Pagina:Guicciardini, Francesco – Scritti politici e ricordi, 1933 – BEIC 1844634.djvu/364

358 nota

in Roma, l’altro ha el titolo dello imperio di quella, e come el papa pretende che la cura spirituale sia tutta sua, cosí lo imperadore pretende essere lui amministratore di tutto el temporale. Sono queste dua cure nomi ed effetti diversi, ma tanto bene corrispondono e quadrano l’una coll’altra, che e’ príncipi hanno sempre cercato di unirle quanto hanno potuto: però ed e’ pontefici pigliano spesso piú della autoritá temporale che non ricerca lo officio loro, ed e’ principi sempre quando hanno potuto si sono fatti padroni dello spirituale. Apresso gli Ebrei el piú delle volte uno medesimo era re e pontefice massimo, e se altri era el pontefice, era creato dal re e da lui dependeva; chi era Cesare apresso a’ romani era anche pontefice massimo. Non hanno patito gli ordini della religione nostra questa congiunzione, ma gli antichi imperadori, mentre ebbono la potestá, o vollono loro eleggere e’ pontefici, o almanco non permettevano che chi era eletto pontefice esercitassi el pontificato se non fussi confermato da loro, in modo che quanto agli effetti si poteva dire che el pontificato dependessi da loro. Che sicurtá adunche, che certezza poteva avere Clemente da Cesare, in chi non solo è el nome cesareo ma le ragione e la autoritá degli antichi Cesari e la potenzia simile agli antichi, non aspirassi a restituire lo imperio in quella antica maestá ed autoritá, a restituire alla corona imperiale la sua pristina degnitá, a volere abbassare la autoritá de’ pontefici, spogliargli di parte almanco del temporale, non tanto per cupiditá di appropriarsi quelle terre quanto perché deprimendo la potenzia loro, si toglieva uno de’ piú potenti ostaculi a conseguire el dominio di Italia? Ma non mancavano ancora cause piú particulari e piú fresche di sospetto, perché se bene Clemente, mentre era cardinale, vivente Leone e poi, fussi stato grandissimo fautore della potenzia di Cesare in Italia, nondimeno assunto al pontificato, aveva tenuto piú presto grado di padre commune, e di poi quando el re di Francia, avendo difeso Marsilia, passò personalmente in Italia, preso che ebbe Milano, el papa fece convenzione con lui, la quale se bene non contenessi altro che promessione di stare neutrale, generò nondimeno apresso a Cesare ed e’ capitani suoi di Italia suspizione e querele assai sí perché quando bene non avessi contenuto altro, toglieva riputazione in quello tempo alle cose di Cesare, sanza che molto dubitarono che la non contenessi maggiori effetti e che almanco lui non fussi stato autore a’ viniziani confederati loro che permettessino el medesimo al re di Francia. Le quali suspizione si accrebbono per le munizione che el duca di Ferrara mandò al re, quale el papa lasciò passare per quello di Parma e Piacenza, e molto piú per la andata del duca di Albania alla impresa del regno di Napoli, che non solo fu ricettato ed onorato come amico per tutto el dominio della Chiesa e de’ fiorentini, ma ancora a richiesta del papa si fermò in quello di Siena per rimettervi e’ fuorusciti, il che se bene el papa procurassi per divertire o allungare la impresa di Napoli, pure come è natura degli uomini tra’ quali sono cominciate le suspizione,