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540 | ATTO TERZO |
SCENA XVII.
Beatrice ed i suddetti.
Beatrice. Io, disgraziata? (a Corallina)
Ottavio. Che cosa fate qui voi? (a Beatrice)
Beatrice. Ci sono per mio malanno.
Ottavio. Andate via di qui.
Beatrice. Così non ci fossi venuta.
Ottavio. Chi vi ha fatto venire?
Beatrice. Mia cugina ha pregato me ch’io le conducessi Florindo.
Rosaura. Ma non a quest’ora.
Corallina. Ed ella l’ha servita bene. Gliel’ha condotto in questa bella maniera.
Beatrice. Io non son capace...
Corallina. Sì, l’averà saputo che la signora Rosaura era serrata in quella camera. Se avessi commessa io una simile azione, povera me! Tutto il mondo mi sarebbe contro, ed ella se la passa con questa bella disinvoltura.
Beatrice. Voi siete una temeraria. (a Corallina)
Ottavio. Via di qui subito. (a Beatrice)
Beatrice. Come, signor zio?
Ottavio. Via di qui, dico: o giuro al cielo, farò con voi qualche risoluzione.
Beatrice. Sì, sì, anderò via; ma non son chi sono, se quell’indegna non me la paga. (parte)
Corallina. (Sì, sì, abbaia pure. Se credi con me di vendicarti, la so più lunga di te). (da sè)
Florindo. Dunque voi. Corallina, avete parlato in mio favore?
Corallina. Sì, non l’avete sentito?
Ottavio. Ma ancora non so come voi vi ritrovaste là dentro. (a Corallina)
Corallina. Dite, signora Rosaura, mentre eravate in camera serrata col signor Florindo, non sono io venuta a chiamarvi? Non vi ho detto io che usciste di là per rispetto di vostro padre?
Rosaura. Sì, è vero.