Monarchia/Libro III/Capitolo XIV

Libro III - Capitolo XIV

../Capitolo XIII ../Capitolo XV IncludiIntestazione 19 settembre 2008 75% saggi

Dante Alighieri - Monarchia (1312)
Traduzione dal latino di Marsilio Ficino (1468)
Libro III - Capitolo XIV
Libro III - Capitolo XIII Libro III - Capitolo XV
Che quello che è contro alla natura d’alcuna cosa, non è nel numero delle sue virtù.

Oltre a questo, quello che è contro alla natura d’alcuna cosa, non è del numero delle sue virtù, conciosiaché le virtù di qualunque cosa conseguitino alla natura sua per aquistare el fine; ma la virtù di dare autorità al regnio della nostra mortalità è contro alla natura della chiesa: adunque non è del numero delle virtù sue. Per dichiaratione della minore è da ·ssapere che ·lla natura della chiesa è la forma della chiesa: inperò che, benché ·lla natura si dicha della materia et della forma, nientedimeno principalmente della forma s’intende, secondo Aristotile nella Fisicha. E ·lla forma della chiesa non è altro che la vita di Cristo ne’ detti et fatti suoi conpresa. La vita sua fu uno exenpro della chiesa militante, spetialmente de’ pastori, massime del sommo pontefice, l’uficio del quale è pascere li agnielli et le pecore. Onde lui in Giovanni lasc[i]andoci la forma della sua vita, disse: «Dato v’ò lo essenpro, che ·ccome io ho fatto, così e voi facciate». E spetialmente disse a Piero, poiché ·llo huficio del pastore gli ebbe commesso, come in Giovanni si leggie: «Piero, seguita me». Ma Cristo in presenza di Pilato questo regnio dineghò, dicendo: «E ·regnio mio nonn–è di questo mondo; se ·regnio mio di questo mondo fussi, e ministri miei conbatterebbono che da’ G[i]udei non fussi preso; ma hora qui non è el regno mio». Non s’intende questo così, che Cristo, che è Dio, non sia di questo regnio signiore, perché dicie el salmo così «D’Iddio è il mare e lui lo fece, le sue mani fondarono la terra»; ma disselo come exenpro della chiesa, che ·ccosì nonne aveva chura di questo regno, in tal modo come se uno subgello d’oro di sé parlando dicesse ’io non sono misura in genere alcuno’; el quale detto non ha luogho in quanto egli è horo, perch’egli è misura del genere de’ metalli, ma in quanto egli è un certo segnio che ·ssi può ricevere per inpressione formale. Adunque egli è huficio della chiesa dire et intendere quel medesimo: ma dire ho intendere l’opposito è contrario alla forma, come è manifesto, et alla natura sua, che è quel medesimo. Di qui apparisce che ·lla virtù del dare autorità a questo regnio è contro alla natura della chiesa, perché la contrarietà nella hoppenione et nel detto seghuita della contrarietà ch’è nella cosa detta e hordinata, come ’l vero et el falso dall’essere della cosa ho dal none essere nello ’ntelletto proccede, secondo e Predicamenti. Sofficientemente per gli argumenti sopradetti, riducendo quello ch’è oppenione ’ad inconveniente’, abiamo provato l’autorità dello inperio dalla chiesa non dipende[re].