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nota 357

sicurtá di Italia; ma non si concludendo né l’una né l’altra perché in Cesare non si vedeva disposizione di lasciare lo stato di Milano, ed el partito della lega quanto pareva necessario tanto essendo giudicato pericoloso, perché si dubitava che e’ franzesi procedendo con poca fede non facessino la lega con Italia per ottenere piú facilmente da Cesare con accordo particulare la liberazione del suo re, si ridussono le cose in grado che Cesare, vedendosi necessitato o restituire el ducato di Milano al duca Francesco, il che in modo alcuno non voleva fare, o pigliare in uno tempo medesimo la guerra con tutti, il che reputava pericolosissimo, o dividere questa unione con lo accordare con qualcuno di loro, avendo eletta questa via, rifiutate le dimande del papa che non tendevano a altro che alla sicurtá di Italia, messe el re di Francia in libertá, avendo tra gli altri capitoli ottenuto da lui la cessione dello stato di Milano, promessa di non si intromettere piú nelle cose di Italia ed obligazione di aiutare con certo numero di galee, di gente d’arme, di fanti, la venuta sua in Italia per la corona; el quale accordo fu tanto pieno per Cesare che andando innanzi non si dubitava che l’anno medesimo verrebbe in Italia e che di quella provincia potrebbe disporre a sua discrezione. Ma ritornato el re in Francia, si intese subito che, ancora che avessi dato el primogenito e l’altro figliuolo per statichi a Cesare, nondimeno che per parergli le condizione dello accordo troppo grave, era inclinato a non lo osservare ed offeriva fare lega col papa e cogli altri di Italia per ottenere con le arme condizione che fussino oneste per tutti, e nel tempo medesimo el duca di Milano assediato in castello significava non potersi tenere lungamente perché gli mancavano le vettovaglie, e Cesare aveva mandato una forma di capitulazione al papa, nella quale restava libero a lui disporre del ducato di Milano e lo disegnava per el duca di Borbone. Venne adunche el papa in necessitá di deliberarsi o di accettare uno accordo che stabiliva Cesare padrone di Italia, o faccendo lega col re di Francia e viniziani, nella quale si sperava che entrassi el re di Inghilterra che molto confortava el papa a questa deliberazione, pigliare la guerra, o differendo el risolversi essere cagione che el castello di Milano e di Cremona, che soli restavano al duca Francesco, si perdessi, e che forse el re di Francia, mancandogli la speranza di questa congiunzione, si riducessi a essere d’accordo con Cesare. Nella quale deliberazione combattendo dall’uno canto la natura sua che fu aliena dallo entrare nelle guerre e ne’ pericoli, da altro la paura di tanta grandezza di Cesare, giudicò finalmente essere necessario abbracciare piú presto la guerra con la compagnia di tanti principi, che solo, sotto nome di pace, restare in tutto a discrezione di Cesare. Le ragione che lo mossono a temere di lui furono molte. Prima le antiche e generali che la potenzia degli imperadori suole essere perniziosa a’ pontefici: ha mostro questo communemente la esperienzia che rare volte tra queste due supreme potestá è stata vera unione e concordia; mostralo non manco la ragione perché l’uno risiede