La donna vendicativa/Atto III

Atto III

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Atto II Nota storica

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ATTO TERZO.

SCENA PRIMA.

Notte.

Camera di Rosaura con lumi.

Rosaura, poi Corallina.

Rosaura. Povera me! io sono in un mare di confusioni. Mio padre mi spaventa, Florindo mi sta nel cuore, e Corallina mi fa esser gelosa.

Corallina. (Se questo colpo mi riesce, sono la più brava donna del mondo. Vi vogliono tre piccole cose: arte, adulazione e franchezza). (s’avanza)

Rosaura. (Eccola; non ho cuor di mirarla). (da sè)

Corallina. Che vuol dire, signora Rosaura, vi voltate in là quando mi vedete? Vi sono odiosa a tal segno? [p. 526 modifica]

Rosaura. Voi siete nata per tormentarmi.

Corallina. Non so che dire; se penso bene alle cose seguite, vedo a mia confusione, che avete qualche ragione di lamentarvi di me. Tuttavolta sono ancora in caso di rimediare al mal fatto, e posso rendervi consolata.

Rosaura. Sì, sì, prendetevi spasso d’una povera figlia abbandonata, perseguitata, tradita.

Corallina. Sentite, signora Rosaura: la verità non si può nascondere. Il signor Florindo ha promesso di sposarmi, e dica ciò che vuole, lo scritto è scritto, e dice il proverbio: carta canta, e villan dormi1. Vedo per altro, che il signor Florindo è innamorato più di voi che di me; onde non mi ha amata mai, o si è pentito adesso di amarmi. Comunque sia la cosa, credetemi, ve lo giuro, non lo sposerei per tutto l’oro del mondo.

Rosaura. Sì, sì, lo dite per lusingarmi, ma avete in tasca la sua obbligazione. Dirò come dite voi: carta canta, e villan dormi.

Corallina. Per farvi credere una cosa, bisogna farvela toccar con mano. Vedete voi questi pezzi di carta?

Rosaura. Li vedo: che cosa sono?

Corallina. Ecco qui: Prometto e giuro sposare ecc. Florindo Aretusi affermo.

Rosaura. E che vuol dire?

Corallina. Non vedete? Questa è l’obbligazione che mi aveva fatta il signor Florindo, stracciata, ridotta in pezzi, e resa inutile affatto.

Rosaura. Chi ve l’ha fatta stracciare?

Corallina. L’ho stracciata da me medesima.

Rosaura. Ma perchè?

Corallina. Per più ragioni, tutte giuste, tutte buone e tutte oneste. In primo luogo: chi non mi vuol, non mi merita. In secondo luogo: se egli è pentito d’aver promesso di sposarmi, non voglio pentirmi io dopo d’averlo sposato. Terzo: ho qualche speranza nell’affetto del mio padrone. E per ultimo: non voglio [p. 527 modifica] mai che si dica, ch’io, che sono una povera serva, abbia avuto l’ardire di dar un dispiacere sì grande alla mia amatissima padroncina.

Rosaura. Oh, adesso vedo che mi burlate.

Corallina. Mi fate torto a parlar così. Ecco la scrittura stracciata; se non l’ho stracciata io, possa morire.

Rosaura. Cara Corallina, vi confesso la verità: amo il signor Florindo, ma s’egli ha promesso a voi...

Corallina. La promessa è finita.

Rosaura. Dunque?

Corallina. Dunque, se lo volete, egli sarà vostro sposo.

Rosaura. Come mai? Mio padre non me lo vuol più dare.

Corallina. Avete paura di vostro padre?

Rosaura. E come!

Corallina. Credete ch’io possa qualche cosa sopra di lui?

Rosaura. Vedo ch’egli qualche volta ha soggezione di voi; ma voi ancora (lasciate che ve lo dica) mi avete sempre perseguitata.

Corallina. Io non ho desiderato altro, se non vedervi accasata bene.

Rosaura. A quello che avete detto, e che avete fatto, parrebbe di no.

Corallina. Come! non ho io proposto al padrone che vi desse il signor Lelio?

Rosaura. Io Lelio non lo voglio.

Corallina. Questo è un altro discorso. Ma il vostro accasamento io l’ho procurato.

Rosaura. Perchè non lasciarlo seguire col signor Florindo?

Corallina. Perchè ho creduto che vi burlasse. Con una scrittura che aveva meco, io non poteva darmi a credere ch’ei dicesse davvero. Per altro, s’egli vi vuole, se voi lo volete, signora Rosaura, son qua io; e se vostro padre non acconsente a questo matrimonio, lo faremo senza di lui.

Rosaura. Corallina, mi burlate, o dite davvero?

Corallina. No, non vi burlo, anzi in prova di ciò, voglio farvi una confidenza. Vostro padre mi dà delle buone speranze; può essere che ei mi voglia sposare, e non vorrei ch’egli avesse gelosia di Florindo. Per questo, a dirvela, cerco di [p. 528 modifica] liberarmene affatto, e nello stesso tempo render voi più contenta. In verità, credetemi, vi voglio bene. Vi confido tutti i fatti miei.

Rosaura. Oh mia Corallina! voi mi consolate.

Corallina. E poi direte ch’io sono... ch’io non sono... Voi non mi conoscete, signora Rosaura, ma mi conoscerete.

Rosaura. Compatitemi se vi avessi offesa. Per amor del cielo, abbiate carità di me. Vedete, io non sono una giovane che sappia molto di mondo; l’ingannarmi sarebbe facile.

Corallina. Ingannarvi! Il cielo me ne liberi. Se farete a mio modo, vi chiamerete contenta.

Rosaura. Che cosa direste voi, ch’io dovessi fare?

Corallina. Vi vuole una risoluzione da donna.

Rosaura. Son qui. Corallina, sono nelle vostre mani.

Corallina. A momenti verrà qui il signor Florindo.

Rosaura. E poi?

Corallina. E poi, se volete, vi sposerà.

Rosaura. In qual maniera?

Corallina. Lasciate la cura a me di condur la faccenda. Quando sarete sua moglie, anche il signor Ottavio si acquieterà.

Rosaura. Io non so come questo si possa fare.

Corallina. Lasciate pensare a me, vi dico. In questa sera condurrò il signor Florindo nella vostra camera. Volete altro?

Rosaura. Ma poi... Corallina, io tremo.

Corallina. Non abbiate paura: ci sarò io, e tanto basta. Il vostro signor padre mi chiama; presto, nascondetevi.

Rosaura. Anderò nella mia camera...

Corallina. No, non vi fate vedere. Nascondetevi in quella stanza.

Rosaura. E poi...

Corallina. Presto, animo, prendete un lume. Andate là. Lasciatevi condur da me.

Rosaura. Oimè! mi fido di voi.

Corallina. Eccolo qui, presto.

Rosaura. Povera me! tremo tutta. (entra in una camera, e Corallina la chiude) [p. 529 modifica]

SCENA II.

Corallina sola.

Sta lì a mia requisizione. Ora farò salire il signor Lelio, lo chiuderò in camera con Rosaura, procurerò fare un poco di scuro: lo crederà Florindo: chiamerò il padrone, e la sciocca dovrà sposarlo per forza. In questa maniera mi vendico contro tre... Ma per bacco, è qui il padrone. Ho detto da burla ch’egli veniva, e il diavolo lo ha portato davvero. Almeno se ne andasse presto. Il signor Lelio mi aspetta.

SCENA III.

Ottavio e detta.

Ottavio. Corallina, dov’è Rosaura?

Corallina. Io non lo so, signore.

Ottavio. Nella sua camera non c’è.

Corallina. Sarà nei camerini di sopra.

Ottavio. Andatela a chiamare.

Corallina. (Non vorrei ch’egli aprisse quella camera). (da sè) Signore... sarebbe meglio che vi andaste voi.

Ottavio. Perchè io?

Corallina. Se avete a dirle qualche cosa, potete farlo lassù che nessuno senta. Voi avete la voce alta.

Ottavio. No, no, chiamatela e fatela venir giù.

Corallina. Io non vi vado volentieri. Sapete ch’ella non mi può vedere.

Ottavio. Chiamatela per parte mia. (un poco alto)

Corallina. In verità, non ci vado.

Ottavio. Ed io voglio che tu ci vada. (in collera)

Corallina. Che cosa è questo tu? Che cosa è questo voglio? Io sono stufa di queste scene.

Ottavio. Non vi comando poi una gran cosa. (placato)

Corallina. Anderò via di questa casa, e sarà finita.

Ottavio. Ecco qui: subito, anderò via! [p. 530 modifica]

Corallina. Ma se è vero. Non si può più vivere. Siete una bestia.

Ottavio. Io una bestia? (in collera)

Corallina. Eccolo lì, un basilisco. Oh! non voglio che un giorno o l’altro... no, no, non son sì buona.

Ottavio. Voi mi fareste dare al diavolo. (con meno collera)

Corallina. Non so che dire, mi par di servirvi con amore, con carità; ma non faccio niente.

Ottavio. Via, lasciamo andare. Rosaura verrà giù, quando il diavolo la porterà. Corallina, parliamo un poco di noi.

Corallina. Parleremo, signor padrone: andate a cercare la signora Rosaura.

Ottavio. Io vorrei si stabilissero le nostre nozze.

Corallina. (Ed io vorrei che se ne andasse. Il signor Lelio mi aspetta). (da sè)

Ottavio. Vedo che Rosaura non si mariterà per ora, ed io non voglio differire più oltre.

Corallina. (Fremo dalla rabbia). (da sè)

Ottavio. Che cosa mi rispondete?

Corallina. Parleremo con comodo. Sentite che cosa dice la signora Rosaura.

Ottavio. Io non ho bisogno di sentir lei. Voglio sentire che cosa dite voi.

Corallina. Domani vi darò la risposta.

Ottavio. La risposta la voglio adesso.

Corallina. Queste non sono cose da decidere così su due piedi. Bisogna un poco discorrere e pensare...

Ottavio. Via, con tutto il vostro comodo. Prendiamo due sedie, e parliamo quanto volete.

Corallina. (Che ti venga la rabbia). (da sè) In questo momento ho un affare che mi preme; non posso trattenermi.

Ottavio. Andate, e vi aspetterò.

Corallina. (Maledetto!) (da sè) [p. 531 modifica]

SCENA IV.

Arlecchino ed i suddetti.

Arlecchino. Oe, Corallina... (chiamandola a sè)

Corallina. Che c’è? (s’accosta ad Arlecchino)

Arlecchino. (El sior Lelio). (piano a Corallina)

Corallina. (Zitto). (ad Arlecchino) (Bisogna ch’io vada), (da sè)

Ottavio. Che cosa c’è? (a Corallina)

Corallina. Niente, signore; ora torno.

Ottavio. V’aspetto qui.

Corallina. No, no, è meglio che m’aspettiate nella vostra camera.

Ottavio. Tornate presto, e v’aspetto qui.

Corallina. (Possa star lì, sino che diventi una rovere. Sarà quel che sarà. Bisogna che io parli col signor Lelio). (andando parla da sè)

Ottavio. Arlecchino? (chiamandolo)

Arlecchino. Sior.

Corallina. Ha da venire con me. Vieni. (ad Arlecchino)

Ottavio. Lo voglio io: vieni qui.

Corallina. Ne ho bisogno io: vieni con me.

Ottavio. Maledetto, ti bastonerò.

Corallina. Lasciatelo stare: rabbioso, fastidioso, cattivo. (parte con Arlecchino)

SCENA V.

Ottavio solo.

Scellerato vizio che io ho d’andar in collera sempre! E non mi posso astenere. Almeno dovrei guardarmene quando vi è Corallina. Volevo che Arlecchino chiamasse Rosaura; ma Corallina ha da servirsene lei. Pazienza. Anderò io a chiamarla. Voglio vedere quel che ha da essere di costei. Con Florindo no; con Lelio nemmeno. Che cosa ho a fare di quest’impiccio in casa? Voglio maritarmi. Se la potessi cacciare in un ritiro... Voglio dirglielo colle buone. È meglio che vada io ne’ camerini di [p. 532 modifica] sopra... Se avessi le chiavi della scala segreta, anderei per di qui, che si fa una scala di meno. (accenna la porta dov'è Rosaura, cercando in tasca le chiavi) Oh sì, le ho. (trova le chiavi; poi prende il lume) Se non vorrà far colle buone, glielo farò fare colle cattive. (apre la porta e vede Rosaura) Come! Rosaura qui dentro! Che cosa fate lì?

SCENA VI.

Rosaura col lume in mano esce dalla camera; ed il suddetto.

Rosaura. Signore...

Ottavio. Che cosa fate lì, dico?

Rosaura. Niente, signore.

Ottavio. Niente? Niente? Giuro al cielo, voglio saperlo.

Rosaura. Domandatelo a Corallina.

Ottavio. Che c’entra Corallina? Briccona, indegna, dimmi che cosa tu facevi, o ti rompo la testa.

Rosaura. Aiuto. (si lascia cader di mano il candeliere)

Ottavio. Dimmelo, disgraziata. (minacciandola)

Rosaura. Aiuto! ve lo dirò.

SCENA VII.

Corallina ed i suddetti.

Corallina. (Oimè, che cosa vedo!) (da sè, in disparte)

Rosaura. Corallina mi ha serrata là dentro...

Corallina. Sì signore, l’ho serrata io. (avanzandosi)

Ottavio. Perchè?

Corallina. Per liberarla dalle vostre mani, dai vostri sdegni, dalle vostre maledettissime furie.

Ottavio. Io le voleva parlare; perchè non dirmi ch’ella era lì?

Corallina. Perchè non sapete parlare, se non andate in collera. Non vedete che la poverina dallo spasimo è mezza morta? Lasciatela stare, e abbiate carità di lei.

Ottavio. Sentimi. Vuoi tu andare in un ritiro? (a Rosaura) [p. 533 modifica]

Rosaura. Signore...

Ottavio. Ci vuoi andare sì o no?

Rosaura. Ma se me lo dite con tanto sdegno2...

Corallina. Come vi entra ora nel capo il ritiro? Un’altra novità!

Ottavio. Lasciatemi dire. Via, colle buone: vi vuoi andare o non vi vuoi andare?

Rosaura. Mi date licenza di dirvi il mio sentimento?

Ottavio. Sì.

Rosaura. In ritiro non ci vorrei andare.

Ottavio. Ed io voglio che tu ci vada. (irato)

Corallina. Eccolo lì.

Ottavio. E se avrai ardire di opporti, te ne pentirai.

Rosaura. Dunque non potrò dire...

Ottavio. No, temeraria, non hai da dire. (si avventa col bastone)

Corallina. Oh, cospetto del diavolo, vorrei veder questa! Povera figliuola, lasciatela stare. Andate in quella camera, (a Rosaura) E voi, se avrete ardire di toccarla... (ad Ottavio)

Ottavio. Sì, in ritiro.

Rosaura. Oh, questo poi...

Ottavio. Come? (avventandosi)

Corallina. Andate là. (caccia Rosaura verso la camera)

Rosaura. All’oscuro?

Corallina. Sì, all’oscuro. (la chiude) (Meglio per il mio bisogno). (da sè)

SCENA. VIII.

Ottavio e Corallina.

Corallina. Mi maraviglio di voi, che siate così barbaro col vostro sangue. (ad Ottavio)

Ottavio. Non sentite come risponde?

Corallina. Finalmente... Basta, vi prego, lasciatela stare.

Ottavio. Da quando in qua avete tanta premura per colei? [p. 534 modifica]

Corallina. Io le ho sempre voluto bene. È vostra figliuola, e tanto basta; l’amo come se fosse mia. Spero che le sarò in luogo di madre, se le vostre parole non sono finte e bugiarde.

Ottavio. Come finte? se sapete che io vi voglio parlare su questo proposito?

Corallina. Via dunque, andiamo, e parlatemi con qualche conclusione.

Ottavio. Sì, la conclusione...

Corallina. Andiamo nella vostra camera, fatemi questo piacere.

Ottavio. Andiamo dove volete... Ma Rosaura...

Corallina. Lasciatela lì; è bene che non senta questi nostri discorsi.

Ottavio. Impertinente! (verso Rosaura) Andiamo. (a Corallina)

Corallina. Andate avanti, che vengo subito.

Ottavio. Ma fate presto. Sì, la voglio cacciar in un ritiro.

Corallina. Maritatela.

Ottavio. Con chi?

Corallina. Col signor Lelio.

Ottavio. Puh! con quella bestia? (parte)

Corallina. Chi più bestia di te! Ma presto, torniamo dal signor Lelio; e giacchè l’amica è all’oscuro, tentiamo il colpo, (parte)

SCENA IX.

Beatrice e Florindo.

Beatrice. Venite con me; non abbiate paura.

Florindo. Signora Beatrice, voi mi mettete in un brutto impegno.

Beatrice. Siete di così poco spirito?

Florindo. Dello spirito ne ho il mio bisogno, e in un incontro son giovane da sapermi guardare; ma venir in casa di uno che non mi vuole, con quel che è stato, con quel ch’è successo: non vorrei che si dicesse aver io commesso un’azione cattiva.

Beatrice. Finalmente son io che v’introduco. Potete sempre salvarvi con questa buona ragione.

Florindo. Eccomi qui: ci sono. Che speriamo noi da questa mia venuta? [p. 535 modifica]

Beatrice. Mia cugina ha necessità di parlarvi.

florindo. Dove ritrovasi?

Beatrice. Sarà nella sua camera; ma prima di condurvi da lei, aspettate ch’io vada a veder se è sola, e se vi posso introdurre senza che mio zio vi sorprenda.

Florindo. E intanto ho da restar qui esposto a chi va e chi viene?

Beatrice. Vi nasconderò in quella stanza. (accenna quella di Rosaura)

Florindo. Che camera è quella?

Beatrice. È una stanza quasi disabitata. Mio padre se ne serviva di studio; ma ora non l’adopera alcuno.

Florindo. Signora Beatrice, badamo bene a quel che si fa.

Beatrice. Sento gente. Presto, presto, entrate. (apre la porta)

Florindo. Il cielo me la mandi buona. (entra, e Beatrice chiude la porta)

Beatrice. Presto, presto, ad avvisar mia cugina. (parte)

SCENA X.

Corallina e Lelio.

Corallina. Venite con me, signor Lelio; fate quel che vi ho detto, e non dubitate.

Lelio. Il cimento è grande. Non vorrei che il signor Ottavio ed io ci ammazzassimo.

Corallina. Non vi è pericolo. Ecco la camera della signora Rosaura.

Lelio. Ah! Mi pento quasi d’esser venuto.

Corallina. Ho aperto. Entrate.

Lelio. Entrerò...

SCENA XI.

Florindo sulla porta colla spada alla mano, e detti.

Florindo. Chi è che pretende di entrar qua dentro?

Lelio. Come?

Corallina. (Oh diavolo!) (si nasconde)

Lelio. Dov’è la signora Rosaura? (a Florindo) [p. 536 modifica]

Florindo. Lo sapete voi dove sia? (a Lelio)

Lelio. Non è costì la signora Rosaura?

Florindo. Vi dico che non lo so; aspettate che vi saprò dire...
(prende il lume dal tavolino presso la porta) (Che vedo!) Sì, signore; è qui. (a Lelio)

Lelio. Giuro al cielo!

Florindo. Che c’è, padron mio?

Corallina. Entrate. (a Lelio, non veduta da Florindo)

Lelio. Sì, entrerò...

Florindo. Con sua licenza. (entra, e chiude la porta)

Corallina. Tradimenti. Tradimenti.

Lelio. Tu sei la traditrice. Tu sei l’indegna. Giuro al cielo, tu me la pagherai. (parte)

SCENA XII.

Corallina sola.

Povera me! Presto, avvisar il padrone... Ma se li trova in camera, li fa sposare; ed io, se segue un tal matrimonio, crepo dalla rabbia, e più non vedo la mia vendetta. All’arte. Ehi, signora Rosaura, uscite, presto: è qui vostro padre. (alla porta)

SCENA XIII.

Rosaura col lume sulla porta, poi Florindo, e la suddetta.

Rosaura. Oh cielo! In qual imbroglio mi trovo!

Corallina. Niente, niente. (spegne il lume a Rosaura)

Rosaura. Ma perchè?...

Florindo. Dove siete?

Corallina. (Dà una spinta a Florindo, lo caccia in camera, e vi entra ella ancora all’oscuro, e chiude la porta.)

Rosaura. Signor Florindo, Corallina: ohimè! Non sento nessuno. Mi hanno lasciata sola. Mi hanno lasciata al buio. Veggo un lume. Chi sarà mai? [p. 537 modifica]

SCENA XIV.

Ottavio col lume e la suddetta.

Ottavio. Che rumore di porte è questo? Che fai tu qui all’oscuro?

Rosaura. Niente, signore. (tremando)

Ottavio. Tu tremi? Ti confondi? Chi ha serrata quella porta? Chi è uscito per di là? Parla, confessa.

Rosaura. Ammazzatemi una volta, e levatemi da tante pene.

Ottavio. Sì, t’ammazzerò, se non parli. (caccia un coltello)

Rosaura. Aiuto.

SCENA XV.

Florindo sulla porta, e detti.

Florindo. Come!

Ottavio. Voi in quella camera?

Rosaura. (Povera me!) (da sè)

Ottavio. A me rispondete. Voi qui?

Florindo. Signor Ottavio, ci sono. Non so che dire. Ci sono, ma senza colpa. Ci sono stato condotto.

Ottavio. Chi v’ha condotto?

Florindo. Bisogna dirlo. Non posso celare la verità. Mi ha condotto la signora Beatrice.

Ottavio. Ah nipote indegna! tu me la pagherai.

Florindo. Ma voi, signora Rosaura...

Ottavio. E a che siete qui venuto?

Florindo. Caro signor Ottavio, placatevi per un momento, vi dirò tutto: son galantuomo, pronto a darvi qualunque soddisfazione. Lasciate che mi chiarisca di un fatto.

Ottavio. Che fatto? Che temerità! Che insolenza! Saranno coltellate, pistolettate: anderete fuori di questa casa morto, in pezzi, trucidato.

Florindo. Sì, tutto quel che volete. Signora Rosaura, dite la verità: non eravate voi poco fa in quella camera?

Ottavio. Tu in camera con lui? [p. 538 modifica]

Rosaura. Io non vi era. (tremando)

Florindo. In quella camera vi è una donna.

Ottavio. Una donna?

Florindo. Chi sarà mai? Vediamola.

Ottavio. Una donna?

SCENA XVI.

Corallina ed i suddetti.

Corallina. Sì, signori, ci sono io.

Ottavio. Come! Ah disgraziata!

Rosaura. Ah traditrice!

Florindo. Sfacciata! Voi là dentro?

Corallina. Ascoltatemi, signori miei, e poi ingiuriatemi, se potete; e poi ammazzatemi ancora, se vi parerà che io lo meriti.

Ottavio. Che cosa addurrai in tua discolpa? Tu là dentro con un giovinotto?

Corallina. Ecco qui, a far del bene si guadagna questo.

Ottavio. Che bene? Tu volevi far del bene al signor Florindo?

Corallina. No, signore, ho fatto del bene a voi.

Ottavio. A me?

Corallina. Sì, a voi.

Rosaura. Siete una bugiarda.

Florindo. Siete falsissima.

Corallina. Ma ascoltatemi: che siate maledetti quanti qui siete... Signora Rosaura, da fanciulla di onore qual siete, dite in pubblico, che tutti sentano, che cosa vi ho detto io un’ora fa?

Rosaura. E volete ch’io sveli tutto quel che m’avete detto?

Ottavio. Sì, parla, di’ su, confessa. (a Rosaura)

Corallina. Non vi ho persuasa a sposare il signor Florindo?

Rosaura. È vero.

Corallina. Non vi ho io mostrata la sua scrittura stracciata in pezzi?

Rosaura. È verissimo.

Corallina. Eccola qui, signor Florindo, non so che fare di voi. (getta via la scrittura stracciata) [p. 539 modifica]

Florindo. (Manco male, un impiccio di meno). (da sè)

Ottavio. (Eppure costei non ama Florindo). (da sè)

Corallina. Dite, signora Rosaura, non vi ho confidato che sperava di essere amata dal mio padrone, e ch’egli mi aveva dato delle buone speranze, e che per questo rinunziava ad ogni pretesa sopra il signor Florindo?

Rosaura. Tutto questo è la verità.

Corallina. Vi ho pur detto che io stessa avrei procurato le vostre nozze col medesimo.

Rosaura. Sì, e che voi medesima l’avreste condotto...

Corallina. Certo, io medesima l’avrei condotto prima dal signor Ottavio, pregandolo di accettarlo, e poi da voi, assicurandolo della vostra fede, e sarebbe stato il vostro caro consorte.

Rosaura. E se mio padre non avesse voluto...

Corallina. E se vostro padre non avesse voluto, l’avrei io tanto pregato, gli avrei dette tante ragioni, che spero lo avrebbe fatto. Sì, lo avrebbe fatto, perchè il mio caro padrone mi ascolta volentieri: qualche volta fa a modo mio; e sebbene mi strapazza, m’insulta e mi maledice, so poi che mi vuol bene. (vezzosa verso Ottavio)

Ottavio. (Ah, pur troppo le voglio bene!) (da sè)

Florindo. È vero tutto quello che Corallina ha detto? (a Rosaura)

Rosaura. Sì, tutto vero.

Ottavio. Ma voi, perchè in quella camera all’oscuro con quel giovinotto?

Corallina. Fu un caso, un accidente, una fortuna che io riparassi l’onor vostro e quello della vostra figliuola. Il caro signor Florindo ha qui voluto ritrovarsi colla sua diletta.

Rosaura. Ma voi non l’avete condotto... (a Corallina)

Corallina. Io? Chi vi ha condotto signor Florindo?

Florindo. L’ho detto ancora. La signora Beatrice.

Corallina. Sentite? (ad Ottavio) Io non sono capace di condur gli uomini a ritrovar le ragazze. La signora Beatrice sì che sa far la mezzana come va fatto. [p. 540 modifica]

SCENA XVII.

Beatrice ed i suddetti.

Beatrice. Io, disgraziata? (a Corallina)

Ottavio. Che cosa fate qui voi? (a Beatrice)

Beatrice. Ci sono per mio malanno.

Ottavio. Andate via di qui.

Beatrice. Così non ci fossi venuta.

Ottavio. Chi vi ha fatto venire?

Beatrice. Mia cugina ha pregato me ch’io le conducessi Florindo.

Rosaura. Ma non a quest’ora.

Corallina. Ed ella l’ha servita bene. Gliel’ha condotto in questa bella maniera.

Beatrice. Io non son capace...

Corallina. Sì, l’averà saputo che la signora Rosaura era serrata in quella camera. Se avessi commessa io una simile azione, povera me! Tutto il mondo mi sarebbe contro, ed ella se la passa con questa bella disinvoltura.

Beatrice. Voi siete una temeraria. (a Corallina)

Ottavio. Via di qui subito. (a Beatrice)

Beatrice. Come, signor zio?

Ottavio. Via di qui, dico: o giuro al cielo, farò con voi qualche risoluzione.

Beatrice. Sì, sì, anderò via; ma non son chi sono, se quell’indegna non me la paga. (parte)

Corallina. (Sì, sì, abbaia pure. Se credi con me di vendicarti, la so più lunga di te). (da sè)

Florindo. Dunque voi. Corallina, avete parlato in mio favore?

Corallina. Sì, non l’avete sentito?

Ottavio. Ma ancora non so come voi vi ritrovaste là dentro. (a Corallina)

Corallina. Dite, signora Rosaura, mentre eravate in camera serrata col signor Florindo, non sono io venuta a chiamarvi? Non vi ho detto io che usciste di là per rispetto di vostro padre?

Rosaura. Sì, è vero. [p. 541 modifica]

Corallina. Sentite, signore, se mi preme l’onore della vostra casa.

Ottavio. (È una donna di garbo). (da sè) E poi?

Corallina. Sento strepito; vengo qui; trovo il signor Lelio...

Ottavio. Anche Lelio? Anche quella collerica bestia? Che voleva? Che pretendeva?

Florindo. Sì, signore, voleva venir in camera.

Corallina. E se non era io, nascevano dei precipizii. L’ho fatto partire. Ringraziatemi, signor padrone. S’egli vi trovava, vi uccideva.

Ottavio. Io avrei ammazzato lui.

Corallina. Basta, la cosa è finita bene.

Ottavio. Ma ancora non si sa come voi vi trovaste là dentro.

Corallina. (Sia maledetto!) Lo dirò... sì, ve lo dirò... Chiamai fuori, come diceva, la signora Rosaura. Ella è venuta, e le si è spento il lume. Non è vero che il lume si è spento? (a Rosaura)

Rosaura. Sì, è vero.

Corallina. Oh! io dico sempre la verità.

Ottavio. E così?

Corallina. E così. Esce un uomo da quella camera: voglio vedere chi è; e tutto in un tempo mi sento prendere, e condur dentro. Siete stato voi che mi ha strascinata? (a Florindo)

Florindo. Io anzi ho avuta una spinta.

Corallina. E che sì che siete stata voi? (a Rosaura)

Rosaura. Io non me ne ricordo. Ero tanto confusa.

Corallina. Basta: non so dir come mi son trovata là dentro; per salvar l’onore della signora Rosaura, sono andata in pericolo di perdere il mio.

Ottavio. L’accidente è curioso. Non vorrei... Corallina, se voi ardiste burlarmi...

Corallina. Io, signore, burlarvi? Sapete pure quanta stima, quanto amore ho per voi?

Ottavio. Basta. Che cosa facciamo qui? Giacchè l’accidente ha portato... datevi la mano, sposatevi, e sarà finita.

Corallina. (Ecco un novello imbroglio). (da sè) [p. 542 modifica]

Florindo. Io per me son pronto.

Rosaura. Ed io son contentissima.

Corallina. (All’arte). (da sè)

Ottavio. Giacchè Corallina ha detto di voler far questo matrimonio...

Corallina. Signori, adesso non è tempo di farlo.

Ottavio. No? Perchè?

Corallina. Adesso è tempo di armarsi, di difendersi, di ripararsi.

Rosaura. Oimè!

Florindo. Che vi è di nuovo?

Ottavio. Ripararsi da che? Armarsi? Contro di chi?

Corallina. Il signor Lelio, partendo, partì arrabbiato, e protestò e disse che subito andava a prender armi, a trovar gente, e tornava qui, e voleva rapir la figlia, bastonar il padre, ammazzar l’amante, e tagliar la faccia alla povera cameriera.

Ottavio. Rapire? Bastonare?3 Armi, armi, presto. Spada, schioppo, pistole. Non ho paura di lui; non ho paura di cento. (parte)

Rosaura. Povera me!

Florindo. Che cosa dobbiamo fare?

Corallina. Venite con me, non abbiate paura di niente.

Florindo. Dove?

Corallina. Presto, venite con me.

Florindo. Ma ditemi dove.

Corallina. Signora Rosaura, non si fida; fatelo venir con voi.

Rosaura. Venite, caro, fidatevi. Corallina è per noi.

Florindo. Andiamo pure. Finalmente, che mai sarà?

Corallina. Non abbiate paura: son qui per voi.

Rosaura. Corallina, mi raccomando. (parte)

Florindo. Se mi burlate, ci avrete da pensare anche voi. (parte)

Corallina. Tutto mi riesce male, tutto mi va alla rovescia; ma ne farò tante, che una mi riuscirà: son donna, e tanto basta. (parte) [p. 543 modifica]

SCENA XVIII.

Sala terrena con porta di strada in fondo, ed altre porte intorno.

Ottavio armato ed Arlecchino.

Ottavio. Arlecchino.

Arlecchino. Sior. (col lume in mano)

Ottavio. Guarda un poco in istrada, se tu vedi nessuno.

Arlecchino. Caro sior padron, dispensème.

Ottavio. Hai qualche difficoltà?

Arlecchino. Sior sì, l’aria della notte no me conferisse.

Ottavio. Meno ciarle. Apri quella porta, e osserva se v’è nessuno.

Arlecchino. In verità, sior padron...

Ottavio. Aprila, dico, o ti rompo il capo.

Arlecchino. Lassème almanco dir una parola.

Ottavio. Che cosa vuoi tu dire?

Arlecchino. Se avrimo la porta, i nemici i pol vegnir drento.

Ottavio. Non ho paura di dieci. Apri quella porta.

Arlecchino. Se non avì paura, avrìla vu. Per mi gh’ho paura.

Ottavio. Ti bastonerò. (vuol dargli col bastone)

Arlecchino. Aiuto. (tremando si lascia cader il lume, e si spegne)

Ottavio. Oh maledetto!

Arlecchino. (L’è stada una politica da omo de gabinetto). (da sè)

Ottavio. Dove sei?

Arlecchino. (Oh, noi me trova più). (lo va sfuggendo)

Ottavio. Dove sei, dico?

Arlecchino. (Ho trova la scala. Vago in cusina). (parte)

Ottavio. Oh disgraziato! Mi ha lasciato qui. Non ci vedo. Trovassi almeno una porta! Farmi di sentir gente. Solo, all’oscuro, principio un poco ad aver paura. (va cercando, e trova una porta) Questa che porta è? Avrebbe da essere la camera del servitore, (tasta bene) Sì, la conosco, è quella: mi chiuderò qui dentro, e starò a vedere che cosa nasce. All’ultimo poi, ho spada da combattere, ho petto da resistere. (entra e chiude) [p. 544 modifica]

SCENA XIX.

Corallina e Trappola.

Corallina. Tornate subito dal signor Lelio vostro padrone, assicuratelo della mia sincerità, e ditegli che se si fida di me, averà in questa notte medesima la signora Rosaura nelle sue mani. (sottovoce)

Trappola. Ho paura che non vi creda: è troppo incollerito contro di voi.

Corallina. Assicuratelo ch’io non ho colpa circa l’essersi trovato il signor Florindo in camera colla padrona, ma che ciò è seguito per opera della signora Beatrice.

Trappola. Che lo voglia credere?

Corallina. Bisogna che lo creda per forza. Se avessi io condotto là il signor Florindo, per qual ragione doveva poi condurvi il signor Lelio medesimo? Voi che siete uomo ragionevole, dite se ciò può mai essere.

Trappola. Avete ragione; la cosa è chiara.

Corallina. Via dunque, andate subito, e ditegli che venga qui alla porta, o solo, o accompagnato, ch’io m’impegno dargli nelle mani sicuramente la signora Rosaura.

Trappola. Chi sa s’egli la vorrà più?

Corallina. Perchè no?

Trappola. Dopo essere stata serrata in camera con quell’altro...

Corallina. Via, via, freddure. Alle corte: se vuole, venga; se non vuole, lasci; ma fategli riflettere che questo è il punto d’avere una bella ragazza, una buona dote, e vendicarsi delle impertinenze di quel vecchiaccio del signor Ottavio.

Trappola. Gli volete bene voi al vostro padrone?

Corallina. Non si può sopportare; sono stanca, non ne voglio più. Andate subito dal signor Lelio, perchè se il tempo passa... se il padron se ne accorge...

Trappola. Dove sta ora il vostro padrone?

Corallina. Non lo sento in nessun luogo. Credo si sia serrato in camera per la paura. [p. 545 modifica]

Trappola. Paura di che?

Corallina. Presto, non perdete tempo; venite dietro di me, che vi aprirò la porta, e la lascerò socchiusa per il signor Lelio. (s’avvia)

Trappola. (Costei è precipitosa). (da sè)

Corallina. Via, andate, e tornate presto con il padrone. Fategli animo.

Trappola. Signora sì. (Il cielo ce la mandi buona). (da sè, parte)

Corallina. Animo, Corallina: se perdi questa notte, non sei più a tempo. Presto, presto, a metter all’ordine tutto quel che bisogna. Ecco la scala. (parte)

SCENA XX.

Ottavio apre la porta, ed esce un poco.

Non son crepato, perchè il cielo non ha voluto. Potea sentire di peggio? La rabbia mi divora; ma se parlo, non iscopro tutto. Bisogna fremere, bisogna soffrire. Ah maledetta! Ad indegna! Ah scellerata! Sento gente, torno a nascondermi. (entra)

SCENA XXI.

Corallina con lume e Rosaura.

Rosaura. Ma dov’è mio padre?

Corallina. Vostro padre, sia per paura, sia per vendicarsi del signor Florindo, è andato in questo punto a stabilire col signor Lelio il contratto delle vostre nozze con lui.

Rosaura. Mio padre non ha paura.

Corallina. È puntiglioso. Lo farà per impegno.

Rosaura. Possibile che mi voglia precipitare?

Corallina. Non sapete com’è fatto? Voleva anche cacciarvi in un ritiro.

Rosaura. Misera me! Che cosa mi consigliate di fare?

Corallina. Io vi consiglio sposarvi addirittura col signor Florindo.

Rosaura. Dov’è il signor Florindo? [p. 546 modifica]

Corallina. È in una camera, che aspetta di sapere la vostra risoluzione.

Rosaura. Perchè mi avete separata da lui? Ci saremmo a quest’ora tra di noi accordati.

Corallina. Io ho pensato bene a separarvi per allora. Non sapevo dove andasse a finire il fracasso... mi preme la vostra riputazione. Sposatevi, e state insieme con lui, che il cielo vi benedica.

Rosaura. Non vorrei che mio padre...

Corallina. Vostro padre è un tiranno.

Rosaura. Se mi trova, mi uccide.

Corallina. Quando sarete sposa del signor Florindo, averà finito di comandare e di far bravate. Volete che io lo vada a chiamare?

Rosaura. Perchè qui in questa sala terrena?

Corallina. Venite in questa camera; lo farò venir qui.

Rosaura. Corallina, io tremo.

Corallina. Non tremerete, no, quando vi sarà il signor Florindo.

Rosaura. Ma io...

Corallina. Or ora vi pianto, e me ne vado.

Rosaura. No, per amor del cielo.

Corallina. Dunque prendete il lume, e andate lì.

Rosaura. Vado. Cielo, aiutami. (entra in una camera)

Corallina. Questa è dentro. Presto, al signor Florindo. Lo metto in un’altra camera, gli do ad intendere che averà con lui la signora Rosaura; e invece di lei, quivi sarò io. Se verrà Lelio, entrerà lì, e passerà per Florindo, ed io qui passerò per Rosaura. (accenna la porta dov'è Ottavio) E andando via... così di notte... domani quel ch’è stato è stato. No, non vi è altra maniera che questa, per vendicarmi. Bellissima cosa! Vendicarsi e godere, è la più bella cosa del mondo. (parte per la porta della scala) [p. 547 modifica]

SCENA XXII.

Ottavio di camera, come sopra.

Rosaura è lì. Florindo ha da venir qui. E Corallina con lui. E Lelio con mia figlia. Oh che macchine! Oh che rigiri! Oh che femmina scellerata! Presto, presto; si deluda, si scopra, e poi si ammazzi. (apre la porta di Rosaura)

SCENA XXIII.

Rosaura con lume in mano, e detto.

Rosaura. Povera me! signor padre.

Ottavio. Zitto.

Rosaura. Per carità.

Ottavio. Zitto, dico.

Rosaura. Son morta.

Ottavio. Va lì dentro. (accenna la camera dov’era lui)

Rosaura. Aiuto.

Ottavio. Se tu parli, t’ammazzo.

Rosaura. Cielo, aiutami. (entra)

Ottavio. La vogliam veder bella. Scellerata! Il vecchiaccio eh? Me la pagherai. (entra dov’era Rosaura)

SCENA XXIV.

Corallina e Florindo allo scuro.

Florindo). Ma dove mi conducete?

Corallina. Venite con me, che la signora Rosaura verrà fra poco.

Florindo. Corallina, badate bene...

Corallina. Non sono capace di una mala azione.

Florindo. (In ogni caso ho armi e ho cuore da sapermi sottrar da qualunque impegno). (da sè)

Corallina. Venite qui. (lo guida verso la camera dov’era Ottavio)

Florindo. Ma dove? [p. 548 modifica]

Corallina. In una buona camera: statevi due momenti, che subito vi conduco la signora Rosaura.

Florindo. (Ecco che cosa fa l’amore. Arrisico la vita per così poco). (da sè, entra)

Corallina. E due. Vorrei che venisse il signor Lelio. Se non viene, di due cose ne farò una: Rosaura resterà lì, ed io anderò con Florindo. (parte)

SCENA XXV.

Ottavio dalla camera col lume, poi Florindo.

Ottavio. Oh che briccona! Presto, presto, fin che v’è tempo. (apre la porta di Florindo)

Florindo. Alto. (con una pistola alla mano)

Ottavio. Coll’armi alla mano?

Florindo. Alto, dico.

Ottavio. Per che cosa siete qui?

Florindo. Per isposar vostra figlia.

Ottavio. Così si sposano le canaglie, non le figliuole oneste e civili.

Florindo. Avete ragione; ma Corallina m’ha detto che la volete dare ad un altro.

Ottavio. Non v’ho detto io di darvela due ore sono?

Florindo. Corallina mi ha imbrogliato.

Ottavio. Animo, venite qui.

Florindo. Badate bene, signor Ottavio...

Ottavio. Zitto, Rosaura, fuori di lì. (chiama)

SCENA XXVI.

Rosaura e detti.

Rosaura. Ah, signor padre...

Ottavio. Presto, datevi la mano.

Rosaura. Vi prego...

Ottavio. Dagli la mano, che ti caschi la testa. (a Rosaura) [p. 549 modifica]

Rosaura. Eccola. (tremando)

Ottavio. A voi. (a Flormdo)

Florindo. Penserete poi dopo... (a Ottavio)

Ottavio. Dategliela, che siate maledetto.

Florindo. Ecco, gliela do.

Ottavio. Andate lì dentro.

Rosaura. Signore... (tremando)

Ottavio. Lì dentro, che ti scannerei. (a Rosaura)

Rosaura. Oimè. Vado. (entra)

Florindo. Ma dunque...

Ottavio. Dentro.

Florindo. Ancor io?

Ottavio. Sì, dentro.

Florindo. Colla sposa?

Ottavio. Sì, vi dico.

Florindo. Vado.

Ottavio. State lì, non parlate; se uscite, poveri voi. (chiude la porta) Ora io anderò dentro qui. Maledetta! Sì, te ne accorgerai. (entra dov’era Florindo)

SCENA XXVII.

Lelio e Trappola per la porta di strada all’oscuro; poi Arlecchino.

Lelio. Tu vuoi farmi precipitare.

Trappola. Niente, signore, si fidi di Corallina.

Lelio. Dove siamo?

Trappola. Venga meco, che ho pratica della casa. (lo prende per la mano)

Lelio. Questa notte tu mi precipiti; ma giuro al cielo, il primo a morire sarai tu stesso.

Trappola. Non dubiti, che non moriremo nessuno. (entra con Lelio per la porta della scala)

Arlecchino. Oh poveretto mi! Zente in casa. Ladri, e no se trova el padron. Tremo da tutte le bande. Se i me trova, i [p. 550 modifica] me mazza. L’è mei che me la batta fora de cà; ma se vado fora, ho paura... e se resto denter, l’è pezo. Anderò... ma se trovo zente... la zente l’è in cà. E mèi che vada. Anderò a chiamar i sbirri. Povero el me padron! L’è assassinà. Presto, i sbirri, la corte. (parte per la porta di strada)

SCENA XXVIII.

Corallina, Lelio e Trappola all’oscuro.

Corallina. Aspettate qui un momento, tanto ch’entri dalla signora Rosaura, e spenga il lume. La faccio uscire all’oscuro; ve la do nelle mani, e conducetela via.

Lelio. Parmi ancora impossibile.

Trappola. Vedrà che quel che ho detto, è la verità.

Corallina. (Apre la porta di Rosaura) Oh, il lume lo ha spento da sè. È una giovane di giudizio. Ehi, signora Rosaura. (alla porta) uscite: ecco qui il signor Florindo.

SCENA XXIX.

Florindo esce all’oscuro, e detti.

Corallina. Datemi la mano.

Florindo. (Le dà la mano senza parlare, e tiene nell’altra una pistola.)

Corallina. Signore, venite qui. (a Lelio, e lo prende per mano) Eccola. (fa che Lelio prenda per un braccio Florindo)

Florindo. (Chi diavolo è costui? Quanto pagherei un lume!) (da sè)

Corallina. Andate, andate, che il cielo vi benedica. (Ora vado anch’io da Florindo). (va alla camera di Ottavio)

Lelio. Andiamo, cara. (sottovoce)

Florindo. Questa voce non la conosco.

Corallina. (Apre la porta) Uscite, signor Florindo, ecco qui la vostra Rosaura. [p. 551 modifica]

SCENA XXX.

Ottavio col lume e pistola alla mano, e detti.

Corallina. Aiuto! (si scosta)

Lelio. Come! (vedendo Florindo)

Florindo. Indietro. (colla pistola alla mano)

Lelio. Che tradimenti!

Ottavio. Ah scellerata! ah indegna! (colla pistola contro Corallina)

Corallina. Aiuto.

SCENA XXXI.

Arlecchino e detti.

Arlecchino. Sior padron, i sbirri.

Ottavio. I sbirri? Tieni, porta via. (gli dà la pistola)

Florindo. La corte? Tenete, nascondetela, (dà la sua ad Arlecchino)

Arlecchino. Oh poveretto mi! I me menerà via mi. Salva, salva. (le nasconde)

Corallina. (Son perduta; non v’è più rimedio). (da sè)

Ottavio. Chi ha fatto venire i sbirri?

Arlecchino. Son sta mi, sior, perchè ho sentido dei ladri.

Ottavio. Presto, giacchè v’è la corte, venga, e conduca via quella scellerata.

Lelio. Sì, colei merita di essere severamente punita.

SCENA ULTIMA.

Rosaura e detti.

Rosaura. Perfida Corallina, voi mi volevate tradire.

Corallina. Sì, volevo tradirvi. Volevo darvi nelle mani del signor Lelio, togliervi per sempre a quelle del signor Florindo, unicamente per vendicarmi di lui. Son dominata dallo spirito della vendetta. Questa mi ha fatto scordare de’ miei doveri, del bene avuto dal mio padrone, e quanto potevo da lui [p. 552 modifica] sperare. Per eseguire la mia vendetta, non ho avuto ribrezzo a mettere a repentaglio l’onor suo, la sua unica figlia, e la sua vita medesima.

Ottavio. Oh indegna! Se non ci fossero i sbirri...

Corallina. Anderò io stessa a darmi nelle loro mani; mi accuserò io medesima delle mie colpe; le aggraverò anche di più per essere maggiormente rea, per meritare anche la morte. Ecco gioje, ecco danari, tutti rubati al padrone: tutti frutti delle mie frodi, dell’arte mia. Sì, son rea di tanti delitti, ognuno de’ quali mi rende odiosa, mi rende indegna di vita.

Ottavio. Ah, se non fosse sì scellerata!

Rosaura. Mi fa piangere.

Corallina. Signori, v’è nessuno di voi che mi dia un colpo, e mi tolga da tante pene? No? Anderò io nelle mani degli sbirri.

Ottavio. No, fermatevi.

Rosaura. No, Corallina, venite qua.

Lelio. Eh, lasciatela andare. Ella è causa di tutto.

Ottavio. Voi non c’entrate a parlare, e se nessuno merita esser punito, lo siete voi, che temerariamente veniste...

Lelio. Parlate bene, che giuro al cielo...

Ottavio. V’ammazzerò...

Florindo. Badate: ci sono i sbirri.

Ottavio. Avete ragione... (a Lelio)

Corallina. Tutto per causa mia! Signori, lasciatemi andare.

Ottavio. No, non voglio che tu sia punita. Lo meriti, ma non lo voglio.

Rosaura. Io per me vi perdono.

Florindo. Ed io pure,

Ottavio. Ah! non lo meriti; ma ti perdono ancor io.

Arlecchino. Vado subito a licenziar i sbirri. (parte)

Corallina. Oh cielo! Mi perdonano tutti?

Ottavio. Sì, tutti, fuori che quella bestia. (accennando Lelio)

Lelio. Sì, le perdono ancor io, animalaccio da carro.

Corallina. Mi perdonano tutti? [p. 553 modifica]

Florindo. Non avete sentito?4

Corallina. Oimè, l’allegrezza mi leva il respiro. Non merito tanto bene, non merito tanta carità. Caro signor padrone...

Ottavio. Ti perdono; ma fuori di casa mia.

Lelio. Oh cane rabbioso! (ad Ottavio)

Corallina. Ha ragione il signor Ottavio. Più non merito la sua casa, l’amor suo, la sua grazia, ti anche troppo per me un generoso perdono. Anderò in villa, dove son nata; finirò i giorni miei come merito; e mi ricorderò a mio rossore che ho perduta la mia fortuna, per essere stata una donna vendicativa.

Fine della Commedia.


Note

  1. Così nel testo. Più comunemente dorme.
  2. Ed. Zatta: tanto con isdegno.
  3. Pap. aggiunge: Ammazzare?
  4. Pap. aggiunge: tutti