trattino come gemmo non solo i loro ribòboli e i loro idiotismi, ma anche guardino con molto compatimento certi errori che, se fossero di altre regioni, rampognerebbero.

Mussulmano: aggiunto talora della parola indifferenza o di altra voce di simile senso, e vale a significare il sommo dell’apatia e della incuria; concetto tratto dal fatalismo che la religione di Maometto inspirò a suoi seguaci.

Mutato nomine de te fabula narratur: «si allude a te, fatta eccezione pel nome che è mutato» Orazio, Sat. I, 1, 69, 70).

Mutatis mutandis: specie di ab. ass. latino che significa mutate le cose che debbono essere mutate; se non che quel mutandis si presta talora a un grossolano doppio senso con mutande, parte del vestimento intimo.

Mutismo: neol. dal francese mutisme, lo stato di chi è muto, mutolezza e mutezza. Dicesi più specialmente per indicare il silenzio deliberato ed ostinato. Il Fanfani, condannando questa voce, osserva che essa confonde i due sensi distinti nella nostra favella di mutezza (vizio organico) e di taciturnità, silenzio, star zitto (proposito, o abitudine di non parlare). Mutismo è parola accolta nei diz. recenti.

Mutuo ammortizzabile: V. Quota d’ammortamento.

Mutuo incensamento: locuzione satirica che significa la lode dei consorti e delle chiesuole letterarie o politiche. Locuzione, come a me pare, tolta dallo scambievole, cioè mutuo incensarsi dei sacerdoti nelle cerimonie solenni della Chiesa. Tale modo di dire non è certo francese, bensì nostrano e relativamente recente. Dicesi anche «Società di mutuo incensamento»: tale nome intesi essere stato dato alla gente che conveniva nel salotto della contessa Maffei. Ma il Barbiera, autore del bel libro Il Salotto della Contessa Maffei, rifiuta tale paternità al motto, osservandomi anzi tutto che la locuzione è più antica (della cosa non parliamone!), inoltre che in casa Maffei non si incensava alcuno, spesso anzi avveniva l’opposto.

Myosotis: nome francese di un noto fiorellino azzurro e grazioso che cresce ne’ luoghi umidi e coltivasi per ornamento (Myosotis palustris). Il nome deriva dal greco [testo greco] = orecchio di topo, di fatti in francese dicesi anche oreille de souris. In tedesco Vergismeinnicht = non ti scordar di me. La forma italiana e registrata. Miosotide, è poco usata.