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vare, che questa era la più antica, e la più nobile città,

    renza, nè su’ crocifissi del Pietrocola e di altri antichi maestri, cominciamo a ricordare i nostri scultori del secolo XIII in poi.
       Il primo e più chiaro che in questo tempo fiorisse fu Pietro degli Stefani, allievo di un Jacobaccio, mancato all’arte nel dechinare del secolo. Egli fu rinomato scultore di sepolcri, ed è bella prova del valor suo l’avello innalzato ad Innocenzio IV accanto la sagrestia del Duomo. Nella prima metà del secolo XIV fiorisce Masuccio II, scultore ed architetto di grandissima fama, giustamente acquistata mercè le pregevoli e copiose opere che condusse fon lo scarpello. Son sue ammirande fatiche i sepolcri innalzati a Roberto ed alle Regine Maria, Sancia, e Giovanna I, e quello di Carlo illustre in S. Chiara, e gli altri che gli appartengono de’ reali tumulati in S. Lorenzo. Andrea Ciccione e l’abate Buboccio su le orme di Masuccio scolpirono anch’essi sontuosi mausolei; ma il primo, benchè fosse facile e grandioso nel comporre, era poi duro ne’ tagli, scorretto nel disegno ed ignobile nella espressione ; gli stessi difetti ebbe il Baboccio, il quale, dotato di grande immaginativa, mirò solo a comporre opere bizzarre, difficili e popolate di figure: tali sono la porta del Duomo e quella di S, Giovanni de’ Pappacoda, il sepolcro di Errico Minutolo nella cappella di questa famiglia, e quello dì Ludovico Aldomoresco in S. Lorenzo.
       Nella prima meta del secolo XV la nostra scuola ebbe i più rari ingegni nell’arte. Il primo caposcuola di questa età fu Agnolo o Agnello del Fiore, allievo del Ciccione; egli apportò grandissimi progressi alla scoltura, e lasciò alla patria le più pregiate opere del suo scalpello nel monumento di Francesco Carafa posto allato l’altare della cappella di S. Tommaso, in S. Domenio maggiore; nel bassorilievo del S. Girolamo penitente, nella stessa chiesa; nel sepolcro di Carlo Pignatelli nella cappella di questa famiglia al Seggio di Nilo, senza menzionarne altri. Dagli ammaestramenti di del Fiore venne all’arte Giovanni Merliano da Nola, per elevarla al massimo grado di floridezza. Egli, lasciata la scoltura in legno, si addisse a quella più malagevole e più duratura del marmo, e dando sfogo all’immenso suo ingegno in un tempo in cui era in gran conto l’arte sua, arricchì con profusione le chiese della città