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N: questa lettera nei prefissi in, con, davanti alle consonanti labiali m, b, p, si muta in m per ragione di affinità elettiva: così in e mutabile, fanno in composizione immutabile; con e baciare fanno combaciare, in e porre, imporre. Dinanzi ad l poi, si muta in l cioè si assimila, dinanzi ad r si muta in r: il che manifestamente appare dalle parole illecito collegare, irragionevole, correggere, composte da in privativo e lecito, etc. Si perde di regola davanti ad s impura: istrumento istanza, coscienza, costituire etc. | N. simbolo di ennesima (attributo di potenza), V. questa parola.

N. N: formula di persona ignota, è iniziale del latino nescio nomen, non so il nome.

Nabab: grafia francese di nome arabo, dato ai governatori e capi dell’India maomettana. Per estensione Nabab dissero in Francia degli inglesi che dalle Indie tornavano con grandi ricchezze. Parimenti dicesi presso di noi Nabab (meno comune nababbo), di persona ricchissima ma con un lieve senso ironico all’ostentazione della ricchezza.

Nacchere: «(castañuelas, spagnuolo), strumento originario di Spagna e noto già sotto l’Impero romano. È formato di due pezzi di legno concavi adattati l’uno sull’altro nel modo dei gusci di ostriche, e che si cozzano in modo da produrre un rumore non antimusicale. Il suonatore ha uno di questi strumenti nella mano destra (è lo strumento più piccolo o più acuto) detto hembra; nell’altra mano tiene il più grande, detto macho. Le nacchere andaluse si denominano patillos e pitos: sono più piccole delle comuni e usate dalle donne. Le più grandi sono le castagnetas gallegas, proprie ai contadini della Galizia.» (A. Galli, op. cit.).

Nadir: noto termine astronomico, dall’arabo nathir = di fronte, cioè il punto che sovrasta il nostro capo (zenit).

Nankin: tela di cotone d’un color giallo speciale, o bianco: da Nankin (solita scrittura francese) città della Cina.

Napoletana o cricca: nel giuoco del tresette dicesi, accusando, quando si possiede l’asso il due e il tre dello stesso seme o colore, o, elitticamente: quella di spade o fiori etc.

Narcòsi: sonno artificiale con sospensione della sensibilità, dovuto all’azione di ipnotici (oppio, morfina, cloroformio, etc). Dal gr. [testo greco] = torpore.

Narghilè: nota specie di pipa turca o persiana ad acqua. Voce persiana.

Nasello: V. Merlano.

Nata: por indicare la parentela di nascita di una signora che ha marito, ricorda il née de’ francesi; la qual voce s’emploie pour indiquer le nom de famille que portait une femme avant du mariage. L’uso nostro porterebbe a metterò prima il cognome della famiglia propria, poi quello assunto dal marito, preceduto da in da ne’.

Nativo: nel senso di indigeno, selvaggio non è il natif de’ francesi?

Natura abhorret vacuum: la natura abborre dal vuoto: sentenza della [p. 358 modifica]antichissima scuola peripatetica, ripetuta da Cartesio.

Naturista: è il tedesco Naturmenschen? V. Vegetariano.

Naturàlia non sunt tùrpia: sentenza latina alquanto verista ancorchè vera, spesso usata a giustificazione di atti inverecondi: le cose naturali, cioè che sono in natura, non sono vergognose. La paternità del motto non riuscii a trovare: probabilmente è di formazione popolare.

Naturalismo o naturalesimo: neol lat. naturalis, ingl. naturalism, fr. naturalisme, ted. Naturalismus. Termine filosofico; indica la teoria che l’universo può e deve essere compreso per mezzo delle scienze fisiche (naturali), e più specialmente che ogni processo mentale e psichico può essere ricondotto nelle categorie delle scienze naturali: esclude, cioè, ogni inframettenza di concetti metafisici e trascendentali (quindi è sinonimo di Materialismo o Positivismo, V. quest’ultima parola). In teologia il naturalismo esclude il sopranaturale e considera i fatti della religione, sia riferendoli a leggi naturali, sia al concetto del «divino», ma identificato col naturale ordine dell’Universo. (Il Carducci, ad es. spiegando il concetto del suo Inno a Satana scrive «di avere adombrato, come in una lirica potevasi, il naturalismo panteistico, politeistico, artistico, storico etc.»). In arte, è la dottrina che considera il vero fine dell’arte nel riprodurre e seguire la natura. Sinonimo di realismo, se non che questo tende piuttosto alla riproduzione e copia minuta ed accurata dei particolari veristi. Cfr. Emilio Zola, Le Roman expérimental.

Naturalizzare e naturalizzazione: neol.; dal fr. naturaliser, naturalisation, concedere ad uno straniero i diritti di nazionalità e di cittadino.

Naturam expelles furca, tamen usque recurret: scaccerai la natura (cioè l’istinto naturale) con la forza (lett. con la forca), ma essa ritornerà continuamente. Orazio, Epistole, I, 10, 24. E i francesi: chassex le naturel, il revient au galop.

Natura non facit saltus: la natura non fa salti., cioè in natura si procede per gradi. Motto spesso citato in sostegno delle teorie evoluzioniste. Esso motto è variamente attribuito, a Linneo (Philosophìa botanica, cap. XXVII), a Leibniz (Nouveaux essais, IV, 16). Il Fournier (Esprit des autres, cap. VI) dice di averlo trovato come citazione in un raro libello da lui ristampato: Discours véritables de la vie et mort du géant Theutobocus, sotto la forma: natura in operationibus suis non facit saltum. Tolgo queste preziosità erudite dal Fumagalli (Chi l'ha detto?), ma credo vero autore del motto sia la antica umana esperienza.

Nauto-podismo: fra le voci di formazione abusiva e verosimilmente effimera, ma certo difforme, è nota questa, che significa la perizia e l’esercizio nel nuotare e nel camminare. Voce dello Sport.

Navaja: (lat. novacula) voce spagnuola che significa una specie di gran coltello a serramanico.

Navàscia: voce lombarda: recipiente quadrilungo, a foggia di nave (onde il nome) ove si raccolgono, trasportano e pigiano le uve per indi versarle nel tino. Il Cherubini (op. cit.) mette in raffronto a navascia la castellata de’ Bolognesi.

Nave: genericamente vuol dire qualsiasi bastimento grande a vela o a vapore: specificatamente, veliero a tre alberi quadri e bompresso, | Nave a palo: con tre alberi quadri e un palo, albero cioè senza pennoni e che porta solo la vela aurica.

Navette: (diminutivo di navis) così per similitudine chiamano i francesi la spola de’ tessitori, e pure traducendo il suono v’è chi dice navetta, specie fra i tessitori. Nel linguaggio mondano e de’ giornali si incontra non raro la locuzione francese, tolta dalla similitudine della spola, fare navette (faire la navette) per dire andar e venire, far il galoppino, andar su e giù. Una scrittrice, italiana, di alcuna rinomanza tanto per far italiana la frase, dice far la spola. (!?)

Navigabile: attributo di vini che possono essere per le loro qualità alcooliche e chimiche, trasportati oltremare, senza alterarsi o patire.

Navigare necesse est, vivere non est necesse: navigare è cosa necessaria, vivere non è necessario: antico motto (Ansa), [p. 359 modifica]cui il d’Annunzio, ingegno fortemente assimilatore, ridusse a verso in un volume di liriche intitolato Laudi delle cose create, e diede al detto motto valore di simbolo, ricorrente e significante.

Naviglio: nome dato nell’alta Lombardia ai canali navigabili per mezzo dei quali «il Verbano, il Lario, l’Adda, il Ticino hanno fra di loro non interrotta comunanza di navigazione» così il Cherubini nel suo diz. milanese. Tali canali risalgono all’evo medio e in quel tempo in cui le vie di comunicazione non erano come oggidì, segnarono pei commerci e per gli scambi un vero e grande progresso di civiltà.

Nazionalista: neologismo formato su di un neologismo francese, nationaliste, esagerato sostenitore della forza e del diritto della nazione: oltre che in questo senso la parola talora è usata, con velato intento di scredito, in vece di amante della patria o patriotta. Per la storia o evoluzione di un’idea (Patria) questa parola nazionalista ha notevole importanza. V. Patriottardo. N.B. Non si dimentichi però che spesso il sacro nome di Patria secondo la morale utilitaria dei nostri tempi, fu sfruttato come monopolio e per disonesto fine da chi avrebbe dovuto onorarlo e non vilipenderlo.

Nazionalizzazione: neologismo anche in francese, nationalisation, dal verbo nationaliser, nazionalizzare: il quale verbo come il derivato, non trovo che nel Tramater. Nazionalizzazione nel nuovo senso dato dai socialisti, indica l’atto del rendere collettiva, cioè della nazione, la privata ricchezza. Quanto alla parola, che a noi più importa, notiamo che certe voci sesquipedali in izzazione variano dalle corrispondenti francesi da cui sono tolte per il fatto che il tronco e sfumato accento francese dà snellezza, il che non è in italiano. Non dico che non siano necessarie se così vuole l’uso, (si volet usus), ma certo sono deformanti.

Nè apostati nè ribelli: titolo di un famoso scritto del Mazzini (1860) in cui si conciliano le due necessità di serbar fede all’idea ropublicana e, per amor di unità, di non opporsi al motto monarchico unitario: Italia e Vittorio Emanuele. Ricorre, con qualche modificazione del senso, nel linguaggio politico.

Nebbiolo di barbaresco: vino rosso del Piemonte, affine al Barolo, ma, a differenza di questo, di breve durata e di produzione ristretta: però gode meno fama, nè questa si spande mercè l’esportazione. V’è altresì il nebbiolo spumante.

Nebulosa: termine astronomico, quasi nèbule o nebbie del cielo. Per estensione si dice di cosa incerta, di cui non si può prevedere la fine essendo in via di formazione.

Neccio: aferosi di castagnaccio, stiacciata di farina di castagne cotte fra due testi. Voce d’uso regionale, toscana.

Necessaire: così si chiama in Francia e da noi quell’astuccio o cassettina o borsetta elegante, per lo più di cuoio, spesso annessa alle valige, che contiene quanto è necessario per la mundizia o per lavori muliebri e ci si intende col dire senz’altro necessaire. Cassettina, astuccio, astuccino, necessario, saranno voci più che buone, e molti lessicografi le consigliano, ma hanno il grave torto di essere ambigue non dell’uso e però poco intese.

Necesse est, ut eveniant scandala: è necessario che scandali avvengano. (Evang. di S. Matteo, XVIII, 7).

Necessitare: con valore intransitivo è modo neologico. Es. necessita che così si faccia. Neil’uso classico, necessitare = lat. cògere, forzare fatalmente, e con valore attivo.

Necrobiosi: [testo greco] = morte e [testo greco] = vita. Modificazione nella struttura di un organo o di una parte di un organo a cui venne a mancare la circolazione, ma che si trova difeso dall’infezione.

Necrofilia: (dal greco [testo greco] = morto e [testo greco] = amore, passione) termine medico e legale per indicare quel pervertimento del senso genitale che spinge ad atti carnali con cadaveri. Vampirismo, fr. vampirisme.

Necroforo: eufemismo nostro foggiato dal greco ([testo greco]) per non usare le voci popolari becchino e beccamorto. | Necroforo è nome che i naturalisti danno a certi coleotteri che costumano seppellire piccoli animaluzzi per deporvi le uova. [p. 360 modifica]

Necròsi: termine medico, da [testo greco] = morto: mancanza di vita in un organo; dicesi specialmente per indicare la cancrena delle ossa.

Necrotizzare: neol. med. V. Mortificare.

Nè eletti nè elettori: formula politica del partito cattolico intransigente che vieta a’ suoi di partecipare alla vita politica della Terza Italia. Fu suggerita da Don Giacomo Margotti direttore dell’Unità Cattolica di Torino, nel 1860.

Nec tecum vivere possum, nec sine te: (Marziale, Epigr. XII, 47) nè con tè, nè senza di te io posso vivere: stupenda sintesi dei patimenti e delle misteriose contradizioni d’Amore! Mi pare che questa sia la comune dicitura, ma in Marziale è: nec possum tecum vivere, nec sine te. Cfr. Ovidio (Amores, III, 11, 39): nec sine te, nec tecum vivere possum.

Nefrite: da [testo greco] = rene: voce generica che vale a designare tutte le infiammazioni acute croniche dei reni.

Negativa: termine fotografico per indicare l’imagine prodotta nella camera oscura, dove le parti in luce sono rappresentate da macchie nere e viceversa.

Negativo: nelle locuzioni risposta negativa, star su la negativa, e così l’avverbio negativamente, spiace ai puristi come maniera alla francese. Fosse anche, sono di que’ molti gallicismi dovuti al maggior sviluppo della prosa francese su la prosa italiana. Il Viani difende la voce.

Négligé: fr. dal verbo negliger, latino neglegere = trascurare. Indica propriamente l’abito da mattina (matinée) che può essere graziosamente negletto. Così dicesi: la tal signora sta meglio in négligé che in toilette. Sciammanata, alla carlona, alla buona come consiglia il Fanfani vi corrispondono fino ad un certo punto. Ma per una signora ricca ed elegante come si direbbe alla carlona o sciammanata? Voce affine a négligé per uso e per senso è déshabillé e matinée.

               Nè te, benchè negletta, in manto adorna
               Giovanetta beltà vince o pareggia

Negligeable: fr., come attributo di quantità, in luogo di trascurabile, è più che frequente. Solito ingiustificato abuso.

Negriero: attributo di naviglio che attende al turpe traffico dei negri: negriero il capitano e l’equipaggio. Voce ormai storica. Negriero talora dicesi familiarmente di padrone crudele ed esoso, incettatore di lavoratori in condizione quasi servile.

Negus neghesti: voce amarica che significa re dei re ed indica la somma autorità nell’Impero feudale di Etiopia. Nome noto nei dì nefasti d’Italia.

Neh: presso i lombardi non è soltanto particella interrogativa = n’è vero (trovasi talora scritto anche nevvero) e come tale usata e abusata anche dopo un’affermazione di cui noi soli possiamo dire se sia vera o falsa la cosa; ma ha anche il significato di Ehi! Bada a me! sta attento a quanto ho detto! Secondo i puristi devesi dire eh? o n’é, o è.

Nèmesi: presso i greci, [testo greco] = la dea della Vendetta e della Giustizia punitrice: vale, pena vendicatrice.

Nemo ad impossibilia tenetur: latino nessuno è tenuto a far l’impossibile.

Nemo potest duobus dominis servire: nessuno può servire due padroni (S. Matteo, VI, 24) massima di gran rettitudine, che dicesi a proposito di chi vuol tenere il piede in due staffe seguendo per opportunità due principi diversi.

Nemo propheta in patria: sentenza di Cristo, divenuta popolare, che leggesi nei Vangeli (S. Luca, IV, 24, S. Matteo XIII, 7, etc.) nessuno è profeta in patria, cioè nessuno può esercitare fascino di autorità e di miracolo dove tutte le sue cose, anche minime e misere, di sè e de’ suoi sono note all’universale.

Nemrod: usasi per cacciatore appassionatissimo (robustus venator coram Domino). Fu secondo la Genesi (X, 8) primo re e fondatore di Babilonia.

Neo: prefisso formativo di gran numero di parole, specialmente scientifiche: gr. [testo greco] = nuovo, recente.

Neo-criticismo o neo-Kantianismo: nome universalmente dato alla filosofia di E. Kant risorta nel sec. XIX.

Neolìtico: attributo di età o periodo, da [testo greco] = nuovo e [testo greco] = [testo greco] = pietra. Voce usata dagli archeologi por significare quel periodo di antichissima vita umana, [p. 361 modifica]determinato dall’uso della pietra o selce per le opere dell’industria e della guerra. Neolitico è il periodo più vicino a noi, cioè delle pietre, foggiate ad istrumenti, levigate: archeolitico o paleolitico, delle pietre appena scheggiate.

Neoplasma: term. medico, dal gr. [testo greco] = nuovo e [testo greco] = formo. Usasi questa voce per designare la produzione di tessuti morbosi, e in particolare dei tumori.

Neoplastico: V. Neoplasma.

Neo-platonicismo: il risorgere e trasformarsi della filosofia di Platone in Alessandria, come principale centro, per l’influsso del pensiero orientale e cristiano.

Nepotismo: propr., come termine storico, indica la politica di alcuni Papi (specialmente nei secoli XV e XVI) di giovare e fare uno stato ai nepoti, sottoponendo gli interessi della Chiesa a quelli familiari. Così, ad es., ebbero stato i Farnesi ed i Medici. Nepotisti dicesi dei Papi che seguirono tale politica. L’arguto nostro popolo creò la sentenza che i figli dei preti si chiamavano nepoti. V. Zi’ prevete.

Nepotista: V. Nepotismo.

Neque semper arcum | tendit Apollo: non sempre Apollo tende il suo arco, cioè Apollo non sempre ferisce. Orazio, Odi, II, 10, 19-20. (Cfr. Iliade, I, 59), ma il motto è usato anche nel senso che conviene riposare e darsi svago per meglio ritemprarsi al lavoro. Esopo, sorpreso a giocare con dei ragazzi, rispose con lo stupendo apologo dell’arco, cui conviene rallentare se si vuole che abbia forza quando è teso. Il motto ricorre anche in più largo senso: cioè non sempre si può e in tutte le parti dimostrare lo stesso valore (riferendosi a cose d’arte).

Ne quid nimis: sentenza delfica: non alcunchè di troppo, cioè in tutto ci vuole moderazione. V. Fumagalli Chi l’ha detto?

Nera: come attributo di aristocrazia, indica quella aristocrazia clericale, specialmente in Roma e negli antichi Stati della Chiesa, la quale è tuttora rimasta fedele al papa come sovrano politico, e considera il nuovo governo come usurpatore di legittima autorità: aristocrazia bianca, quella che partecipando, riconosce il nuovo governo.

Nescit vox missa reverti: (Orazio, Arte poetica, 390) parola detta non sa ritornare.

               Voce dal sen fuggita
               poi richiamar non vale.

Ne sutor supra o ultra crepidam (Iudicaret): che il calzolaio non giudicasse oltre alle scarpe: è il motto di Apelle al ciabattino, al quale avendo opportunamente notato una menda de’ sandali in una pittura d’Apelle, presumeva poi di giudicare cose di cui non poteva avere intendimento. Questo motto ha valore di intercalare. Si legge in Plinio XXXV, 36, 22, e in Valerio Massimo, VIII, 123. Cfr. il motto milanese: offellèe fa el to mestèe.

Net: parola inglese che significa rete, usata anche da noi nel giuoco della Palla corda (Lawn-Tennis) quando la palla passa nel campo avversario, ma lambendo l’orlo della rete. (V. Lawn-Tennis).

Nettarsi la bocca: dover restar senza, e indica delusione: modo familiare, spesso usato per ischerno.

Neurastenìa o nevrastenia: [testo greco] = nervo, a privativo, cioè = senza e [testo greco] = forza: nome nuovo di malattia non nuova ma in questi nostri tempi specialmente diffusa e studiata. | Neurastenia, come dice la etimologia, significa in generale debolezza nervosa, e più specificatamente si intende nel senso di un forte grado e forma speciale di tale debolezza, con sintomi tipici di carattere patologico. La parola «neurastenia» ci provenne dall’estero da poco tempo: come vocabolo occorse la prima volta nel Medical Dictionary del Dunglison, nel 1833. Caratteri fondamentali di questa specie di neurosi sono: la cefalalgia, la dispepsia gastro-intestinale, l’insonnia, la sensazione di stanchezza, la incapacità di fissare l’attenzione. A questi sintomi si aggiungono altri turbamenti ed incomodi soggettivi che costituiscono differenti aspetti di questa malattia, la quale da forme lievi o passeggere può assurgere a forme gravissime. Il rapporto tra la neurastenia e le condizioni della vita odierna, specialmente nelle grandi città, è così manifesto che non occorre spendervi molte parole. La differenza tra questa vita quella di un sessanta o cinquanta anni [p. 362 modifica]fa è così grande che anzi meraviglia la resistenza e la forza di adattamento che l’uomo possiede! Ad ogni modo è certo che l’eccesso del lavoro intellettuale odierno, il tormento dell’ambizione e del riuscire, le lotte e le emozioni delle imprese commerciali, le cure della vita publica, le eccessive pretese sociali, l’avidità di un sempre migliore benessere del lusso, la vita tumultuosa delle grandi città e altre malsane influenze spiegano il diffondersi di questa malattia. Come della parola isterismo, così si abusa della parola neurastenia, la quale è adoperata per indicare anche un passeggero esaurimento nervoso.

Neurastènico: chi soffre di neurastenia. V. questa parola.

Neuropatia: da [testo greco] = nervo e [testo greco] = affezione. Con questo nome i medici designano uno stato di debolezza del sistema nervoso centrale, considerato specialmente sotto il rapporto delle funzioni psichiche. La neurastenia, ad esempio. Der. neuropatico.

Neutralizzare: neologismo, dal fr. neutraliser, (lat. neuter = nè l’uno nè l’altro): dal linguaggio della chimica è passato (solito trapasso) a quello politico e morale ed è assai dell’uso. Spiace ai puristi che consigliano rendere inefficace, distruggere. V. Paralizzare.

Nevrastenia: V. Neurastenia.

Nevrosi: (gr. [testo greco] = nervo e il suffisso osi, gr. [testo greco], indicante le malattie di forma cronica), nome dato genericamente ad un gruppo di affezioni i cui sintomi dimostrano un turbamento delle funzioni del sistema nervoso, senza che l’esame anatomico riveli alcuna manifesta lesione degli elementi di detto sistema.

Nevvero: V. Neh!

Ni cet excès d’honneur, ni cette Indignité: dicesi frequentemente per indicare l’esagerazione in bene o in male nel giudicare cosa o persona. È un verso alessandrino del Voltaire. Et je n’ai merité | ni cet excès d’honneur, ni cette indignité.

Nichelino: le monete di nichelio da 20 cent. , messe in circolazione in questi tempi, sono spesso così chiamate. Voce di conio popolare. Diconsi anche ventino.

Nickel: o nichel e italianamente nichelio, nota specie di metallo bianco; dallo svedese nickel.

Nictalopìa o nittalopia: term. med., indebolimento della vista per cui gli oggetti sono meglio distinti con luce crepuscolare (letteralmente del greco, vista notturna). In fr. héméralopie.

Niente, buono per gli occhi: locuzione nostra popolare (con forza ironica) che trae origine dalla volgare opinione che le infiammazioni degli occhi si guarissero da sè, nè richiedessero cura alcuna.

Nietzschenismo: le teorie del filosofo poeta Federigo Nietzsche; massimo assertore dell’individualismo filosoficamente concetto e profeta di un’umanità superiore alla presente, nella quale il superuomo starà all’uomo presente come il pitecantropo sta all’uomo. Questa trascendentale concezione aristocratica, lampeggia tra bellissime fantasie e fulminee intuizioni di verità audacissime (V. Superuomo ed Esteta). F. Nietzsche (1844, 1900) nato in Sassonia, fu educato per la carriera ecclesiastica a Bona ed a Lipsia. Reietta questa carriera, fu professore di filosofia a Basilea (1870). Entusiasta, indi nemico di quel grande epico e filosofo della musica che fu R. Wagner, ne risente il fascino e l’influsso artistico. Abbandonò nel 1880 l’ufficio di professore: visse di ricche rendite: attività intellettuale incessante. Fu nel 1889 colpito da inguaribile insania, e si chiuse nel più spaventoso stupore la mente che tanta luce geniale aveva accolta. NB. Molti senza essere indicati dal Nietzsche, si credettero e si credono in dovere di rappresentare i furieri precorritori di questa umanità nuova, onde il tipo dell’Esteta e del Superuomo, lagrimevoli nichilisti morali, ma senza audacia, nè ingegno, nè convinzione; bell’esempio di quel fenomeno che è detto con voce inglese snobismo.

Nigra sum sed formosa: son bruna ma bella. (Cantico de’ cantici I, 4).

Nihil de principe, parum de Deo: classica norma di quieto vivere per i sudditi degli antichi governi assoluti o teocratici: cioè l’autorità umana e divina non deve essere discussa: meno se ne parla e meglio è. Questa formula è ricordata dal [p. 363 modifica]Giusti nel Preterito pia che perfetto del verbo pensare:

               Quand’era canone
               Di Galateo
               Nihil de Principe,
               Parum de Deo;
               
               Oh età pacifiche,
               Oh benedetto!
               Non c’impestavano
               Libri e gazzette:

Dicevasi anche: de Deo panca, de rege nihil; ed i Veneziani: di Dio si parli poco, della Serenissima nè bene nè male. Più precisa forse l’altra lezione: parum de principe, nihil de Deo.

Nihil diffìcile amanti: niente è difficile a chi ama (Cicerone, Orat. X, 33).

Nihil ex nihilo: lat. nulla (si produce) dal nulla. Termine scolastico della legge della dipendenza delle cause. Col niente non si fa niente, è sentenza di popolo.

Nihil est in intellectu quod non prius non fuerit in sensu: lat. nulla v’è nella mente che prima non sia, stato nei sensi. (Locke, 1632, 1704). Motto del sensismo, teoria filosofica che ogni conoscenza abbia origine dalla sensazione, non escluso le idee intuitive. Sentenza di uso ed abuso scolastico, specie fra i pedagogisti.

Nihilismo: dal latino nihil = nulla. La parola fu usata la prima volta nel romanzo del Turghenieff, Padri e figli, il cui protagonista è un uomo ateo, materialista, negatore di tutto: poi fu usata da Katkoff nella Gazzetta di Mosca per indicare i nemici dell’ordine publico in Russia. Der, nichilista. I nichilisti intendono abbattere l’attuale reggimento assoluto nella loro patria introducendovi le libertà dell’Europa occidentale. Questo movimento politico, di carattere rivoluzionario, non si scompagna dal movimento dell’ideale socialista, che è, per così dire, il coloro dominante del tempo nostro. | Nihilismo è altresì termine universale filosofico per indicare la credenza che nulla esiste e perciò nessuna scienza è possibile, ovvero che la fede nella scienza e nella morale non hanno base nella realtà. Le teorie sull’annientamento della volontà e dell’essere (Nirvana, Schopenhauer, Leopardi) possono considerarsi come nihiliste.

Nihil sub sole novum o novi: niente di nuovo sotto il sole. (Ecclesiaste, 1, 10). Verità millenaria che gli uomini fanno bene ad obliare altrimenti molta tristezza e molta inerzia graverebbe su di loro.

Nil admirari: non meravigliarsi di cosa, alcuna. (Orazio Epist. I, 6, 1) è frutto di saviezza, di esperienza... e di scetticismo.

Ninfomania: dal gr. [testo greco] = ragazza, sposa e [testo greco] = pazzia, lat. nymphomania, voce comune alle lingue neolatine: è quello che il popolo dice furore uterino e che gli scienziati designano con molti altri nomi come andromania, tentiggine, erotomania, etc. V. Appendice.

Ninco-Nanco: sopranome di famosissimo brigante, noto antonomasticamente come il Passatore, Gasparone, Fra diavolo, Musolino, etc. Ninco-Nanco fiorì al tempo de’ Borboni ed era di Avigliano in Basilicata.

Ninfa Egeria: Egèria fu ninfa o camena italica, cui la leggenda sacrò il bosco e la fonte in una valle presso Aricia: fu sposa di Numa Pompilio, secondo re di Roma, e consigliera negli ordinamenti religiosi (consueto espediente, fondato su la superstizione, di fare ratificare dagli Dei le leggi umane!). Dicesi tuttora Ninfa Egeria per significare inspiratore, consigliere o consigliera occulta e sagace: più spesso si dice in senso ironico. Es. il tale è la sua Ninfa Egeria.

Niobe delle Nazioni: così il Byron(Childe-Harold’s pilgrimage, canto IV) chiamò l’Italia, dal nome della greca Niobe, impietrita dal dolore per la morte de’ suoi figliuoli. «La Niobe delle nazioni! essa vi stende senza prole e senza corone nel suo muto linguaggio un vaso vuoto tra le sue mani avvizzite: un vaso la cui santa polvere fu sparsa molto tempo fa: la tomba di Scipione non contiene più ceneri. I mausolei non sono più dimora di eroi. Trabocca, o vecchio Tevere! vicino al marmoreo deserto gonfia le tue onde giallastre per inondare le afflizioni di Roma.» NB. Da allora ad oggi, non c’è che dire, della strada se ne è fatta!

Nipotismo: V. Nepotismo.

Nipple: così chiamano i meccanici ed i ciclisti quella madrevite, che nelle ruote dello biciclette serve ad unire e tendere il raggio al cerchio. Ingl. nipple. [p. 364 modifica]

Nirvana: voce sanscrita = annientamento, divenuta comune ad ogni linguaggio. Nella religione Indiana il Nirvana è lo stato della perfetta beatitudine dell’anima umana dopo morte, che si fonde e confonde col Divino, l’Eterno, l’Assoluto, poi che ebbe fine il suo trasmigrare nelle forme dell’essere. Il Nirvana però può essere raggiunto anche in vita. Esso è lo stato dell’anima umana che ha distrutto in sè il senso del desiderio di vivere. Il mondo intero individuale includendo l’idea di morte, è illusione. Il Nirvana è la libertà dall’illusione e nel tempo stesso termine e fine della lotta per l’esistenza individuale, e compenetrazione dell’anima con l’anima benedetta di Brama. Lo Schopenhauer nella sua filosofia rinnovò il concetto del Nirvana. Questa voce dal bel suono e dalla grande tristezza spesso ricorre con senso vario e generico, per indicare l’anelito alla pace suprema; l’amore alle belle cose create, compendiate in Dio; la fine dell’aspra guerra della vita.

Nisi caste saltem caute: lat. se non castamente almeno prudentemente, consiglio attribuito, non so con quanta verità, ai gesuiti ed ai preti, specie per quel che riguarda le manifestazioni del senso.

Nistagmo: oscillazione frequentissima o rotazione, involontaria, dei globi oculari con battito spasmodico delle palpebre, simile a quello di persona che, oppressa dal sonno, si sforza per restare sveglia. Sono moti di natura congenita, ovvero sintomo di lesione dei centri nervosi. Dal greco * = crollo, faccio ondeggiare.

Nitimur in vetitum semper, cupimusque negata: sempre tendiamo a ciò che è proibito e desideriamo le cose negate. (Ovidio, Amores, III, 4, 17).

Nive cadente, schola vacante: due ablativi assoluti, cari agli scolari perchè formano un aforismo e una legge non scritta in alcun regolamento ma nota sin da tempo e applicata talvolta: quando cade la neve non si va a scuola. Cessa una noia, la scuola; appare un piacere, la neve.

Nobiliare: agg. di nobile, appartenente alla nobiltà, come titolo nobiliare, è il fr. nobiliaire. La nostra voce buona è nobilesco, ma essa sembra includere alcun senso di spregio.

Nobis nominavit: lat. «ci nominò, cioè nominò a noi, cioè il Capo dello Stato francese nominò (propose) a noi, Pontefice;» così è scritto nella formula delle sanzioni papali dei vescovi di Francia. Giacchè secondo il concordato del 1801 tra Pio VII e la republica francese (Consolato), si stabilì che la nomina dei vescovi di Francia fosse fatta dal capo dello Stato: a questa nomina poi il Pontefice dà l’istituzione Canonica. Conventio inter summum Pontificem Pium VII et gubernum Gallicanum. Art. IV. Consul primus Gallicanae reipublicae archiepiscopos «nominabit». Summus Pontifix institutionem canonicam dabit. Così negli atti concistoriali di nomine recenti si legge (era presidente della Republica il Carnot): «nominationem» per illustris viri Francisci Mariae Sadi Carnot, Gallicae Reipublicae Praesidis.

Noblesse oblige: squisito e cavalleresco motto francese da noi comunissimo, e significa che l’aver titolo di nobiltà o bel nome impone doveri che altri non ha in pari grado. La sentenza è attribuita al duca de Levis (Maximes et Réflexions). Vedi anche Boezio (De consolat. Philosophiae, III, 6) e in molti altri scrittori si potrebbe trovare tale pensiero. Ma è la struttura della frase che dà valore!

Noce: voce del gergo francese, vale baldoria (debauche): onde la locuzione faire la noce. Il nostro modo andare a nozze ha altro senso.

Noctuas Athenas afferre: (Cicerone) portar nottole ad Atene (e si aggiunge: vasi a Samo,.... acqua al mare,.... legna ai boschi; etc), locuzioni vive tuttora per dire: far cosa di cui è gran copia, e perciò inutile.

Nocumentum documentum: cioè quae nocent, docent: motto latino efficace per l’alliterazione; e si riferisce al concetto, esser il dolore ottimo maestro (peccato che lasci troppa traccia del suo insegnamento!) In greco [testo greco].

Nodo: term. marinaresco, indica il miglio marino, così chiamato dai nodi del cordino detto di loch; onde far tanti nodi all’ora, significa che il bastimento percorre [p. 365 modifica]tante miglia all’ora. Il miglio marino è di m. 1851,85.

Noisette: voce francese comunissima nelle espressioni della moda: cappello noisette, giacca noisette, e simili: appartiene al numero delle parole introdotte e usate per semplice vizio: possiamo dire e diciamo infatti nocciola, che è la cosa medesima.

Noli me tangere: non toccarmi! (Vang. di S. Giovanni, cap. XX, 17). Questa locuzione fu usata dagli antichi medici per significare certe ulceri cutanee, cui i diversi topici (medicamenti esterni) non facevano che irritare: trattavasi di epiteliomi o cancroidi. Dicesi anche della Balsamina, genero di piante.

Nomi femminili stranieri: V. Marie.

Nòmina sunt òmina: i nomi sono augurio, sentenza latina che vale per quello che vale, e cui dà forza l’alliterazione. Certo è però che nel nome è alcuna fortuna o significato, tanto è vero che alcuni cui il proprio e naturale nome parve avere umile suono o senso, se lo mutarono.

Nominativamente: fr. nominativement, «dirai nominatamente» (Rigutini). Dirai, ma di solito non si dice.

Nominor quoniam leo: perchè mi chiamo leone. È il diritto per cui il Leone alla giovenca, alla capra, ed all’agnello, compagni nel lavoro della caccia, nega facoltà di partecipale alla preda, ma tutta per sè la si prende. (V. Fedro, favola V). L’emistichio latino è spesso ripetuto per significare il diritto della forza, eterno, fatale, per quanto dalle varie civiltà coonestato talora di belle parvenze.

Non: con le voci negative niente, nulla nessuno sogliono i lombardi specialmente ommettere il non es. io so nulla, vedo niente. La costruzione è logica e conforme al latino nil scio, nil video: ma l’uso toscano, accolto spontaneamente da tutti gli scrittori italiani, vuole che si aggiunga questa negativa pleonastica, non. L’esempio di Dante l’anima semplicetta che sa nulla si può considerare come un latinismo, ma non è sufficiente a giustificare questo non grave idiotismo: il quale, del resto, anche in Lombardia, tende a restringersi alle persone non colte. | «Nello locuzioni dubitative anzichè non è meglio scrivere no.» per es. dimmi se devo venire o no, così i puristi, ma non mi pare che si usi molto, se non da taluno e per affettazione.

Non bene olet, qui semper bene olet: non sempre sa di buono chi è sempre profumato. (Marziale, Epigrammi, II, 12, 4).

Non c’è di cohe: «una frasuccia barbarica galante è questa. Quand’uno ci ringrazia, in vece di dire, rispondendo, secondo le circostanze e le persone: nulla, niente, cosa di poco, non occorre, non serve, non mette conto, ho fatto l’obbligo mio, di che? di che cosa? non occorron cerimonie; ripetono: non c’è di che. E perchè si preferisce dir così? perchè le frasi di casa a molti citrulli san di povero; mentre le franche san più d’aristocratico. Chi si contenta gode.» G. Romanelli, op. cit.).

Non compos sui, o non compos mentis: termine latino per indicare quello stato di turbamento mentale per cui l’uomo non è padrone di sè, delle sue azioni e parole. Termine filosofico insieme e popolare.

Non dolet o Paete, non dolet: stoica parola di Arria, moglie di Cecina Peto, che diè col ferro primo esempio al marito del come darsi la morte che Claudio, imperatore, avea comandata. (V. Plinio il giovane, Epistola, III, 16). Non dolet ha valore di motto.

Non è la via dell’orto: la via dell’orto è breve, facile, nota: onde si dice «non è la via dell’orto» -per indicare viaggio lungo e difficile, negozio che richiede tempo e perizia. Bel modo familiare.

Non erat hic locus: non era quivi il suo posto. Savio giudizio di Orazio (Arte Poetica, 19) detto a proposito dell’opportunità e convenienza in materia di arte.

Non expedit: non è spediente, non è necessario, cioè è proibito. È il divieto che la Curia papale tuttora impone ai credenti di partecipare con voto alla vita politica della Nazione italiana. | Non expedit è formale rituale della Cancelleria apostolica quando dovesi non concedere alcuna cosa richiesta. In questo caso del voto politico, per meglio spiegare, a non [p. 366 modifica]expedit il S. Ufficio, con decreto del giugno 1886, aggiungeva prohibitionem importat.

Non forse: formula interrogativa, preziosa, cara al d’Annunzio ed ai suoi seguaci in estetica.

Non fumum ex fulgore etc.: «dallo splendore il poeta non si pensa di derivare il fumo; ma dal fumo si studia di derivare la luce onde ne tragga meravigliose cose». Così Orazio nell’Arte Poetica, rendendo con bella comparazione il concetto che nelle opere d’arte scritte non è il pomposo e abbagliante proemio quello che importa, ma il successivo, profondo, ordinato, logico svolgersi dei fatti in cui si compie il tema proposto. E insieme vuol dire che è «luce» ciò che dall’opera d’arte deve derivare a chi ode o legge.

Non fumum ex fulgore, sed ex fumo dare lucem cogitat, ut speciosa dehinc miracula promat.

De Arte Poetica, 143, 144.

Non ignara mali, miseris succurrere disco: conoscendo che cosa è sventura, so soccorrere agli sventurati. Così Bidone ad Enea (Eneide, I, 630), ed è il verso che secondo G. Giacomo Rousseau conteneva più di ogni altro, umana sapienza!

Non in (e comunemente de) solo pane vivit homo: sentenza evangelica (S. Matteo IV, 4) fatta popolare, nel senso che oltre al pane materiale, l’uomo abbisogna del pane dello spirito, di alcun conforto morale, di alcuna letizia dell’anima, etc.

Non intervento: (fr. non intervention) sistema di politica internazionale che consiste nel non intervenire negli affari degli altri Stati, quindi non permettere che altri intervenga.

Non liquet: lat. non è chiaro.

Non multa, sed multum: sentenza latina dedotta secondo alcuni da Plinio il giovane (Epist. VII, 9), secondo altri da Quintiliano (De instit. orat., X, 1, 59) e vuol dire che nell’apprendere non giovano le molte cose ma l’intensità in alcune poche. N. B. Ciò che si acquista in estensione, si perde in intensità.

Non olet: (il danaro) non puzza: così Vespasiano, imperatore, al figlio Tito che lo rimproverava di avere imposto balzelli sull’orina, mostrando il danaro ricavato dalla imposta. Motto ricavato popolarmente da Svetonio (Vita di Vespasiano, 23) e da Dione Cassio (Hist. LXVI, 14)? V. Monumenti Vespasiani.

Non omnia possumus omnes: non tutti possiamo tutte le cose. (Vergilio, Egloghe, VIII, 63).

Non omnis moriar: non interamente io morrò così Orazio (Odi, III, 30, 6) presentendo la immortalità. Quel vano letterato che fu l’Algarotti adattò il motto a sua epigrafe.

Non (o nec) plus ultra: non più in là, locuzione latina, comune anche al francese, per indicare un termine non sorpassabile. Motto che si vuole da Ercole impresso su le colonne che da lui ebbero nome e furono ritenute confine del mondo.

Non parlar di corda in casa dell’impiccato: non toccare argomenti che possano ricordare altrui cose tristi o vergognose: locuzione familiare.

Non possumus: non possiamo. Risposta di Pio IX a Napoleone III esortante il pontefice a cedere le Romagne al re Vittorio Emanuele II. (Febbraio 1860). Non possumus è del resto formula di rito, di venuta popolare per quella occasione, ed è ripetuta spesso per celia.

Non riuscita: per mala o cattiva riuscita è maniera ripresa dai puristi, come gallicismo: non réussite manque de réussite.

Nosco te ipsum: conosci te stesso V. [testo greco].

Non scholae sed vitae discimus (Seneca il giovane, Epist. 106): non si impara per la scuola ma per la vita. Sentenza usata e abusata nelle scuole: frase fatta.

Non sens: V. Nonsenso.

Nonsenso o non senso: dal fr. non sens, locuzione con valore di sostantivo che i francesi tolsero alla lor volta dall’inglese: non sense. Es. questa frase è un non senso. Non sens est un anglicisme fort usité, et que les dictionnaires ont très-bien fait d’admettre, ne fut-ce que pour caractériser la moitié de leurs définitions (Ch. Nodier).

Non tacebo: lat. non tacerò. Fu motto eroico di T. Campanella. [p. 367 modifica]

Non (propriamente nun) te ne incaricà: non incaricartene! non occupartene!, motto, intercalare, sentenza di filosofia egoista, scettica, servile del popolo napoletano: se il motto, come forma, è tipicamente napoletano, come trista norma del quieto vivere è del mondo intero.

Non ti curar di lor, ma guarda e passa: corruzione popolare del verso dantesco non ragioniam di lor, ma guarda e passa, Inf. III, 49. E passa via! altri aggiunge per più lepidezza.

Non uccellare a pispole: la pispola è un uccelletto da selva tutto piume e non vale la spesa di prenderlo: onde la frase di sapore toscano, vale figuratamente, nel linguaggio familiare, tendere a qualcosa di solido ed importante, avere nobile meta davanti a sè.

Non voglio la morte del peccatore ma che si converta e viva: (Ezechiele, XXXIII 14) ripetesi spesso in senso faceto.

Normale etc.: da norma, ottima voce classica (cfr. lat. norma, da nosco) si sono formate le seguenti voci neologiche normale, normalità, normalista (e pop. normalina, allieva di scuola normale), normalmente, ed il contrario anormale etc. Per i puristi queste voci sanno di provenienza francese, là dove la parola buona sarebbe regolare e suoi derivati, e, delle scuole, magistrale, ma penso che agli stessi puristi riesca difficile evitare queste parole, tanto più che hanno valore tecnico e scientifico. V. Normale (Scuola).

Normale (scuola): divisione di scuola secondaria, destinata alla educazione ed istruzione dei maestri e maestre elementari. È divisa in sei anni, tre complementari e tre propriamente detti normali. I puristi vorrebbero magistrale e non normale. Evidente influsso, nel nomo e nell’istituto, del normal school, inglese e école normale francese (In ted. Lehrerseminar).

Normalista: e talora popolarmente normalina, allieva di scuola normale.

No restraint: in inglese vale mancanza di costrizione, ed ò termine medico quasi universale per indicare l’abolizione di ogni mezzo violento e coercitivo, quale in passato usavasi ne’ manicomi.

Nosocomio: per ospedale, da [testo greco] = malattia e [testo greco] = curare. Neologismo non bello e non necessario, venuto forse al linguaggio de’ medici per via della Francia, nosocome.

Nòstras: dicono i medici di alcune forme di malattie che sono endemiche, cioè del paese, come ad es. cholera nostras: dal latino nostras-àtis = nostrano, del paese.

Nostro (il): voce convenzionale del linguaggio letterario che si incontra in taluni libri e specie nelle biografie e rassegne e vuol dire l’Autore o il Personaggio di cui si ragiona. Ora questo Nostro non solo è inelegante, ma parmi anche sgarbato (La Nostra non si dice!)

Nota ancor questa: locuzione di sapore ironico o faceto. Dedotta, probabilmente, dall’ode Il Cinque Maggio del Manzoni:

               Bella immortal! benefica
               fede, ai trionfi avvezza!
               scrivi ancor questo, allegrati
               chè più superba altezza
               al disonor del Golgota
               giammai non si chinò.

Notabilità: al pari di mediocrità, celebrità, nullità, etc. sono astratti di provenienza francese, usati nel linguaggio comune in vece delle parole concrete corrispondenti. Voci riprese dai puristi. Certo il buon uso letterario si astiene, di solito, da questi vocaboli.

Notes: plurale di note francese; voce spesso usata in Lombardia nel senso di librettino, taccuino. Questa parola che non c’è in francese, ove si dice agenda ovvero carnet si deve essere formata da noi in questo modo, che, vedendo scritta su que’ taccuini di fabbrica francese la parola notes, il popolo l’ha presa per il nome proprio del libretto. Questo notes accresce la serie delle parole francesi fatto in Italia, e specialmente a Milano, corno Voltaire, Marbré, Cendrier, etc.

Nottambulo: è voce non registrata nei nostri dizionari, comunissima però nell’uso, probabilmente tolta dal fr. noctambule: celui qui passe les nuits à se promener ou à s’amuser. I nostri dizionari registrano nottambulo come sinonimo di sonnambulo. Vero è che nell'uso si dice «nottambulo» di chi ha costumo di far dì giorno notte e viceversa. «Ecco onesto [p. 368 modifica]uomo che è divenuto andator di notte, apritor di giardini». (Boccaccio).

Nottata: V. Appendice.

Notte bianca: locuzione senza dubbio efficace, tolta dal francese nuit blanche, per indicare una notte nella quale non si dorme, qual che ne sia la cagione.

Nottola: per civetta, dicesi oramai soltanto nella locuzione portar nottole ad Atene. V. Noctus Athenas afferre.

Notturno: «componimento musicale in forma di rondò, di canzone od anche di sonata, e il cui carattere è un abbandono dell’anima alla poesia, all’idealità serena, dolce e contemplativa». (Galli, op. cit.)

Notus in Judaea: (Salmo LXXV, 1) dicesi di persona assai nota e non sempre gloriosamente nota. Vale come il seguente.

Notus lippis et tonsoribus: V. Lippis et tonsoribus.

Nous: gr. [testo greco] mente, ted. Nus, ingl. nous: termine filosofico dovuto ad Anassagora: vale ragione, pensiero, intelligenza, facoltà pensante, considerata non come subbiettiva o come entità psichica, ma come obbiettiva ed astratta.

Nous arrivons toujours trop tard: dicono i carabinieri dell’Offenbach nell’operetta giocosa Les Brigands. Locuzione caustica, talora usata nel linguaggio della politica e del giornalismo.

Nozze d’argento: celebrazione delle nozze dopo 25 anni di vita coniugale; nozze d’oro, dopo 50 anni.

Nuance: voce francese di moltissimi significati, troppo di frequente e per vizio ripetuta da noi che abbiamo le voci corrispondenti di sfumatura, gradazione, sì nel senso proprio come nel senso traslato.

Nubifragio: per acquazzone, rovescio, scossone, è voce ripresa dai puristi. Cfr. Fanfani ed Arlia, op. cit., Supplemento.

Nucleo: lat. nucleus, in filosofia naturalo (fisiologia) indica il centro attivo ed organico della cellula (la quale è considerata come l’elementare unità della vita, e consta della membrana e del protoplasma, di cui il nucleo è parte).

Nugae: (pronunzia nuge) voce latina che talora si incontra per significare cose di poco conto, lievi difetti, bazzecole.

Nulla dies sine linea: nessun giorno senza una linea, motto che l’antichità attribuì ad Apelle (Plinio, Hist. Nat. XXXV, 36) e si ripete con senso pedagogico per significare l’esercizio giornaliero. Fu pure motto di E. Zola. Occorre anche nel parlare familiare, nel linguaggio dei giornali, in senso ironico, quasi per dire: ogni giorno se ne ode una di tal genere, se ne scoprono sempre di nuove.

Nullaggine: V. Nullità.

Nullatenente: «voce nuova e mal formata per proletario» (Rigutini). Se ne è fatto anche l’astratto nullatenenza. Voci di conio burocratico e proprio superflue. V. Fanfani ed Arlia, op. cit.

Nullità: detto di persona che non vale nulla, inetto, è perfetto francesismo ancorchè comodissimo nell’uso. Cet homme est d’une parfaite nullité. Si è formata anche la voce nullaggine, ripresa dai puristi. N. B. I dialetti nostri per esprimere questo concetto di nullità, specialmente riferito a persone cui la fortuna o la trafila dei consorti eleva ad alti uffici, hanno una tale ricchezza di voci realistiche e crude, secondo il genio della nostra favella, che proprio questo astratto filosofico di nullità può ritenersi superfluo, anche se comodo nell’uso, come ho detto.

Nullum magum ingeniunm sine mixtura dementiae est: nessun grande ingegno è senza mescolanza di pazzia (Seneca, De tranquillitate animi, XVII, 10). Come si vede, la teoria Lombrosiana su la natura del genio (V. Genio) era già nella coscienza del popolo, e ben da antico: si intende in ciò che in essa teoria è di vero, cioè il predominio di una virtù del pensiero su le altre, ed eccesso di sensibilità, e quindi squilibrio e diversità dal tipo normale dell’uomo: benchè anche questo squilibrio non sempre si riscontri negli uomini compiutamente geniali.

Numeno: [testo greco] = ciò che è conosciuto dalla [testo greco] = mente) voce filosofica (Platone, Kant) usata per indicare l’oggetto del puro pensiero o della intuizione razionale, libero da ogni elemento del senso. Ted. e ingl. noumenon, fr. noumène.

Numerario: per moneta metallica in circolazione è dal fr. numeraire. Voce ripresa dai puristi, sancita dall’uso. [p. 369 modifica]

Numerizzare: neol. per numerare. Questo verbo frequentissimo si è formato abusivamente e inutilmente, almeno a me pare, per effetto del suffisso izzare. Avvertasi che in francese non c’è numériser, ma numéroter.

Numero: fr. numéro (voce tolta dall’italiano), è parola usata francesemente per indicare qualità egregia | le parti di uno spettacolo di varietà. Come avvertimento ortografico, i numeri componenti una data o una cifra, non si dividono. (V. Divisione delle parole). Tuttavia mi sembra un errore evitato dal semplice buon senso. V. Fanfani ed Arlia, op. cit., Supplemento.

Numero cento (il): il cesso, così detto negli alberghi dal 100 che sovra è scritto per evitare la parola determinata: fr. le numéro cent.

Numero Deus impare gaudet: il Dio si allieta del numero dispari (Verg. Ecloga VIII, 75), allusione alle antiche opinioni su le proprietà mistiche e simboliche dei numeri, per cui 1, 3, 9, avevano speciale valore di bene.

Numero unico: giornale che si publica in determinate circostanze e per una sola volta.

Numero uno!: vale bellissimo, eccellente, egregio, cioè che non ha secondo. Lo nota il Tommaseo nel suo Dizionario come «modo basso». Anche in fr. numéro un = de premier ordre; forma, credo, parallela. L’esempio del Petrarca:

          Vergine saggia, o del bel numer’una,
          delle beati vergini prudenti,
          anzi la prima e più cara lampa,

non ha che vedere con la locuzione assoluta numero uno.

Numquam est fidelis cum potente societas: l’alleanza con un potente (e prepotonte) non mai è sicura. Sentenza di Fedro, promessa alla favola V del libro I., ove narra di alcuni umili ed imbelli animali che strinsero patto col leone, ma cacciata una bella preda, quegli tutta per sè la si tolse, per queste ragioni, cioè che egli si chiamava leone, e poi perchè era il più forte. V. Nominor quoniam leo.

Nunc dimitte servum tuum: ora licenzia il tuo servo, cioè ora, o Signore, fammi morire (accomiatami dalla vita) che muoio lieto per aver visto il Messia. Così il vecchio Simeone. Questo motto della chiesa ripetesì più spesso in senso profano.

Nun te ne incaricà: V. Non te ne incaricà.

Nuovi tormenti e nuovi tormentati: noto verso dell’Inferno dantesco (VI, 4), divenuto popolare.

Nurago, pl. nuraghi e nuraghe: con voce sarda: è nome di certe speciali costruzioni in forma solitamente di cono tronco, in grande numero sparse per la Sardegna: architettura primitiva di stile ciclopico, del cui ufficio non v’è fra gli archeologi concorde sicurezza. Probabilmente, tombe. «L’isola bella dei nuraghi», perifrasi del Carducci (Mosche cocchiere) per dir la Sardegna.

Nurse: voce inglese (contrazione di nurice = nutrice) che significa nutrice, cioè governante, e dicesi della donna che bada i bimbi, e anche infermiera. Nursery, una stanza della casa, lasciata per libertà e giuoco dei bambini.

Nursery: V. Nurse.

Nutrimentum spiritus: nutrimento dello spirito, motto che Federico il Grande di Prussia fece apporre alla Biblioteca reale di Berlino (1780), il quale ricorda l’altro motto Medicina animi ([testo greco]) che secondo Diodoro Siculo stava sull’ingresso della biblioteca del re Osimandia in Egitto.