Monarchia/Libro II/Capitolo XI

Libro II - Capitolo XI

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Dante Alighieri - Monarchia (1312)
Traduzione dal latino di Marsilio Ficino (1468)
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Che se lo ’nperio romano non fu per ragione, el pecchato d’Adamo in Cristo non fu punito.

E se lo ’nperio romano non fu per ragione, el pecchato d’Adamo in Cristo non fu punito; ma questo è falso: adunque egli è vero el contradittorio di quello onde questo seguita. La falsità del conseguente apariscie così: inperò che, essendo noi pecchatori tutti pel pecchato d’Adamo, secondo che dicie lo Apostolo «Come per uno huomo nel mondo entrò el pecchato, et pel pecchato la morte, così in tutti gli huomini entrò la morte dal tenpo in qua che peccorono»; se di quel pecchato non si fusse fatto satisfatione per la morte di Cristo, saremo ancora figliuoli della yra per la natura depravata. Ma questo non è, dicente lo Appostolo Ad Efesi, quando parla del Padre: «Costui ci distinò nella adotione di figliuoli per Gieso Cristo in lui, secondo el proposito della voluntà sua, a ·llaulde et gloria della sua gratia, nella quale gratificò noi nel suo diletto Figliuolo, nel quale abiamo redentione pel sangue suo, et la remessione de’ pecchati secondo le riccheze della sua gloria, la quale soprabondò in noi». Et ancora Cristo dicie apresso a Santo G[i]ovanni, mentreché patisce la punitione, così: «Consumatum est», che vuole dire, ’egli è adenpiuto’; inperò che dov’egli è adenpiuto non resta a ·ffare alcuna cosa. Per intendere la convenienza, è da ·ssapere che ·lla ’punitione’ non è senplicemente ’pena allo ing[i]uriante’, ma ’pena data allo ing[i]uriante da ·cchi ha g[i]urisditione di punire’; onde, se ·lla pena non è data dal g[i]udicie hordinario, non è ’punitione’ ma più tosto è ’ing[i]uria’. Onde lui diceva a Moysè: «Chi ·tti costituì g[i]udicie sopra noi?». Adunque, se Cristo non avesse patito sotto g[i]udicie ordinario, quella pena non sarebbe suta punitione. Ma il g[i]udicie ordinario non poteva essere se ·nnone uno che avessi g[i]urisditione sopra tutta la generatione humana, conciosiaché tutta la humana generatione, come disse el Profeta, in quella carne di Cristo portante e dolori nostri fussi punita. E sopra tutta la generatione humana Tiberio Cesare, del quale era vichario Pilato, nonn–arebbe avuto g[i]urisditione, se ’l romano inperío non fusse stato per rag[i]one. Di qui nasce che Erode, benché non sapesse quello che si faceva, come ancora Caifas non seppe quel che si disse, di celeste diliberatione rimandò Cristo a Pilato a g[i]udichare, chome parla Lucha nel suo Vangelio. Erode l’aveva commesso, non tenendo e luogho di Tiberio Cesare sopto el segno della aquila ho del senato, ma re per singulare segnio da ·llui hordinato, et sotto el segno del regnio a ·ssé commesso gubernando. Restino adunque di turbare et vituperare el romano inperio coloro che fingono d’essere figliuoli della chiesa, conciosiaché veghano lo sposo della chiesa, Cristo, avere quello in tal modo aprovato nell’uno et nello altro termino della sua militia. G[i]à sufficientemente stimo avere dimostrato che ’l popolo romano per ragione sopra ·ttutti gli altri s’atribuì lo ’nperio. O felice populo, o Italia gloriosa, se quello che ’ndebolì lo ’nperio tuo mai non fussi nato, overo non fussi stata la sua pia intentione inghannata!


Finito el secondo libro