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542 | ATTO TERZO |
Florindo. Io per me son pronto.
Rosaura. Ed io son contentissima.
Corallina. (All’arte). (da sè)
Ottavio. Giacchè Corallina ha detto di voler far questo matrimonio...
Corallina. Signori, adesso non è tempo di farlo.
Ottavio. No? Perchè?
Corallina. Adesso è tempo di armarsi, di difendersi, di ripararsi.
Rosaura. Oimè!
Florindo. Che vi è di nuovo?
Ottavio. Ripararsi da che? Armarsi? Contro di chi?
Corallina. Il signor Lelio, partendo, partì arrabbiato, e protestò e disse che subito andava a prender armi, a trovar gente, e tornava qui, e voleva rapir la figlia, bastonar il padre, ammazzar l’amante, e tagliar la faccia alla povera cameriera.
Ottavio. Rapire? Bastonare?1 Armi, armi, presto. Spada, schioppo, pistole. Non ho paura di lui; non ho paura di cento. (parte)
Rosaura. Povera me!
Florindo. Che cosa dobbiamo fare?
Corallina. Venite con me, non abbiate paura di niente.
Florindo. Dove?
Corallina. Presto, venite con me.
Florindo. Ma ditemi dove.
Corallina. Signora Rosaura, non si fida; fatelo venir con voi.
Rosaura. Venite, caro, fidatevi. Corallina è per noi.
Florindo. Andiamo pure. Finalmente, che mai sarà?
Corallina. Non abbiate paura: son qui per voi.
Rosaura. Corallina, mi raccomando. (parte)
Florindo. Se mi burlate, ci avrete da pensare anche voi. (parte)
Corallina. Tutto mi riesce male, tutto mi va alla rovescia; ma ne farò tante, che una mi riuscirà: son donna, e tanto basta. (parte)
- ↑ Pap. aggiunge: Ammazzare?