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queste province in un Regno, volle far sua ancora Napoli.


       Entrata in Napoli, come dicemmo avanti, la filosofia del Cartesio, non passò guari che vi penetraron quelle del Gassendi, del Volfio e del Locke; ma ne’ chiostri ancora s’insegnava la scolastica e gli spiriti men corrivi alle novità teneansi contenti alla sempre cara filosofia di Platone. L’epicurea del Gassendi non fece che apparire, e la cartesiana, contraddetta e impedita qual’empia o come troppo schiva e dubbiosa, andò a poco a poco cedendo alle altre due, massime allora che la sua fisica parve strana e ipotetica per quella sopravvenuta del Newton, Sicchè que’ che non eran paghi agli antichi sistemi, alfine teneano pel Volfio o pel Locke: i manco avversi alla scolastica, alle astrazioni antologiche e al metodo deduttivo agevolmente si accostavano al primo e se ne contentavano; e coloro i quali abborrivano dalle servili deduzioni delle scuole e vagheggiavano una filosofia che meglio ritrasse dalla natura, così dell’apparente accuratezza e della sensata induzione del Locke, che di tutto quel nuovo campo della psicologia molto si compiacevano. A tale erano i nostri alla metà del secolo, e bene si potea dire che propria filosofia non avessero, Della scolastica non s’era per anco ben trionfato, e se la scienza era studiata, pur non avea ancora a suo modo investito e vivificato il pensiero e ciascuna parte di letteratura. Ma all’uopo ci soccorre quel grande e nobilissimo intelletto del Genovesi, l’uno de’più operosi filantropi di quell’età e vero redentore delle menti italiane. Dotato di largo genio filosofico, e sì che le astrazioni pareangli vane e morte se non informavano ciascun lavoro intellettivo e non venivano a corregger la vita e a regolarla, volle a un tempo rimodernar la filosofia, e farla centro e principio d’intellettuale esplicamento, e di onesto e regolato vivere cittadino. Per independente e forte ingegno, nissun filosofo veramente e’ seguitò; ma di tutti si valse, e più di quei due che allor regnavano in Napoli, e che non turbavano la sua profonda moralità e la fede alla scienza. Come innovatore del diciottesimo secolo e come vago di pronte applicazioni, volentieri aiutossi del Locke; e come idealista per genio, e nudrito non pure di greca e cristiana filosofia, ma eziandio di quella scolastica che poi volle estirpare, sì giovò soprattutto del Volfio e del costui metodo. Così il suo sistema, che poi veramante sempreppiù si ac-