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Dante Alighieri 1312 1468 Marsilio Ficino saggi/filosofia letteratura Monarchia Intestazione 19 settembre 2008 75% saggi

Indice

  •  Proemio 
Prohemio di Marsilio Ficino florentino sopra la Monarchia di Dante, tradotta da ·llui di latino in lingua toschana, a Bernardo del Nero et Antonio di Tuccio Manetti, ciptadini florentini.
Comincia la Monarchia di Dante Alighieri, et prima el proemio dov’egli anunzia dovere dare notitia di detta tenporale monarchia.
Notitia che ·cchosa sia la tenporale monarchia.
Che la presente materia nonn–è solamente civile, ma fonte di civilità, et principalmente all’operatione ordinata.
Dichiara quale è l’ultimo fine della civiltà.
Come cholla pacie la generatione humana viene alla sua tranquilità.
Come la pacie si dee tenere per segnio stabile et ordinato, al quale ciò che si pruova si riducha come a una verità manifesta.
Se al bene essere del mondo la tenporale monarchia è ordinata.
Come quella conditione che è la parte al tutto, quella à l’ordine partichulare a l’ordine universale.
Come la università humana è un tutto inverso alcune parti ed è alchuna parte inverso ad alcuno tutto.
Come ogni cosa sta bene che è secondo la ’ntenzione del primo actore, che è Iddio.
Come ottime sta ogni figliuolo quando, secondo la forza della propria natura, seghuita le vestigie del padre perfetto.
Che dovunque può essere litigio, ivi debbe essere giudicio.
Come el mondo è optime disposto quando in lui la giustitia è potentissima.
Come la humana generatione, quand’è massime libera, ottimamente vive.
Come cholui che ppuò essere ottimamente disposto a regere può optime disporre gli altri.
Come quello che ·ssi può fare per uno, meglio è a ·ffarlo per uno che per molti.
Chome l’essere, l’uno et el bene ànno tra ·lloro ordine.
Come Cristo nel suo avenimento elesse el tenpo della tranquilla pace overamente la dispuose.
Proemio del secondo libro della Monarchia di Dante, et preparatione a mostrare se ’l popolo romano di ragione s’à presa la degnità dello inperio, che ·ssi dicie ’monarchia’.
Che verità è quella, nella quale le ragioni della presente inquisitione, come in principio suo, si riduchono.
Che ’l romano populo non usurpò, ma di ragione prese lo ’nperio sopra tutti e mortali.
Che quello che alla perfetione sua è aiutato da miracoli è da Dio voluto.
Che colui che diriza el pensiero suo al bene della repubricha diriza el pensiero al fine della ragione.
Che ·cchi pretende el fine della ragione, chon la ragione proccede.
Che quello che per natura è ordinato, per ragione s’osserva; et come el romano popolo da la natura fu ordinato a inperare.
Che ’l giudicio divino nelle cose occhulte può essere manifesto in due modi: o per ragione, o per fede.
Che ’l popolo romano, che avanzò tutti gli altri popoli nel corere allo inperio, per divina ragione avanzò.
Che quello che s’aquista per duello, per ragione s’aquista.
Che se lo ’nperio romano non fu per ragione, el pecchato d’Adamo in Cristo non fu punito.
Proemio del terzo libro della Monarchia di Dante, et preparatione a mostrare che l’autorità del monarcha overo inperio dipende da Dio sanza alchuno mezzo.
Che Iddio non vuole quello che ripugnia alla natura.
Come tre generationi di huomini fano resistenza a quello che in questo libro s’intende di provare, che è che l’autorità dello inperio dipende da Dio sanza alchuno mezo. Le quali generationi sono queste: el papa et alcuni altri pastori, la prima; diverse generationi di sacerdoti et riligiosi prusuntuosi, ingnioranti et cupidissimi, la seconda; alcuni altri chiamati decretisti, ingnioranti di teologia et filosophia, la terza.
Confuta certe hoppenioni colle quali alcuni inpugniano contro alla autorità dello ’nperio.
Confuta che la figura de’ figliuoli di Giacob, cioè Levi et Giuda, non è figura del pastore et del monarcha.
Confuta che Samuello nella Scriptura non fighura el papa, et Saul non fighura lo inperadore.
Confuta che ·llo incenso et l’oro che ·ffu portato da’ Magi a Cristo non fighura nel pastore la signioria delle cose tenporali et spirituali.
Che quel detto di Cristo a Pietro nel Vangelo, «Ciò che tu legherai e scioglierai in terra sarà leghato e sciolto in cielo», non denota però che ’l sucessore di Pietro per concessione di Dio possa solvere le leggi e dicreti dello inperio et ancora solvere et leghare le leggi et dicreti del tenporale ghoverno.
Che’ due coltelli di Pietro nel Vangelo di Lucha non denotano né significhano el regimento spirituale et tenporale.
Che la concessione di Gostantino inperadore a Santo Salvestro papa di Roma et d’altre degnità d’inpero, secondo el detto d’alcuni, non è di ragione; et però el sucessore di Salvestro non le può dare ad altri.
Che quel detto d’Aristotile nel X della Metafisicha, ’Tutte le cose che ·ssono d’un genere si riducono a uno, che è misura di tutte le cose che ·ssono sotto quello genere’, non conchiude che in quanto alle cose tenporali lo ’nperadore sia sotto el papa.
Pruova che ·lla autorità dello inperio non è dal papa, per questa ragione: che quello sanza l’essere del quale è altra cosa, quell’altra cosa da questa non dipende.
Pruova che ·lla chiesa non à virtù di dare autorità al prencipe romano, perch’ela non l’ha né da ·dDio, né da ·ssé, né da altro inperadore, né da tutto el consentimento de’ mortali, né dalla magiore parte.
Che quello che è contro alla natura d’alcuna cosa, non è nel numero delle sue virtù.
Che ·llo inperadore à rispetto santa mezo a Dio, prencipe dello huniverso.
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