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Serie seconda Indice e sommario

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NOTA

A) Considerazioni intorno ai Discorsi del Machiavelli. — I. L’autografo e la nostra edizione. — II. L’edizione Canestrini. — III. Lezioni del primo testo rifiutate dall’autore.

B) Discorsi politici. — I. La nostra edizione e l’edizione Canestrini. — II. Lezioni del primo testo rifiutate dall’autore per i Discorsi I-IV, VI-XIV e XVI. — III. Il Discorso V. — IV. Il Discorso XV. — V. Frammenti di Discorsi.

C) Scritti minori.

D) Ricordi. — I. La nostra edizione. — II. L’ipotesi di una piú antica redazione. — III. Varianti del testo. — IV. Tavole di raffronto.

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A)

I. — Le Considerazioni intorno ai Discorsi del Machiavelli sulla prima Deca di Tito Livio si conservano, autografe, nella Filza IX delle Carte di Francesco Guicciardini (archivio Guicciardini).

Nel manoscritto i capitoli sono numerati tutti di seguito, nonostante la partizione in Libri, che vi è pure segnalata. È da notare che questo sistema non ha riscontro nelle prime edizioni dei Discorsi; così la Bladiana come la Giuntina ricominciano la numerazione ad ogni Libro. Né si può pensare che il Guicciardini abbia voluto semplicemente dare un numero progressivo ai suoi paragrafi: i molti salti, corrispondenti ai capitoli lasciati senza commento, dimostrano che egli intese di adottare la numerazione del Machiavelli. D’altra parte le Considerazioni furono composte certamente tra la fine del 1529 e i primi mesi del 1530 (lo dimostra la forma dell’accenno alla venuta del principe di Oranges — v. p. 19), e perciò anteriormente alla stampa dei Discorsi. Bisogna concluderne che il Guicciardini lavorò sopra un manoscritto nel quale la numerazione dei capitoli era progressiva per tutti i Libri.

Ma dal ragguaglio fra le due numerazioni resultano anche diverse sconcordanze; e cioè il capitolo 39 del Machiavelli è segnato dal Guicciardini 38; il 40, 39; il 58, 57; il 60, 59. E dal 60 continua fino alla fine lo spostamento di un numero. Lasciamo ai machiavellisti il piccolo problema; se cioè si tratti di errori del Nostro, o se per avventura qualche redazione dei Discorsi potesse presentare varianti di questo genere.

Le Considerazioni del Guicciardini rimasero, come tutti sanno, incompiute; ma egli aveva tracciato lo schema di tutta l’opera, segnando i numeri dei capitoli che si proponeva di commentare, [p. 340 modifica]e lasciando, a seguito di ciascuno, una o piú pagine in bianco. Diamo qui questi numeri, ridotti a quelli dei Discorsi stampati:

Libro primo — Capp. 17, 18, 35, 36.
Libro secondo — Capp. 2, 4, 16, 17, 18, 21, 32.
Libro terzo — Capp. 6, 13, 21, 22, 27, 34, 36, 37, 38.

Nella nostra edizione abbiamo seguito il sistema, giá adottato dal Canestrini, di far precedere ad ogni capitolo, per maggiore intelligenza del testo, il titolo del corrispondente capitolo dei Discorsi. Per questi titoli abbiamo seguito la lezione dell’edizione Mazzoni e Casella1.

II. — Dei difetti dell’edizione Canestrini abbiamo giá ampiamente discorso nei volumi precedenti. Ci limitiamo pertanto a segnalare alcuni dei piú gravi errori che s’incontrano nel testo delle Considerazioni:

p. 4 (del nostro testo): Can., tanto — Guicciardini, tamen
» 6 Can., e che opprimono — G., e deprimono
» 7 Can., bisogna attrarre — G., bisogna a trarre
» 8 Can., mistizia — G., mistura
» 12 Can., autoritá particulare — G., autoritá o cura particulare
» 14 Can., sanza conciare — G., sanza communicare
» 19 Can., inumanissimi — G., immanissimi
» 26 Can., quelli della parte — G., quella parte
» 28 Can., restarono così combattendo — G. restarono così potenti combattendo
» 29 Can., Flaminio Quinto — G., Tito Quinzio
» 30 Can., parato — G., partito
» 31 Can., via — G., ira
» 33 Can., discordia — G., differenzia
» 40 Can., creare — G., servire
» 45 Can., accuratissimi — G., amantissimi
» 50 Can., siano — G., furno
» 52 Can., tenti — G., temi
» 62 Can., sarebbe — G., farebbe
» 63 Can., cittá — G., vita
» »   Can., genti — G., grazie
» 64 Can., decemvirale — G., decennale

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III. — Delle Considerazioni abbiamo un solo manoscritto, autografo. Daremo perciò, dove esso presenta correzioni, la primitiva lezione, sempre che non si tratti di differenze puramente ortografiche e senza importanza sostanziale né stilistica.

Lezioni del primo testo rifiutate dall’autore.

(Con T. — Testo — si indica la lezione definitiva; con V. — Variante — la lezione originaria rifiutata).

p. 5 — T, si governano — V, si espediscono
— T, in una persona cattiva — V, in una persona cattiva o imprudente
p. 6 — T, ed essendo onorati hanno manco — V, ed hanno manco
p. 7 — T, a trarre di questa — V, a avere di questa
p. 9 — T, assolutamente, perché... rare volte, aggiunsono — V, assolutamente, aggiunsono
p. 11 — T, sotto e’re non noceva — V, sotto e’re importava manco
— T, chi non ha perizia — V, chi non ha notizia
p. 12 — T, autoritá o cura particolare — V, autoritá particolare
p. 13 — T, tra nobili e plebei; e per necessitá... dell’altro. — V, tra nobili e plebei
— T, era misto non plebeo — V, era misto non mero
p. 15 — T, di poca importanzia — V, di poco danno
— T, molte cose che erano male disposte — V, molte cose necessarie che erano male considerate
p. 16 — T, come si può provedere che — V, come si può provedere che la moltitudine non dica quello sente
p. 21 — T, piú facilmente — V, meglio
Il cap. XI comincia col seguente passo canc.: El discorso è bellissimo perché in ogni republica e regno è necessaria la religione, sanza la quale non è civilitá alcuna in una cittá, ma si può chiamare spelonca di ladroni
p. 22 — T, popolo ancora ferocissimo — V, popolo ancora bellicosissimo e ferocissimo
— T, a cavare — V, a cercare
p. 23 — T, la Chiesa; anzi... libertá, né — V, la Chiesa; né
p. 24 — T, libertá avendo... tirannide, e — V, libertá, e
p. 26 — T, quella parte che può manco — V, tutti quelli che pare loro potere manco
p. 28 — Il cap. XXIII comincia col seguente passo canc.: Non poco è da dire in questo Discorso; e, venendo alla conclusione prima, per la quale si repruova la deliberazione degli albani e romani...

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p. 29 — T, credo sia cosa — V, credo sia caso
p. 31 — T, giusta da uno... vittoria, di avere — V, giusta, di avere
p. 32 — T, che domini — V, che governi
p. 33 — T, che non furono e’ romani — V, che e’ romani
p. 34 — T, piú moderata la grandezza — V, piú moderata la potenzia
p. 35 — T, o offendendogli — V, o battendogli
— T, E prima quanto — Segue canc.: a remunerare sono poche e rare le remunerazione de’ populí, e’ quali se bene non peccano in questo forse per conto della avarizia, ma per uno certo instinto loro, non ci peccano anche e’ principi quanto dice el Discorso, perché hanno infinite occasione di remunerare gli uomini sanza toccare la borsa sua, e di cose ancora che non ritengono in sé, ma son soliti dare a altri
— T, se poco ci pecca — V, se non molto ci pecca
— T, preallegate, di... servito, sono — V, preallegate, sono
— T, e’ magistrati, che — V, gli onori, che
p. 37 — T, Non serve ancora al — V, Manco ancora serve al
— T, da invidia e da ignoranzia — V, da invidia
p. 39 — T, facilitá come... romani, el secondo — V, facilitá, el secondo
p. 40 — T, lo esemplo di Terentillo — V, lo esemplo de’ romani
p. 42 — T, Non accetto giá che in questo — V, Non accetto giá che etiam in questo caso
p. 44 — T, la constanzia — V, la stabilitá
— T, è assomigliata — V, fu assomigliata
— T, sanza alcuna regola — V, sanza alcuna regola certa
p. 46 — T, se ne’ popoli è — V, se in uno populo è
— T, cinquanta anni — V, cento anni
p. 51 — T, suo (e questo... Ferrando). È differenzia — V, suo. È differenzia
p. 53 — T, Né mi muove — V, è vero
p. 54 — T, ombra di confederazione — V, ombra di lega
— T, occasione di conseguire — V, occasione di acquistare
p. 55 — T, accrescere la irresoluzione — V, causare la irresoluzione
p. 56 — T, è reprensibile — V, è reprensibile come perniziosa
— T, a ogni vicino — V, a ogni debole vicino
— T, republica disarmata — V, cittá disarmata
p. 57 — T, perché la esperienzia ha scoperte — V, perchè la nuova etá ha cognosciute
p. 58 — T, si possono guardare manco — V, si guardano manco
p. 60 — T, potentissimi ed in... colonie; giudicorono — V, potentissimi, giudicarono
p. 62 — T, o vogliamo dire piacevolezza — V, o piacevolezza
p. 63 — T, Dico però che... perché la severitá — V, Dico però che presupponendo che el timore nasca dalla severitá, parlando noi... male presupporre el timore sanza lo amore, perché, quando la severitá è accompagnata dalla giustizia, la severitá

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B)

I. — I sedici Discorsi politici che il Canestrini pubblicò nel primo volume delle Opere inedite, ristampiamo qui tutti, ad eccezione del XV, che ci sembra da considerare piuttosto una minuta di parere o di lettera che un discorso. Perciò il Discorso XV della nostra edizione corrisponde al XVI del Canestrini. Infine, come giá avvertimmo nel precedente volume2, abbiamo dato posto qui a quel VI Discorso che il Canestrini pubblicò nel II delle Opere.

L’autografo dei Discorsi I, II, VIII-XIV si trova nella Filza VIII delle Carte di F. G., quello del III, IV e VI nella Filza XV, quello del VII nella Filza X; dei Discorsi V e XV parleremo separatamente.

Per l’ordine di questi Discorsi abbiamo seguito il Canestrini, che si è fondato sugli avvenimenti ai quali si riferiscono e non sulla data di compilazione; perché questa data non può accertarsi se non di alcuni, l’ordine dei componimenti nelle singole filze avendo un valore molto relativo, dato che il Guicciardini aveva l’abitudine di ricopiare anche piú di una volta, le sue scritture.

Una data sicura si ha soltanto per i Discorsi seguenti: III, 1512; IV, 1513; V e VI, 1512.

Nell’edizione di questi Discorsi, il Canestrini trascurò l’introduzione del Discorso XIII, che fu pubblicata la prima volta nel suo Inventario dal Ridolfi, il quale peraltro omise le due ultime parole: «con Cesare».

Degli errori del Canestrini ci limitiamo a segnalare alcuni dei piú gravi: pure che per pare che (p. 95); nelle guerre... nello essersi per né le guerre... né lo essersi (p. 121); farebbe per sarebbe (p. 127); segreto per seguito (p. 134); sia questa per si apra (p, 143); in certezza per in consequenzia (p. 148); ruina per nuova (p. 160); esausti per asciutti (p. 162); crederò per cederò (p. 183); Lione per Giove (p. 206); perverebbe per servirebbe (p. 244).

[p. 344 modifica] II. — Di tutti questi Discorsi, ad eccezione del V e del XV, dei quali parleremo piú oltre, non abbiamo che un solo manoscritto autografo. Daremo perciò le correzioni dell’autore, secondo il metodo consueto.

Lezioni del primo testo rifiutate dall’autore.

p. 69 — T, romani, innanzi... Sforza, ricercava — V, romani, ricercava (Le parole sotto titulo... Sforza sono aggiunte a parte, senza segno di richiamo)
p. 70 — T, ancora che... piaccia — V, ancora che la non gli sia bene piana
— T, e l’altro. E tanto piú che... stato nostro. Lo può — V, e l’altro. Lo può
p. 71 — T, della vergogna, di che... metterá drento. E se mi sará — V, della vergogna. E se mi sará
— T, e che mentre... amicizia seco — V, e se pure vorrá amicizia seco
— T, danari, ed... incerta, e però — V, danari, e però
p. 72 — T, non sia utile — V, non sia savio
— T, pronostico — V, giudicio
— T, andare con la misura di quello — V, avvertire a quello
— T, fare uno savio quanto con la misura del — V, fare chi ha a deliberare, quanto misurare
— T, che prudenzia. Non sono... gli altri. Non vedemo — V, che prudenzia. Non vedemo
p. 73 — T, disporsi a averci — V, consentire a metterci
— T, piú caldo che prima — V, piú caldo che mai
— T, E certo — V, Però
— T, imminenti, ed el carico... debbiamo pensare quanto — V, imminenti, e quanto
— T, a noi; trattare... el nostro; essere — V, a noi; essere
p. 74 — T, con questa regola — V, con questa misura
— T, di avere la pace — V, di conservare la pace
— T, non la arebbe mai — V, non la cognoscerebbe mai
— T, Però meritano... republiche — V, Però io lodo quelle cittá
— T, manco biasimate quelle che — V, manco biasimo coloro che
— T, temere piú che bisogni la guerra — V, temere piú che si convenga e’ pericoli della guerra
— T, minacciano la guerra — V, mostrano la guerra
p. 75 — T, o per sospetto — V, o per paura
— T, col re de’ romani — V, con lo imperadore

— T, in Italia a’ danni nostri. — Segue canc.: perché questo è uno [p. 345 modifica]partito che gli porta seco tanta spesa e pericoli che se non è totalmente pazzo non lo piglierá mai, se non per necessitá. Principalmente è necessario che lui gli dia quantitá grandissima di danari, perché quello re è, come sapete, povero e prodigo, e sará bisogno che el re di Francia lo armi e proveda di tutto; di poi ha a pensare che se la impresa gli riesce, e Massimiano si faccia padrone di quella parte dello stato nostro che gli toccherá secondo le loro capitulazione, che ará uno vicino di chi ará piú da temere che di noi, sí per le inimicizie naturale che sono tra loro, che vi sono note, le quali si possono impiastrare a tempo per qualche interesse comune, ma non giá spegnere e calcellare

— T, a Italia, e per... Sforza, sanza — V, a Italia, sanza
— T, sará piú facile... non è ora — V, si unirá molto piú facilmente alle imprese di Italia che non fa ora
p. 76 — T, se lo vedessi — V, a vederlo
— T, sempre di fare — V, sempre volere fare
— T, difficultá, la quale... detto; e per la medesima — V, difficultá, e per la medesima
— T, el conveniente. E chi... spesso. Né — V, el conveniente. Nè
p. 77 — T, abbiamo avuti molti — V, ci siano presentati molti
— T, gli stati sotto nome... parte, e poi — V, gli stati col favore di coloro che sono amati, e poi
p. 78 — T, per assicurarsi dalla — V, per difendersi dalla
p. 79 — T, difficultá che sono tra loro; né — V, difficultá; né
— T, difficultá, né si lasciare... potente. In effetto — difficultá. In effetto
p. 80 — T, somma grande — V, somma infinita
p. 82 — T, saranno in Italia — V, vanno in Italia
— T, che si hanno... E se allora — V, che si ebbono a decidere col pericolo di uno fatto di arme, nel quale tempo se
— T, la vittoria di Ravenna — V, la giornata di Ravenna
p. 85 — T, sanza questa sicurtá — sanza la sicurtá di Navarra
— T, franzese; e... ’spugnano. Queste — V, franzese. Queste
— T, vel circa e... forte, e di — V, vel circa, e di
p. 86 — T, vettovaglie, né... grande; potria — V, vettovaglie; potria
p. 87 — T, è spesso fallace — V, è fallace
— T, benché questo — V, ma questo
p. 88 — T, ed in questo mezzo potranno — V, insino al quale tempo potranno
p. 89 — T, li sprona andarle investigando — V, vanno investigando
— T, dallo aprile proxime passato — V, dal maggio passato
p. 90 — T, insino a Roma — V, insino in sulle porte di Roma
— T, in tanta autoritá V, in tanta reputazione
p. 91 — T, nel ducato — V, nello stato
p. 97 — T, duenna — V, donna

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p. 97 — T, contenti di avere — V, contenti avendo
p. 98 — T, colli argomenti — V, colle ragione
p. 99 — T, di molta facilitá — V, di poca difficultá
p. 100 — T, mille cavalli — V, mille lancie
p. 101 — T, si consumorono — V, perderono
p. 103 — T, del regno di Navarra — V, delle cose di Navarra
p. 107 — Subito dopo il primo testo del Discorso V, si trova il seguente inizio di un Discorso «In contrario»: Se io non fussi certo quanta sia grande, signore Gran Capitano, la vostra prudenzia, io non risponderei a quello che è stato detto, perchè io conosco che le ragione allegate sono piú capace a chi non è savio, che quelle che io ho a dire, e che a chi considera solo la superficie delle cose piacerebbe assai piú la andata vostra in Italia che lo stare qui. Ma io parlerò con animo gagliardo, perché io so molto bene che chi [ha] a fare questa deliberazione è tanto savio che considererá ne’ fondamenti...
— T, di gran momento — V, di qualche momento
p. 108 — T, grandi e di grandi — V, grandi, di poi di grandi
— T, Grecia al suo signore, avendo — V, Grecia, avendo
p. 110 — T, el iudicio de’ prudenti — V, la opinione de’ prudenti
p. 111 — T, el re nuovo — V, el re di Francia
p. 113 — T, fede, e massime... vettovaglie. Porsi — V, fede. Porsi
p. 120 — T, guerra che si cominciò — V, guerra cominciata
— T, 1523 del mese di agosto, fu — V, 1523, fu
— T, ordinata una contribuzione — V, ordinata nuova contribuzione
p. 121 — T, per tôrre autoritá l’uno all’altro — V, per sbattere l’uno l’altro
— T, perché, oltre... danni, una — V, perché una
— T, oscurerebbe — V, indebolirebbe
— T, passino — V, siano per passare
— T, Italia, come... affermano; el secondo — V, Italia; el secondo
— T, non passino — V, non siano per passare
— T, non credo si faccia dubio — V, io per me non veggo dubio
— T, questo accidente — V, questo caso
— T, e’ legisti — V, e’ notai
— T, questo articolo, ed in ogni maneggio — V, questo passo ed in ogni azione
— T, E questa difficultá... Caracciolo, e da — V, Abbiamo tra le altre difficultá allegato sempre prima... Caracciolo questa ragione, e da
p. 122 — T, siano per passare, restano — V, voglino passare, quando così sia, restano
— T, magnifico della constanzia — V, magnifico della fede e della constanzia
— T, senato, e del conto... avversitá, che — V, senato, che
— T, pretermettere — V, perdere

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p. 122 — T, entra in corpo — V, viene in corpo
p. 123 — T, e cognosciuto — V, hanno provato
— T, terrá per civetta nello stato — V, terrá nello stato
p. 124 — T, facilmente di morte... qualche morte — V, facilmente o dare occasione di coprire qualche morte
— T, piú, si grossa... posta; e loro — V, piú; e loro
— T, soccorrere le reliquie — V, mantenere le reliquie
p. 125 — T, In che io tengo — V, In che io per le medesime ragione dello onore e dello utile tengo
— T, se bene fussimo certi — V, se bene siamo certi
p. 126 — T, quelli, la vittoria di chi ci è utile, e fare — V, quelli che ci sono amici, e fare
p. 127 — T, gran fatto — V, gran cosa
— T, consumino questi altri — Segue canc.: e considerate, vi priego, prudentissimi senatori, in che difficultá le cose si reduchino ed in che tristo grado per noi se e’ franzesi passino e noi siamo uniti con li im- periali
p. 128 — T, esaminarla bene — V, esaminarla diligentemente
— T, merita essere laudato ed invitato — V, merita laude
— T, E perché... occorrono — V, Dua sono a iudicio mio e’ punti principali che occorrono
— T, è una, considerare se — V, el primo se
— T, Milano, io... che io concorro — V, el secondo se continuando noi nella amicizia sua, s’ha a sperare questo effetto, e se questa continuazione ci porta pericolo. Circa el primo io concorro
p. 129 — T, ardito di fare — Segue canc., con poche varianti formali, il passo riportato poco dopo: e la faranno manco ora che per la guerra passata ecc.
— T, alla impresa di Napoli — V, a questa impresa
p. 130 — T, o per accordo universale — V, o per accordo
p. 131 — T, Dunche l’avergli in Milano sará — V, Però l’avergli per vicini sará
— T, accordarci con Cesare — V, collegarci con Cesare
p. 132 — T, difficultá presente e può in futuro essere — V, difficultá e può essere
p. 133 — T, el contrario, io presto — V, el contrario , come questo anno medesimo hanno fatto molte volte, io presto
— T, è piú da temere che — V, è piú facile che
— T, altra difficultá, e questo V, altra difficultá incognita a noi, e questo
p. 134 — T, a’ frangenti — V, agli accidenti
— T, sicurtá nostra V, difesa nostra
— T, ed in consequenzia di riducere V, nella via di riducere.
p. 135 — T, è pericolo che alla fine non — V, è pericolo non

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p. 136 — T, in si grandi viluppi — V, in tanti viluppi
— T, rimettere le deliberazione — V, lasciare le deliberazione
p. 137 — T, lo odio e controversie antiche — V, lo odio antico
— T, lo accordare con lui — V, lo accordo con Cesare
— T, commodo tornare a opprimerci — V, commodo opprimerci
— T, che di evento fortuito — V, che nel caso di cose fortuite
p. 138 — T, sperando che pure la fortuna — V, sperando che pure el mare
— T, che non sará poi... datogli facultá — V, che non sará se accordiamo di presente e gli diamo
— T, suoi tornerá... la guerra — V, suoi quando poi con... tornerá a farci la guerra
— T, in Italia; ed a questo — V, in Italia quando volessimo; ed a questo
p. 139 — T, piú oltre e’ franzesi — V, piú oltre e’ franzesi, vedendolo ringagliardito in Italia
— T, al passare ed... da noi, si raffredderanno — V, al passare, si raffredderanno
— T, di valersi; dove — V, di valersi in compagnia; dove
p. 141 — T, di quella unione — V, di quello accordo
p. 143 — T, sapienzia loro anticipare — V, sapienzia loro pigliare le arme e anticipare
— T, perduto in Vicentino lo esercito — V, perduto lo esercito
— T, che... non abbiamo manco cosa alcuna — V, che non ci sia per mancarci
p. 145 — T, pericolosa, che la... averla con molestia — V, pericolosa, per non l’avere a altro tempo con molestia
p. 145 — T, grande per la astuzia loro, per la virtú — V, grande per la virtú
p. 147 — T, preso el Morone — V, tolto el Morone
— T, mala nuova — V, pessima nuova
— T, possi essere tale — V, sia tale
p. 148 — T, assicurarsi, massime... presente. E’ baroni — V, assicurarsi. E’ baroni
— T, liberazione del re — V, recuperazione del re
— T, vanitá, ed... percosse, da’quali — V, vanitá, da’ quali
— T, le demostrazione, — V, le demostrazione ed io lo tengo per certo
— T, fatto, massime... impresa; e quello — V, fatto; e quello
p. 151 — T, delle nostre cittá — V, delle nostre terre
p. 153 — T, le cose sue — V, le cose loro
— T, sanza difficultá — V, sanza fastidio e difficultà
— T, qualche avversitá — V, qualche avversitá e difficultá
— T, con molestia — V, con molestia e fastidio
— T, che sia, può — V, che sia, attesa la varietá delle cose del mondo, può

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p. 153 — T, è necessitato — V, bisogna
p. 154 — T, a stare — V, a non fare
— T, ed in termini pari — V, ed in tale caso
— T, la Chiesa, ed in Firenze, pretende — V, la Chiesa, pretende
p. 155 — T, o simulata — V, o falsa
p. 156 — T, fussino ridotte — V, saranno ridotte
p. 157 — T, smembrarti, e forse... Bonifazio. Pure — V, smembrarti. Pure
— T, a lui ed a’ suoi, che è — V, a lui, che è
p. 158 — T, in questo caso fussi — V, nel primo caso fussi
— T, male per la speranza — V, male con speranza
p. 161 — T, evento necessario — V, caso necessario
p. 162 — Il Discorso incomincia col passo seguente canc.: Io non mi estenderò, Beatissimo Padre, in ricordare quanto sia importante la presente deliberazione, perché assai è noto a ognuno che da questa depende la degnitá, lo stato e la salute di Vostra Santitá e di questa santa Sedia, la quale da grandissimo tempo in qua non fu forse mai in maggiore onde che è al presente; ma dico bene che avendo quella facultá di concludere lo accordo con Cesare con le condizione che essa medesima ha dimandate, bisogna che chi consiglia el temporeggiarsi lo faccia, o perché giudichi che ritornandosi alle arme sia utile lo stare neutrale, usando piú lo officio del pontefice e padre commune che del principe, o perché conforti l’aderirsi in questo caso alla parte franzese, presupponendo che abbino piú facilitá nel vincere o che la vittoria loro ti sia di piú beneficio. Ogni altra ragione che gli inducessi a questo consiglio sarebbe vana, perché, se alla fine tu hai a unirti con Cesare, meglio è farlo ora che avendo lui causa di dubitare che non gli sia mossa guerra te n’ará grado, che differirla a tempo che, se per sorte restassi sicuro che questi romori franzesi andassino in fummo, stimerebbe poco la amicizia tua, come fatta per necessitá; meglio è resolversene di presente, perché la resoluzione tua sará per avventura causa che e’ franzesi non suscitino nuova guerra, che volere con la tua dilazione dare occasione che si turbi di nuovo el mondo e venga forse in pericolo quella parte alla quale Tua Santitá si sará aderita. Chi vuole adunche persuadere che ora si faccia la capitulazione con Cesare, che la neutralitá o che ogni accordo si possi fare con franzesi etiam quando si vedessino gli animi loro piú accesi alle cose di Italia che non si mostrano di presente...
— T, non dico che e’ ricordi — V, non solo che e’ consigli
p. 163 — T, offesigli col lasciare... munizione, col consentire el transito — V, offesigli col consentire el passo
— T, Siena, se fussi... neutrale, non — V, Siena, non
— T, Cesare, e della... apostolica, e non — V, Cesare, e non
— T, di querela e di sospetto, che — V, di querela che
— T, hanno procurata — V, hanno fatta

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p. 164 — T, buona intelligenzia — V, buona amicizia
— T, assai conveniente — V, assai tollerabile
— T, la gente — V, lo esercito
p. 165 — T, che era in Milano — V, che era in casa
— T, re di Francia, con tutta... regno, fará poca paura — V, re di Francia, fará poca paura la riputazione di uno duca
— T, dove si può avere — V, dove s’ha
— T, fare piú fondamento — V, fare piú fondamento che del duca di Urbino
— T, siano tali — V, sia tale
— T, cuore di affermarlo. — Segue canc.: Dio voglia che le opere rieschino alla speranza che voi n’avete
p. 166 — T, in quanto a l’altro, ed ogni... una insidia; in modo che — V, in quanto a l’altro; in modo che
p. 167 — T, suo re — V, suo signore
— T, forse se fussino — V, sono in casa loro, che se fussino
— T, cinque o sei[mila] — V, sei o ottomila
— T, molti fanti — V, infiniti fanti
— T, vi sono assai — V, vi sono molti
p. 168 — T, alle forze — V, all’esercito (corr. su alla gente)
— T, cinquemila persone — V, cinquemila uomini
— T, Milano e Cremona,... Alessandria sono — V, Milano, Lodi, Cremona e Pavia sono
— T, feciono a’ franzesi nello assedio — V, feciono nello assedio
— T, allo scoperto ed a’ travagli, sará — V, allo scoperto, sará
— T, vi è una parte — V, vi è uno esercito
p. 169 — T, fare questo, di... alle mani; che — V, fare questo, come fece l’ammiraglio l’anno che venne a Milano; che
— T, e molto piú — V, e peggio
— T, imbarcati di uno mese o di dua, il che sará facilmente, el non volere — V, intaccati di uno mese o di dua, el non volere
— T, gli fará stare — V, gli alletterá a stare
— T, occorrono, e piú... uno solo. Però — V, occorrono. Però
p. 170 — T, dependono da tanti — V, dependono da molti
— T, si inganna grossamente — V, si inganna facilmente
— T, con tutti e’ principi cristiani — V, con lutti e’ cristiani
— T, cristiani. Sentirete... regno suo. Dove è — V, cristiani. Dove è
— T, impresa di qua assai — V, impresa assai
p. 171 — T, uno principe — V, uno capitano
— T, alla quale dovevano essere inimici — V, la quale dovevano fuggire
— T, infiniti uomini — V, mille uomini
— T, aspettava — V, si aspettavano
p. 172 — T, a precipitare. — Segue canc.: È adunche questa impresa sanza fondamento, sanza speranza; solo ci resta vedere se è sí necessaria quanto Beatissimo Padre dicono costoro che vi vogliono precipitare.

[p. 351 modifica]

p. 172 — T, a discrezione, ma ancora — V, a discrezione, ma ancora lo aiutino
— T, in Spagna — V, in Spagna offerendo
— T, esecuzione, e massime... Italia, aranno — V, esecuzione aranno p. 174 — T, è piú verisimile — V, è da credere
p. 176 — T, ragione che dia speranza — V, ragione che possa permettere
p. 178 — L’autore ricominciò due volte questo Discorso coi due esordi seguenti, entrambi cancellati: 1. Né io, Beatissimo Padre, loderò le deliberazione passate perchè non meritano essere laudate, né le riprenderò perchè è tardi; ma quando accadessi el parlarne, non arebbe a mio giudicio a essere ripresa Vostra Santitá di non essere stata neutrale, ma perché scopertamente non avessi procurato che le cose di Italia si riducessino a quello grado che era minore male, cioè che el re di Francia stessi a Milano, lo imperadore a Napoli; il che poi che non è fatto e che siamo ridutti in luogo... — 2. Io non voglio parlare delle deliberazione passate perchè è tardi, ma quando pure fussi constretto a parlarne, crederrei che piú facilmente si potessi riprendere el non avere vostra Santitá dato favore a’ franzesi per lo acquisto dello stato di Milano, perché era beneficio della Chiesa essere piú presto in mezzo di dua re, che vedere tutta Italia in mano di uno che...
— T, ma piú presto di non avere — V, ma di non avere
— T, venuto in avversitá — V, venuto in difficultá
p. 179 — T, si sforzi contro alle difficultá — V, vinca le difficultá
— T, è manco male fare — V, è meglio fare
— T, e con pericolo — V, e pericolose
— T, essendo articulo — V, essendo cosa
— T, privati nello essere suo, cercare — V, privati cercare
— T, quale io veggo che pretende — V, quale pretende
— T, assoluta autoritá — V, piena autoritá
p. 180 — T, el mondo ragionevolmente — V, el mondo debitamente
p. 181 — T, di colui che resterá in grado che — V, di quello che resterá sicuro che
p. 182 — T, piene di contempto, di fraude — V, piene di fraude
— T, desiderano torgli lo stato — V, desiderano lo stato
— T, ridicula dire... voluntá sua, massime — V, ridicula, massime
— T, el medesimo, e nelle — V, el medesimo, e nelle pratiche che hanno tenuto
— T, ruinare Vostra Santitá — V, ruinare Vostra Santitá, perché io voglia parlare reverentemente di uno tanto re, come si debbe fare di ogni principe grande

— T, con somma reverenzia, né voglio... contradire, perché sono occulti — V, con somma reverenzia. Ma Vostra Santitá che è allevata negli stati sa che la grandezza non sta troppo bene con la conscienzia, e può [p. 352 modifica]facilmente essere uno principe buono in quanto principe, ma difficilmente buono uomo, e piú difficilmente frenare lo appetito di crescere la sua grandezza, perché questo è l’idolo che si propongono e’ grandi, sono occulti

p. 183 — T, nazione cristiane dagli — V, nazione dagli
— T, e’ costumi de’ quali — V, e’ consigli de’ quali
— T, tra loro, io non lo... ma non sarebbe — V, tra loro, non sarebbe
— T, il che per la medesima ragione non — V, il che non
— T, a che potrebbe fare concorrere — V, a che fará concorrere
p. 184 — T, laudabile. Non sará... autoritá spirituale. E quando — V, laudabile. E quando
p. 185 — T, assicurarsi secondo la occasione in tutto — V, assicurarsi in tutto
— T, agli imperadori — V, ai principi (a’ re)
— T, arme che non tagliano — V, arme spirituale
— T, Dunche non potete — V, Però non potete
p. 186 — T, ma etiam quando — V, ma etiam forse quando
— T, sia dubia, difficile — V, sia difficile
p. 187 — T, non sono giá piú — V, non sono forse piú
— T, sono forse manco — V, sono al certo manco
— T, per la freddezza — V, per la freddezza del signor Prospero
p. 188 — T, quattromila fanti — V, quattromila uomini
— T, collegati italiani per — V, collegati per
p. 189 — T, a riscontro di costoro — V, a petto a costoro
— T, Pavia e Alessandria, non — V, Pavia, non
— T, tenere tutte sará per — V, tenere sará forse per
— T, imparate — V, note
— T, se Cesare, — V, se Cesare vorrá soccorrere
p. 190 — T, a turbarsi — V, a muoversi
— T, abbandoni o raffreddi... in Lombardia — V, abbandoni Lombardia
— T, non si possono giudicare — V, non si possono giudicare, la causa, se questo importa, è giustissima, cioè la libertá della Chiesa e degli altri
— T, né hanno nome — V, meritano nome
p. 191 — T, che di Cesare — V, che de’ cesarei
p. 192 — T, lo moverá — V, gli premerá
— T, che lasciare correre le cose di Cesare — V, che aspettare Cesare in Italia
— T, si ritirerebbe in Francia — V, si ritirerebbe a Vinegia o in Francia
— T, se è in fatis... ruinare — V, se le cose di Italia hanno a ruinare
p. 193 — T, non la vendino di nuovo. Sono — V, non la vendino. Sono
p. 194 — T, vorrá malignare — V, vorrebbe malignare
— T, della pace, e con... la guerra; e’quali — V, della pace; e’ quali

[p. 353 modifica]

p. 116 — T, non si debbe sperare. Veggo bene... voluntá; sanza che — V, non si può sperare; sanza che
— T, se vostra Santitá, di che Dio la guardi, lo — V, se Vostra Santità lo
— T, ma bisognerá confesserá — V, e confesserá
— T, gli sia cascato. — Segue canc.: e gli mancherá quella satisfazione che possono averse e’ principi nelle avversitá, perché sendo e’ principati come tutte le altre cose umane subiette alla fortuna, non è in potestá de’ principi sempre el non gli perdere, sono escusati e s’ha loro compassione se ritengono quello che è in loro potestá, cioè lo animo e la virilitá, nel quale caso può essere infelice el fine loro, ma no né giá disonorevole
p. 195 — T, laude, come... potette. Vostra Santitá — V, laude. Vostra Santitá
— T, che la vita — V, che vivere
p. 196 — T, che agitur — V, che giuoca
— T, dignitá sua. Ricordisi... la guerra è partito. — V, dignitá sua. È partito
— T, molto pericoloso — V, pericolosissimo
— T, se di potere sostenere — V, se potrá sostenere
p. 197 — T, accordi seco. Ed a... difendersi ora. Ma — V, accordi seco. Ma
p. 212 — T, sempre l’animo suo — V, sempre l’animo suo e come ha fatto sempre in altro tempo
— T, la veritá che è stato el principio donde — V, la veritá donde
p. 213 — T, e proibito... entrare — V, né lasciato entrare
p. 214 — T, e’ passati suoi — V, e’ passati suoi, la memoria del tempo che quella era stata in Firenze con tanta affezione e dimestichezza di tutti voi
— T, cittá che ogni ingiuria, e — V, cittá e
p. 215 — T, per rendere lo stato — V, per rimettere lo stato
— T, avessi piú presto — V, avessi più presto volontariamente a rimettersi
— T, sarebbono salve — V, sarebbono intere
p. 216 — T, reggimento, e... santa, acquistare — V, reggimento, acquistare
p. 217 — T, riscaldano el papa — V, stimolano el papa
p. 219 — T, ma di poi pigliare... savi, non — V, ma di poi fare prudentemente le provisione umane, non
— T, toccare con mano ognuno — V, essere capace ognuno

III. — Del Discorso V esistono due redazioni, entrambe autografe; la prima conservata nella Filza XII, la seconda nella Filza XV. Il testo fu cosí dall’autore sottoposto a una duplice revisione (sebbene la seconda redazione non presenti che pochissime correzioni), della quale diamo qui una documentazione completa. [p. 354 modifica]

Lezioni del primo e secondo testo rifiutate dall'autore.

(Con C indichiamo il testo definitivo quale resulta dalle ultime correzioni, con B la seconda redazione, con A il primo manoscritto. Quando si contrappone C e B, s’intende che la lezione di A è uguale a quella di B; quando si citano B ed A, s’intende che il passo in B non ha correzioni.)

p. 104 — II testo incomincia in B col passo seguente canc.: Coloro soli vi consiglieranno a non accettare questa espedizione che sono invidiosi della fama vostra, overo quegli a chi piú piace uno brutto riposo che le faccende gloriose. Noi possiamo dire arditamente voi essere el maggiore capitano che abbi visto la nostra etá
— B, cose dubie — A, cose acute e suttile
— B, antichi scrittori — A, antichi filosofi
— B, la altezza del re vi abbi tenuto — A, la maestá del re vi tenessi
p. 105 — B, avendo sua altezza — A, avendo el re
— B, si mostra quanta... da voi — A, si mostra non solamente in essere virtuosissimo, ma ancora quanta comparazione sia da voi
— B, azione grande, a espedizione preclare — A, azione grande dove sogliono acquiescere gli animi degli uomini generosi, a vittorie preclare
— B, danno, ed e’ quali se voi vincesti — A, danno, chi può dubitare che se voi gli vincesti
— C, migliore che allora — B, migliore che non eri allora
— B, virtú. E benché... la paura. E se non — A, virtù. Né temo che la si muti, come è qualche volta suo costume, perchè la mutazione sua suole poco nuocere a’ savi, ed in ogni caso se chi può pigliare una impresa da riuscirne ragionevolmente bene, la lasciassi per paura della fortuna, non si troverebbe fatta alcuna cosa grande; e si debbe in questo caso avere maggiore animo quanto è piú giusta la impresa che l’uomo comincia; ed io non so quale impresa è piú giusta che pigliare le arme in defensione della Chiesa, in defensione della unione della sposa di Cristo e contro agli eretici e scismatici. E se non
p. 116 — B, la gloria acquistata da voi insino a oggi — A, la gloria vostra
— C, la fama vostra — B, el nome vostro
— B, el nome vostro si regge — A, le cose vostre si reggono
— C, recusando — B, rifiutando
— C, el brutto ocio — B, la brutta quiete
— B, in Castiglia come suddito. — Segue in A l’inizio del Discorso «in contrario» riportato a p.

IV. — Anche del Discorso XV si hanno due redazioni: la prima, autografa, conservata nella Filza IX, la seconda, copia del [p. 355 modifica] segretario, con correzioni autografe dell’autore, conservata nella Filza XVII. Daremo le necessarie varianti del testo con lo stesso sistema adottato per il Discorso V.

p. 198 — C, e’ savi che... uomini, ma — B, e’ savi che a laudare o riprendere le deliberazione degli uomini non si debbi (A, debbe) considerare gli effetti che ne sono succeduti (A, che ne succedono), ma
— C, perchè la esperienzia ha mostro spesso — B, perché si è veduto spesso
— B, e pel contrario in... prudenzia — A, e pel contrario molti essere stati accompagnati piú dalla felicitá che dalla prudenzia
— B, del re — A, di Francesco re
— B, di tutta Italia — A, di Italia
— C, fare conclusione... fussi imprudente — B, fare giudicio che el pigliare la (A, questa) impresa della guerra (della guerra manca in A) fussi deliberazione imprudente
— C, dallo evento — B, dallo effetto
p. 199 — C, per acquistare — B, per recuperare
— C, o almanco non sia... e che cessando — B, o almanco non vede certa la perdita, e cessando
— C, dua fondamenti, sia tutta — B, due cose è tutta
— B, l’officio d’ogni principe — A, el debito del principe
— C, Dio, da chi ha ricevuto tanto beneficio; curare — B, Dio; curare
— A, Dio, da chi ha avuto tanto beneficio; curare
— C, sudditi, per interesse... in tanta — B, popoli, per interesse... in tanta — A, popoli, per utilitá de’ quali non per interesse suo proprio è stato posto in tanta
— C, gli è concesso pigliare — B, è scusato quando piglia
— C, perché è... tollerare — B, perché se gli conviene forse piú tollerare
— B, cosa tanto calamitosa — A, le quali sono tanto calamitose
— B, allora si mostravano — A, allora si vedevano
— C, non poteva... vittoria, che e’ debbe — B, non poteva sperare verisimilmente la vittoria o almanco se non era in caso di perdita maniesta, che e’ debbe
— C, si muove a... appartiene è — B, si muove a ricuperare el suo è
— C, l’arme se non... vittoria, ma — B, l’arme, ma — A, l’arme sanza speranza di vittoria, ma
p. 200 — C, se è... di vincere — B, se vede la perdita certa
— C, perché el tentare... a’ pericoli — B, perché el fare pruova di ovviare a’ pericoli
— C, avere forze — B, avere modo
— C, Ed in questa... fussi Clemente — B, Ed in questi termini non si può dire fussi Clemente— A, Ed in questa desperazione non pare fussi Clemente

[p. 356 modifica]

p. 200 — C, non aveva forse da temere che la fussi — B, non pareva avessi da temere che la fussi — A, non aveva da temere fussi
— pigliare l’arme. — Di qui in A l’autore prosegui, a quattro riprese, con i quattro passi seguenti tutti cancellati:
1. La potenzia di Cesare per avere vinto e fatto prigione el re di Francia era formidolosa a tutta Italia, essendo non solo mancato lo ostaculo de’ franzesi contro a Cesare ma potendo dubitare che el re per liberarsi dalla carcere avessi a aiutare Cesare a sottoporla; e spezialmente aveva causa di temerne el papa, non solo per quelle ragione antiche e generali che la grandezza degli imperadori suole essere perniziosa a’ pontefici, ma particularmente perché Cesare era restato male satisfatto di lui nella venuta del re di Francia in Italia, perché aveva visto segni che l’accordo fatto col viceré gli era stato male osservato nonostante che lui avessi sborsato somma grossa di danari ed osservato dal canto suo ogni cosa; perché temeva Cesare molto offeso della pratica tenuta col marchese di Pescara, e che però per vendicarsi e sicurarsi l’avessi a deprimere; a che si vedeva arebbe opportunitá grandissima essendo el papa disarmato, sanza danari, con lo stato della Chiesa debolissimo e male composto, abandonato da ognuno, e pel contrario Cesare, re di Napoli, padrone giá del ducato di Milano, con esercito in Lombardia potente e vittorioso
2. Non è dubio alcuno che in quello tempo la potenzia di Cesare fussi formidolosa a tutta Italia, perché avendo vinto e fatto prigione el re di Francia non solo gli era mancato lo ostaculo de’ franzesi
3. La Italia nel tempo che fu deliberata la guerra e molti mesi prima si trovava in grandissimo pericolo dalla potenzia di Cesare

4. La riputazione di Cesare era stata giá piú anni grande in Italia dove o per la sua ammirabile fortuna o per la virtú de’ suoi eserciti aveva conseguito molte preclare vittorie; ma quello che [l’]alzò insino al cielo e fece formidolosa a ognuno fu la giornata di Pavia, nella quale essendo restato suo prigione el re di Francia ed a lui rimasto in Italia uno esercito potente e vittorioso, entrò grandissimo terrore nelle mente di tutti, che lui non avendo piú lo ostaculo de’ franzesi avessi in animo camminare con passo gagliardo alla monarchia di Italia; el quale timore si accrebbe piú quando o necessitato dalle pratiche del duca Francesco Sforza o pigliando el pericolo per occasione, occupò el ducato di Milano ed assediò el duca nel castello, perché non parve che agli altri restassi piú in Italia sicurtá alcuna poi che al titulo dello imperio ed al dominio di tanti regni si congiugneva el reame di Napoli ed el ducato di Milano; al quale pericolo per ovviare furono tentati molti remedi dal papa e viniziani, ora con Cesare medesimo perché fussi contento si stabilissi tale forma alle cose di Italia che fussi sicura a tutti, ora col re di Inghilterra e col governo di Francia del quale era capo Madama madre del re acciò che fatta lega insieme si cercassi con le arme la liberazione del re e la [p. 357 modifica]sicurtá di Italia; ma non si concludendo né l’una né l’altra perché in Cesare non si vedeva disposizione di lasciare lo stato di Milano, ed el partito della lega quanto pareva necessario tanto essendo giudicato pericoloso, perché si dubitava che e’ franzesi procedendo con poca fede non facessino la lega con Italia per ottenere piú facilmente da Cesare con accordo particulare la liberazione del suo re, si ridussono le cose in grado che Cesare, vedendosi necessitato o restituire el ducato di Milano al duca Francesco, il che in modo alcuno non voleva fare, o pigliare in uno tempo medesimo la guerra con tutti, il che reputava pericolosissimo, o dividere questa unione con lo accordare con qualcuno di loro, avendo eletta questa via, rifiutate le dimande del papa che non tendevano a altro che alla sicurtá di Italia, messe el re di Francia in libertá, avendo tra gli altri capitoli ottenuto da lui la cessione dello stato di Milano, promessa di non si intromettere piú nelle cose di Italia ed obligazione di aiutare con certo numero di galee, di gente d’arme, di fanti, la venuta sua in Italia per la corona; el quale accordo fu tanto pieno per Cesare che andando innanzi non si dubitava che l’anno medesimo verrebbe in Italia e che di quella provincia potrebbe disporre a sua discrezione. Ma ritornato el re in Francia, si intese subito che, ancora che avessi dato el primogenito e l’altro figliuolo per statichi a Cesare, nondimeno che per parergli le condizione dello accordo troppo grave, era inclinato a non lo osservare ed offeriva fare lega col papa e cogli altri di Italia per ottenere con le arme condizione che fussino oneste per tutti, e nel tempo medesimo el duca di Milano assediato in castello significava non potersi tenere lungamente perché gli mancavano le vettovaglie, e Cesare aveva mandato una forma di capitulazione al papa, nella quale restava libero a lui disporre del ducato di Milano e lo disegnava per el duca di Borbone. Venne adunche el papa in necessitá di deliberarsi o di accettare uno accordo che stabiliva Cesare padrone di Italia, o faccendo lega col re di Francia e viniziani, nella quale si sperava che entrassi el re di Inghilterra che molto confortava el papa a questa deliberazione, pigliare la guerra, o differendo el risolversi essere cagione che el castello di Milano e di Cremona, che soli restavano al duca Francesco, si perdessi, e che forse el re di Francia, mancandogli la speranza di questa congiunzione, si riducessi a essere d’accordo con Cesare. Nella quale deliberazione combattendo dall’uno canto la natura sua che fu aliena dallo entrare nelle guerre e ne’ pericoli, da altro la paura di tanta grandezza di Cesare, giudicò finalmente essere necessario abbracciare piú presto la guerra con la compagnia di tanti principi, che solo, sotto nome di pace, restare in tutto a discrezione di Cesare. Le ragione che lo mossono a temere di lui furono molte. Prima le antiche e generali che la potenzia degli imperadori suole essere perniziosa a’ pontefici: ha mostro questo communemente la esperienzia che rare volte tra queste due supreme potestá è stata vera unione e concordia; mostralo non manco la ragione perché l’uno risiede [p. 358 modifica]in Roma, l’altro ha el titolo dello imperio di quella, e come el papa pretende che la cura spirituale sia tutta sua, cosí lo imperadore pretende essere lui amministratore di tutto el temporale. Sono queste dua cure nomi ed effetti diversi, ma tanto bene corrispondono e quadrano l’una coll’altra, che e’ príncipi hanno sempre cercato di unirle quanto hanno potuto: però ed e’ pontefici pigliano spesso piú della autoritá temporale che non ricerca lo officio loro, ed e’ principi sempre quando hanno potuto si sono fatti padroni dello spirituale. Apresso gli Ebrei el piú delle volte uno medesimo era re e pontefice massimo, e se altri era el pontefice, era creato dal re e da lui dependeva; chi era Cesare apresso a’ romani era anche pontefice massimo. Non hanno patito gli ordini della religione nostra questa congiunzione, ma gli antichi imperadori, mentre ebbono la potestá, o vollono loro eleggere e’ pontefici, o almanco non permettevano che chi era eletto pontefice esercitassi el pontificato se non fussi confermato da loro, in modo che quanto agli effetti si poteva dire che el pontificato dependessi da loro. Che sicurtá adunche, che certezza poteva avere Clemente da Cesare, in chi non solo è el nome cesareo ma le ragione e la autoritá degli antichi Cesari e la potenzia simile agli antichi, non aspirassi a restituire lo imperio in quella antica maestá ed autoritá, a restituire alla corona imperiale la sua pristina degnitá, a volere abbassare la autoritá de’ pontefici, spogliargli di parte almanco del temporale, non tanto per cupiditá di appropriarsi quelle terre quanto perché deprimendo la potenzia loro, si toglieva uno de’ piú potenti ostaculi a conseguire el dominio di Italia? Ma non mancavano ancora cause piú particulari e piú fresche di sospetto, perché se bene Clemente, mentre era cardinale, vivente Leone e poi, fussi stato grandissimo fautore della potenzia di Cesare in Italia, nondimeno assunto al pontificato, aveva tenuto piú presto grado di padre commune, e di poi quando el re di Francia, avendo difeso Marsilia, passò personalmente in Italia, preso che ebbe Milano, el papa fece convenzione con lui, la quale se bene non contenessi altro che promessione di stare neutrale, generò nondimeno apresso a Cesare ed e’ capitani suoi di Italia suspizione e querele assai sí perché quando bene non avessi contenuto altro, toglieva riputazione in quello tempo alle cose di Cesare, sanza che molto dubitarono che la non contenessi maggiori effetti e che almanco lui non fussi stato autore a’ viniziani confederati loro che permettessino el medesimo al re di Francia. Le quali suspizione si accrebbono per le munizione che el duca di Ferrara mandò al re, quale el papa lasciò passare per quello di Parma e Piacenza, e molto piú per la andata del duca di Albania alla impresa del regno di Napoli, che non solo fu ricettato ed onorato come amico per tutto el dominio della Chiesa e de’ fiorentini, ma ancora a richiesta del papa si fermò in quello di Siena per rimettervi e’ fuorusciti, il che se bene el papa procurassi per divertire o allungare la impresa di Napoli, pure come è natura degli uomini tra’ quali sono cominciate le suspizione, [p. 359 modifica]fu dagli imperiali interpretato sinistramente, tanto che essendo multiplicati da ogni banda e’ sospetti e le querele, fu molestissima al papa la vittoria di Pavia; e se bene immediate doppo quella el papa accordò cogli imperiali, faccendo promettere loro da’ fiorentini grossa quantitá di danari, questo piú presto accrebbe che quietò le male disposizione, perché el papa dal canto suo osservò con le demostrazione e con le opere quanto aveva promesso, ma non feciono giá gli imperiali el medesimo, perché non levorono e’ soldati loro delle guarnigione della Chiesa, non feciono venire la ratificazione di Cesare secondo che avevano promesso, non osservorono el capitulato in parte alcuna; il che fu cagione che el papa diventando ogni dí piú sospettoso di questa grandezza ed interpretando che tutto fussi fatto a fine di indebolirlo, per potere piú facilmente soggiogare Italia, prestò largamente orecchi a pratiche che per mezzo di messer Ieronimo Morone si tennono col marchese di Pescara contro a Cesare, le quali venute a luce non solo multiplicorono mala disposizione da ogni banda perché la ingiuria partorisce sospetto ed in chi la fa ed in chi la riceve, ma furono causa che Cesare occupassi el ducato di Milano e per averlo tutto libero in sua mano assediassi el duca in castello. Questo fu el colmo ed irritamento di tutte le suspizione, perché al papa ed agli altri di Italia parve non potere essere sicuri

— C, ridotto — B, assediato
— C, Sforzia in tanta... dedizione. — B, Sforzia. — A, Sforzia in tanta... dedizione ed ancora che per chi temeva si fussino nel tempo che el re era ancora in Spagna tentati vari rimedi e spezialmente di congiugnersi col governo di Francia, del quale era capo Madama madre del re, non si era però trovata la medicina, perché queste pratiche erano state causa che Cesare, non volendo in un tempo medesimo avere a fare guerra con tanti, aveva liberato el re
p. 201 — C, cercare nuovi compagni — B, cercare compagni
— B, disposizione di altri — A, discrezione di altri
— C, facultá di coprire — B, occasione di coprire
— C, da molti suoi ministri — B, da’ suoi ministri
— C, efficacissime — B, gagliardissime
— C, farne giustamente sospettare — B, farne temere
— B, dua potestá — A, dua cure
— C, era principe — B, era re
p. 202 — C, dal principe — B, dal re
— C (e A), cristiana che sia facile questa — B, cristiana questa
— C, sanza la confermazione de’ Cesari — B, alla quale bisognava la confermazione de’ Cesari — A, sanza la loro confermazione
— C, date. Ed... fresca — B, date, senza che era fresca
— C, essendo restato... di farsi — B, essendo restato... chimere, avuto questa di farsi — A, essendogli morta la moglie, aveva avuto disegno di farsi

[p. 360 modifica]

p. 203 — B, lo esercito, e dare — A, lo esercito di Cesare, e dare
— C, si augumentò — si crebbe
p. 204 — B, non avessi a travagliare — A, fussi per travagliare
— B, in bocca — A, in voce (corr. su in bocca)
— C (e A), di molti, e la... di poi, avendo — B, di molti, avendo
p. 205 — B, esaltato la persona del pontefice — A, esaltato el pontefice
— B, che lui anche allóra sarebbe — A, che lui passato in Italia sarebbe
— B, ragione bastavano a fare — A, ragione potevano tanto che avessino a fare
— B, che ora ha fatto — A, che al presente ha fatto
— B, o perché sia stato necessitato — A, o perché abbia cognosciuto essere necessitato
— C, poteva allora prometterselo sí al sicuro — B, poteva allora prometterselo al sicuro — A, poteva allora in su questo fondamento prometterselo sí al sicuro
— B, le dimostrazioni — A, le parole
— B, ed è anche... uomini — A, concorre anche questo vizio nella natura degli uomini
— B, apparenzia — A, colore
p. 206 — B, piú incerta, piú fallace che — A, piú incerta che
— B, opinione — A, detto
— B, non si può avere... sicurtá — A, non s’ha nessuna certezza, nessuna sicurtá
— B, mutabile... dalla discrezione — A, mutabile, sanza che ciascuno principe che in tutto depende dalla discrezione
— B, che con la potestá, con la sustanzia — A, che con la sustanzia
— B, considerato quello — A, per quello
— B, che pigliare l’arme — A, che suscitare guerre
— B, perderebbe... el temporale — A, non solo perde el temporale, ma mette ancora in ruina lo spirituale
— B, di tutta cristianitá — A, di tutti e’ príncipi
p. 207 — B, le dignitá... ecclesiastiche; a’ quali — A, le dignitá ecclesiastiche, le dispense; a’ quali
— B, e di gravissimo — A, con gravissimo
— B, tempi — A, secoli
— B, príncipi, e... universale. Le quali — A, príncipi. Le quali
— C, accompagni — B, accommodi
— B, hanno al continuo tanto — A, hanno tanto
p. 208 — B, pontificato e sottoporsi Italia, in — A, pontificato, in
— C, difendere. Circa — B, difendere con quelle. Circa — A, difendere pure che verisimilmente potessi sperare avere modo con. quelle di difendersi. Circa
— C, del discorso nostro — B, di questa materia
— B, n’aveva quella... dubie — A, n’aveva quasi quella certezza che si può avere del fine delle guerre che tutte sono dubie

[p. 361 modifica]

p. 208 — B, per essere e’ suoi figliuoli — A, per avere e’ figliuoli
— B, freddamente — con poca fede
— B, El dubio... sufficiente — A, El fondamento... non era sufficiente
— B, debbe temere — A, ha causa di temere
— B, partirsi da sé — A, partirsi da casa sua
— B, poiché con consiglio — A, poiché consiglio
— B, Né era ragionevole — A, Né era giá ragionevole
— B, procedessi nella guerra con — A, procedessi con
p. 209 — B, avendo mancato — A, avendo giá mancato
— B, figliuoli, la... medesimo. Che — A, figliuoli, el mancarne per qualche tempo importava poco e non aveva da temere che in Spagna fussino male trattati. Che
— B, innanzi che si rompessi la guerra — A, innanzi al principio della guerra
— C, mostrorono temere di non potere — B, mostrorono non potere
— A, mostrorono manifestamente non sperare di potere
— B, el diffidare — A, el non confidare
— B, di Francia confuso... temessi poi — A, di Francia piú gli doveva temere poi
p. 210 — B, Ugo a Cesare date — A, Ugo date
— B, fatta, lo conforta caldissimamente alla — A, fatta scrivendo a Cesare lo conforta alla
— B, ed uno... Italia — A, e lo ardore di tutta Italia
— B, largamente — A, chiaramente
— B, non senza cagione — A, meritamente
— B, con buoni fondamenti — A, ragionevolmente
— B, importa cosa alcuna — A, importa niente
— B, cosa di... alla sicurtá — A, cosa sí importante alla salute (corr. su sicurtá)
— C, tranquilla — B, sicura (quieta)
— B, occupare quello... famiglia sua; non — A, occupare niente di quello d’altri; non cosa alcuna particulare per lo interesse suo e di casa sua; non
— B, con condizione però — A, capitulato però
— B, persistendo lui — A, persistendo pure lui
— C, Indusse adunche... imprudenzia — B, Chi adunche temerariamente (A, imprudentemente) e mosso solo dallo effetto biasima Clemente di (A, o di) imprudenzia
p. 211 — B, si può debitamente... di colui — A, si può giustamente pregare e’ prieghi di colui
— C, della ignoranzia — B, del poco iudicio
— B, esperienzia in sé proprio — A, esperienzia propria

[p. 362 modifica]

V. — Nella Filza VIII trovasi un frammento di Discorso, che il Guicciardini scrisse dopo la battaglia di Pavia, a proposito della liberazione di Francesco I. Questo Discorso fu dall’autore incominciato quattro volte e poi lasciato interrotto. Riproduciamo qui queste successive redazioni.

Trattavasi innanzi a Carlo re de’ romani, avuta che ebbe la vittoria di Pavia, quale fussi meglio, o fattosi conducere in Spagna el re di Francia e ricevutolo amorevolmente, liberarlo subito sanza volere da lui altro che buona amicizia, overo tenerlo prigione per non lo liberare se non con suo avantaggio ed utilitá. E chi consigliava la liberazione parlò cosí:

1. Se io non cognoscessi lo animo di Vostra Maestá veramente regio, veramente imperiale e capacissimo di tanta grandezza e generositá quanta ricerca la presente deliberazione, io non ardirei parlare nella forma che io parlerò, perché temerei di non offendere gli orecchi di quella e forse venire in concetto di pusillanime3 o di poco intelligente delle cose del mondo, ma cognoscendola io magnanima e cesarea in tutte le azione sue, ardisco liberamente dirgli el parere mio e proporgli una deliberazione con la quale sola o almanco piú con questa che altra può mostrarsi grato a Dio de’ benefici ricevuti e dignissiino di tanta e di maggiore vittoria, né solamente farsi signore degli uomini ma eziandio della fortuna. E se la non si persuaderá a altri che a Vostra Maestá non me ne maraviglierò, perché non facilmente altri che Cesare può essere capace de’ pensieri ed opere cesaree

2. Quanta sia gloriosa la vittoria che ha avuta Vostra Maestá è superfluo el dire perché è notissimo a ognuno, avendo con la virtú delle arme e degli eserciti suoi recuperato lo stato del duca di Milano suo feudatario e rotto e fatto prigione uno re di Francia con tutta la nobilitá e forze del regno suo, re non solo re di uno regno nobilissimo e gloriosissimo e di una nazione potentissima ed inclita per lunghissima felicitá ed imperio, ma primo di degnitá e di forze di tutti gli altri re cristiani e che ha combattuto tanti anni con Vostra Maestá in modo che fussi giudicato da molti superiore di potenzia a quella, da tutti almanco equale. La nazione sua ed e’ suoi passati hanno avute lunghe e varie guerre e controversie con gli antecessori di Vostra Altezza, in modo che in uno tempo medesimo quella ha ritenuto e conservato el grado ed autoritá sua e vendicato le ingiurie fatte dalla corona di Francia a molti progenitori suoi ed in spezie agli avoli paterno e materno di quella. Ma questa vittoria gloriosa quanto si potessi immaginare non è stata manco felice che piena di gloria, perchè a tempo che lo inimico pareva superiore, che [p. 363 modifica]gli eserciti vostri erano depressi, che nuova guerra gli era accesa nel regno di Napoli spogliato allora di governo e di arme, che ognuno temeva piú di qualche mina che sperassi la vittoria, e chi aveva piú franco animo giudicava che non si potessi avere vittoria se non sanguinosissima e piena di piaghe, in questi frangenti e difficultá si è intesa la vittoria cosí facile, cosí piena, cosí perfetta da ogni banda che nessuno arebbe saputo desiderare meglio; è stato rotto lo esercito inimico, fatto prigione el re, presi o morti tanti baroni e signori grandi, dissipata tutta la gente, e questo in spazio si può dire di una ora, con tanto poco sangue, con tanto poco danno de’ vincitori che io dubito che apresso a’ posteri troverrá tanto poco di fede quanto apresso a’ presenti ha avuto assai di ammirazione. Le quali cose se bene s’abbino a attribuire alla felicitá e fortuna inestimabile di Vostra Maestá, alla fede, virtú ed esperienzia de’ suoi capitani e de’ suoi soldati, che non sono stati spaventati da’ pericoli né vinti dalle difficultá, in modo che meritano singolarissima laude, nondimanco sono certo che Vostra Maestá che è religiosissima cognosca, e gli altri non possono negare, che tutto sia principalmente proceduto dalla grazia di Dio, el quale abbia a qualche buono fine voluto dare a quella una vittoria di tanto momento, la quale non ci inganniamo, secondo e’ termini in che si era, né forze né ingegno umano bastavano a acquistare

3. La potestá della fortuna, gloriosissimo imperadore, è tale e cognosciuta tanto da ognuno4, che essendo noto che e’ príncipi grandi sono sottoposti a quella come gli altri uomini, non gli diminuisce di fama5 e di onore el venirgli qualche infelicitá se in quella si governano laudatamente, perché la laude ed el biasimo loro non depende dagli effetti della fortuna a’ quali nessuno può resistere, ma da quello che è in sua potestá, cioè el modo del procedere e governarsi; e cosí pel contrario una felicitá che sopraviene a uno principe lo fa piú presto grande che glorioso, perché la laude e la gloria sua bisogna che nasca non da quello che è in potestá della fortuna, ma da quello che depende da lui medesimo, cioè usare quella felicitá laudabilmente. Però Vostra Maestá, prudentissimo in questo come in tutte le altre azione, cognoscendo che la sua gloria ha a nascere da sé medesima6, dimanda consiglio come sia da usare questa materia. In che io non mi ritirerò di dire liberamente el parere mio, ancora che io mi persuada che sará reietto da questi miei onorandi collegi, che io mi confido che Vostra Maestá, la quale ha l’animo imperiale e veramente capace di tanta generositá e grandezza quanta conviene a potere7 usare la sentenzia che io proponerò e che [p. 364 modifica] sola meglio che ogni altro può cognoscere con animo cesareo quello che sia degno di Cesare, o inclinerá in questa opinione o almanco reputerá che le parole mie non naschino da pusillanimitá e poca intelligenzia delle cose del mondo, come forse potrebbe parere a molti.

Dico adunche arditamente, invittissimo principe, che el maggiore, el piú generoso, el piú glorioso partito e piú degno di sé, che Vostra Maestá possi pigliare, è operare che el re di Francia sia condotto in Spagna e condutto al conspetto suo liberarlo subito e rimandarlo nel suo regno sanza volere da lui né danari né stati né alcuna obligazione particulare di peso a lui o di preiudicio a altri príncipi, ma solo una buona e fraterna amicizia, con qualche stabilimento di capitulazione attinente a beneficio commune di tutti e’ cristiani, ed ancora che la deliberazione sia poderosissima e grandissima, non sono se io non mi inganno manco poderose o minore le ragione che mi muovono.

Principalmente ancora che in questa vittoria sí8 inusitata, sí grande, sia valuta assai la virtú di quelli capitani, la gagliardia e fede di quello esercito, ed in modo che Vostra Maestá abbi loro grandissima obligazione, non si può però negare che innanzi a tutto s’ha a ricognoscere da Dio non solo con quella ragione generale che tutte le cose umane si governano per sua voluntá ed hanno el moto da lui e tanto piú quanto sono maggiore, ma piú particolarmente perché non solo la vittoria è stata insperata ed al contrario di quello che si temeva, ma ancora perché la grandezza sua ed el modo con che si è avuta sono stati ammirabili; le quali cose dimostrano una voluntá piú speziale di Dio, el costume di chi non è di apparire personalmente agli uomini, né farsi vedere o udire, o ordinare che le cose si faccino per sé medesimo, ma farle succedere per mezzi umani, di fare però che vi si vegga drento una certa scintilla, una fiamma della sua mente ed operazione, il che in questo è apparito sí chiaro che bene è cieco ed attonito chi non l’ha veduto e cognosciuto. El re di Francia si trovava personalmente in Italia con uno esercito potentissimo, copioso di danari e di tutte le provisione necessarie e pieno di riputazione; aveva preso Milano da che per el passato è sempre stata data la sentenzia allo acquisto di quello stato; minacciava e giá assaltava el regno di Napoli spogliato di arme e di governo; da altro canto lo esercito di Vostra Maestá inferiore di numero, sanza danari, abbandonato da tutti e’ collegati, ognuno giudicava le cose de’ franzesi in grado che Vostra Maestá avessi da temere di qualche ruina, ed almanco chi aveva piú franco animo presupponeva che non si potessi avere vittoria se non san- guinosissima e piena di piaghe. In tanti frangenti e difficultá si è intesa la vittoria cosí facile, cosí piena, cosí perfetta da ogni banda, che nessuno arebbe potuto desiderare meglio; è stato rotto lo esercito inimico, [p. 365 modifica] dove era in persona uno re di Francia, ed all’incontro non altro che capitani — io parlo in quanto al grado e degnitá di príncipi — di poca autoritá; lui fatto prigione con un altro re9, preso e morti tanti baroni e signori grandi e quasi tutta la nobilita di Francia, dissipata tutta la gente, e questo, si può dire, in spazio di una ora, con tanto poco sangue, con tanto poco danno de’ vincitori che io dubito che presso a’ posteri ará10 sí poca fede, quanto apresso a’ presenti ha molto11 di ammirazione12

4. Se lo accordo è fatto e la liberazione del re preceda ogni esecuzione, in modo che tutta la sicurtá dello imperadore consista in sulla fede ed in sugli statici che si daranno, si può sperare che el re di Francia liberato stimerá piú la conservazione del regno suo e della sua autoritá e di non restare in preda di Cesare, come resterebbe dandoli la Borgogna e la opportunitá di farsi signore di Italia, che el pegno de’ figliuoli, e tanto piu quanto sono piú grave le condizione alla Francia e piú disonorevole, e quanto ha cognosciuto Cesare piú alieno nel caso suo da ogni umanitá ed amorevolezza; in modo che non può restare tra loro altro che grandissimo sdegno ed odio; a che lo doverrebbe ancora inducere molto piú la facilitá di tirarsi in compagnia sua tutta Italia se vorrá opporsi a Cesare, in modo che potrá sperare con la via delle arme di riavere e’ figliuoli e la sua degnitá. Pure, perché potrebbe essere che stando lo accordo precedessi qualche esecuzione di importanza alla liberazione sua, in modo che gli fussi freno a osservare el resto, o pure che se bene sará liberato, ante omnia che la pazzia franzese o la mala fortuna nostra fussi causa che lui pigliassi altra via che quella che vorrebbe la ragione, tocca a Nostro Signore a pensare al caso suo e quid agendum doppo la perfezione di questo accordo, il che se bene non si può fare distintamente come si potrá quando si saranno bene intesi gli...

Finalmente, nella Filza XV, fasc. 10, si trova un frammento di Discorso che qui sotto riproduciamo, Discorso che il Guicciardini iniziò nel 1513 e lasciò interrotto. Le ragioni che indussero l’autore ad abbandonare la composizione sono spiegate da lui stesso nella nota seguente:

«In Spagna l’anno 1513, quando venne nuova che el re Luigi aveva recuperato Milano, il che poi non successe, anzi fu rotto a Novara; però non si finí.»

Di questo frammento l’Inventario Ridolfi non fa menzione. [p. 366 modifica]

Nascono ogni giorno per le spesse mutazione delle cose pensieri nuovi. Truovasi el re di Francia doppo tanti travagli e pericoli dello stato suo proprio nuovamente signore di Milano e di Genova; in tregua col re Catolico per tutto febraio prossimo; uno papa di mezzo o almeno che male volentieri si scuopre contro a lui; da altra banda aspetta essere assaltato ogni dí nel regno suo dal re di Inghilterra con armata potente per terra e per mare. Quali sieno in questi casi e’ disegni e pensieri sua io non lo so, né posso, non avendo bene notizia delle forze e natura sua, farne giudicio; ma gli è bene da credere che questa Catolica Maestá si contenti poco de’ sua successi in Italia, e gli paia ritornare in quelli medesimi periculi per e’ quali fuggire prese ora sono due anni le arme contro a lui; e se bene mentre che el re di Inghilterra fa la guerra non pare che Francia possi attendere ad altre nuove imprese, pure questo travaglio potrebbe passare tosto, ed è da credere che uno re savio come questo pensi a’ remedi innanzi che la necessitá venga, per trovarsi provisto a tempo.

Quali e’ siano io non so giudicare, e si vede scarsitá di partiti; e credo che da uno canto combatta in lui el desiderio di posarsi, dallo altro la poca fede che è intra el re di Francia e lui; e certo io non dubito che se trovassi uno modo di accordo con Francia, dove fussi la sicurtá di tutti li stati sua, che lo accetterebbe, perché conosce el re di Francia tanto potente che lui solo non basta a sbatterlo, e nello avere a farlo con le forze di altri ci si vede le perplessitá che ha mostre la esperienzia; levato el sospetto, non ha causa necessaria di guerreggiare con Francia, perché lui non pretende titulo in alcuna parte del regno suo. Ma sono sí gravi le inimicizie tra l’uno e l’altro, hanno tanta esperienzia di avere rotto l’uno all’altro la fede ed e’ capituli, che non pare potersi introdurre né per via di parentado o di altro espediente, modo alcuno che costui si fidi di lui; e però questa ragione mostra che se vedessi modo da fare la guerra con lui potentemente, che la dovessi pigliare; e lui dice alla scoperta che, concorrendo el re di Inghilterra e tutti li stati di Italia, è per farla e rompere di qua sanza reservo alcuno.

Nondimeno che questo non abbi ad essere ci si vede molte ragione: principalmente io non credo che per ora e’ viniziani sieno per concorrere, avendo fatta sí di fresco la lega con Francia, e di poi sendo insospettiti delle maniere di costui, per le pratiche di Brescia e per le altre cose passate; lo animo del papa non so, ma non avendo lui necessitá, la ragione vuole che pensi molto bene a pigliare [una guerra] la quale lui solo non può sostenere, ma bisogna farla colla unione di tanti che è troppo pericoloso, veduto come di poi e’ variano. Non so anche se questa Maestá, benché la ne parli cosí vivamente, lo facessi, perché bisognerebbe si obligassi di conservare a’ viniziani quello tengono in Italia, e questo lo alienerebbe dallo imperadore; e benché lui dica che non vi arebbe rispetto, io non so però se li piacessi che lo imperadore si ristrignessi con Francia, acciò [p. 367 modifica] che non disponessino e’ nipoti sua a volere cavarlo di questo governo di Castiglia, il che, congiunta la riputazione di Francia, riuscirebbe molto facilmente.

Apresso lui si ricorda che lo anno passato, quando el re di Francia si vedde stretto di qua, ridusse a questi confini tutte le forze sua, e cosí ha da pensare che farebbe di nuovo; ed io non so se dubita che, se una lega tale assicurassi Italia, che la non gittassi tutta la guerra di qua adosso a lui; conosce che cacciato el re di Francia di Italia si può sperare poco nella unione di Italia; quello stato per la debolezza del duca essere difficile a mantenersi, e bisognare poi lasciarlo rovinare come si è fatto di presente. E se si dicessi che Italia potrebbe obligarsi come si ragionò giá a dare aiuto allo imperadore di tôrre la Borgogna, conosce quante sono poi le difficultá ad eseguire queste cose, in modo che io non so, quando e’ potessi fare questa unione, se la li piacessi interamente; se giá e’ non rientrassi in pensiero che lo sforzesco non fussi duca di Milano, ma darlo al nipote suo e dello imperadore. Questo sarebbe di tanto profitto e grandezza sua in Italia, che quando vi vedessi disegno si condurrebbe a ogni cosa; e questo potrebbe anche essere el modo di assettare viniziani e lo imperadore; e perchè gli riuscissi piú facilmente, potrebbe proporre al papa di darli, per lui o per sua, Parma e Piacenza insino al Po, e forse rendere a’ viniziani Cremona; e questo lo accerterebbe che ognuno, per conservare quella porzione che li toccassi nelle divise, sarebbe non solo pronto a cacciare el re di Francia di Italia, ma ancora sarebbe sempre fermo a volere che non vi entrassi.

Resta, quando questa lega non si concluda, farne una di tutti li stati di Italia a difesa l’uno dell’altro; in questo è la difficultá medesima dello imperadore: non so se ci è la sicurtá sua intera, rispetto che queste unione poi non durano, ed inoltre perché e’ svizzeri, non si trovando pensionati da persona, si accorderebbono con Francia; di che lui diventerebbe tanto potente che potrebbe tentare ogni impresa.

C)

Dei minori scritti politici del Guicciardini, pubblichiamo in questo volume l'Elogio di Lorenzo de’ Medici, che fu stampato una sola volta dal Benoist13, e i due brevi componimenti, che il Canestrini inserí nel X delle Opere, intitolando il primo: Delle buone leggi e della forza, il secondo, Del suicidio per ragione di libertá o di servitú. [p. 368 modifica]

L’Elogio di Lorenzo si conserva autografo nella Filza CCCLX delle «Carte Strozziane» (serie prima), all’Archivio di Stato di Firenze. La finale allusione al cardinale de’ Medici fa ritenere che la sua composizione debba precedere di poco l’elezione di Leone X, se pure il Guicciardini non fece una specie di profezia post eventum.

Gli altri due scritti, ai quali abbiamo reso il titolo piú lungo che dette ad essi l’autore, si trovano, anch’essi autografi, nella Filza XV, Fasc. II delle Carte di Francesco, all’archivio Guicciardini. Di essi non si fa menzione nell’Inventario Ridolfi.

Diamo qui, dei tre componimenti le

Lezioni del primo testo rifiutate dall’autore.

p. 223 — T, lettere e di tutte le arte buone, di reputazione — V, lettere, di reputazione
p. 224 — T, tanto pericolosa. — Segue canc.: Successeli la cosa bene
— T, da Napoli. — Segue canc.: dove stette circa a 4 mesi
— T, Fuora di questo tempo — V, Doppo di questo tempo
p. 231 — T, la piaga — V, li infermi
— T, nessuno pigli — V, nessuno, per buono che e’ sia reputato, pigli
p. 232 — T, grandezza di animo — V, generositá di animo
— T, sia oggi sanza difficultá — V, paia sanza alcuna difficultá
— T, esaminarla — V, disputarla
p. 235 — T, amatore della patria — V, amatore della libertá
— T, dal tema proposto — V, da’ termini proposti
p. 236 — T, a una voce — V, sempre
p. 237 — T, non toglieva — V, non proibiva

Dobbiamo finalmente osservare che il Canestrini pubblicò, nel volume X delle Opere, un saggio sul Modo del governo veneziano, che si trova nella Filza XVII delle Carte di Francesco. Tale saggio porta nell’autografo il titolo seguente: «Summario del modo del governo veneziano estratto da un dialogo di Donato Giannotti», ciò che naturalmente lo fa escludere da un’edizione di opere guicciardiniane. L’Inventario Ridolfi riporta il titolo esatto, ma non dá di questo scritto, come fa solitamente, l’identificazione con quello pubblicato dal Canestrini. [p. 369 modifica]

D)

I. — I Ricordi14 furono pubblici dal Canestrini, giustaponendo le due serie principali che egli trovò nei manoscritti di Francesco, senza tener conto, e senza avvertire il lettore, del fatto che la seconda serie, che egli dava di seguito alla prima, e con una numerazione unica, era stata dall’autore composta precedentemente. Della confusione sospettò Ninian Hill Thomson, mentre preparava la traduzione inglese dei Ricordi15, e domandati schiarimenti a Firenze, n’ebbe conferma da Alessandro Gherardi. Il fatto fu messo in rilievo anche dall’Otetea16, il quale consigliò che la nuova edizione dei Ricordi si facesse intercalando la piú antica serie nella seconda, in modo da rendere piú evidenti le derivazioni dei singoli pensieri.

Degli editori piú recenti, il Pancrazi17, pur rivedendo accuratamente sull’originale lo spropositato testo del Canestrini, lasciò immutato l’ordine di questi. Il Prezzolini18 invece, si attenne alle direttive proposte dall’Otetea.

A noi parve preferibile dare separatamente le due redazioni, naturalmente nell’ordine cronologico della loro composizione, illustrando con una tavola di raffronto le concordanze fra pensieri delle due serie. È vero che nessuna delle due serie si può considerare come un’opera organica, perché l’autore non dette ai suoi Ricordi alcun ordine concettuale, ma noi crediamo che lo studioso del Guicciardini si interesserá prima di tutto alla visione complessiva del gruppo di pensieri che lo scrittore compose in un dato momento o periodo della sua vita, e solo in un secondo tempo passerá a considerare le modificazioni che questo o quel pensiero subí a distanza di alcuni anni. Seguendo il sistema Otetea-Prezzolini, la ricostruzione della serie piú antica richiede un lavoro molto lungo e faticoso, mentre i confronti fra le due serie, [p. 370 modifica] applicandosi necessariamente ai singoli ricordi, si possono effettuare con tutta facilitá mediante la tavola di raffronto.

Bisogna anche tener presente che la lezione dei ricordi della seconda serie non rappresenta quasi mai una vera e propria «correzione» di quella dei corrispondenti ricordi della prima serie. Non si tratta dunque di lezioni rifiutate (quelle che sono veramente tali saranno da noi segnalate nel seguito di questa Nota), ma di doppi e talvolta tripli ricordi (è da considerare che ripetizioni di questa sorta avvengono anche nell’interno di ciascuna serie19) su argomento eguale o affine.

Che il Guicciardini non volle tanto sostituire un testo ad un altro, quanto ritornare ed insistere sui soggetti che gli stavano piú a cuore (scrivendo per i suoi familiari e discendenti, egli ripeteva piú volte le cose perché meglio comprendessero e si convincessero, e questo suo intendimento espresse anche in modo esplicito), appare evidente a chi confronti fra loro i ricordi delle due serie. Ci limitiamo per brevitá a due esempi:

SERIE PRIMA

85. Non si possono governare bene e’ sudditi sanza severitá, perché la malignitá degli uomini ricerca cosí; ma si vuole mescolare destrezza e fare ogni dimostrazione perché si creda che la crudeltá non ti piaccia, ma che tu la usi per necessitá e per salute publica.

SERIE SECONDA

41. Se gli uomini fussino buoni o prudenti, chi è proposto a altri legittimamente arebbe a usare piú la dolcezza che la severitá; ma essendo la piú parte o poco buoni o poco prudenti, bisogna fondarsi piú in sulla severitá, e chi la intende altrimenti si inganna. Confesso bene che chi potessi mescolare e condire bene l’una con l’altra, farebbe quello ammirabile concento e quella armonia della quale nessuna è piú suave; ma sono grazie che a pochi el cielo largo destina e forse a nessuno.

115. Sanza dubio ha migliore tempo nel mondo, piú lunga vita, ed è in uno certo modo piú felice chi è d’ingegno piú positivo, che questi intelletti elevati; perché lo ingegno nobile serve piú presto a travaglio e cruciato di chi l’ha; ma l’uno participa piú di animale bruto che di uomo, l’altro transcende al grado umano e si accosta alle nature celeste. 60. Lo ingegno piú che mediocre è dato agli uomini per loro infelicitá e tormento; perché non serve loro a altro che a tenergli con molte piú fatiche ed ansietá che non hanno quegli che sono piú positivi.
[p. 371 modifica]

II. — Adottato il criterio dell’edizione separata delle due serie, stavamo preparando questo volume, quando Michele Barbi ci comunicò con squisita cortesia, della quale gli rendiamo vivissime grazie, le bozze del suo studio Per una compiuta edizione dei «Ricordi politici e civili» del Guicciardini20). In queste pagine l’illustre scrittore sosteneva, con la sua dottrina ed acume consueto, una nuova teoria circa la piú antica redazione dei Ricordi; il suo intervento ci fece ritenere indispensabile un nuovo minuto esame del problema, del quale daremo qui i resultati.

Cominciamo con l’esporre rapidamente, ma con la massima fedeltá possibile, l’opinione del Barbi.

Considerando le copie a stampa o manoscritte che nella seconda metá del Cinquecento e nel secolo successivo furono fatte dei Ricordi, il Barbi osserva come esse sieno tutte press’a poco eguali e risalgano perciò ad un medesimo originale. Ma questo originale, secondo il Barbi, non è la serie autografa compilata nel 1528 (che egli indica con B), e tanto meno quella messa insieme dal 1530 in poi (che indica con C). Egli ritiene di poter concludere che l’originale (A) è una prima redazione guicciardiniana, di cui l’autografo è andato perduto o almeno rimane per ora introvabile. Gli argomenti sui quali fonda la sua affermazione sono i seguenti:

1. Una notizia che si trova in un codice Riccardiano dei Ricordi e che fu raccolta anche dal Magliabechi, secondo la quale Piero Guicciardini «dette copia» di questi Avvertimenti a don Flavio Orsini.

2. Il fatto che la raccolta A mostra piú stretta corrispondenza con B (redazione che per testimonianza dell’autore resulta composta di ricordi scritti avanti il 1525 ed esemplati nel 1528) che con C.

[p. 372 modifica] 3. Il fatto che la concordanza fra A e B comincia col ricordo 25 (24 della nostra edizione), mentre di 23 dei primi 24 ricordi di B si trova nei quaderni dell’archivio Guicciardini un duplice esemplare autografo (che indicheremo con Q1 Q2).

Il Barbi ne conclude che al principio del 1528 il Guicciardini compilò la redazione B copiando prima 24 pensieri da alcuni quaderni dove li aveva scritti prima del 1525; aggiunse poi la maggior parte di quelli che formavano la serie A.

A questa affermazione del Barbi, per quanto la sua ipotesi sia seducentissima e appoggiata dalla grande autoritá del suo autore, ci permettiamo opporre alcune obiezioni. Cominciamo da quegli elementi d’ordine estrinseco, sui quali lo stesso Barbi si è di preferenza e quasi esclusivamente indugiato.

Osserviamo innanzi tutto che non sembra troppo verosimile che Piero Guicciardini abbia mandato all’Orsini l’autografo. Per comunicare l’opera di Francesco a persona di riguardo era piú naturale ch’egli ne facesse trar copia da un segretario; tanto piú che allora non si dava troppa importanza all’autografia di uno scritto, e d’altra parte il carattere di Francesco, quando scriveva per sé ed in fretta, non doveva essere di facile lettura neanche ai contemporanei. Se poi Piero inviò una copia, appare molto dubbio che l’originale, rimasto nell’archivio domestico, possa essere andato perduto.

In secondo luogo dobbiamo rilevare che una teoria come quella del Barbi deve, per apparire sicura, riposare sopra un’assoluta rispondenza e coincidenza dei termini assunti come base. Ora se è vero che il 1° ricordo di A corrisponde al 24° di B, è anche vero che 5 dei 23 ricordi si trovano anche in A, sia pure in altro luogo (e precisamente i nn. 1, 2, 3, 15 e 16); che se il 153 di A corrisponde al 172 di B, il 172 di B non fa parte dei ricordi copiati dal Guicciardini a principio del 1528, ma è il primo di quelli aggiunti (non copiati) nell’aprile dello stesso anno; che infine degli ultimi 11 ricordi di A, ad eccezione del 153, nessuno trova riscontro in B, mentre 5 di essi presentano qualche affinitá con ricordi di C21.

Un’altra considerazione d’importanza non trascurabile si può fare a proposito della data di compilazione delle singole serie [p. 373 modifica](delle serie come tali, non dei singoli ricordi). Il piccolo nucleo Q1-Q2 risale certamente alla legazione di Spagna e cioè al 1512 o 1513; la serie B fu messa insieme al principio del 1528; la serie C dopo la caduta di Firenze. I caratteri estrinseci degli autografi dimostrano che esse furono scritte di seguito, e perciò si può affermare con sicurezza che il Guicciardini usava annotare via via le sue riflessioni nei diversi scartafacci che gli capitavano sotto mano, e solo in determinati momenti della sua vita le raccolse e ricopiò tutte insieme. Quali fossero codesti momenti resulta dalle date che abbiamo indicate e da due frasi dello stesso autore. Si tratta di periodi di ozio almeno relativo22, ai quali l’uomo d’azione che fu il Guicciardini riserbava la compilazione di quei breviarii di vita: egli lo conferma dichiarando di aver eseguito la trascrizione del 1528 «nel grandissimo ozio che aveva», e lo aveva enunciato fin dal 1512-13, facendo precedere i Ricordi dal motto: «Benché lo ozio non faccia ghiribizzi, pure e’ ghiribizzi non si fanno sanza ozio», motto che prepose anche alla raccolta del 1528.

Posto ciò, vediamo a quale periodo della sua vita dovrebbe ascriversi la presunta serie A. Se la frase «scritti innanzi al 1525» con cui s’inizia B, si riferisce ad una precedente compilazione in serie e non ai singoli ricordi, il 1525 è il terminus ad quem. Quanto al terminus a quo, non si può allontanarsi molto dal 1525, per l’accenno che l’autore fa ai «suoi governi» nel ricordo n. 118 (s. I, e sopratutto per la data «3 febbraio 1523» che egli stesso dá al n. 138 (s. I). Poiché appare molto probabile che anche lontano da Firenze, specialmente in uno scritto di carattere privato, il Guicciardini usasse lo stile fiorentino, si può concludere che la stesura di A dovrebbe porsi fra il febbraio e il dicembre del 1524; ossia in quella prima parte del governo di Romagna che fu per il Guicciardini uno dei periodi di piú intenso e assorbente lavoro. Se poi si volesse supporre che «scritti innanzi al 1525» si riferisse ai singoli ricordi, e che la raccolta A fosse stata compilata fra il 1525 e il 1528, l’argomento non perderebbe la sua efficacia, perché il periodo della lega di Cognac fu per il Guicciardini anche piú laborioso ed agitato del governo di Romagna.

[p. 374 modifica] Abbiamo lasciato per ultima l’interpretazione della nota che il Guicciardini prepose a B. Il Barbi spiega: «Cominciò il G. a ricopiare in B ventiquattro pensierini da alcuni quaderni ove li aveva scritti prima del 1525; aggiunse poi dalla serie che abbiamo chiamata A la piú parte (140 su 158) di quelli che erano in essa (e i fogli su cui erano scritti dovevano, nella sua intenzione, esser conservati nello stesso inserto o quaderno prima della nuova trascrizione)». Dobbiamo confessare che questa interpretazione non ci persuade. Il Guicciardini scrive «che sono indietro in questo quaderno»; ed esaminando il quaderno che, sebbene sciolto, non presenta segni di manomissione, non troviamo traccia di altri pensieri che quelli della raccolta B. Certo è assai difficile comprendere esattamente il significato di quella frase. Formuliamo un’ipotesi, che non vogliamo certo dar per sicura, ma che ci sembra meno forzata di quella del Barbi. Considerando che cosa ci sia «indietro» nel quaderno in questione, troviamo in esso quattro componimenti, tutti scritti durante il soggiorno di Spagna, ma ricopiati lí posteriormente, come provano le note che li precedono, e il fatto che una composizione «cominciata al ritorno mio di Spagna» vi precede un’altra scritta, «in Spagna l’anno 1513». Si può dunque pensare che con la frase discussa il G. abbia voluto dire semplicemente «insieme con la piú parte di quelli [scritti] che sono indietro in questo quaderno».

Tutte queste considerazioni non possono non ispirar gravi dubbi sull’esistenza di una raccolta di ricordi, anteriore a B; dubbi che ci sembrano rafforzati da un esame intrinseco del testo.

Il Barbi afferma che dove i Ricordi, nella lezione della presunta raccolta A, differiscono da B e da C «non è da correre a sospettare come correzione o rifacimento di copisti quello che è semplicemente primo abbozzo del Guicciardini stesso». Vediamo se questa affermazione sia convalidata o infirmata da un saggio di collazione che abbiamo eseguito su due edizioni a stampa: quella del Corbinelli23 (Co) e quella di fra Sisto24 (Si); e su tre copie manoscritte (che indicheremo con D25 E26 F27).

[p. 375 modifica] Lasciando da parte tutte quelle diversitá di lezione che si possono imputare a pura negligenza di amanuensi, conviene esaminare se copisti ed editori furono abbastanza fedeli al loro esemplare oppur v’introdussero arbitrariamente e volontariamente modificazioni formali e anche sostanziali.

Se nelle divergenze fra A e B si verificasse fra i manoscritti e le stampe di A una costante concordanza di lezione, l’ipotesi del Barbi apparirebbe pressoché inoppugnabile. Si potrebbe, è vero, obiettare ancora la possibilitá che quella lezione unica fosse il rimaneggiamento di un primo copista, ma una giusta accusa d’ipercritica colpirebbe chi attribuisse ad un copista la colpa di metodi arbitrarii, quando tutti gli altri ne resultassero immuni. Senonché questo accordo fra le diverse copie di A non si attua che in parte, ed esse presentano fra loro differenze numerosissime anche di carattere sostanziale. Ne diamo qui una breve documentazione, avvertendo che per ciascuna categoria non facciamo che scegliere, fra molti esempi, due o tre dei piú notevoli.

Molto spesso i manoscritti offrono una lezione varia, mentre nelle stampe, o in una di esse, si ritrova la lezione di B. — Cosí nel ricordo n. 155: D, a mantenerla; E, F, a mantenervela; Co (e B), a mantenervisi. E nel n. 157: D, è piú la perdita; E, F, è sanza comparazione la perdita; Co (e B), è sanza comparazione maggiore la perdita.

Talora le stampe (e alcuni manoscritti) offrono una lezione varia, mentre in altri manoscritti, o in uno di essi, si ritrova la lezione di B. — Cosí nel n. 37: Co, Si, F, senza dubio gli verrá; D (e B), sanza dubio a lungo andare gli verrá. E col n. 91: Co, Si, E, F, buonissima comparazione; D (e B) nobilissima comparazione.

In altri casi un solo manoscritto presenta una lezione varia. — Cosí nel n. 33: variazione... piú ferma; solo D ha: varietá... piú sicura. Nel n. 39: di altra natura; solo D ha: di contraria natura. Nel n. 78: cognoscere; solo D ha: vedere. Degno di particolare rilievo è il n. 27. Questo pensiero, che in B, come in E, F, Co, Si, finisce con «patire e simulare», ha in D quest’aggiunta: «aspettando se dalla novitá di fortuna s’apportasse occasione la quale in tal caso devi etiam con molto risico abbracciare».

Avviene anche che nei manoscritti e nelle stampe s’incontri una molteplice varietá di lezioni. Cosí nel n. 28: B, a chi se gli presentano; D, che chi se l’appresenta; E, chi se gli presentano; F, se se gli presenta; Co, a chi si presentano; Si, a chi se li [p. 376 modifica]presenta. Nel n. 48: B, E, F, Co, sospesi; D, Si, sospetti. Nel n. 73: B, E, Si, avere in rispetto; D, Co, avere rispetto; F, avere il rispetto. Nel n. 85: B, e fare ogni dimostrazione; D, E, F, e far gran dimostrazione; Co, in far gran dimostrazione; Si, e far dimostrazione. Nel n. 151: B, nel fare bene e congruamente le sue; D, in far le sue bene; F, in far tutte le sue cose bene; Co, in far quello che hai da fare, bene; Si, in far la sua bene.

Ci si consenta ora una ipotetica considerazione che può esser suggerita da alcuni degli esempi citati. Se del ricordo 91, non avessimo altri esemplari che Co, Si, E, F, la lezione della presente raccolta A apparirebbe sicura: «buonissima comparazione», ma il fatto che D legge, come B: «nobilissima comparazione», ci obbliga ad attribuire la diversa lezione all’opera arbitraria di un primo copista. Tanto piú che il fenomeno si verifica con frequenza (v. i ricordi 37, 155, 157), e non si può pensare che un amanuense, alterando a capriccio il testo di A, sia venuto per caso a ricostruire, ripetutamente, la lezione di B che non poteva conoscere. Questa considerazione, e il fatto che non possiamo sapere quanti manoscritti della raccolta A ci sieno ancora ignoti o sieno andati perduti, consiglia ad andar molto cauti nell’affermare che dove A differisce da B si tratta di altra redazione guicciardiniana e non di rifacimenti di copisti.

Si aggiunga che qualche singolare osservazione può farsi anche esaminando l’autografo B.

Nel ricordo 74 (... non misurano apunto quello che tu puoi o [non] puoi fare...) le parole in corsivo sono dall’autore aggiunte in margine. È certo che correggendo egli tralasciò, per semplice svista il non. In questo luogo Si e F leggono: «tu puoi fare»; Co, «tu puoi o non puoi fare»; D, «tu puoi e non puoi fare». Se il Guicciardini aveva scritto in A «tu puoi», e corretto in B «tu puoi o non puoi», come si spiega che Co e D abbiano l’ultima lezione di B? E se invece aveva giá scritto «tu puoi o non puoi» e la correzione di B non fa che emendare un errore di copia dell’autore, come si spiega la lezione di Si e di F? Una sola ipotesi permetterebbe di superare questa difficoltá: che cioè da casa Guicciardini partisse in quel tempo piú di una copia, e non solo quella all’Orsini: di due copisti che si trovarono di fronte a quel «tu puoi o puoi fare», il piú intelligente avrebbe supplito il non che mancava; l’altro avrebbe tolto senz’altro quell’«o puoi» che non riusciva a capire.

[p. 377 modifica]Nel ricordo 81 si legge in B: «rispondendo di sorte che non ti possa carcare», dove la parola carcare è di lettura molto difficile. In D, E, troviamo: cavare, in F, cacciare; in Co, cavillare (evidentemente il Corbinelli corresse cosí di sua iniziativa per dare un senso al testo). Non appare un po’ inverosimile che anche nel presunto autografo di A il Guicciardini abbia scritto oscuramente proprio questa parola (il nesso rc è di solito nel suo carattere leggibilissimo), e non dobbiamo vedere una coincidenza singolare nel fatto che il Canestrini, pubblicando B, abbia commesso lo stesso errore di D ed E, leggendo: cavare?28

Concludiamo con un’ultima osservazione che ci sembra di notevole importanza. Abbiamo giá detto come 5 ricordi di Q1 e Q2 si ritrovino anche in A; bisognerebbe perciò ammettere che essi fossero passati da una prima stesura del 1512-13, alla presunta raccolta del 1524, e da questa ricopiati nel 1528 in B. Ma in tal caso appare strano, e assolutamente contrario alle abitudini del Guicciardini, quali abbiano potuto verificare in tutte le opere delle quali egli ha lasciato due o piú redazioni successive, il fatto che B deriva direttamente da Q1 Q2 , e che l’autore non ha tenuto alcun conto della piú recente diversa lezione di A, proprio come se A non fosse mai esistita.

L’ipotesi dunque di una raccolta autografa A suscita dubbi molto serii in chi esamina tutti gli elementi estrinseci ed intrinseci del problema. Il nostro saggio di collazione ci ha dimostrato che non piú di 40, su circa 160 ricordi, presentano una lezione, concorde nei diversi codici, diversa da quella di B. Si deve logicamente supporre, sull’esempio degli altri 120, che estendendo i confronti e le ricerche, quel numero possa resultare considerevolmente ridotto. Ma anche se in un gruppo di ricordi sussistesse la prova di un archetipo diverso da B, rimarrebbe sempre da decidere se tale archetipo sia un autografo perduto, oppure una copia alterata e rimaneggiata di B.

Abbiamo accennato alla possibilitá che una o piú copie dei Ricordi (dal manoscritto B) sieno state eseguite in casa Guicciardini, per opera di Piero o di altri della famiglia. Ciò appar suffragato da alcune varianti certamente estranee alla penna di Francesco. Non alludiamo alla soppressione o modificazione dei passi [p. 378 modifica]contenenti attacchi contro la religione o contro la Chiesa, perché può essere opera di qualsiasi copista o editore, ma al caso singolare dei nn. 65 e 112; dove B legge: «Io dissi giá a mio padre...», e «Fu bellissimo consiglio quello di mio padre...», e A: «Io dissi giá a un padre...», e «Fu bellissimo consiglio di chi consigliò...». Qualunque fosse il motivo che indusse a togliere il riferimento al padre di Francesco, (non fu certo per dare ai Ricordi un tono piú impersonale, perché i passi dove Francesco parlava in prima persona non vennero toccati), ci sembra che il curioso procedimento possa meglio attribuirsi a persona della famiglia che a un qualunque amanuense o editore.

E non è a dire che se la prima o le prime copie fossero state fatte o dirette da individui di maggior elevatura intellettuale, sarebbero state piú fedeli. Che gli esemplatori piú colti fossero anche i piú audaci ci dimostra il Corbinelli. Se gli amanuensi delle copie manoscritte alterarono il testo piú spesso per negligenza o per non aver capito il loro esemplare, egli introdusse modifiche ed aggiunte col solo scopo evidente di... migliorare il suo testo.

Diamo alcuni esempi fra tanti: n. 53: B (e A), E di poi quando bene è successo; Co, E, di poi quando ben riuscissero. — n. 75: B (e A), Quando piú si pensano le cose; Co, Quanto piú si pensano e ripensano le cose. — n. 78: B (e A): leggi Cornelio Tacito; Co, leggi con qualche studio Cornelio Tacito. — n. 82: B (e A), sanguinoso e bestiale; Co, sanguinoso, insolente e bestiale. — n. 93: B (e A), che dette loro; Co, che dette loro con molta sua infamia. — n. 115: B (e A), piú presto a travaglio e cruciato di chi l’ha; Co, piú presto a travaglio e cruciato di chi l’ha che a riposo veruno.

Casi simili, sebbene con minor frequenza, si trovano anche in fra Sisto. Cosi al n. 53: B (e A), per riducerla in libertá; Si, per rimetterla e liberarla da’ tiranni.

Se tanto fecero i primi e piú dotti stampatori, che cosa ci vieta di supporre che Piero o altri, volendo far conoscere i Ricordi, si sieno creduti in dovere di emendare un testo che poté apparir loro troppo frettoloso e trascurato?

In conclusione, non presumiamo certo di scartare senz’altro l’ipotesi del Barbi, ma ci sembra che egli non abbia raggiunto quella prova, l’onere della quale, per dirla coi giuristi, spettava al proponente. E finché altri documenti non diano una dimostrazione perentoria, non ci riconosciamo il diritto di attribuire al [p. 379 modifica]Guicciardini un testo che potrebbe benissimo essere opera di un ignoto manipolatore. Nella nostra edizione perciò ci atteniamo agli autografi che pubblichiamo col criterio giá esposto.

III. — Daremo adesso le varianti del nostro testo (B e C), indicando con V le lezioni rifiutate che risultano dalle correzioni dei manoscritti B e C, con Q1 e Q2 le lezioni dei due piú antichi quaderni dei quali abbiamo parlato precedentemente, con Q la lezione comune a Q1 e Q2.

Serie prima.

n. 1 — B, onore e gloria — Q, riputazione
— B, fare buone opere per la patria — Q, fare qualche buona opera pel publico
— B, che la republica nostra fussi piena — Q, che le republiche fussino piene
n. 2 — B, però ancora... non possono parere. — Q, però chi vuole parere si debbe ingegnare prima di essere.
n. 3 — B, al bene; in modo... lo sprone... e’ quali... e noi ne veggiamo... la esperienzia. — Q, al bene; e pochi, anzi forse nessuno si troverrebbe che facessi male dove non presupponessi suo utile o piacere. È vero che essendo molte occasione di commoditá che tirano gli uomini al male e loro di natura fragili, si partono facilmente dalla inclinazione naturale; e però per ritenergli in su quella fu trovato lo sprone... e’ quali... e noi ne veggiamo (Q2 , in Firenze tuttodí) la esperienzia.
n. 5 — B, nondimeno nella nostra cittá e’ savi — Q, nondimeno e’ savi
n. 6 — B, che in Firenze chi è — Q, che chi è
— B, perché se... savio — Q, perché eziandio secondo el mondo non sarebbe savio se non fussi buono cittadino.
n. 7 — B, volte negli uomini... maturo. — Q, volte in uno cittadino veramente savio, e però non è da commendare chi ha piú del generoso che del savio.
n. 8 — B, e’ popoli nelle republiche uno — Q, e’ popoli uno
— B, a’ savi — Q, a uno savio
n. 10 — B, Assai... contrario — Q, Assai si vale uno che abbi buono giudicio di uno che abbi buono ingegno; e molto piú che e converso.
n. 11 — B, Non repugna — Q, Non è contrario
— B, che l’altro — Q, che uno altro
— B, puntelli male si sostengono — Q, pignoni male durano
n. 12 — B, che debba essere — Q2, che abbi a essere
— B, molta è nociva — Q2, molta li è nociva

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n. 13 — B, È molto utile — Q2, È gran parte
— B, ma piú utile in chi — Q2, ma è di piú laude ed utilitá in chi
— B, di non parere... si sdegnono — Q2, di non parere segreto, perché molti si sdegnono
n. 14 — B, alla morte sua... alcuna: uno vivere — Q2, alla morte: uno vivere
— B, e liberato el mondo dalla... preti — Q2, come B; ma prima aveva scritto: e reformata la Chiesa
n. 15 — B, nelle guerre di altri a starsi — Q2, nelle differenzie di altri a stare
— B, papa Iulio — Q2, come B; ma prima aveva scritto: el papa
n. 17 — B, voglie [non] oneste — Q2, voglie non oneste.
n. 18 — B, male si ha o conserva — Q2, male si conserva
— B, debbono gli uomini... ed autoritá — Q2, bisogna cercarne (poi l’A. cancellò bisogna e aggiunse li omini virtuosi, dimenticando il verbo), ma con tale misura e via che basti allo effetto di mantenere la reputazione ed autoritá. n. 19 — B, El popolo... capace — Q2, El popolo nostro di Firenze è povero e desidera assai le ricchezze, e per questo non è capace.
n. 20 — B, de’ cittadini; però... palazzi. — Q2, de’ sua cittadini; e però si doverrebbe guardare ognuno da non volere che nella cittá sua si murassino tali palazzi.
n. 21 — B, che vivono nelle — V, che amano le
— B, per averne uno — Q2, per averlo uno
— B, si peggiora, non essendo in potestá — Q2, si va piggiorando, perché non è in potestá
n. 22 — B, però quando uno... tirannide. — Q2, e però fatto che è uno grande maestro, è da tenerlo con piú sicurtá si può né da muoverseli contro se non a partiti vinti.
n. 23 — B, può facilmente procedere per accidente — Q2, può procedere per qualche accidente
— B, né’ ricchi... povero. — Q2, ne’ ricchi è solo per natura, e però è da biasimare molto piú quando è in uno ricco che quando è in uno povero.
n. 32 — B, eccitando — V, invitando
n. 33 — B, Tutte... non volere. — Q2, Li omini sono fallacissimi; e però la vera sicurtá di non essere danneggiato da uno debbe essere fondata in su che e’ non possa, non in su che e’ non voglia.
n. 35 — B, Questi ricordi... discrezione. — Q2, Le regole si truovano scritte in su’ libri; e’ casi eccettuati sono scritti in sulla discrezione.
n. 49 — B, Conviene... la necessitá — Q2, Non communicate e’secreti vostri se non per necessitá, perchè vi fate schiavi di coloro che li sanno, ed inoltre el sapersi vi può nuocere, e quando pure la necessitá
n. 50 — B, Lo sfogarsi... piaceri — Q2, Lo allargarsi qualche volta o per dire meglio lo sfogarsi de’ piaceri

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n. 50 — B, se bene è molto — Q2, ma è molto
n. 55 — B, con molta sicurtá — V, con troppa sicurtá
n. 65 — B, padre che a me occorreva una altra — V, padre una altra
n. 70 — B, ne’piccoli; segue canc.:, né si può col giudicio solo benché perfettissimo aggiugnere sanza essa
n. 74 — B, tu puoi o [non] puoi fare — V, tu puoi fare
n. 90 — B, Credono molti... a correre. — Q, Pochissimi savi sono animosi, non perché la animositá sia contraria alla sapienzia, ma perché uno savio, conoscendo e’ pericoli, teme; e sono pochi che vedendo e’ pericoli abbino congiunta la virtú di non gli stimare se non quanto è ragionevole: è adunche in uno savio mancamento el non essere animoso, anzi non è perfettamente savio quello che, vedendo e’ pericoli, li stima piú che e’ non meritano.
Solo e’ savi sono animosi; li altri sono o temerari o inconsiderati. Qui finisce Q1; Q2 continua: e però si può dire che ogni animoso è savio, ma non giá che ogni savio è animoso.
n. 95 — B, né ci è potestá che — V, né ci è potestá temporale che
n. 138 — B, con maggiore animo — V, con maggiore confidenzia
n. 171 — B, ho visto spesso giudicare — V, vi dico che spesso giudica
n. 173 — B, per camminare spesso le cose — V, per essere spesso e’ moti delle cose
n. 176 — B, fare o ordinare tutto — V, fare tutto
— B, altre legge e altri ordini — V, nuove legge e nuovi ordini
n. 180 — B, libertá; verbigrazia... cose; perché — V, libertá; perché
— B, la libertá non si può — V, la non si può

Serie seconda.

n. 4 — C, pure che non manchino al — V, non mancando mai al
n. 8 — C, uno uomo solo, ingiuriarne molti. — V, una persona sola ingiuriarne molte.
n. 10 — C, l’accidentale — V, el naturale (l’aggiunta)
n. 12 — C, simili, benché... parole, si truovono — V, simili, si truovono — C, osservazione — V, osservanzia
n. 14 — C, giovano, e gli... in tempi — V, giovano in tempi
n. 16 — In C: al quale... assomigliarsi? è agg.
n. 21 — C, e’ quali lui non è capace di reggere — V, de’ quali lui non è capace
n. 22 — In C: o propinquo... potevi avere è agg.
n. 28 — C, mollizie — V, ignavia
n. 29 — C, che prima — V, che mai
— C, a pigliare terre — V, a combattere con terre

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n. 33 — C, terzo erede; e se... acquistate. Dissemi — V, terzo erede. Dissemi
— C, la ragione; segue canc.: essere che le gode chi l’ha male acquistate e non l’erede
— C, nel terzo erede — V, in quegli eredi
n. 40 — C, quello di che tu — V, quello che tu
n. 48 — A questo ricordo segue in C canc.: Dua pontefici abbiamo veduti di diversa natura, Iulio e Clemente, l’uno impetuoso, l’altro pazientissimo.
n. 53 — In C: di quello... acquistare è agg.
n. 60 — C, infelicitá e tormento; perché — V, infelicitá; perché
n. 63 — C, desiderio, dolere... giovani; la ragione — V, desiderio; la ragione
n. 64 — C, a difesa di Milano — V, a difesa delle terre
— C, l’arte del difendere — V, l’arte del sapersi difendere
n. 71 — C, quasi certe — V, molto certe
— C, hanno, per essere... ed anche sono — V, hanno el moto suo piú lento e sono
n. 80 — C, perdere o male usare uno — V, perdere uno
n. 91 — C, capo che la giustizia di Dio conporti che e’ figliuoli — V, capo che e’ figliuoli
n. 97 — C, di questo detto — V, di questo proverbio
In C: da quello che molti desiderano è agg.
n. 99 — C, fa piú a sicurtá — V, fa piú a discrezione
n. 104 — C, ma è molto — V, e nondimeno è molto
n. 105 — In C: e questo bisogna... non cognoscere è agg.
n. 107 — C, non nascere — V, non essere
n. 114 — C, sopra le cose che occorrono — V, sopra a qualche accidente
n. 116 — In C: e questo ricordo... in fatto è agg.
n. 117 — C, buono e perspicace occhio — V, buono occhio ed acuto
n. 120 — C, necessitati — V, constretti
n. 121 — C, in sulla speranza — V, in sul fondamento
n. 134 — C, le occasione; segue canc.: delle corruttele
n. 135 — C, uomo, ma bestia o monstro; poi che — V, uomo; poi che
n. 136 — C, procede perchè — V, la ragione è che
n. 139 — C, Sono adunche; segue canc.: e’ cattivi governi
n. 143 — C, scrivere molte cose — V, scrivere le cose
n. 148 — C, per ogni dí — V, per uno dí
n. 132 — C, e però interviene — V, e di questo interviene
— C, si conducono a; segue canc.: sostenere
— C, nelle parzialitá — V, nelle parte
n. 162 — C, che le sarebbono tarde — V, che le non sarebbono a tempo

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n. 166 — Precede canc.: Chi va a offendere altri, verbigrazia a campo a una cittá, ancora che sia prudente ed esperimentato capitano, non immaginerá mai le difese che faranno quelli di drento, perché la industria di chi si vede in pericolo si assottiglia e piglia rimedi non mai pensati.
n. 169 — C, stretto, o sotto uno principe, che — V, stretto, che
n. 172 — C, le entrate e le utilitá, perché — V, le entrate, perché
n. 175 — Precede canc.: Uno principe, e molto piú uno governatore di popoli, cioè magistrato
n. 177 — C, uno ha fatto con violenzia uno scandolo — V, uno ha fatto uno scandolo
n. 178 — C, in tutte le cose — V, in ogni cosa
n. 180 — C, Le guerre — V, Le imprese ancora
n. 188 — C, tanto piu presto... trarne frutto — V, tanto manco la godi e ne cavi frutto
n. 190 — C, per ricordo — V, per proverbio
— C, posto el viso — V, dato (fatto)
n. 197 — C, ricordo di fare; segue canc.: bene le medicine
n. 199 — C, quando agli uomini pare che voi cognosciate — V, quando gli uomini vi veggono cognoscere
n. 203 — C, e’ sudditi — V, e’ popoli
n. 206 — C, è insino a curare — V, è curare
n. 211 — C, dico quella cosa — V, cioè quella cosa
n. 212 — C, tutti quelli mali; segue canc.: massime circa la rapacitá
n. 213 — C, In C: ricordandosi... da ogni parte è agg.
n. 216 — C, maneggiano drento; segue canc.: e come in una commedia è lodato cosí chi porta bene la persona del servo come chi porta bene quella del re, del padrone

IV. Tavola di raffronto dei Ricordi.

(Poniamo qui a raffronto i ricordi della serie C coi corrispondenti di B, di Q1 e Q2, e per comoditá dello studioso segnamo a fianco dei numeri di B quelli corrispondenti dell’edizione Canestrini; per questo lavoro abbiamo seguito le accuratissime tavole compilate dal Barbi nel suo studio.)

C B Q1 Q2 C B Q1 Q2
1 5 39 (Ca 261)
2 24 (Ca 246) 40 (Ca 262)
3 6 35 (Ca 257)
69 (Ca 291) 121 (Ca 343) 11
4 137 (Ca 358) 7 88 (Ca 310)

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8 62
9 100 (Ca 322) 63 63 (Ca 285)
10 71 (Ca 293) 65-65
11 43 (Ca 265) 66 106 (Ca 328)
12 67 122 (Ca 344)
13 78 (Ca 300) 68 15 (Ca 237) 17
14 44 (Ca 266) 16 (Ca 238)
15 59 (Ca 281) 69 116 (Ca 338)
16 60 (Ca 282) 70 61 (Ca 283)
17 57 (Ca 279) 71 140 (Ca 362)
18 79 (Ca 301) 72 34 (Ca 256)
19 158 (Ca 380) 73-75
20 55 (Ca 277) 76 114 (Ca 336)
21 77 51 (Ca 273)
22 177 (Ca 399) 78 117 (Ca 339)
23 96 (Ca 318) 79 76 (Ca 298)
24 42 (Ca 264) 80 142 (Ca 364)
25 41 (Ca 263) 81
26 86 (Ca 308) 82 25 (Ca 247)
27 33 (Ca 255) 18 83 75 (Ca 297)
28 124 (Ca 346) 84 99 (Ca 321)
29 131 (Ca 353) 85 138 (Ca 360)
30 86 130 (Ca 352)
31 52 (Ca 274) 87 73 (Ca 295)
32 1 (Ca 223) 1 1 88 48 (Ca 270)
33 65 (Ca 287) 89 144 (Ca 366)
34 103 (Ca 325) 90 104 (Ca 326)
35 91 107 (Ca 329)
36 87 (Ca 309) 92
37 47 (Ca 269) 93 94 (Ca 316)
38 154 (Ca 376) 94 134 (Ca 356)
155 (Ca 377) 95 89 (Ca 366)
39 66 (Ca 288) 96 90 (Ca 312) 8 e 9 8 e 9
40 74 (Ca 296) 97 30 (Ca 252)
41 85 (Ca 307) 98 82 (Ca 304)
42 99
43 118 (Ca 340) 100 83 (Ca 305)
44 2 (Ca 224) 2 2 101 82 (Ca 304)
45 164 (Ca 386) 102
46 38 (Ca 260) 103 81 (Ca 303)
47 91 (Ca 313) 104 45 (Ca 267)
48 95 (Ca 317) 46 (Ca 268)
49 105
50 54 (Ca 276) 106 166 (Ca 388)
51 53 (Ca 275) 107
52 126 (Ca 348) 108 152 (Ca 374)
53 127 (Ca 349) 109 143 (Ca 365)
54 169 (Ca 391) 110-112
55 56 (Ca 278) 113 68 (Ca 290)
56 162 (Ca 384) 114-117
57 145 (Ca 367) 118 105 (Ca 327)
58-59 119 165 (Ca 387)
60 115 (Ca 337) 120 22 (Ca 244)
61 77 (Ca 299) 121-126

[p. 385 modifica]

 
C B Q1 Q2 C B Q1 Q2
127 28 (Ca 250) 166-171
128 97 (Ca 319) 172 92 (Ca 314)
129 128 (Ca 350) 93 (Ca 315)
130 173 72 (Ca 294)
131 84 (Ca 306) 174 37 (Ca 259)
132 175
133 102 (Ca 324) 176 146 (Ca 368)
134 3 (Ca 225) 3 3 177-181
135 4 (Ca 226) 182 172 (Ca 394)
136-137 183
138 80 (Ca 302) 184 49 (Ca 271) [26]
139 50 (Ca 272) [27]
140 123 (Ca 345) 185
141-143 186 13 (Ca 235) 15
144 129 (Ca 351) 187
145 98 (Ca 320) 188 175 (Ca 397)
146-154 189-208
155 171 (Ca 393) 209 67 (Ca 289)
156-157 210-214
158 168 (Ca 390) 215 62 (Ca 284)
159-161 216 151 (Ca 373)
162 172 (Ca 395) 217-219
163 36 (Ca 258) 220 108 (Ca 330)
164 221
165 133 (Ca 355)

Ricordi di B che si trovano in Q1 e Q2.

B Q1 Q2 B Q1 Q2
1 1 1 15-16 17
2 2 2 17 19
3 3 3 18 20
5 4 4 19 21
6 5 5 20 22
7 6 6 21 24
8 7 7 22 25
9 10 10 23 [28]
10 11 12 33 18
11 12 13 35 11
12 14 49-50 [26]-[27]
13 15 70 23
14 16 90 8 e 9 8 e 9



  1. Tutte le opere storiche e letterarie di N. Machiavelli, a cura di G. Mazzoni e M. Casella, Firenze, 1929.
  2. F. Guicciardini, Dialogo e discorsi del reggimento di Firenze, Bari, 1932, p.357.
  3. Corr, su: animo timido.
  4. Corr. su: tutti gli uomini.
  5. Corr. su: laude.
  6. Segue canc.: propone in consulta.
  7. Corr. su: sapere.
  8. Segue canc.: rara.
  9. Con un altro re, aggiunto.
  10. Corr. su: troverrá.
  11. Corr. su: ha avuto assai.
  12. I nn. 1, 2, 3 sono cancellati dall’autore.
  13. Guichardin historien et homme d’État, Marsiglia, 1862.
  14. Abbiamo tolto dal titolo di quest’opera i due aggettivi «politici e civili», che il Canestrini dette loro di sua iniziativa, e che non corrispondono che in parte alla materia di questi «avvertimenti» o «consigli».
  15. Counsels a. Reflections of F. G. transl. from the Italian, Londra, 1890.
  16. F. G., sa vie publique et sa pensée politique, Parigi, 1926, p. 5.
  17. Ricordi politici e civili, Firenze, 1929.
  18. Le piú belle pagine di F. G., Milano, 1931.
  19. Si vedano per es. i nn. 62 e 177 della Serie prima.
  20. Ora pubblicato in Studi di filologia italiana, v. III, p. 163 sgg., Firenze, 1932.
  21. Non si può a meno di pensare, come a curiosa coincidenza, che anche nella copia secentesca degli Avvenimenti conservata nell’archivio Guicciardini (Filza XIX), l'ultimo gruppo di essi è sicuramente apocrifo.
  22. Il Guicciardini non interrompeva la sua operositá di scrittore neppure nei momenti piú agitati della sua vita, ma in quei momenti attendeva a lavori di maggiore importanza, e la fatica di raccogliere quelle sue massime rimetteva ai periodi di quiete.
  23. Più consigli et avvertimenti di M. F. G., Parigi, 1576.
  24. Considerazioni civili sopra l'Historie di M. F. G. ecc. con CXLV Advertimenti di M. F. G. nuovamente posti alla luce, Venezia, 1582.
  25. Biblioteca Nazionale di Firenze, ms. II, i, 386.
  26. Ivi, ms. II, ii, 208.
  27. Ivi, ms. II, ii, 219.
  28. Altri casi equivoci di lettura che si possono attribuire alla scrittura di B sono nei ricordi 39, 92, 146.