Novelle cinesi tolte dal Lung-Tu-Kung-Ngan/Novella I
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Traduzione dal cinese di Carlo Puini (1872)
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I.
LA MOGLIE DEL BACCELLIERE
Racconto e dico come nel distretto di Kuei-ceu-tao, territorio di Ceng-fan-fu, c’era una volta un Sieu-zai, o vogliam dir baccelliere, chiamato Ting Yuo-ciung, il quale usava spesso recarsi a studiare nella libreria del convento di Ngan-fu; ove con un certo bonzo, o frate buddista, per nome Sing-hui, aveva stretta tal dimestichezza, che da mattina a sera con esso amichevolmente si intratteneva.
Ora avvenne un giorno, che questo Sing-hui andossene alla casa di Yuo-ciung per pigliar consiglio con lui intorno a certo affare: ma il caso volle che il baccelliere, per sue bisogne, ne fosse uscito allora allora. Sua moglie Teng-sci, che aveva sempre udito ripetere dal marito, com’egli molto si tenesse obbligato all’amico suo Sing-hui, perchè nel tempo ch’ei passava al convento fra i libri e gli studi, questi lo regalava di cibo e buon vino, credè far l’obbligo suo andandogli incontro con liete accoglienze ed invitandolo a refocillarsi d’un po’ di riso. Ma come il bonzo ebbe vista la donna, che bella era di persona, di portamento leggiadro, gentile e còlta nel favellare, ne fu subito preso in cuor suo perdutamente.
Passati alcuni giorni, Yuo-ciung andò di nuovo pei suoi studi al convento, ove si trattenne per più d’un mese senza pensar di tornarsene a casa. Allora Sing-hui còlto il destro, per secondare le sue brame, immaginò all’uopo un acconcio disegno. Guadagnatosi con danaro due religiosi del Tao, e nascosto il vero esser loro sotto le mentite spoglie di due portantini, fece loro intendere ciò che avessero a fare, e gli inviò a Teng-sci. Arrivati costoro in sul mezzodì alla casa di lei, le dissero: madonna, il vostro signore attendendo allo studio nella libreria del convento, tant’oltre andò nello affaticarsi lo spirito, che fu còlto da un improvviso malore, sì ch’ei ne rimase come morto. In vero le cure e l’assistenza di fra Sing-hui lo hanno riavuto un poco; ma assai prostrato giace in letto, e in tale stato, che pende fra la vita e la morte. Ora egli ci ha qua mandati a prender madonna, e dice d’aver cose importanti a comunicarle. — Mio Dio! esclamò Teng-sci, perchè non ha egli noleggiato una lettiga, e non si è fatto riportare a casa? — A che i pretesi portantini replicarono: i venerabili fratelli del convento volevano appunto farlo ricondurre a casa in lettiga; ma trattandosi di dover percorrere una decina di li,1 hanno temuto che per istrada, l’aria e l’intemperie non facessero aggravare il suo stato: e se il male di nuovo lo colpisse, certo sarebbe difficile salvarlo. Meglio è che madonna venga da sè stessa a vederlo, e quando gli sarà vicina, giudicherà se sia più conveniente ricondurlo a casa, o lasciarlo dov’è. In quanto a curarlo, crediamo che un’amorosa persona che gli stia dappresso sia il medico più conveniente al malato. — Come Teng-sci ebbe ciò udito, senza por tempo in mezzo, salì in portantina e si pose in cammino.
Il cielo imbruniva, quando arrivarono all’eremitaggio; e condotta che l’ebbero direttamente alla foresteria del convento2, ella vi trovò delle vivande imbandite, che il bonzo aveva appositamente apparecchiate per cenar con lei. Onde la donna quivi giunta, subito domandò a coloro che la conducevano: in qual luogo sta egli il mio signore? Fate, vi prego, ch’io vada a vederlo. — Allora Sing-hui fattolesi innanzi, le disse: madonna, una brigata di amici venne ad invitare vostro marito, ed egli se n’andò con loro a prender bel tempo al convento nuovo, che è fuor della città. Appena qualcuno venne ad avvisarmi che gli era sopravvenuto male, io subito corsi a vederlo, ma per buona sorte lo trovai che già riposava tranquillamente. Se voi aveste in animo di andarlo a trovare, riflettete che da qui a dove egli ora si trova, vi son ben cinque li di strada da fare, e voi vedete che il cielo incomincia già a farsi buio. Molto meglio sarà che vi adattiate a rimaner qui, sicchè vi riposerete un poco, e domani all’alba ripartirete: se però v’aggrada ripartire questa sera, date agio ai portantini di ristorarsi alquanto. Intanto anco madonna potrà sedersi a mensa, e poi, accompagnata da uomini con lanterne, riprendere il cammino. — Tali parole fecero nascere dei sospetti in cuore a Teng-sci, ma non avendo ella troppi partiti da scegliere, bevve qualche tazza di vino, e poi di nuovo sollecitò che i portantini fosser pronti a partire. — Questi benedetti portantini, disse allora Sing-hui, non volendo viaggiare di notte, se ne sono andati ciascuno a casa loro. Madonna non si travagli invano perciò, mangi e beva largamente e a suo bell’agio. — Ma poichè ella si ricusava, Sing-hui ordinò ad uno che li serviva a tavola, d’insistere presso di lei con bel garbo. Quando il vino incominciava a destare qualche allegria, si fece l’ora di accendere i lumi, andare alla meditazione della sera e poi a letto. Entrata Teng-sci nella camera degli ospiti, che le era destinata, volgendo gli occhi attorno vide, al chiarore della lampada, coperte di seta, tappeti ricamati, cortine di velo, guanciali a fiori, tutto insomma bello ed elegante; ma d’ogni intorno regnava tal cupo silenzio, che ella si sentì stringere il cuore di paura, onde se ne andò a letto tenendo acceso il lume e cinte le vesti. Però per quanto ella facesse, stava in tanta ansietà e sospetto, che non le fu possibile prender sonno fino al suono della campana, che annunziava l’ora della meditazione notturna.
Finito l’ufficio, e come tempo gli parve, Sing-hui pian piano s’introdusse nella camera di Teng-sci, e rasentando il muro, avvicinatosi al letto di lei, la prese stretta nelle sue braccia. La donna allora spaventata si diede a gridare al ladro, all’assassino; ma il bonzo senza turbarsi le disse: quando, anche gridaste fino a giorno, nessuno certo verrebbe a prender il ladro. Io misi in opera per voi ogni sorta di astuzie e strattagemmi, e arrivai al desiderato momento a cui ora son giunto; perchè già nell’altra vita passata questo amore fu stabilito irrevocabilmente dal destino. Che vi gioverebbe dunque cozzar col fato? — Selvatico bonzo, gli rispose la donna, come puoi senza vergogna così operare? Io preferisco la morte, piuttosto che ricevere onta da te. — E il bonzo a lei: madonna, se voi di buon grado vorrete per questa notte secondare il mio desiderio, io domani vi condurrò da vostro marito; ma se voi non avete compassione di me, io ho stabilito d’usar la forza, e il vostro destino poi sarà d’essere seppellita in luogo d’immondizie, d’onde, come voi ben sapete, mai più non si ritorna a vita sotto qualsiasi forma. — Gridando ed imprecando al frate, Teng-sci avviluppatasi nei propri panni, per qualche tempo si schermì dalle violenze di Sing-hui; ma alla fine costui, strappatole a forza le vesti di dosso e legatele le mani e i piedi, fece di lei ogni sua voglia.
Il domani a giorno chiaro il bonzo si levò, e volta la parola a Teng-sci: ora, le disse, che voi siete caduta, mercè le mie insidie, in mio potere, e che la cosa è giunta oggimai a questo termine, voi dovreste radervi il capo e farvi frate; così standovene nascosta nel convento, di cibo, di vesti e d’ogni bisognevole mai non avreste difetto. Vostro marito d’altra parte, se ritornaste a lui, vi terrebbe in dispregio, come se nella notte scorsa aveste agito di vostra spontanea volontà. Anche un altro partito io potrei suggerirvi: ecco qui laccio, ferro, veleno; scegliete, e morite come più vi aggrada. — Teng-sci, pensando al vituperio che la sua persona aveva sofferto, e come, morta ch’ella fosse, giammai in eterno non sarebbe venuto il giorno di vedere il marito e vendicare l’onta ricevuta, nulla stimò meglio che reprimere in sè il dispetto, sopportare il disonore, e, dato che le si fosse modo di vendetta, vendicata morire. Per la qual cosa, a secondare questo suo disegno, si tolse i donneschi adornamenti e si acconciò alla foggia d’un bonzo.
Passato oltre un mese, Ting Yuo-ciung venne al convento a far visita a Sing-hui. Teng-sci udita che ebbe la voce del marito, si slanciò innanzi ed uscì ad incontrarlo. Sing-hui subito le corse dietro, mentre Yuo-ciung, entrando, faceva a sua moglie profonde riverenze. La donna allora piangendo: ohimè, esclamò, signor mio, non mi riconoscete voi dunque? Guardatemi in viso; io son qui, violentata e sedotta dalle male arti di questo bonzo, giorno e notte ansiosamente aspettando che voi veniste a salvarmi. — Avvampò d’ira il baccelliere, e agguantato pel collare Sing-hui gli si strinse addosso. Or mentre qui si abbaruffavano, alle grida del bonzo accorsero tutti i frati del convento, e afferrato Yuo-ciung lo legarono. Allora Sing-hui, tratto un pugnale, era sul punto di ucciderlo: quando Teng-sci gli si serrò addosso per istrapargli l’arma di mano, gridando: a me prima la morte, e poi ucciderai mio marito.
Il bonzo, frenandosi, ripose il pugnale, trascinò la donna entro la stanza vicina e ve la chiuse; e poi di nuovo uscì per uccidere il baccelliere. Questi allora, rivoltosi al bonzo, così gli disse: hai coperto d’obbrobrio una moglie, ed ora sei per togliere la vita al marito! Giunto ch’io sia dinanzi al giudice delle anime, certo non ti risparmierò. Se vuoi uccidermi, fa ch’io rivegga almeno una volta la mia donna, e che una medesima morte ci unisca. — A cui Sing-hui replicò: morto voi, Teng-sci non avendo più dove rivolgere le sue speranze, diverrà mia per tutta la vita. Che andate voi supponendo ch’ella desideri morire con voi? — E il baccelliere: ebbene, poichè tutto io devo soffrire, non ostinarti almeno a voler trafiggere e mutilare il mio corpo, ma lasciami da me stesso morire3. — Questo io posso concedervi, riprese il bonzo, non fosse altro, per guadagnarmi qualche merito nell’altra vita. Appunto qui dietro alla chiesa v’è una gran campana; con quella vi coprirò, e stando là sotto, da voi stesso morrete.
E così fu fatto.
D’allora in poi Teng-sci passava i giorni e le notti piangendo, e pregando Kuan-yin, la madre della misericordia, per impetrare da lei che qualcuno venisse a salvarle il marito. Ora egli avvenne che, dopo tre giorni dall’accaduto, Pao-kung, l’integerrimo giudice, si mettesse in giro a perlustrare quelle terre. E una notte, dormendo, vide la dea Kuan-yin che lo conduceva presso il convento di Ngan-fu fino alla chiesa, a vedere un drago nero accovacciato. A prima giunta non vi pose mente, ma arrivato a sognar tre volte, per tre notti di seguito, il sogno stesso, dubbio e stupore lo prese; onde fatta allestire una lettiga da viaggio, senza frapporre indugio, prese la via verso il convento di Ngan-fu per vedere se nulla fosse, o che fosse. Ei vi giunse in su l’ora che i bonzi erano a ufficio: ed osservando, vide dietro la chiesa una gran campana. Ordinò subito a’ suoi uomini che la sollevassero, per veder sotto se nulla v’era, e subito vide un uomo che per fame era sul punto di morire. Conobbe ch’ei doveva essere la vittima di qualche soperchieria, e immediatamente, procuratosi qualche alimento liquido, a poco a poco glielo fece ingoiare. Come il povero uomo si fu alquanto riavuto, prese a dire: Sing-hui il bonzo, poichè ebbe fatta ingiuria alla mia donna, le tagliò i capelli, le fece vestire l’abito da frate, e pose me sotto a questa campana. — Allora il giudice dette ordine che si prendesse Sing-hui: il prenderlo e il condurlo fu l’affare di un momento; ma in ogni luogo invano si cercò la donna, onde Pao-kung ordinò che per ogni dove più accuratamente la si tornasse a cercare. Allora si osservò che il pavimento dell’edifizio solo fra i due muri di un andito era di legno: il sergente del giudice, fatto tôr via l’assìto, scoprì una botola e una scala a piuoli che menava sotterra. Sceso giù per quella scala, si ritrovò egli in un sotterraneo, e al lume della lampada che aveva accesa, gli apparve un frate novizio che stava ranicchiato in un canto. Il sergente lo fece salire, e lo menò dinanzi al giudice: e questo novizio era appunto Teng-sci. Veduto che ebbe il marito già libero, e Sing-hui in potere della giustizia, la donna si fece a narrare la lunga serie di seduzioni e d’insidie, il suo arrivo al convento, l’onta a forza sofferta, la causa per la quale ella consentì a vestire l’abito di bonzo, e come poi riconoscesse alla voce e rivedesse il marito, e i giorni e le notti passate in pianti e preghiere; tutto insomma a parte a parte chiaramente narrò. Sing-hui ridotto a non poter nulla negare, battendo a terra la fronte, disse: con rassegnazione vado incontro alla morte che i miei delitti mi meritarono; ma deh! fatemi grazia dei colpi di bastone. — Il giudice immediatamente, pronunziando la sentenza, così parlò:
Considerando come qualmente il licenzioso bonzo Sing-hui ha colmata la misura delle nequizie, per modo che, stretta amicizia con messer Ting Yuo-ciung, cercava, ingannandolo con liete accoglienze, metterlo fuori della buona strada; e come, vista la leggiadria e la bellezza di Teng-sci, moglie del detto messere, pose in opera ogni sorta d’astuzie, di male arti e d’impedimenti per trattenere il marito al convento; e tenendo lui sempre d’occhio, alla donna fece violenza e sfregio nella persona, costringendola anche a vestire l’abito di bonzo e a stare insieme coi frati novizii; come poi, capitato Yuo-ciung al convento, e Teng-sci uditane la voce, ei poterono rivedersi: ma mentre ancora fra il pianto e la gioia poche affettuose parole non erano finite di profferire, tutti i frati si fecero addosso a Yuo-ciung per ucciderlo di pugnale, ed egli, chiedendo in grazia che gli lasciassero intatto il corpo, ottenne di esser posto sotto una gran campana; come poi seguì che io, commosso dall’essermi per tre notti sognato un drago nero sepolto, venni a questo convento, e fatta sollevar la campana, vi trovai sotto Ting Yuo-ciung, che sfinito per cinque giorni di fame, da imminente pericolo di morte potè tuttavia risorgere a vita; e come, certo perchè la giustizia avesse fortunatamente il suo pieno corso, fu anche ritrovata Teng-sci, la quale con una prossima morte esemplare metterà un termine ai suoi giorni;
Considerando tutto ciò, decretiamo:
Questa congregazione di frati sia sciolta. Sing-hui, come reo di aver trafugato l’altrui moglie, e di aver sotterrato un uomo vivente, abbia, senza remissione, mozza la testa, che verrà poi sospesa in una gabbia ad un palo. Tutti i frati, come complici dello stesso delitto, siano deportati nella più remota fortezza di confine, in dura e perpetua schiavitù dell’esercito.
Pronunziata la sentenza si procede alla esecuzione. Sing-hui ebbe, a pubblico esempio, la testa tagliata; ed i frati, suoi complici, furono tutti deportati. Pao-kung quindi voltosi a Teng-sci, le disse in tuono di rimprovero: voi, contaminata come oramai siete, dovreste di conseguenza subire qui sul fatto la morte; così, lavata dal corpo una tal macchia, il vostro nome sarebbe ritornato in onore, ne voi sareste più causa a vostro marito di nuovi guai, come quello d’essere sepolto vivo sotto una campana. Se io non avessi avuta la visione di Kuan-yin apparsami in sogno, e non fossi corso a salvarlo, non sarebbe egli per cagion vostra morto di fame?
A cui Teng-sci rispose: se io rimasi fino ad ora in vita, egli è perchè, facendo altrimenti, mio marito non si sarebbe mai vendicato dell’ingiuria fattagli da questo bonzo. Meditare la vendetta, vedere il marito e morire, sol questo io volli. Ora che egli è già salvo, e il colpevole, secondo giustizia, punito; ora che la mia persona soggiacque al disonore, onde piena di vergogna non oserei più comparire dinanzi agli uomini, la mia morte è decisa. — In così dire lanciatasi contro a una colonna, s’infranse il capo, e col suo sangue, che scorreva a rivi, allagò il terreno. Pao-kung ordinò di subito che le si apprestasse soccorso, e con acconci rimedi si vedesse di farla rinvenire dallo svenimento che pel sangue sparso le era sopravvenuto. Ritornatala da morte a vita, il giudice indirizzando la parola a Yuo-ciung, gli disse: prestate fede alle parole di vostra moglie, la quale, se non era trattenuta e soccorsa, rimaneva vittima del suo leale procedere. Essa aspettò, per essere vendicata, e il suo generoso proposito appare manifesto, ora che volonterosa da sè stessa si dava la morte. Voi dunque ripigliatevela come buona e cara moglie in casa vostra. — A cui il baccelliere rispose: io veramente da principio aveva forte sospetto che fosse falso quel suo dire di essere rimasta in vita solo per meditare una lontana vendetta; ma come la vidi andar baldanzosa incontro alla morte, ben conobbi che in lei non cadeva il vituperio d’aver salvata col disonore la vita; e per fare che ella ritornasse a questo mondo, avrei voluto separarmene io stesso in eterno. Ora che per buona sorte il suo tentativo andò fallito, io non solo la tratterò come ho fatto per lo addietro, ma mi chiamerò fortunato, se potrò ricongiungermi a lei in una seconda vita.
Yuo-ciung e Teng-sci, reverentemente e con molti ringraziamenti salutato il giudice, se ne tornarono a casa; e come vi furono giunti, fatta scolpire in legno la venerabile effigie di Pao-kung, mattina e sera non eran tardi nel venerarla.
Con l’andare del tempo Yuo-ciung fu promosso ai diversi gradi letterari; e nella magistratura arrivò fino ad essere Tung-ci, ossia sotto-prefetto. Quel che poi avvenisse di loro, a noi non ne rimane memoria.
Note
- ↑ [p. 28 modifica]Li misura itineraria di trecento sessanta passi, un decimo di Lega Francese.
- ↑ [p. 28 modifica]Letteralm. Il luogo della rugiada dell’abitazione dei frati: ma crediamo che il carattere corrispondente a rugiada stia per un altro, che invece darebbe questo senso: il luogo della purificazione, o della disciplina, o della prova.
- ↑ [p. 28 modifica]È opinione dei buddisti che il morire col corpo mutilato, o lacerato da ferite, sia impedimento alla trasmigrazione.