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si difese: anzi avendo presa Cuma, dal Duce di Napoli

    presso constituire, ed aiutarsene a vincer quello de’ mezzi tempi. Or siffatti studi, stati per altro generali in Italia, assai prima fra noi si diffusero, e di qui uscirono i primi be’ versi latini, il primo vocabolario e le prime istituzioni accademiche per le umane lettere. L’accademia romana e la napolitana furon fondate l’una da un calabrese e l’altra da un palermitano, e principalmente la nostra accolse e poscia educò tanti dotti uomini, che ne fu celebrata per tutta Italia e fino oltremonti. E qui non si può tacere di Iacopo Sannazzaro, gentilissimo e passionato scrittore, il quale in molte poesie latine e in un poema sul parto della Vergine parve nuovo Catullo o Virgilio, lanta vi fu l’eleganza dello stile, e così bene a’ novelli concetti le antiche forme si disposarono.
       La giurisprudenza, ch’esser dovea tanta parte de’ nostri studi, non ebbe tra noi quella origine che in Lombardia. Sempre essa nasce quando il giusto e l’ordine, confortandosi di generali e temute leggi, posson prevalere all’arbitrio, e quando, per le aumentate relazioni tra gli uomini, tanto cresce la sproporzione fra le poche statuite regole e i moltiplici fatti o casi, ch’è disagevole l’applicar quelle a questi senza una qualche libera interpetrazione. Ma in Lombardia tutto ciò venne da quel rilevarsi delle classi medie e dalle fiorenti industrie, e in Napoli derivò dallo stabilimento del principato, il qual per altro non fu sì nuovo instituto, che dovesse svigorire le vecchie leggi, nè così forte, che valesse a comprimere la feudale aristocrazia. Onde ancor noi potemmo aver foro e interpetrazione di leggi; non però ci nacque bisogno, come in Lombardia, di nuova legislazione, e la giurisprudenza, quanto a forma e modo niente diversa alla lombarda, non si esercitò da prima sulle leggi romane, sì bene sulle longobardiche e sulle regie, e singolarmente sulle feudali, tanto che appresso i nostri giureconsulti furono i più dotti e riputati feudisti di tutta Europa. Vero è che il dritto romano, penetratovi sin dal principio, infine prevalse; ma fu per l’intimo pregio morale e per il filologico, non per economiche o politiche necessità. Nel tempo degli Svevi furon per il regno molti grandi e famosi giureconsulti, alcuni de’ quali, stati già ad inse-