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Ruggiero Terzo tra Normandi, e prima de i Re, avendo
cui diam per fine i primi anni del nostro secolo, è l’età del nuovo e disimpedito pensiero; ma vogliam che non sia detto assolutamente, sì bene rispetto a quelli che lo precedono. Il pensier vecchio, non che durasse, seguitò ad esser largamente rappresentato e,
come più poteva, non restò di fare ostacolo a quello che incontro se gli rafforzava. Senonchè erano sforzi di restia decrepitezza e non altro: la signoria ed anche i favori de’ governanti eran passati all’altro, però, comunque durasse la lotta, era aperto il vantaggio del novello pensiero, e come più si avanzava nel secolo, e più cresceva.
Or chi prenda a considerare quella nostra letteratura non può non avvedersi che doppio è il suo avanzamento, e proprio quello
che più era mestieri, posto mente alle sue anteriori e più generali
condizioni. Il lungo viceregnato aveala fatta schiva e solitaria, e il nuovo secolo la recò gradatamente nel comun vivere, di che le venne insieme più agevolezza e popolarità di forme, e più giudizio e critica. Ancora, la disgiunzione in che era stata dalle altre di Europa, se le avea dato un più proprio cammino, aveala in cambio cacciati in tutti que’ danni e falli che derivan da studi troppo segregati e locali; e nell’età che scriviamo, si andò a poco a poco a quelle accostando e accomunando. Vero è che al principio del secolo ancora duravan tra noi gli antichi ordini ed eravam pure governati da vicerè; nondimeno per una tal larghezza o tolleranza che fosse ne’ reggitori, per una migliore notizia delle cose straniere, e pel lento ma non pìcciol profitto derivatoci da’ generosi sforzi di vari privati uomini, gli studi in Napoli eran più universali, e cominciati ad entrare in quella via che le altre nazioni tenevano. E poscia che Re Carlo III venne a ristorarci da tanti danni, tutta la letteratura apparve come rimodernata, ed entrò nel consorzio civile dove mai dianzi non era stata. Ma oltre a questo, fu
un altro avanzamento niente meno importante, e cagione prontissima
di molto bene. Le scienze morali, meglio che d’altro, erano state vaghe di speculazioni e di altre teoriche, e poco o mal curanti di pratica e di applicazioni civili. A tale difetto e schivezza sovvenne il nuovo secolo e le mutate condizioni. Quel tempo fu lutto vòlto alla pratica ed a sociali riforme, e tale disposizione fu