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Temperamenti e qualità de’ cittadini Della popolazione e governo economico

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VICENDE POLITICHE


Questa più antica di Roma, conosce la sua antichità da Atene. Fu una delle più illustri città Italo-greche. Si [p. 100 modifica]governò per gran tempo con le leggi Ateniesi. Fu confederata [p. 101 modifica]con Romani nel tempo de’ Consoli; poi soggiacque agli [p. 102 modifica]Imperadori, ma sempre privilegiata; mantenendo le leggi [p. 103 modifica]e costumi Greci; benchè poco da quelli de’ Romani si [p. 104 modifica]ciascostassero. Caduto in parte l’Imperio Romano circa l’ [p. 105 modifica]anno 412 da Cristo nato, Viddesi travagliala da’ Goti. Circa [p. 106 modifica]gli anni 456 fu da’ Vandali assalita; ma da questi [p. 107 modifica]gagliardemente si difese. Venne poscia l’anno 490 in poter de’ Greci; [p. 108 modifica]poi de’ Heruli; poi degli Ostrogoti, che la dominarono [p. 109 modifica]sino al 537 nel qual tempo ne furono cacciati da Belisario [p. 110 modifica]valoroso Capitano greco dell’Imperatore Giustiniano. Poi [p. 111 modifica]Attila re de’ Goti la prese e la tenne sotto del suo dominio [p. 112 modifica]per anni 18; benchè sempre in guerra co’ Greci. Fu da [p. 113 modifica]Narsete ricuperata, e tornò sotto del governo de’ Greci [p. 114 modifica]imperadori; governandosi quasi a modo di repubblica, da [p. 115 modifica]un Console, o Duce: perchè si trova nelle antiche [p. 116 modifica]scritture, o Consul, o Dux. E benchè fossero venuti in [p. 117 modifica]Italia i Longobardi, chiamativi dallo stesso Narsete, per [p. 118 modifica]disgusti passati col successore di Giustiniano, Napoli da questi [p. 119 modifica]si difese: anzi avendo presa Cuma, dal Duce di Napoli [p. 120 modifica]Stefano Secondo furono discacciati nell’anno 745; e così [p. 121 modifica]per gran tempo si mantenne con maraviglia grande, [p. 122 modifica]sempre libera, sempre potente, e sempre fedele all’imperio [p. 123 modifica]Greco, governata dal suo Duce, e suoi Senatori; che in [p. 124 modifica]molte antiche scritture si trovano col nome di Consoli. La [p. 125 modifica]bellezza poi d’una cosi vaga parte d’Italia invogliò le più [p. 126 modifica]barbare nazioni di possederla; che però inondarono in [p. 127 modifica]questa nostra Campagna Felice i Saraceni; che tentarono d’ [p. 128 modifica]impadronirsi della nostra Città: strettamente l’assediarono; [p. 129 modifica]e per la Porta Ventosa v’entrarono; ma giunti alla Chiesa [p. 130 modifica]di S. Angelo a Segno, col valore del Santo Abbate Agnello [p. 131 modifica]nostro protettore, allora vivente, furono con gran stragge [p. 132 modifica]gli nemici ributtati: e fu questo attribuito a miracolo [p. 133 modifica]operato dal Santo, come più diffusamente ne daremo notizia in osservar questo luogo. [p. 134 modifica]

Nell’anno poscia 1127 terminò l’antico governo [p. 135 modifica]demoratico; benchè il Duce, e capo della repubblica fusse [p. 136 modifica]venuto confìrmato dagli Imperadori Greci; e l’ultimo Duce [p. 137 modifica]fu Sergio, settimo di questo nome, e cominciò a soggiacere alla Monarchia, ed in questo modo. [p. 138 modifica]

Ruggiero Terzo tra Normandi, e prima de i Re, avendo [p. 139 modifica]col senno e col valore cacciati dalla Sicilia i Saraceni; [p. 140 modifica]e conquistata la Puglia, il Principato di Salerno, la [p. 141 modifica]Calabria, e parte della Campagna Felice, per ridurre tutte [p. 142 modifica]queste province in un Regno, volle far sua ancora Napoli. [p. 143 modifica]Questa, conoscendosi impotente a contrastare ad un [p. 144 modifica]nemico così forte e potente, se li diede volontariamente; e [p. 145 modifica]così con l’assenso del Sommo Pontefice Innocenzo (o come [p. 146 modifica]altri vogliono) d’Anacleto Secondo s’intitolò Re della [p. 147 modifica]Sicilia: e poscia questa bella parte d’Italia, che ne stava [p. 148 modifica]in tante Province separata, unita la ridusse in Regno; e [p. 149 modifica]volle che da questa nobile città prendesse il nome: [p. 150 modifica]facendolo chiamare Regno di Napoli. E da questo si può [p. 151 modifica]ricavare, che questa era la più antica, e la più nobile città, [p. 152 modifica]che fusse in tutte le già dette province, e di questo regno se ne intitolò Re. [p. 153 modifica]

Tornato in Napoli da Palermo, col Pontefice Innocenzo II [p. 154 modifica]quì dimorò per lo spazio di due anni; e nell’anno 1130 [p. 155 modifica]principiò a crear Cavalieri nel novello Regno; e ne creò [p. 156 modifica]150. Ed in questo tempo si mutò affatto il governo [p. 157 modifica]antico nella nostra città: essendo che il novello Re lasciò in [p. 158 modifica]mano delle cittadinanze così nobile, come popolare, il [p. 159 modifica]governo economico, concernente alle cose del vivere e della [p. 160 modifica]grascia. Quel che poi apparteneva al politico, lo ritenne [p. 161 modifica]per se; creando lui giudici, governadori, ed altri [p. 162 modifica]ministri. E qui ancora principiarono i Napolitani a mutar costumi. [p. 163 modifica]

Quì è bene dare una breve notizia di tutti i Re di [p. 164 modifica]diverse nazioni, che dominarono il Regno, ed in conseguenza questa città. [p. 165 modifica]

La prima fu la Normanda, e di questa nazione vi furono quattro Re. [p. 166 modifica]

Il primo fu detto Ruggiero, che principiò a regnare col titolo di Re nell’anno 1128 o, come altri vogliono, nel 1131 [p. 167 modifica]e questo dichiarò Napoli Città Capitale del Regno; appellandolo di questo nome. [p. 168 modifica]

Successe a questo Guglielmo suo figliuolo nell’anno 1155 e questo per i suoi cattivi costumi fu detto il Malo. [p. 169 modifica]

Il terzo Re, che a Guglielmo successe, fu il suo figliuolo, chiamato similmente Guglielmo, e fu nell’anno 1167: [p. 170 modifica]questo per l’ottime sue qualità fu soprannominato il Buono.

Il quarto Re fu Tancredi, figliuolo naturale del primo Ruggiero (benchè altri vogliono nipote ) nell’anno 1188 e succedè come zio al già detto, Guglielmo il Buono, per non aver lasciato prole. Fu anco nell’anno. 1195 salutato Re Ruggiero detto il Secondo, figliuolo di Tancredi; ma questo premorì al padre; e quì si estinse la generosa linea de’ Normandi Guiscardi. E benchè avesse Tancredi lasciato quattro figliuoli, tre femmine ed un maschio, pervennero prigioni in mano d’Arrigo Svevo, che rese il detto maschio inabile alla successione con farlo castrare ed acciecare.

Successe alla nazione Normanda la Sveva, dalla quale nacquero quattro Re a dominare il Regno.

Il primo fu Arrigo Imperadore, che lo conquistò nell’anno 1195.

Successe al padre Federico suo figliuolo, detto il Secondo nell’anno 1192.

Morto Federico, entrò al dominio del regno Corrado suo primogenito nell’anno 1251 il quale, benchè se li contendesse il dominio del Regno, per opera del Sommo Pontefice, lo riacquistò a forza d’armi. Questo fu quel mostro d’empietà, che ruinò l’antiche e maravigliose mura di questa città, benchè se gli fusse resa a patti, che poi non osservò. Fece anche devastare molti bellissimi luoghi di delizie, che stavano intorno alla città. Estinto Corrado, nell’anno 1254 avvelenato per opera di Manfredi suo fratello naturale, lasciò un figliuolo unico, chiamato

[p. 171 modifica]Corradino, erede de’ suoi Regni; quale venne allevato con molta cautela dalla madre e tutrice Elisabetta. Il malizioso Manfredi mostrò sul principio di governare il regno per lo nipote; poi dandolo a credere, con modi indegni, per morto, occupò il regno; ma per la disubbidienza e poca venerazione alla Santa Chiesa, provocò a giustissimi sdegni il Santo Pontefice: per lo che Urbano IV diede l’investitura del reame delle Sicilie a Carlo d’Angiò Duca di Provenza; e morto Urbano, Clemente IV coronò Carlo e la moglie in Roma. Coronato, passò con un potente esercito nel Regno; e venuto a battaglia campale nel piano di Benevento, Manfredi rimase miseramente morto nell’anno 1265. E quì ebbe fine la linea della casa Sveva; benchè vivo fosse rimasto Corradino, giovane infelice, nato per morire per mano d’un carnefice nel pubblico mercato di Napoli.

Ecco il dominio in potere de’ Francesi della casa d’Angiò, de’ secondogeniti del Re di Francia. Di questa Casa signoreggiarono il Regno otto Re.

Il primo fu Carlo nel 1265; e questo fe’ morire crudelmente decollato nel pubblico mercato il giovane Corradino che essendo venuto a ricuperare il regno paterno, fu vinto in una battaglia campale; e cercando salvarsi con la fuga, fu fatto prigione nel castello di Asturi da i Francipani, che l’inviarono a Carlo.

Successe a questo Re il suo primogenito, similmente detto Carlo il Secondo, nell’anno 1285 ma dopo molti travagli di prigionia, e d’altro, mori questo buon Re.

Entrò a dominare Roberto terzogenito di Carlo II nell’anno 1309. Questo gran Re non ebbe che un solo maschio chiamato Carlo, al quale fu dato il titolo di Duca di Calabria. Questo premorì al padre, ed essendo stato casato, lasciò una sola figliuola, chiamata Giovanna.

Passato a miglior vita Roberto, con fama d’ottimo ed umanissimo Re, li successe la sua nipote Giovanna nell’ [p. 172 modifica]anno 1348. Questa si casò con Andrea d’Ungheria della linea del primogenito di Carlo II. Quale Andrea secondogenito del detto Re d’Ungheria (come dicono le nostre storie) fu fatto morire appiccato per ordine della moglie, la quale appresso si rimaritò e non ebbe prole.

Vivente Giovanna, Carlo Terzo di questo nome della Casa di Durazzo, discendente dagli altri figliuoli di Carlo II, nell’anno 1381 s’impadronì del regno; ed avendo fatta prigione Giovanna, la fece morire nello stesso modo col quale era morto Andrea suo primo marito.

Morto ucciso Carlo poi per opra della vecchia Regina Isabella, nell’Ungheria (del qual regno con male arti s’era egli impadronito) nel 1386 li successe il suo figliuolo Ladislao; il quale essendo fanciullo, fu molto travagliato da’ suoi nemici, che con giuste ragioni pretendevano la successione. Adulto, divenne Re valoroso, ed avendo con aspre guerre inquietata l’Italia, morì giovane, non senza sospetto di veleno. E per non avere lasciata prole, li successe la sorella Giovanna, detta la Seconda; quale entrò ni dominio del regno nel 1414. Fu di questa Regina per le sue leggerissime qualità infelicissimo il governo: essendo che si videro questa Città e regno teatri di sconcerti, e di stravaganze. Fa di continuo travagliata da guerre intestine ed estere. Da più mariti ch’ella ebbe non sortì figliuoli. Assaltata da Lodovico III d’Angiò Duca di Lorena, che molto la stringeva, s’adottò per figliuolo Alfonso Re d’Aragona e di Sicilia; dal quale fu gagliardamente soccorsa. Insospettita poi d’Alfonso, annullò per cagion d’ingratitudine l’adozione; ed in suo luogo adottò lo stesso Lodovico, dal quale ella era stata così fieramente travagliata: quale venuto in Napoli fu dichiarato successore nel regno; dove, vivendo Giovanna, si morì; e con tanto sentimento di essa Regina, che per lo cordoglio lasciò di vivere; dichiarando suo erede e successore nel regno Renato figliuolo dello stesso Lodovico. [p. 173 modifica]

Essendo morta la detta Regina nell’anno 1435 la Città e Regno furono governati da governatori lasciativi da Giovanna, e da venti uomini nobili e popolari, che venivan detti Balii: pubblicando questi governare per Renato. Ciò non piacque a molti Baroni, che stimavano il testamento della Regina non legittimamente fatto: che però nacquero fra di loro molte controversie e discordie. Alcuni volevano Renato, ed a tale effetto inviarono più nobili in Francia per indurlo all’acquisto del regno: ma trovando Renato prigione di guerra, ferono venire in regno Donna Isabella la moglie; alla quale in nome del marito Renato diedero il possesso della Città di Napoli.

Altri acclamavano il Re Alfonso d’Aragona; e per effettuare le loro brame si partirono molti Baroni a trovarlo nella Sicilia. Alfonso, desideroso di gloria, venne in regno; e con l’aiuto de’ Baroni s’impadronì di Capua. Fra queste così stravaganti vicendevolezze stiedero la Cittade ed il regno in continue guerre fra Renato ed Alfonso fino all’anno 1442, nel qual tempo Alfonso prese la Città; costringendo Renato a partirsi, restando total padrone del regno; che da un tanto gran Re fu gloriosamente governato.

Da questo ebbe principio il dominio degli Aragonesi, dalla quale nazione il regno ebbe sette Re.

Il primo, (come si disse) fu il grande Alfonso, Re quanto savio e giusto, tanto valoroso, nell’anno 1442.

Successe ad Alfonso Ferdinando suo figliuolo naturale, lasciato erede del padre nell’anno 1458.

Morto Ferdinando, pervenne il regno ad Alfonso, detto il Secondo, suo figliuolo, nell’anno 1494.

Questo Re, per la sua interessata rigidezza, essendo malvisto da’ suoi popoli, nell’aver avuto notizia che Carlo VIII Re di Francia univa un grande esercito por venire a muoverli guerra, rinunciò il regno al suo figliuolo Ferdinando, detto il Secondo; giovane d’ottimi costumi, e molto amato [p. 174 modifica]da’ popoli. Essendo stato assaltato il regno da Carlo, in brieve se ne impadronì nell’anno 1495 e lo dominò per mesi dieci e giorni ventisei. Ferdinando, cedendo alla fortuna di Carlo, dalla fortezza d’Ischia passò in Sicilia; di dove provistosi di forze, essendo da Napoli partito il nemico Carlo, fu rimesso da’ Napolitani nel dominio, nell’anno 1493, e non lo possedè se non per un anno, mesi otto e giorni quattordici: dopo de’ quali, non senza gran cordoglio de’ Napolitani passò a miglior vita.

Successe al regno Federico suo zio, perchè figliuolo di Ferdinando I, nell’anno 1496; ma questo vedendosi di poche forze, per essere il suo regno esausto; mentre travagliato veniva da due gran Regi, Lodovico XII, e Ferdinando il Cattolico, s’accordò con Lodovico passando in Francia, dove avendoli ceduto tutte le ragioni che aveva sul regno, morì più da prigioniere, che da amico. Ed in questo si estinsero i Re della linea d’Alfonso il Primo.

Rimasero le pretendenze al dominio del regno ai due Re di Spagna e di Francia. Lodovico il volea per le ragioni, che li competevano per gli Angioini, e per quelle che l’erano state cedute da Federico. Ferdinando il Cattolico per le ragioni ereditarie che gli spettavano, come erede del primo Alfonso. Alla perfine si venne fra di loro a convenzione, e si divisero il regno. Ma poco tempo andò, che i Luogotenenti dell’uno e l’altro possessore, venuti a controversia per cagion di confini, Ferdinando di Cordua detto il Gran Capitano, che governava per il Cattolico, che possedeva la metà, ne cacciò i Francesi, e restò del tutto padrone.

Lodovico II non possedè la sua metà, che per lo spazio di un anno e dieci mesi, principiando dall’anno 1501.

Il Re Cattolico ne fu assoluto padrone dall’anno 1503. Morto il detto Re, successe Giovanna sua figliuola, detta la Terza in questo regno nell’anno 1516.

Dominò sola questa gran Regina il regno di Napoli, e [p. 175 modifica]gli altri delle Spagne, per lo spazio di mesi quattordici; e poscia, unita col suo figliuolo Carlo V, procreato con Filippo Arciduca d’Austria suo marito, che in quel tempo era d’anni sedici. Essendo poi morto Massimiliano Imperadore, fu eletto Carlo all’imperio; ed avendo avuto l’investitura del Regno, ne prese il possesso, ed eccolo in mano dell’augustissima Casa d’Austria, quale finora ha dato cinque gloriosissimi e giustissimi Re: dalli quali non solo è stata mantenuta la pace nel Regno, ma in tutta Italia.

Il primo fu l’invittissimo Imperadore Carlo V nell’anno 1526.

Il secondo fu il saviissimo, e generosissimo Re Filippo, detto il Secondo, suo figliuolo, per rinuncia fattagli dal padre nell’anno 1554.

Dopo la morte del gran Filippo successe il suo figliuolo similmente detto Filippo il Terzo, Re giustissimo e di vita illibata, nell’anno 1578. Passando a miglior vita Filippo il Terzo, successe Filippo il Quarto suo primogenito, Re di somma bontà, e liberalissimo con i suoi vassalli, nell’anno 1616.

Passato in Cielo Filippo, successegli Carlo, detto il Secondo, unico suo figliuolo, nell’anno 1665 che al presente regna; ed al quale si pregano da suoi fedelissimi vassalli, per le sue gloriose e sante virtù, secoli di vita e numerosa prole.

Or questa Città da tante nazioni dominata, e cosi l’una dall’altra differente, variò sempre modo di governo. Io però dirò solo di quello che al presente si mantiene. Perchè il nostro Monarca se ne sta nelle Spagne, si governa per un Vicerè con l’assistenza del Consiglio Collaterale, che dicesi il Supremo; che si forma de’ più savii, ed esperimentati ministri, al numero di cinque, che han titolo di Reggenti della Cancelleria, e di Consiglieri a latere. Viene anche assistito dal Consiglio detto di Stato, [p. 176 modifica]nelle congiunture di guerra, ed altro spettanti a questi affari: e questo si forma da vecchi soldati, ed altri di grand’esperienza nelle cose del mondo. Vi è il Consiglio di Santa Chiara, nel quale si decidono le liti de’ parlicolari.

Vi è il Tribunale della Regia Camera, dove si trattano gli interessi e gli affari del Regal Patrimonio.

Vi è il Tribunale della Gran Corte della Vicaria; nel quale si decidono le cause civili e criminali, e tutte quelle del Regno, che qua vengono per appellazione: e da questo Tribunale della Vicaria s’appella al Tribunale del Sacro Consiglio. Vi sono altri Tribunali poi, come del Grande Almirante, nel quale sono conosciuti tutti i marinari; della Zecca, e tanti allri, de’ quali a suo luogo se ne darà piena notizia. E queste forme di Tribunali sono stali introdotti con tanta esaltezza dagli Re Aragonesi.

In questi Tribunali non si giudica, che con le leggi comuni, e municipali, che noi chiamiamo prammatiche, costituzioni, e riti, e con le consuetudini.

Questi Tribunali venivano ne’ tempi degli antichi Regi esercitati dagli Sette Ufficii del Regno, istituiti dal Re Ruggiero Primo Normando. E quelli, che questi sette officii amministravano, assistevano di continuo alla persona del Re.

Il primo era Gran Contestabile; e questo avea pensiero di tutti gli eserciti terrestri. Questo dava le paghe a’ soldati; disponeva le cose necessarie alla guerra, e puniva i delinquenti. Oggi di quest’uffizio n’è rimasto il nudo nome; nè altro ha di prerogativa, che portar lo stocco nudo nelle solenni cavalcate; facendosi il tutto da Signori Vicerè.

Il secondo è il Gran Giustiziero, il quale presiedeva alla Gran Corte della Vicaria; alla quale stava addetta la cognizione delle cause civili e criminali, ed anche delle feudali. [p. 177 modifica]Il terzo e il Grande Almirante, il quale era come Capitan Generale dell’armala navale, e milizia marittima: e riconosceva, come al presente, tutte le cause delle persone, che si esercitano nell’arte marinaresca; fuor che di quelli che servono le galee.

Il quarto era il Gran Camerlengo, il quale aveva cura di tutto il patrimonio regale.

Il quinto era il Gran Protonotario, cioè maggior Notario, Secretario del Regno. Questo ne’ parlamenti era il primo a parlare; e ricevea le risposte, conservava le regali scritture, e presiedeva al S. C.

Il sesto è il Gran Cancelliere. La di lui carica era di suggellare i regali privilegi, e scritture regali. Oggi altra autorità non ha, che sopra i Collegi dove son graduati i Dottori; così in medicina, come in legge, e Teologia; che la Cancelleria s’esercita per altri ministri. Ed oggi fa un Tribunale a parte.

Il settimo è il Gran Siniscalco, il quale era come un Maestro di Casa del Re. Aveva questi pensiero di provvedere il Palazzo regale di quanto li faceva bisogno. Aveva cura delle stalle e de’ cavalli delle regie razze, delle foreste, e delle cacce riservate al Re.

Oggi di questo otfìcio, se ne son fatti molti e sono: il montiero maggiore, che ha pensiero delle cacce; il cavallerizzo maggiore, che ha pensiero delle razze; ed il maggiordomo del palco, che ha cura del Regal Palazzo.

Or, come dissi, li son rimasti i titoli; e nelle cavalcate solenni vestono alla senatoria, con lunghi robboni di scarlatto foderati d’armellini, con le loro mozzette similmente d’armellini, con le codette pendenti, e con maestosi berrettoni di drappo cremisi bene adornati di gemme.

Vi sono anche li Tribunali Ecclesiastici, come quello dell’Arcivescovo, nel quale sono riconosciute le cause, così criminali, come civili de’Chierici; e quelle dell’ [p. 178 modifica]immunità. Quello della Nunziatura Apostolica, sono conosciute quelle de’ Frati, e gl’interessi della Camera Apostolica, nelle materie de’ spogli, de’ Vescovi e de’ beneficiali, che non sono Napolitani.

Vi è quello della fabbrica di S. Pietro, per li legati pii, non adempiti dagli eredi.

Vi è anche quello del Cappellano Maggiore, che s’estende su de’ Preti degli Castelli, e delle torri in alcuni luoghi a lui soggetti; e ne’ studenti e lettori dell’Università pubblica. Ve ne sono anche degli altri, che per brevità si tralasciano1.

Note

  1. Delle Vicende politiche discorreremo in succinto, tutti però toccando i più memonibili avvenimenti.
       I popoli dell’Italia meridionale che, fin da’ primi tempi di Roma divisi in quarantuno piccoli Stati indipendenti, abitavano le amene regioni circoscritte dai lidi de’ mari Tirreno, Ionio ed Adriatico, e che formano di presente il Reame di Napoli, senz’altro mediterraneo confine al Nord-Ovest che quello, come abbiam detto, d’una linea convenzionale, erano ì seguenti: I Sabini, gli Equi, i Volsci, i Palmensi, i Pretuziani, gli Adriani, i Peligni, i Vestini, i Marsi, i Marrucini, i Frentani, i Sanniti Pentri, i Sanniti Irpini, i Sanniti Caudini, i Caraceni, gli Ausonii, gli Aurunci, i Sidicini, i Campani, i Picentini, i Lucani, i Bruzi, i Reggini, i Locresi, i Cauloni, gli Scilletici, i Crotonesi, i Sibariti o Turii, i Sirini o Eraclesi, i Metaponlini, i Tarantini, i Cumani, i Palepolitani e Napolitani, i Posidoniati poi Pestani, i Veliensi, i Giapigi, i Calabri o Messapii, i Salentini, i Peucezii, i Dauni, e gli Appuli.
       I Romani, dopo tre secoli d’aspre guerre, spogliarono queste contrade; le sottoposero a duro servaggio, e le ridussero in uno stato di oppressione e di miseria. Ubbidirono poscia all’Impero Greco ed alle Signorie Longobarde di Capua, di Salerno e di Benevento; ingrati tempi di avvilimento, ne’ quali quegli orgogliosi dominatori introdussero sistemi ignoti, forme novelle di civile governo, ed odiosa feudalità.