Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
Men | — 307 — | Mer |
parola che vi risponde precisamente ed ha esempio antico in tale senso. Nel libro citato dello Scappi, la lista delle vivande è detta servizio di cucina. Ma avessimo anche mille parole, menu è la voce dell’uso, spesso alternata con la sua traduzione, minuta. I germanici, pur essi asserviti a moltissimo voci francesi, dicono parimente menu; ma come popolo forte che ha senso del suo essere e volontà di essere, e però onora il proprio linguaggio, tende a purificarlo in molte parole, e ad es. in questa. A menu sostituisce la parola, Speisenfolge. Le goffaggini poi di termini culinari, appartenenti ad un linguaggio che non è più di alcuna nazione, ma che pompeggiano sicuramente anche in banchetti solenni ed ufficiali, si presterebbero ad arguta trattazione, se qui fosse il caso.
Menuisier: fr. falegname.
Menzogne convenzionali: titolo di un acuto e bel libro paradossale e pur vero di Max Nordau, divenuto locuzione comune (Die konventionellen Lügen der Kulturmenschheit). Dicesi di quelle ipocrisie che tutti usano, riconoscono per tali, dispregiano forse nel segreto della coscienza — quando c’è — ma all’esterno onorano e vogliono onorate. È spesso la moneta spicciola del commercio della vita.
Mercante: voce usata in Lombardia e nell’Emilia per indicare il merciaiuolo (o merciaiolo come vuole il Petrocchi) cioè chi vende tutte le cose minute occorrenti ai sarti e alle donne per cucire. Il dialetto lombardo fa largo uso della voce mercante, seguita dal segnacaso di, per determinare il genere in cui si merca, in vece di un sol nome; sino a mercante di vino, in vece di oste.
Mercante di carne umana: come termine storico fu propriamente il negriero che vendeva gli schiavi d’Africa ai coloni d’America: dicesi di chi sfrutta senza umanità e pietà l’opera del suo simile, e più specialmente di chi incetta e mercanteggia donne per la prostituzione. V. Schiave bianche.
Mercante d’ebano: il mercante di schiavi. Col nome convenzionale legno d’ebano erano denominati i negri d’Africa di cui si faceva grande tratta per le Americhe nel secolo XVIII e principio del XIX. Marchand de bois d’ébène.
Merci: voce viva francese cui rispondo la nostra bella e morta parola antica, mercede e mercè. In vece di grazie, o per lezio o sul serio, dicesi talora merci.
Merda!: versione della storica esclamazione di Cambronne. V. Hugo ne’ suoi Miserabili (2a parte, lib. I, cap. XIV) descrivendo la battaglia di Waterloo, dice: «un generale inglese, Colville secondo gli uni, Maitland secondo gli altri, gridò: bravi francesi, arrendetevi!, e Cambronne rispose: Merde!
Merdocco: V. Depilatorio.
Merenda: dicesi nel Veneto (marenda) per colazione, mentre il suo significato più comune e conforme all’uso toscano, è il lieve pasto tra il pranzo e la cena.
Meringa: specie di dolce leggero, ripieno di crema o di lattemiele: fr. méringue, voce di dubbia etimologia, o dallo spagnuolo melindre, radice mel = miele, frittella di miele e farina, o da Mehringen, nome di villaggio tedesco.
Merinos: alla francese, è grafia e pronuncia forse più comune di merino, italiano e spagnuolo: nome di fine tessuto, proveniente dalla lana della pecora Merino (ovis aries hispanica) che per essere molto produttiva, servì a migliorare molte altre razze europee.
Meritare conferma: nel linguaggio giornalistico è usata questa singolare locuzione per dire che una notizia è data soltanto come probabile, quindi che deve essere confermata.
Merla: i tre giorni della merla, locuzione lombarda (i trii dì de la merla) che vuol indicare i tre giorni più freddi dell’anno, cioè i tre ultimi di gennaio. Di questa locuzione ho raccolto due leggende: la prima di una merla che avendo nidificato anzi tempo gli ultimi tre dì del gennaio (che si dice avesse soltanto 28 giorni), questo per punirla, chiese al febbraio (che aveva 31 giorni) tre dei suoi più freddi giorni: l’altra di una giovane sposa di nome Merla che nel traversare il Po, gelato, fu inghiottita e tre dì rimase nascosta, e questi tre giorni dalla