Pagina:Guicciardini, Francesco – Scritti politici e ricordi, 1933 – BEIC 1844634.djvu/369


nota 363

gli eserciti vostri erano depressi, che nuova guerra gli era accesa nel regno di Napoli spogliato allora di governo e di arme, che ognuno temeva piú di qualche mina che sperassi la vittoria, e chi aveva piú franco animo giudicava che non si potessi avere vittoria se non sanguinosissima e piena di piaghe, in questi frangenti e difficultá si è intesa la vittoria cosí facile, cosí piena, cosí perfetta da ogni banda che nessuno arebbe saputo desiderare meglio; è stato rotto lo esercito inimico, fatto prigione el re, presi o morti tanti baroni e signori grandi, dissipata tutta la gente, e questo in spazio si può dire di una ora, con tanto poco sangue, con tanto poco danno de’ vincitori che io dubito che apresso a’ posteri troverrá tanto poco di fede quanto apresso a’ presenti ha avuto assai di ammirazione. Le quali cose se bene s’abbino a attribuire alla felicitá e fortuna inestimabile di Vostra Maestá, alla fede, virtú ed esperienzia de’ suoi capitani e de’ suoi soldati, che non sono stati spaventati da’ pericoli né vinti dalle difficultá, in modo che meritano singolarissima laude, nondimanco sono certo che Vostra Maestá che è religiosissima cognosca, e gli altri non possono negare, che tutto sia principalmente proceduto dalla grazia di Dio, el quale abbia a qualche buono fine voluto dare a quella una vittoria di tanto momento, la quale non ci inganniamo, secondo e’ termini in che si era, né forze né ingegno umano bastavano a acquistare

3. La potestá della fortuna, gloriosissimo imperadore, è tale e cognosciuta tanto da ognuno1, che essendo noto che e’ príncipi grandi sono sottoposti a quella come gli altri uomini, non gli diminuisce di fama2 e di onore el venirgli qualche infelicitá se in quella si governano laudatamente, perché la laude ed el biasimo loro non depende dagli effetti della fortuna a’ quali nessuno può resistere, ma da quello che è in sua potestá, cioè el modo del procedere e governarsi; e cosí pel contrario una felicitá che sopraviene a uno principe lo fa piú presto grande che glorioso, perché la laude e la gloria sua bisogna che nasca non da quello che è in potestá della fortuna, ma da quello che depende da lui medesimo, cioè usare quella felicitá laudabilmente. Però Vostra Maestá, prudentissimo in questo come in tutte le altre azione, cognoscendo che la sua gloria ha a nascere da sé medesima3, dimanda consiglio come sia da usare questa materia. In che io non mi ritirerò di dire liberamente el parere mio, ancora che io mi persuada che sará reietto da questi miei onorandi collegi, che io mi confido che Vostra Maestá, la quale ha l’animo imperiale e veramente capace di tanta generositá e grandezza quanta conviene a potere4 usare la sentenzia che io proponerò e che
  1. Corr. su: tutti gli uomini.
  2. Corr. su: laude.
  3. Segue canc.: propone in consulta.
  4. Corr. su: sapere.