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per gran tempo si mantenne con maraviglia grande, sem-

    nasteri basiliani eranvi sparsi. Quanto alla scolastica, non è già a dire quel che essa fu, e che se vane sottilità e astruserie talvolta la disviavano, in essa era accolta la più vital parte delle scienze speculative. È pur noto che presso al mezzo del dugento, ella avea già percorso il suo primo periodo, in cui quel tanto di scienza che poteasi avere non fu veramente che veste e istrumento alla teologia. Ma le opere di Aristotele, divulgatesi alfine per l’Europa cristiana, sovvennero gl’intelletti di largo sistema, e di altissime speculazioni per ogni parte dell’umano sapere. Perchè le dottrine teologiche le si potessero, come le altre scienze, assimilare, fu allora mestieri di alcun possente e singolare ingegno che le une alle altre unisse e accordasse. E Napoli diede all’occidente l’Angelo delle scuole e in lui il maggior metafisico di quelle età, come poi diedegli i più grandi filosofi del rinascimento. S. Tommaso adunque, quasi collegando due mondi, compiè l’immensa opera, e sedottesi in cima a tutta la speculazione de’ mezzi tempi. Soprattutto nella sua mirabile Somma, sposando alla rivelazione le dottrine peripatetiche ed arabe, purificate da molte idee platoniche e alessendrine, abbracciò in ben ordinato e saldo sistema tuttaquanta la teologia e fino la morale e la politica. Anche i nostri teologi tosto si diedero a seguitarlo e a comentare, se ne formò una dotta scuola di tomisti, che insieme agli scotisti empierono delle lor famose quistioni le nostre scuole e i chiostri per i tre seguenti secoli.
       Le scienze filosofiche, oltre all’esser coltivate come compagne alla teologia, furono anche disgiuntamente e per lor medesime studiate. Ma, come in tutte le altre scienze o fisiche o matematiche, in esse eran seguitate le antiche dottrine secondo le intrusioni e i comenti degli Arabi. In filosofia non è a dire che lo Stagirita era il sommo maestro, e che i nostri filosofi, non altramenti che gli altri di Europa, molto intorno alle opere di lui si logorarono. I filologici progressi del quattrocento recando le opere degli alttri antichi filosofi e singolarmente di Platone, francò in alcun modo, le lor menti dall’antico giogo, e ad alcuna critica le esercitò, di che usciron dappoi bellissimi frutti. — In poco diversi termini furon le scienze matematiche e le fisiche. Molto pure si tradusse e

     Celano — Vol. I. 16