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giòn = faccendone, ministro maggiore di osti, caffettieri e simili.
Mane Thecel Phares: parole fiammanti di incerto senso, apparse al convito di Baldassarre, re di Caldea, profetanti la rovina di lui (Daniele, cap. V, 25). Si ripetono per antonomasia quando si voglia indicare avvertimento pauroso ed oscuro.
Mangiar il pan pentito: locuzione nostra popolare che significa pentirsi, quasi mangiare il pane bagnato o condito dalle lagrime del pentimento, che sanno di sale e di amaritudine più di ogni altra.
Mangiar la foglia: comprendere a volo e a tempo, ma senza farne mostra, e si intende solitamente comprendere che altri trama a nostro danno o con nostro sfruttamento. Viva locuzione, dedotta probabilmente dall’osservazione di alcuni animali che per l’istinto loro finissimo conoscono il cibo velenoso o malefico al fiuto o al primo assaggio. Il Tommaseo scrive: «forse dai bachi». Si potrebbe anche spiegare così: il sapore della foglia, come limone, vite, pesco, basta a farci conoscere il frutto: da ciò la locuzione.
Manglier: è il nome francese della Rhizophora Mangle, piccolo albero delle lagune e delle spiaggie marine dell’America intertropicale e del Malabar, la cui corteccia astringente è adoperata come gargarismo ed emostatico. Dal suo tronco cola un succo, che disseccato riceve il nomo di kino o chino della Colombia (Calegari).
Manica: fu detto già per banda, compagnia di soldati: oggi dicesi familiarmente nelle locuzioni: manica di birbanti, di farabutti, e simili. Di manica larga o di manica stretta è traslato familiare per dire persona facile o difficile a concedere, e si intende di chi è investito di alcuna autorità morale, come, confessore, maestro, etc.
Maniche a vento o trombe a vento: in marineria sono così chiamati i ventilatori: gran tubi metallici, eventualmente di tela, emergenti in vari punti delle soprastrutture. Terminano a cuffia girevole sull’asso verticale, in modo da prender aria fresca e condurla ne’ locali inferiori, specie delle macchine.
Manicomiale: agg. neol. e arbitrario da manicomio.
Maniero: abitazione nobile e forte fuori della città. Questa parola il Petrocchi registra come voce fuor d’uso. Nel senso, però, di castello antico mi pare voce viva.
Man mano: questa locuzione che spiace ai puristi (V. il paragrafo A. in fine) ha valore dall’uso, presso che comune. Il Pascoli, scrittore di molta autorità in fatto di lingua, non dubita di usarla:
Man mano intrecciavi i capelli
man mano allungavi le vesti.
Mannequin: dal neerlandese manneken diminutivo di mann che in tedesco vuol dire uomo, dunque piccolo uomo, ometto. In italiano o si pronuncia alla francese, si traduce per manichino che certo è brutta voce. Mannequin è il modello di legno snodato che serve ai pittori: indica altresì quel fantoccio di vimini che serve alle sarte per provarvi le vesti: e in questo senso l’udii in Romagna chiamare la pupa, nel ferrarese la puttazza (da putta). Dicesi anche di chi agisce non da sè, ma per impulso altrui: fantoccio, burattino, testa di legno, bamboccio. Non mancano nomi in italiano. In tedesco Büste, Gliederpuppe.
Mano: innumerevoli sono le locuzioni formate con la parola mano, e si trovano in ogni lessico. Notiamone qualcuna: giurare in mano di, etc. cioè in presenza di chi è investito di una data autorità: mano regia già si disse l’autorità civile nelle cose ecclesiastiche. Dice in alcune regioni il popolo mano regia per indicare facoltà piena di fare: mano nera, (mano negra) nome di una setta anarchica spagnuola (1878, 1883), dimostrata invenzione della polizia: di seconda mano, dicesi di notizie attinto non alla fonte o al documento, ma copiando da altri, o di merci acquistate non dai produttori, ma dai rivenditori.
Mano morta: dicesi oggidì dei beni inalienabili delle istituzioni perpetue, specialmente di beneficenza, dei beni delle fabbriche o fabbricerie, onde la così detta tassa di mano morta, che tiene le veci