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Oppresso da domestiche sventure, travagliato nella salute il conte S... aveva spatriato da Milano, città per lui di troppe triste rimembranze, ed aveva stabilita la sua dimora in Firenze. Quivi adoperava le molte sue ricchezze per la morte del suo unico figliuolo divenutegli omai superflue, in opere di vera beneficienza. Il suo cuore generoso non trovava conforto se non asciugando una lacrima, rendendo la pace e la tranquillità ad un’infelice famiglia; e le benedizioni di tanti ritornati per lui alle speranze e alle gioje della vita erano la più bella ricompensa e la più dolce soddisfazione alla sua instancabile carità.

Dalla parte posteriore del suo vasto palazzo, che dava su di un giardino, fra le case che sorgevano dirimpetto, v’era il modesto studio di un giovane artista. Declinava a sera uno dei più bei giorni di Maggio. Solo, immobile innanzi a una tela appena sbozzata sta l’artista, collo sguardo fisso, raggiante di letizia, colla bocca sorridente. Il suo cuore batte di un palpito nuovo, accelerato; la sua mente è come assorta in un’estasi dolcissima, una commozione crescente tutto l’invade, egli vagheggia quel divino archetipo che lenta riprodur sulla tela. Già coll’accesa fantasia egli vede muovere, vede animarsi, parlare le figure che soltanto ha tracciato; ei già le vede riprodurre vivamente quei sentimenti, quegli affetti che chiude dentro di sè, egli intravede l’onore che dal suo lavoro gli [p. 2 modifica]può unire, egli osa sperare, osa anelare alla futura sua gloria!.... Gloria! nome soave e terribile che riscuote i petti generosi e gli sprona ad opere egregie! Oh potess’egli raggiungerla, potess’egli inalzarsi a così nobile altezza!....

Ma tosto il suo volto impallidisce, gli occhi gli si velano di lacrime, e dalla mano tremante gli cade il pennello. Oh bei sogni, belle illusioni, begli slanci di un’anima giovanile ed ardente, dove ne andaste? Si cacciò le mani tra i capelli, e poi nascose il volto nelle palme. Il pensiero della sua sorella malata, di sua madre languente nella miseria, il pensiero di non aver modo onde compiere il suo quadro, di non poter esser mai utile alla sua famiglia, sorsero improvvisi ad agghiacciare il suo cuore e porre lo sgomento nell’anima sua. Ogni tentativo che aveva fatto per vendere la sua opera era stato vano, nessuno aveva voluto fidarsi del primo lavoro di un giovane; colui che solo avrebbe potuto aiutarlo, colui che più che maestro gli era stato padre, non era più. Timido, sdegnoso, non conosciuto, egli non aveva trovato il mezzo di farsi una strada, di far palesi le rare doti di che il Cielo lo aveva adornato. Oh quanto sconforto occupava ora quell’anima, un istante prima ripiena di fidente baldanza!

L’ultimo raggio del sole illuminava la stanzetta dell’artista. Egli corse alla finestra, l’aprì, ed un dolce profumo si diffuse d’intorno a lui. L’aura tepida di primavera gli carezzò la fronte, gli aleggiò sui capelli, e parve a lui il bacio lieve di un genio benefico che lo confortasse in quell’istante di angoscia e di scoraggiamento, gli parve la mano carezzevole della sua Annetta, che, come sempre, soleva diffondere nel suo cuore un senso d’indefinita dolcezza. Povera Annetta! Ed egli che sperava di poterla dir presto sua; che sperava di poterle col suo lavoro [p. 3 modifica]preparare un lieto avvenire, e colla quale aveva tante volte vagheggiata una vita consolata e felice! Povera Annetta! E non poterla sposare per non aver modo di mantenerla: essa si era sacrificata per lui, ed egli con poteva compensarla del suo sacrificio!

Assorto in tali angustiosi pensieri, appoggiato al parapetto della finestra, ei non si accòrse che dal sottoposto giardino v’era chi con immoto sguardo, pieno d’affetto lo contemplava.

Era già fatto sera quando il giovane si riscosse dalle sue dolorose meditazioni. Si ricordò allora che un tentativo gli restava per recare alla sua famiglia un pronto soccorso. In un angolo della stanza v’era un quadretto rappresentante la Vergine, ch’egli aveva da poco compiuto: lo guarda, un saggio di letizia gli balena sulla fronte, lo prende e pieno di trepidanza s’affretta al palazzo di un ricco signore che gli aveva dato speranza di comprare quel suo lavoro.