Prediche volgari/Predica XXXIX

Predica XXXIX

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Predica XXXVIII Predica XL

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XXXIX.

In questa reprende l'abominabile peccato
della maladetta soddomia.

Timete Deum (Iterum, ubi supra). Temete Idio, chè ei ci è ben da temere, massimamente ora per li pecati che oggi si fanno, e’ quali pecati so’ quelli i quali fanno più provocare Idio a ira, che altri pecati. Io vorrei che mi costasse una meza libra di sangue e oggi fusse domenica, perchè ci fusse più popolo a udire, ma non si può ora più. Temete Idio, o cittadini, temete Idio; che se voi intendeste quello ch’io intendo io, voi témareste più che voi non temete. Che quando io considero le parole che Davit profeta ha detto per lo popolo di Siena a xiij salmi; io ho grande paura di voi. Dice: Corrupti sunt et abominabiles jacti sunt in studiis suis: non est qui faciat bonum, non est usque ad unum: — Ellino so’ corrotti e abominevoli fatti nelli studii loro, e non è chi facci bene, non è insino a uno. — Insino a uno, dice! Immè temete Idio, popolo sanese, che odi che solamente uno non ci è che facci bene! Volesse Idio che voi ci aveste menati stamane i vostri figliuoli! Voi non avete fatto bene a no menarceli. — A casa.

Se tu poni un poco lo intelletto al parlare di David, tu puoi come uno spiracolo1 intèndare quello che e’ vuol dire. Prima, che tu debbi temere Idio. La cagione è per [p. 254 modifica] lɔ peccato che tu fai, el quale è contra a Dio e contra a la volontà sua. E chi quello a cui è detto? È detto al pecatore. A chi? A tutti; però che elli dice che non è chi facci bene insino a uno. Non ce n’è appena uno, che non sia involto nel pessimo e pestifero peccato de la maladetta sodomia. E però contra al detto vizio sarà il nostro dire, e vedremo per fondamento tre cagioni, per le quali Idio ha più in odio questo pecato, che alcun altro.

Prima si è per la sua maladetta corruzione. Corrupti sunt.

Siconda, per la sua abominazione. Et abominabiles facti sunt in istudiis suis.

Terza, de la sua reprobazione. Non est qui faciat bonum: non est usque ad unum.

Stamane m’avedrò se ci sarà niuno che abbi voglia di far bene. Io ne predicai già altra volta poco fu tenuto a memoria, subito passò via, come il molle dell’aqua benedetta. Non giovò quasi nulla: subito andò via. Vediamo a la distesa quello che noi ne potiamo dire.

Prima vediamo le condizioni abominevoli di questo pessimo pecato, tanto dispiacevole a Dio; come e dove elle so’ fatte. In altro luogo Davit ce le mostra e dice così. (O tu che scrivi, pone mente, e scrivele partitamente). Alienati sunt peccatores a vulva (non si dirà ogni cosa in volgare): erraverunt ab utero: locuti sunt falsa. Furor illis secundum similitudinem serpentis: sicut aspidis surdae et obturantis aures suas: quae non exaudiet vocem incantantium et venefici incantantis sapienter (A lvij salmi). Elli sarà cosa ch’io non dirò in vulgare, e sarò inteso da chi io voglio. Alienati sunt peccatores a vulva: erraverunt ab utero: Eglino hanno errato dalla vulva. — [p. 255 modifica] O tu che dici l’Ufizio de la Donna, dice: — del ventre hanno errato. — Loculi sunt falsa: — Hanno parlato il falso. — Furor illis secundum similitudinem serpentum: — El furore loro è a modo che similitudine di serpenti: — sicut apidis surdae: — Come l’aspide sordo, che si tura l'orechie sue, — quae non esaudiet vocem incantantium: — che non esaudirà le voci dello incantatore; — et venefici incantantis sapienter: — E’ veleni delli incantatori, — cioè del tintore che incanta. Ne le quali parole, se bene ci guardi dentro, ci vedi sette condizioni riprovate da Dio ne le maladette menti di questi sodomitti. E sta questa altarità così bene in costoro, come sta la gemma nell’anello, ed è tutta tutta a nostro proposito. Or notale.

La prima, che so’ in insania o vuoi in rabbia: Alienati sunt peccatores a vulva.

La siconda, so’ in corruttela; erraverunt ab utero.

La terza, in falsità: locuti sunt falsa.

La quarta, so’ in furia. Furor illis secundum similitudinem serpentis.

La quinta è dureza: sicut aspidis surdae.

La sesta è superbia: obturantis aures suas, quae non exaudiet vocem incantantium.

La settima è impenitenzia: et venefici incantantis sapienter.

Or starai a udire stamane nuove canzoni2 de’ maladetti nemici di Dio. O benedetti figliuoli picoletti che ve n’andaste per la morìa, che almeno non fuste voi contaminati di tal pecato3. Voi state dinanzi a Dio, e cantate quello canto con lui insieme, che nol può cantare se non solo i vergini. Che considerando io come Siena [p. 256 modifica] sta male di quelli che ci so’, starebe anco male e peggio di quelli che si sarebero anco contaminati, che non ci so’; però che il Salmista dice: Non est qui faciat bonum: non est usque ad unum: Infino a uno solo non ci è che faccia bene. Oimmè! Se e’ non ce n’è a pena uno, come sta male questa città! Consideralo tu. Ora, a casa. Vediamo queste sette iniquità.

Prima, dico, che è rabbia o insania. Alienati sunt peccatores a vulva. Alienati sai che vuol dire? Vuol dire che elli non ci è, sai4; come questo uno va favellando da sè a sè per via, che non pensa in altro. Elli non ci è! Elli va facendo così co le dita e col capo, e tu li passi dinanzi, e non ti vede. Talvolta el saluti, e egli non ti intende: tu puoi dire che egli non ci è! E inde Alisandro, sponendo il salterio dice: nullus est a vulva ec., cioè che attendono a altra faccenda. Questi tali so’ di lònga, e non odono e non t’intendono e non vegono quello che lo fa di bisogno. Non so’ presso a la salute dell’anima loro, anco so’ alienati. Non dice: ellino so’ alieni diventati, ma alienati: so’ fuore de la buona via. Inde Ieremia5 a xxiij cap.: Fornicata est super me Oolla, et insanivit in amatores suos. Io non posso dire per volgare ogni cosa: La pignatta ha fornicato sopra di me, dice Ieremia, ed è impazata nelli amadori suoi. Dice: la pignatta ha fornicato: vuol dire che la pignatta, sai, che tégne tutti coloro che la tocano; e però chi la tóca, subito tégne l’anima. Non è peccato al mondo che più ténga l’anima, che quello de la sodomia maladetta; el quale peccato è stato detestato sempre da tutti quelli [p. 257 modifica] che so’ vissuti sicondo Idio: fra’ quali Ieronimo sopra Iustiniano nel suo primo libro contra Iuvenale; e non credo ch’io vedesse mai la più bella alturità. E però tu che scrivi, scrivela bene, ch’io te la dirò per modo che tu la inténdarai, e anco poi te la ridirò perchè tu la pigli bene. Amor formae rationis oblivio est et insaniae proximus; foedum minusque animo sospiti conveniens vitium, turbat consilia, altos et generosos spiritus frangit, a magnis cogitationibus ad infimas trahit: quaerulos, iracundos, temerarios et dure imperiosos, serviliter blandos, omnibus denique inutiles; et ipsi novissime amori faciunt; et dum fruendi insatiabili cupiditate flagrantur, et sequitur non ratione utitur, sed furore. Tòlle il volgare per essere meglio inteso. L’amore de la forma d’un bel garzone si è uno dimenticamento de la ragione, sì e per sì fatto modo, che colui che ama è allato a lo impazare e alienare. E però dice: insaniae proximus. A la pazia, a la pazia! Foedum minusque animo sospiti conveniens vitium: cioè, è uno vizio tanto brutto, che non si conviene all’animo savio e gentile. E però colui che va dietro a questo errore, pónvi mente che egli va dietro al giovane, come va il cane dietro a la cagna, che non può passar per via che egli non gli vada dietro. O fuoco pennace, che non discendi tu sopra questi tali! O maladetti madri e anco voi padri, che stamane non ci avete menati tutti e’ vostri figliuoli! Turbat consilia ec.: turba i consigli di coloro che ârebbero li intelletti alti e grandi; quali consigli gli riduce ai piacer loro, e non a le cose ragionevoli. La cagione si è perchè ellino so’ accecati; e dove ârebboro i pensieri loro alie cose alte e grandi, come quelle che hanno l’animo magno, gli rompe e gli fracassa e riduceli a vili cose e a disutili e fracide e putride, e mai questi tali non si possono contentare. O donna, pónvi mente, che mai nol potrai [p. 258 modifica] contentare, se egli è involto in quello vizio! Di ciò che tu fai, sempre se ne lagna, sempre: quando egli torna a casa, torna turbato co la rabbia nel capo, e non si cura nè del giudicio di Dio, nè dell’onore del mondo. Egli sta sempre pieno6 di stiza e di turbazione, e sempre teme e ha paura di non venire in disgrazia del fanciulletto tristo. E però tu, donna, fa’ che tu t’ingegni con dolci parole di trarnelo fuore, quando tu puoi.

Dure imperiosos. Tutto si vorrebbe che fusse dolce e morbido ne la casa, e egli è tutto il contrario. Egli è iracundo, egli è superbo, egli è temerario; egli teme e non teme; cioè, che ciò che fa, fa a la pazzesca. Io udii7 qui quando io mi partii, che al tutto voi vi savate amendati. Non dico così io: anco dico che voi ci sête più involti che mai: mai non fuste tanto gattivi, quanto voi sête ora. E però non vi so’ dire altro, se non che a voi si conviene il giudicio di Dio.

Serviliter blandos. Servilmente ubidisce il fanciullo, e ciò ch’è egli può fare, fa a petizione sua; e in questo vizio sta involto insino ch’egli è vechio; sì che mentre che egli vive, è inutile.

Inutiles et novissime amori faciunt: che si lassa guidare insino che è vechio a questa maladetta usanza e gattiva e a questa sua rabbia; e poi quando è vechio, se pure si ricognosce, e elli vede come eli aveva abandonata la ragione e seguito il vizio. E qui hai il primo: Alienati sunt peccatores a vulva. Non è stato altro che la rabbia.

Siconda condizione malvagia si chiama coruttela. Erraverunt ab utero. E questo ha tre intelletti. [p. 259 modifica]

Prima, erraverunt ab utero: Eglino hanno errato dal ventre; perchè hanno imparato dal padre loro, che è sodomitto.

Anco erraverunt ab utero, perchè il padre e la madre potrebbono levar via che quello peccato non si facci più, e se ne stanno queti per paura di scandolo, eccetera: tu m’intendi bene! Oimmè, padre e madre, sì che tu consenti che tal peccato si commetta per uno picolo contento di robba o di denari! Guai a te e anco a te! Di te dice Ieremia al vij cap.: Filii colligunt ligna, et patres succendunt ignem, et mulieres conspergunt adipem, ut faciant placentas reginae coeli: I figliuoli colgono le legna, e li padri vi mettono il fuoco dentro, e le madri cospargono le schiacciate a la reina del cielo. Sì che tu padre e madre aiti a cacciare il tuo figliuolo a casa del diavolo. Guai, guai a te: io te l’annunzio di qua: poi il provarai di qua e di là.

Sicondo intelletto: Erraverunt ab utero: Eglino hanno errato dal ventre, dice David ai Taliani. Doh, dimmi: hai tu veduta Italia come ella sta nel Lappamondo8? Or pónvi mente: ella sta propio propio come uno ventre. Eglino hanno errato tutt’i Taliani. O fuoco di Dio, come non discendi tu di cielo, a ciò che tu dibrugi tutti questi paesi! Tutta questa patria si può chiamare madre di questo peccato, però che non s’ode di niuna parte [p. 260 modifica] del mondo tanto contaminata, quanto questa. O Italia, aspettane vendetta. O Sodoma, o Gomorra con quelle altre città, perchè fusti tu sommersa? Qual fu la cagione? Erraverunt ab utero: — Perchè errarono dal venire. — Simile hanno errato in questa patria. Oimmè, o non ponete voi mente, che se voi fate a questo modo, che mai non si spegno questo vizio senza il giudicio di Dio? Al modo che voi fate, non vedete voi che l’uno lo insegna a l’altro? Se almeno i grandi non se ne sanno rimanere o non voglino, almeno i fanciulli m’intendano! O fanciulli, fate che voi non consentiate mai a questo pecato tanto dispiacente a Dio, che per suo giudicio fece sonnabissare tante città per solo questo peccato. Doh, non voliate usare nè praticare nè parlare con questi tali; che se voi usarete o praticarete con loro, possono tanto operare in voi per lo tanto grande peccato che quello è, che possono essere cagione di pericolarvi e l’anima e ’l corpo, come fu cagione a quelli fanciulli, uomini e donne, picoli e grandi, come è scritto nel Genesis a xviiij cap. Prima che quelle città fussero disfatte, furono mandati due angioli a Lot, e’ quali gli dissero come andavano per disfarle, e che lui si partisse d’inde; e quando eglino entrarono ne la casa di Lot, furono veduti entrarvi, subito fu sparsa la voce, come Lot aveva in casa due bellissimi giovani. E ragunârsi molti, e andaro la sera a casa di Lot e vechi e giovani, per insino a’ fanciulli, e bussarono dicendogli: — dàcci questi due giovani che tu hai in casa, che noi voliamo pecare con loro. — Allora Lot, udendo e sapendo i modi loro, perchè temeva Idio serrò l’uscio molto bene, acciò che costoro s’andassero via. E non bastando questo, costoro incominciaro a rómparli l’uscio e minacciare Lot. Allora vedendo Lot la loro pessima intenzione, e perchè non [p. 261 modifica] facessero quello peccato, disse: — Io ho qui in casa due mie figliuole; io ve le voglio dare, e fatene a vostro modo, e lassate stare questi due giovani servi di Dio. — Eglino non volendole, ma stando pertinaci, minacciaro Lotto9. Allora gli angioli operaro la virtù di Dio, che tutti costoro che volevano peccare con questi angioli, diventaro quasi senza sentimento; che non sapevano come si potesse entrare in casa di Lot, nè mai poterono trovare l’entrata; operazione di Dio fu questa. Credi che Lotto avesse in dispregio questo vizio, e che elli portasse amore a’servi di Dio per amore di Dio; che prima consentì di dare le sue propie figliuole, che consentire che tal pecato si facesse. Tu vedi qui; fanciulli, giovani e vecchi, ognuno era involto in quello peccato. Sai perchè v’erano infino a’ fanciulli? Perchè dice: — Chi toca la pece s’imbratta. — Così era di costoro; che perchè usavano co’ giovani e co’ vechi, erano contaminati anco i fanciulli, sì che per la mala usanza erano corrotti in questo peccato. Infine dissero questi Angioli a Lot: — fugge, e vanne in questo monte, e sarai salvo. — E così fece; e questi angioli andaro a sonnabissare quelle città. Doh, s’io fusse sanese come io so’, e avesse figliuoli come io non ho, io farei di loro quello ch’io vi dirò; che come e’ fussero in età dì tre anni; subito gli mandarei fuori di Italia, nè mai tornassero se non avesseno almeno quaranta anni. — Oh, fuore d’Italia, perchè? — perchè? Perchè è tanto corrotta questa Italia, che non possono appena camparne per la mala consuetudine. Io li vo’ dire una mirabile cosa d’una persona che ci è presso, che molto va per lo mondo. Dice che quando gli veniva in su’ paesi d’Italia, gli puzavano i paesi. [p. 262 modifica] E questo perchè credi? Perchè elli era netto di questo pecato centra natura. O perchè non pure a voi che ci state continuamente? Perchè tu non sai gli odori de le parti, dove non si fa nulla di questo pecato. Non è però che questo paese non puta, perchè a te non paia: se non pute a te che ci se’ involto, elli pute a colui che è netto e puro. El giovane non pute a chi pute. Sai: come tu t’avedresti di questa puza? Che se voi aveste altro luogo che questo, voi non ci abitareste. Io vo’ dire di me: io non morrò, s’io potrò, in questa patria10, quare erraverunt ab utero: perchè vo’ sête tutti inviluppati in questo pecato. Al terzo.

Terzo: Erraverunt ab utero: — Ellino hanno errato dal ventre. — Questo ventre di Italia è càmara di malizia dell’uomo. Molti peccati so’ che il diavolo non vi s’impaccia, ma solamente l’uomo. Vuoi vedere come al diavolo dispiace questo peccato contra a natura, più che peccato che l’uomo facci, e godene più che di peccato che si facci? So’ due contrarii: vede la ragione. Ogni cosa apitisce il suo simile ragionevolemente. El diavolo di sua natura è gentile ed è naturale: elli disìdera queste due cose; e se l’uomo cade in questo peccato contra natura, al diavolo gli spiace perchè è contra al suo simile. Egli è gentilissimo, e questo è gravissimo: egli è naturale, e questo è contra natura; e però mai non ne tenta niuno, che facci questo peccato. Dico bene che esso ne gode che si facci: sai perchè? Perchè questo peccato dispiace più a Dio, che niun altro peccato. Iddio fece l’uomo per riempire le sedie degli angioli; e ’1 diavolo, perchè ne fu cacciato, s’ingegna e gode che [p. 263 modifica] l’uomo non vi pervenga. Vede come l’ha in orrore il diavolo questo peccato! Cerca a xvj cap. ne lo Ecclesiastico: Erubescent peccata via tua11.

O se de’ tuoi peccati el diavolo se ne vergogna di vederli, che debbono fare l’altre creature che so’ in grazia di Dio? Ou, ou ou! Oh, che ho io già inteso, che come lo indimoniato è condutto a fare il peccato, subito il diavolo si parte e non sta vedere per la vergogna! Non ti paia gran fatto a crédarlo, ch’io te ne vo’ dare uno ussemplo. Sai come fa il diavolo? Elli fa a littara come fa colui che vota i privali12. Coloro che votano i privali, e’ lo’ pute bensì, e dispiace lo’; ma per lo guadagno del danaio n’hanno consolazione. Così fa il diavolo: egli li pute questo peccato più che peccato che sia, e più gli dispiace, ma per lo guadagno dell’anime egli ne gode. A casa del diavolo, a casa del diavolo ne vai, o sodomitto, quia erraverunt ab utero! O Italia, quanto ne se’ contaminata più che altra provincia! Va’ a Tedeschi, e ode che bello vanto e’ danno a’ Taliani13! Dicono che non è generazione al mondo, che sieno maggiori sodomitti14 ch’e’ Taliani. E di te Italia dice Davit a lxxx salmi: Dimisi eos secundum desideria cordis eorum, ibunt in adinventionibus suis: — Io gli lasso fare sicondo i desiderii loro gattivi, e vanno ne le loro invenzioni. — Non dice: ne le invenzioni del diavolo, no: ma dice suis. Erraverunt ab utero. Eglino hanno errato dal ventre in molti e vari modi, sì per li padri che so’ sodomitti anco loro, e perle madri che n’hanno qualche cosarellina anco per le [p. 264 modifica] maladette usanze, e sì perchè si fa in dispiacenzia di Dio; chè vedi che dispiace al diavolo non che a Dio. Basti per la siconda condizione: erraverunt ab utero.

Terza condizione si è falsità. Locuti sunt falsa.

Questi sodomitti so’ camara di falsità. Ha’ tre intoiletti:

Primo, lusinghe.

Sicondo, promesse.

Terzo, forze, minacele e infamie.

Dice ne la Apocalipsa al viiij cap.: De ore eorum procedit ignis et fumus et sulphur.

O fanciulli, perchè non ci sête voi stamane? Locuti sunt falsa.

Prima è il parlare de’ sodomitti, che co le lusinghe s’ingegnano di conduciargli, e anco gli tirano con denari: simile, con cotali ghiottornie; simile co le male compagnie, i quali li conducono a farli consentire, eccetera ecceterone. De’ quali dice Giovanni: De ore eorum procedit ignis: Fuoco.

Sicondo, fumo. Questo si è le promesse di molte cose. Promette quello e questo, e quello e quell’altro: — io ti farò cosi; io ti farò colà. — E quante cose si promettono!

Terzo si è zolfo, che so’ parole puzolente; chè come il zolfo puza, così puzano le parole che di ciò si fanno; che non valendo le lusinghe e le promesse, si viene poi alla puza de le parole minacciose, e talvolta doppo le minaccie si viene a le forze; e peggio, che doppo le forze si viene a la infamia: sempre si va di male in peggio. Inde Isaia: Convertentur torrentes in picem15. Elli [p. 265 modifica] ne sente la puza Idio e’ Santi, che converte el torrente, el quale non è altro che puza. Tutto il corpo del sodomitto non è altro che puza. Quando tu ti ritruovi dove so’ tali genti, o tu che se’ netto, tu puoi dire: oh, ci pute! Se t’è detto: — O di che? — Dì: — di zolfo; — però che altro che infamia non te può seguire, se tu usi dove usano i sodomitti. Se tu sentirai di quello di Dio, tu non potrai sofferire tal puza, come non si può patire la puza del zolfo. A me mi pare che e’ ci puta tanto forte di zolfo di parole e anco d’altro! Hai posto mente come pute el flato de le palle gonfiate? O elle so’ piene, di quanti peccati! Con quanta disonestà si sta a giocare! O donne, e anco vo’ gli fate sodomitti i vostri figliuoli! Quando voi gli mandate, pulitegli! Simile a voi o sartori! A casa del diavolo tutti quanti, che sête cagione di molto male. Oh, immè, oh immè; o non ponete voi mente che voi vi fate loro ruffiani? A te padre e a te madre, dico: fa’ stare onesto il tuo figliuolo. Doh, paza, insen sata, che pare che tu il miri tu; tanto te pare che stia bene: — Oh, egli è il belo garzone! — Anco: Egli è la bella femìna! — Oimmè, oimmè, oimmè! dove sête voi stamane, fanciulli? O fanciulli che ci sête, tenete a mente, che mai voi non vi ritroviate con niuno, non gli state a udire: non vi trovate mai con niuno: non state mai a udire nè lusinghe nè promesse, nè anco per le minacce. Non consentite, però che se tu vorrai, non ti potranno mai fare caso niuno. Acomandati a Dio, e non temere, chè lui t’aitarà. Dice uno dottore, [p. 266 modifica] che in qual luogo si ricorda il peccato della sodomia, in quel luogo non vi cade il dì rugiada. Leggi in Ieronimo nel Dicreto, in cap. In eo. Dice, quod sermo talis vitii polluit os, inficit aerem, et ipse contaminat aures audientium. Dice che chi ricorda tal peccato, contamina questa aria, e chi l’ode e colui che ne parla, subito la sua bôca diventa puzolente e fetida, e simile corrompe l’anima. Così anco di colui che l’ode, chè per l’udire, si corrumpe il corpo e anco talvolta l’anima. Doh, ode: sa come fa questo pecato? Fa come fa la pistolenzia. Ècci chi si ricordi de la mortalità del quattrocento? Elli era tanta puza a lo Spedale, che non vi si poteva abitare solo per la puza de la pistolenza. El riparo era questo, che vi si faceva molto fummo e fuoco: questo era il migliore riparo che vi si potesse fare. Così si vorrebbe fare a volere purgare questo peccato: fuoco e fummo! parole di lusinghe e promesse, parole di predicazione, che ora mentre ch’io predico di questo peccato, discende il fuoco dal cielo e purga le menti di voi che mi state a udire. E come noi predichiamo in questo Campo, così si vorebbe predicare in ogni cortina16 di Siena, in ogni casa, in ogni buttiga, in ogni cantone, in ogni stalla; chè non credo che ci sia luogo che non sia contaminato e corrotto. Doh, cittadini miei, non aspettate che Idio vi mandi la punizione che egli mandò a Sodoma. Non aspettate il giudicio suo: io vi prometto che se voi non vi amendate, voi sarete puniti come furono loro di fuoco, di zolfo e di fummo, che così ardarà voi come arse loro, che non vi rimase nè omo nè femmine, nè grande nè picolo, nè vechio nè giovano, nè debile nè gagliardo. [p. 267 modifica] Non vi rimase cose, non arbori, non pietre, non erbe, che non sentisse la punizione di Dio. Elli arse insino ai fanciullini puri, che non v’erano cascati17: elli v’arsero le donne, perchè se ne stavano quete, che ârebero potuto aoperare qualche parola: non volsero, e però furono punite. Così de’ piccolini, per maggiore punizione e pena de’ padri e de le madri. O cittadini, o cittadini, credetemi; che se voi vedeste gli altri luoghi quanto lo’ dispiace questo peccato, e vedeste voi medesimi, e sapeste quanto dispiace a Dio, e intendeste la punizione che se n’aspetta; voi cognosciareste più che voi non cognosciate. Odi bel vanto che ha il Taliano, perchè elli è cognosciuto involto in questo peccato; chè è luogo nel mondo che non vi può abitare solo per questo.

Quarta condizione di questi maladetti da Dio si è questa: Furor illis secundum similitudinem serpentis: — El furore loro, cioè il cuore loro, è come di serpenti velenosi. — Dove noi potiamo intèndare per tre intelletti, cioè tre veleni:

Primo, crudeltà di quelli che so’ nati.

Sicondo, vacuità di quelli che non so’ nati.

Terzo è cagione di dannazione.

Primo dico che è furia: Furor illis secundum similitudinem serpentis: furia. Chè non ci hai menati stamane i tuoi figliuoli? E non gli hai allevati nè fatti allevare con quelli costumi che dovaresti? Simile di colui che ârebbe ingenerati molti figliuoli, e per malizia non ha voluto. O pòvaretto, quanto stai male! Tu n’ârai anco a rendere ragione a Dio. Idio gli dirà nel dì del giudizio: vien qua, maladetto, che potresti avere ingenerati cotanti figliuoli o co la tua donna o con altra femina, e [p. 268 modifica] hai piuttosto voluto stare in tanta rabbia per non generare! — El sodomitto non ci pensa in questo. Sai perchè? Perchè e’ non se ne cura, se e’ non ha figliuoli. Non è se non furia a non disiderare e non volere figliuoli. O furioso del diavolo, non vedi tu18 che tu fai contra a ogni debito di ragione? Chi vive al mondo, che può avere più preziosa cosa, che avere figliuoli? Che vale. più, uno figliuolo buono19, che tutto l’avanzo del mondo? O non pensando se non a questo che io ti dirò, ti dovarebe muovere sì e per sì fatto modo, che mai tu non âresti più pensiero. Non vedi tu che tu ti dimostri essere contra a Dio, el quale disse all’uomo e a la donna, primo nostro padre e madre: Crescite et multiplicamini, ei replete terram? — Crescete e moltiplicate, e riempite la terra? — O sodomito del diavolo, come fai tu? Elli pare che tu dica a Dio:— io voglio fare contra a te: io non voglio che e’ nasca niuno. — Oh, questo è il pessimo veleno che tu hai adesso: tu hai contaminato e guasto te, e ora guasti tutti quelli che tu puoi. Questo veleno, se tu non ripari ora che tu puoi, si radicarà per sì fatto modo nel cuor tuo, che ti condurrà a casa calda. Se tu sapessi o udissi le grida che so’ fatte sopra a colui ch’è sodomito, tu stupiresti di paura. Dove l’hai? Cerca nel vj cap. de l’Apocalipsa al quinto sugello: Usquequo, Domine, sanctus et verus, non iudicas et non vindicas sanguinem nostrum de iis qui habitant in terram? Gridano il fanciulli che non so’ nati: — vendetta, vendetta, vendetta. O Signor giusto, fa’ vendetta de’ nostri padri20 che abitano in terra, che saremo nati, e non siamo nati. — Se [p. 269 modifica] tu avesse sturate le orechie, voi stordireste d’udire le strida che si fanno grandissime dinanzi a Dio. Io non so se çi è niuno o niuna che abbi udite quelle grida che a queste notti so’ state udite. Le grida so’ state grandissime, ma talvolta altri non ode per cotali faccende che altri ha. Elli è intervenuto a me quello ch’io vi dico.

Una di queste notti io mi levai a mattino: elli mi parve d’udire gridare: — Al fuoco, al fuoco, al fuoco! — Io dissi in me medesimo: qualche cosa debba ardere: e così standomi attento s’io sentisse altro ficando così l’orechie, e in odo gridare in un’altra contrada: — Al fuoco, al fuoco, al fuoco! — E stando così da me medesimo, io pensavo e non vedevo nulla, e io sento un altro grido: — Adentro, adentro! — come se una voce uscisse d’una caverna, una voce oscura: — Al fuoco, al fuoco, al fuoco! — O Signore Idio, che vorrà dire questo! E stando in questo pensiero, e io sento poi l’altro grido e parmi che sia come dentro ne le buttighe: — Al fuoco, al fuoco, al fuoco! — La paura e la temenzia mi cresce forte: io sto pure a udire, e io odo per tutta la città le grida insino ne le letta. — Al fuoco, al fuoco, al fuoco! — Così mi pare sentire di dentro da le stalle: — Al fuoco, al fuoco, al fuoco! — Ogni cantone v’è il grido: — Al fuoco, al fuoco, al fuoco! — Così sento ne le torri, ne’ capanili: — Al fuoco, al fuoco, al fuoco! — Così, stato poco poco, io sento tutta la città piena di voci, e gridano tutte: — Al fuoco, al fuoco, al fuoco! — Oimmè, ch’io non so se voi m’avete inteso! Credo di sì; ma se voi non m’avete inteso, io vi prometto che voi m’atendarete21: se voi non v’amendarete, io v’anunzio che Idio non vi punirà e gastigarà [p. 270 modifica] con altre, che con quello che si debbi punire tal peccato. E temo che il mio dire non vi sia anco, come l’acqua del fabro, che fa più ardere e con più forza. Oimmè, a che se’ tu condotta, città di Siena! In che scurità se’ tu; che e’ non si può mandare uno fanciulletto per le strade, che elli non sia preso per forza e traviato, poichè ella è sì condotta! Sapete che vi dico? Riparare si vuole. O donne, fate che voi non mandiate più attorno i vostri figliuoli: mandate le vostre figliuole, chè non v’è pericolo niuno, se voi le mandate fra tali genti. Elle non vi saranno contaminate di nulla; e se pure elle fussero prese e disonestate, almeno non v’è elli tanto pericolo e tanto peccato, quanto è quello. Se altro modo non ci è, io vi consento questo per meno male. Io mi credevo che la predica ch’io vi feci l’altra volta, v’avesse tutti rimossi per modo, che mai non ci fuste cascati più22: vego che non è stato vero. Ma io v’anunzio ora la punizione. Credetemi, credetemi, che frate Bastone e frate Mazica farà ora lui abrasius; non dico a bell’agio, no; ma abrasius. Tu hai il primo intelletto: crudeltà.

Sicondo intelletto è vacuità: Furor illis secundum similitudinem serpentis. Non è veleno più pessimo che quello del sodomitto: vacuità, dico. Doh, odi qua: mira s’io dico vero: pon mente a qualunque è quello che fa questo pecato: sècci? Se ognuno facesse come tu fai tu, tu vedareste non vivare persona. Mentre che tu se’ giovano, tu seguiti questa diabolica vita e non ingeneri mai nè maschio nè femina. Poi vieni in vechieza, chè non puoi vivare sempre giovano, e muori, e di te non rimane [p. 271 modifica] creatura, e così vieni a èssare nimico di Dio; chè da te non rimane che il mondo non venga meno, e vatene a casa del diavolo. Or va’ pur, là! Così dico anco a le donne, le quali so’ cagione che i figliuoli che hanno già conceputi, si vengono a perdere. Peggio, chè anco so’ di quelle che aoperano che non possono generare; e se n’hanno generati, in corpo gli disperdono. Voi (a chi tòca, dico) sête più iniqui che non sono e’ micidiali. Voi sête peggiori che non furono quelli, li quali facevano morire tutti quelli che nascevano del popolo delli Ebrei, perchè multiplicava tanto, che aviamo che solo Moisè campò di tante migliaia, quanti ne naquero. O maladette da Dio, quando ne farai penitenzia? Vedi che tu se’ cagione che il mondo manchi, come il sodomitto: da te a lui non è differenzia niuna. Dice Isaia23 di tutti quelli che sono cagione che ’l mondo manchi per questi modi: Disperierunt (in diversi modi, o contra a natura, o in altro modo che perisce le creature24 che potrebero vivare al mondo) in Endor: e’ quali so’ come sterco di terra. Oimmè, non diciamo ora più là, chè questa è materia che troppo pute a Dio.

Ècci niuno sodomitto che m’abbi inteso, o forse che elli s’amenderà? Elli fu, non ha anco uno anno, uno famoso sodomitto in una terra, che si ritrovava la notte con uno fanciullo nel letto; e uno predicando di tale vizio, e costui udendo la predica, disse queste parole: — Elli è uno grande male a predicare di queste cose! Elli è sozzo a parlarne fuor di predica, non che fra tanto popolo; però che i fanciulli imparano! Queste non so’ parole da dire; e però non so’ da dire! — Va’ legge in uno sermone di [p. 272 modifica] Agustino, e vòtelo dire a te, che ti dispiace che se ne predichi. Dice così: Ma se ci fusse niuno che volesse dir male di me o mi volesse detrare25, io li fo prima questo sermone, che prima dica di sè, che e’ dica di me chè di sè dirà forse il vero, e di me mentirà. — E se niuno ci fusse che udisse che dicesse male di me, voi gli potete dire: Tu ex illis es, nam loquela tua manifestum te facit26. E dicovi che ogni volta che m’è stato detto che egli è male che e’ se ne predichi, io ho âute le parole di questi tali come di sodomitti. E come e’ m’hanno dette tali parole, io l’ho detto così: — forse tôca a te? Doh, io ho ben fatte de le taccie! — Rispondono: — ma e’ mi pare che non sia bene di parlarne tanto largo. — Doh, io ti cognosco mal’erba! disse colui a l’ortica: tu non vuoi che si parli del fatto! — Del rimanente, questa è la conclusione. So’ cotali che quando me ne parlano, elli vanno così dalla lònga; e io il cognosco dal rincagnato al rigolito27: va’, tu non m’ingannarai mai me, tu! E per questo io fui già in luogo ch’io dissi che elli era stato veduto nell’aria uno fuoco. Io non vo’ dire più altro! Se non che seguì poi uno segno tanto mirabile, che fece maravigliare uno migliaio di persone, e non vi pensai mai. Ma operazione di Dio fu che acordò la citera col saltero, e la voce col viscanto28.

El terzo intelletto: Furor illis secundum similitudinem serpentis: so’ cagione di dannazione. Hai mai posto mente quando il serpente è riscaldato? Sai che elli suffila [p. 273 modifica] per la rabbia: simile fanno costoro29. O donne, ècci niuna donna che abbi il sodomitto in casa sua? Hai tu a memoria quello che Idio disse nel Genesis, iij cap.? Inimicitias ponam inter te et mulierem, et semen tuum, et semen illius. E per certo io trovo che elii è vero. Disse Idio a la donna: — Io porrò nimicizia fra te e ’l serpente, e fra ’l tuo seme e ’l suo seme. — Come voi vedete, una serpe, o donne. Uh, uh! subito fugite spaventate: questa è la natura de le donne: non è elli vero? Così è la natura de le donne, di volere male a’ sodomitti, come i sodomitti vogliono male a le donne. Inimicizia è fra loro: l’uno odia l’altro. Doh, s’io potesse...., oh, se io potesse, io farei...! S’io fussi donna, per certo io m’ingegnarci di spegnerlo a giusta mia possa nel mio marito. E se io potesse, pure come io so’ frate, anco me ne ingegnarei. Chè fu re in Parigi, e non so se fu santo Lodovico, che essendo ii vizio grandissimo, uno gli disse: — se voi volete, io farò stirpare questo vizio per siffatto modo, che non se ne trovarà niuno. Se voi mi date l’albitrio, io vi nettarò tutta questa vostra città. — Disse colui: — forse tu vorresti ardere tutta la città? — Elli rispuose e disse di no, e che voleva tenere miglior modo. Domandandò il modo, disse: — la prima cosa io voglio che voi mi diate pienamente l’albitrio, ch’io possa fare a mio modo, — e che farebe con ragione e con misericordia. Promettendoli che così farebe, li die’ licenzia, e disse: — va’ e fa’ quello ch’è da fare. — Allora egli disse che voleva cotanti armati a suo comando, e che lui comandasse che l’ubidissero. Egli glil fece dare. Avuto la licenzia, egli andò per tutta la città, e a ogni incrociata [p. 274 modifica] fece fare uno cappanello di scope; e come ebbe piena tutta la città, e elli si misse ad andare per la città; e come gli veniva a notizia uno publico sodomitto, subito il faceva pigliare e méttare nel primo cappanello che elli trovava, e di subito vi faceva méttare fuoco. E così arso, andava pure per la città; e come aveva notizia di un altro, subito il faceva méttare dentro. E così fece alcuni dì, intanto che tutta la città fu purificata in poco poco tempo; e da quello tempo in qua non si fa nulla di questo peccato in quello paese. Così voglio dire che si vorrebe fare qui; che benchè ella sia molto molto macolata, nondimeno ella non è tanto, che ella non si potesse nettare, pure che voi voliate. E ci è di quelli che dicono: — sì, se si mettesse fuoco in tutta la città, sarebe netta! — Io non dico così: elli ci è de’ ripari in più modi. O tu, n’hai udito questo essemplo? Perchè non ripararci? Se tu vorrai, ella si nettarà: non rimarrà se non per non volere. Ablasius: A bell’agio. Questi tali so’ ad similitudinem serpentis, e’ quali vogliono male a le donne: e io vi dico che se voi lo’ portiate inimicizia a loro, voi avete grande ragione, che pare che sia mezo che ragionevole: come tu a me, e io a te, al modo del segatore.

Quinta condizione è durezza: sicut aspidis surdae: so’ maliziosi. L’aspido è di sua natura sordo; e con tutto che elli abbi questo, anco ha malizia; chè non vuole talvolta udire, e a questo v’aopera arte. Simile fanno questi maladetti, che perchè ellino vadino a la predica, ellino non odono. Aures habent, et non audient30: Perchè ellino abbino orechie, e’ non odono; che non [p. 275 modifica] vogliono udire. — È li giógne la parola insino all’orechia, ma non passa più là. Doh, ode parole di Bernardo a Eugenio: Cor durum est quod non compuntione scinditur, nec pietate mollitur. Minis non cedit, flagellis induratur: ingratum est ad benefitia, infidum ad consilia, saevum ad iudicia, inverecundum ad turpia, impavidum ad pericula, inhumanum ad humana, temerarium ad divina, praeteritorum obliviscens, praesentium negligens, futura non providens. Et ut in brevi cuncta orribilis mali mala complectat, ipsum est quod nec Deum timet, nec homines reveretur. El cuore indurato de’ maladetti sodomitti non gli può consolazione quetare, nè non può fèndare nè ricidare per niuno modo, chè non si può mollificare con niuna buona parola; e se elli è amonito, non vuole stare a intendere; e se pure intende, non vuole crédare; e se elli è minacciato, indura più forte, e per le battiture non si muove di nulla; chè benchè i fragelli gli venghino, elli pur seguita la sua pessima condizione. E se con amore gli è detto: — figliuolo, doh, non seguitare questa mala vita: non pensi tu nel giudicio di Dio? e egli non se ne cura: egli ha tanta ingratitudine, che non considera e non cognosce niuno beneficio che Idio gli âbi dato. Elli è come uno infedele che non crede che Idio il punisca: elli non crede al consiglio de’ vechi; ma se ha a consigliare, consiglia a’ suoi contenti, nè mai consiglia drittamente, però che ’l bene gli pare male, e ’l male bene. De’ quali dice [Isaia, cap. v]31: Vae qui dicitis malum bonum et bonum malum: - Guai, guai a voi che dite il bene essere male e il male bene. — Egli vive senza niuna vergogna del peccato suo, el quale è tanto brutto, che pure a pensarlo è da vergognarsene; e perchè [p. 276 modifica] il peccato sarà punito, elli non vi pensa. Egli non ha paura de la pena: ellino so’ tanto immersi nel peccato, che e’ non pensa al peccato del tempo passato, nè ai peccati del presente, nè al peccato dell’avvenire. Elli non si cura come si vada la cosa: in tutto, egli non ha pensiero se non di méttare a ’secuzione l’apitito suo. Egli non pensa di riguardare nè luogo nè tempo per adempire il suo volere: egli va in vescovado, nel luogo dove si celebra a Dio, e pônsi ine a vagheggiare il garzone e la garzona a dispetto di Dio e de’ Santi. Elli non n’aspetta la vendetta per giudicio di Dio. Reca in somma:32 elli non teme Idio, elli non teme omo, elli non teme vergogna, elli non teme nè colpa che elli comette, nè pena che ne gli verrà. Hâla intesa? Or credemi; chè perchè elli si gitti dietro tutte queste cose che elli dovarebbe portare innanzi agli ochi, non sarà però che Iddio se le gitti lui, chè a l’ultimo Idio il rimunerarà sicondo l’opera sua.

Sesta condizione, è superbo: obturantis aures suas quae non exaudient vocem incantantium. Elli non è al mondo maggiore superbo, che l’uomo sodomitto, e dimostralo lui propio. Hai mai inteso quando serpente è incantato, la malizia che egli usa? Dice che come sente lo incanto, subito si tura l’orechia per non udire la voce de lo incantatore. Simile fa l’uomo sodomitto, che con tutto gli sia detto, sia amonito, sia predicato, nondimeno mai non si vuole tirare a dietro, ma sempre sta ne la sua malizia ostinato. Noluit intelligere ut bene ageret:33 — Non ha voluto intèndare per non volere fare bene. — Come [p. 277 modifica] fa il serpente, fa costui. El serpente si tura l’orechie per non udire lo incantatore, che l’una fica in terra34 e nell’altra vi mette la coda. Ma nel sodomitto che credi che significhi questi due atti? L’una orechia in terra si è che il garzone ch’egli ama, non va mai a predica: per non udire sta da la lònga: l’altra orechia è la sua; che se pure elli si cognosce che fa male, dice in sè medesimo: Oh, quando io verò a morte, io me ne confessarò: e non se ne vuole rimanere innanzi a la sua fine. A lo stremo della vita te ne vuoi rimanere, eh? Questo dimostra che tu ti turi l’altra orechia co la stremità de la coda, come il maladetto serpente e già non vuole il diavolo altro da te, se non che tu stia ostinato nel vizio e nel peccato insino che tu vivi, e che tu non te ne confessi; e se pure tu te ne confessi, che tu non te ne rimanga. El diavolo adopera ben tanto in quel poco del tempo de lo stremo de la tua vita, che e’ non ti perdarà! Chi è de li ostinati, sai che fa? Che se ellino odono la predica, e cognoscono la graveza loro, e eglino dicono in loro medesimi: — che farò? Io vego pure ch’io fo male, e cognosco che ’l peccato è grandissimo. — E così si starà senza cominciare astenersene: obturantis aures suas, quae non exaudient vocem incantantium.

Settima condizione si chiama impenitenzia; et venefici incantantis sapienter. Se tu se’ mal vissuto e torni a Dio, tu stai bene: se tu se’ ben vissuto e stai con Dio, anco stai bene. Se hai gattiva vita, e in essa vuoi vivare, ti sarà poi tolto il sentimento, e non potrai poi tornare a la penitenzia. Et inde dice.....35 Sai chi è lo incantatore? [p. 278 modifica] È il predicatore, el quale v’amaestra che voi seguitiate i Comandamenti di Dio, e che voi v’asteniate da la mala vita, dimostrandovi e’ pericoli là dove voi potete pervenire per lo mal vivere, [e la gloria per lo ben vivare]36. Simile anco si può dire èssare il padre quando amaestra il figliuolo, el quale è involto ne’ peccati; al quale dice: — vien qua, figliuol mio; io non voglio che tu facci la tale e la tale cosa, imperò che ella è offesa di Dio, e ètti vergogna, e in processo di tempo te ne seguirebbe grande danno. Non vedi tu come io ho fatto io, spezialmente quando el padre è buono? Come io feci io, cosi ti vo’ pregare che tu facci tu; e se tu seguirai questi vizii, questi peccati e questi modi, tu ne sarai a la fine punito da Dio, se nel mondo non si punisce. Io voglio che tu fuga la tale compagnia e la tale: io voglio che tu viva più acostumato, che tu non vivi: io voglio che tu usi la Chiesa spesso; che tu odi ogni mattina la messa e che tu oda la predica, che tu stia al vèsparo, che tu ti confessi spesso, che tu ritema Idio, che tu guardi la festa, che tu non giuri, che tu non usi le ghiotornie, che tu ti guardi da ogni cosa che ti può fare danno e all’ anima e al corpo. — Oh, quanto giova questo incantatore, con dolce modo amonendo la gioventudine sfre nata! Simile, è anco un altro incantatore, che incanta dal lato destro, cioè nella coscienzia, e questo viene da Dio. Del quale dice Davit:37 Nisi Dominus aedificaverit domum, in vanum laboraverunt qui aedificant eam: — Non è se non el Signore che edifica la casa, e invano lavorano coloro che la fanno. — Vuol dire che da Dio viene ogni [p. 279 modifica] buon principio, e da noi viene poi a seguitarlo: e chi più è capace di Dio, più perfette operazioni seguita; e così poi è meritato più uno che un altro. Detto di Iesu nel Vangelo di santo Giovanni, cap. xiiij: In domo Patris mei mansiones multae sunt: — Ne la casa del mio Padre vi so’ molte mansioni. — Le quali participano più di Dio l’una che l’altra, benchè tutte sieno ripiene di ciò che eglino vogliono: e come de la gloria di Dio ne participa più uno che un altro, così in inferno vi so’ luoghi dove v’è più pene, e più ne sente uno che un altro. Più pena sente uno che sia vissuto con questo vizio de la sodomia, che un altro; però che questo è maggior peccato che sia. E tanto più uno che un altro pure di sodomitto, quanto più uno che un altro è stato amonito e predicato, e non se n’è voluto rimanere per la malizia sua: Quae non exaudient vocem incantantium. Non hanno voluto imparare la dottrina predicatali, chi per non volere udire, chi per turarsi l’orechie, e chi, se pure ha udito, non ha voluto tirarsene adietro. Che cosa è veleno? Perchè e’ dice del veleno? El veleno è una téntura che tégne el compagno che vi sta presso: el téntore si è el tentatore: come tu sai che Cristo fu ténto lui per la carità sua; che fu tutto vestito di sangue, volendo patire morte e passione per lo peccatore che voleva ritornare a lui; ma non per colui che vuole stare ostinato nel peccato, e che non vuole udire predica per non rimanersene. Se così starai, mai non l’amendarai, e mai bene non farai, nè mai bene ârai. Doh, ode a lxiij cap. Isaia: Quis est qui venit de Edom, tinctis vestibus de Bosra? Iste formosus in stola sua, gradiens in muliitudine fortitudinis suae? Ego qui loquor iustitiam, et propugnator sum ad salvandum. Chi è questo che viene ténto di sangue? E lo incantatore, il quale spira le menti buone, e che vogliono udire. [p. 280 modifica] dicendo; — o giovani, innanzi che venga l’ora de lo stremo giudicio vostro, convertitevi a me, e rimanetevi del vizio vostro. Aviate fidanza in me, se voi vi volete al tutto rimanere, pentendovi del fallo comesso, e per l’avenire non volendovi più cascare. Io ho pagata la pena per voi, se voi vi rifidarete in me con queste condizioni. — Non so’ chiamati da Dio coloro che non si vogliono amendare; anco dice Pavolo che so’ figliuoli di difidenzia. Ciò vuol dire che chi invechia in questo peccato, si può quasi sfidare.38 Colui che vuole invechiare sempre faciendo male, dimmi, puossi chiamare altro che figliuolo di difidenzia? Colui che è vechio non aspetta se non la morte: non si può fidare ne la vita, ma più tosto sfidare. Io non dico che al tutto al tutto elli si debbi però sfidare, ma e’ può quasi quasi credere di non èssare aitato, se grande compunzione e pentimento e’ non ha. Va’, legge nel Dicreto alla vij Distinzione, cap. e vedrai che non si debba sperare d’essere accetto a Dio colui che passa e’ trentatre anni involto in quello peccato. E questo è solo perchè ognuno si guardi; e chi si fusse involtovi, si tiri adietro. E però io vi conforto che per amore di Dio non sia niuno che in tal peccato caschi mai più, acciò che Iddio non ti giudichi a la eternal pena.

Coglie insieme il mio dire di stamane. Timete Deum, timete Deum. Non seguitate questo maladetto vizio tanto detestato da Dio, però che tu vedi che tutti e’ servi di Dio ne parlano tanto chiaro. Fra’ quali è il detto di Davit: Corrupti sunt et abominabiles facti sunt in studiis suis: non est qui faciat honum, non est usque ad unum. Hai [p. 281 modifica] duto prima tre cagioni, perchè questo peccato dispiace tanto a Dio. La prima per la sua corruzione: Corrupti sunt. Siconda, per la sua abominazione: et abominabiles facti sunt in studiis suis. Terza, per la sua reprobazione: non est qui faciat bonum, non est usque ad unum. Ne la prima vedesti sette condizioni39 del sodomitto: alienati sunt peccatores a vulva: erraverunt ab utero, eccetera. La prima fu rabbia, o infamia: alienati sunt peccatores a vulva; dove ti dissi quella bella alturità di Ieronimo. Amor formae rationis oblivio est: d’uno che vogli bene a uno garzone, quante pessime condizioni egli ha, che niuna cosa fa a ragione!

La siconda condizione40 fu corruttela: erraverunt ab utero; dove ti mostrai tre intelletti: primo, per la cagione del padre gattivo involto nel peccato, e il figliuolo ha imparato da lui, perchè el padre n’ha qualche utile, e così la madre. Sicondo intelletto, corruttela, per cagione della patria tanto corrotta, che non lo’ piace di vedere femina; dove ti dissi di Lot, che per salvare quelli angioli dava le figliuole a quelli pessimi uomini. Terzo intelletto di corruttela fu dove ti mostrai che ’l diavolo si vergogna di stare a vedere e dispiacegli, perchè ognuno apitisce il suo simile.

La terza condizione si chiamò falsità: Locuti sunt falsa; dove vedêmo tre intelletti: primo, lusinghe di coloro che lusingano, promettendo denari e cotali ghiottornie. Sicondo, promesse; chè promettono: io ti darò la tale e la tal cosa. Terzo, minaccie e forze, chè non potendogli conduciare per questi modi, s’ingegnano per forza di conduciarli. A’ quali Giovanni disse: de ore ipsorum [p. 282 modifica] procedit ignis, fummus et sulphur: fuoco, che so’ le lusinghe: sicondo, fummus, le promesse: terzo, sulphur, la puza e la infamia.

Quarta condizione fu furia: furor illis sicut ad similitudinem serpentis. Dove vedêmo tre intelletti: primo, vendetta di coloro che ârebero ingenerati molti figliuoli, e hanno fatto contra quel comandamento: crescite et multiplicamini: Crescete e multiplicate; e essi non hanno voluto; dove ti dissi che quelli figliuoli gridano sempre dinanzi a Dio: vendetta, vendetta. Sicondo, vacuità; chè non vorresti che nascesse niuno: dove dissi che tu se’ peggiore che coloro che perseguitaro tanto tempo il popolo di Dio, ucidendo quanti fanciulli nascevano. Terzo, cagione di dannazione; dove ti mostrai che tu fai come il serpente, che se’ nemico de le donne a spada tratta, e fai come è detto nel Genesis: Inimicitias ponam inter te et mulierem; e così è. Chè come tu sodomitto se’ nemico de la donna, e così è la donna tua nemica dove ti dèi uno rimedio da potere sanare la tua città, se tu vorrai.

Quinta condizione fu dureza; dove ti dissi quella bella alturità di Bernardo: Cor durum est, quod nec compuntione scinditur ec. El cuore d’une sodomitto, quando è indurato, non cura nè Dio, nè Santi, nè onore, nè paura, nè minaccie; ma è ostinato tutto il tempo de la sua vita, e poi ne va a casa del diavolo, quando e’ muore.

Sesta condizione, è superbo: obturantis aures suas, quae non exaudient vocem incantantium. Non ha voluto udire niuno che l’habbi voluto amonire; non predica, e se pure l’ha udita, s’ha turata l’orechia, come l’aspido sordo, che41 non ha voluto méttarla in operazione. [p. 283 modifica]

Settima condizione fu impenitenzia: et venefici incantantes sapienter: dove ti dissi che chi invechia in questo peccato, si può quasi che disperare, come i figliuoli de la diffidenzia. E però, cittadini miei, deh, prevedete, e temete Idio per campare quello ultimo dì del giudicio. E se così farete, la grazia di Dio ritornerà in voi, e a la fine ârete la gloria; ad quam ille vos et me perducat in saecula saeculorum, amen.



Note

  1. Il solo Cod. Pai., per uno spiracolo.
  2. Il solo Cod. Pal., nuove cagioni.
  3. Allude alla pestilenza che desolò la città nell’anno 1400, ricordata dal Santo anche in seguito.
  4. Non ci è giudizio, cioè, non c’è cervello: modo ellittico, proprio del parlar familiare, che si usa di accompagnar all’atto di toccersi con l’indice la fronte.
  5. Non Geremia, ma bensì Ezechiele.
  6. Negli altri Codd., pregno.
  7. Negli altri Codd., viddi.
  8. In cambio di Mappamondo. Ambrogio Lorenzetti nel 1344 dipinse sopra tela fermata in un cerchio un Mappamondo girante, che per lunghi anni rimase fisso in una parete della gran sala delle Balestre nel palazzo pubblico di Siena, la quale per questa ragione prese fino ab antico l’appeldazione altresì di Sala del Mappamondo. Per mala sorte questa tela, come altre opere di quel valoroso pittore sono andate perdute; e quella Sala resa celebre dagli affreschi di Simone Martini, di Lippo di Vanni, del Vecchietta e del Sodoma serve oggi non senza nostro disdoro alle sedute della Corte d’Assise.
  9. Così nei Codici.
  10. E fu infatti così, essendo morto il Santo presso Ja città d’Aquila, a’ 20 maggio 1444.
  11. Così in tutti i Codici, ma è citazione errata, nè trovasi questo passo in altro Libro della Sacra Scrittura.
  12. Cioè, i privai.
  13. Il Cod. Sen. 6: a l’Italiani.
  14. Il solo nostro Testo, che sia maggiore sodomitti.
  15. In questo modo ci pare debbano correggersi i Codd., che leggono tutti: Convertentur torrens in Austro. Ed invero è Isaia che al cap, xxxiiij vers. 9. dice: Convertentur torrentes eius in picem., et humus eius in sulphur ec.: il qual passo è senza fallo l’autorità che il Santo voleva addurre in questo luogo. Invece il torrens in Austro dei Codd. appartiene vers. davidico: Converte, Domine, captivitatem nostram, sicut torrens in Austro (Salmo cxxiiij. vers. 4): citazione che sembraci meno a oposito.
  16. Come sarebbe a dire, in ogni rione. Cortina si usò e si usa ancora dai Senesi coi signif. di Vicinato.
  17. Mondi ancora, cioè, del maladetto vizio.
  18. Il solo Cod. Pal.: non credi tu e non vedi tu ec.
  19. Negli altri Codd.: buono sicondo Idio.
  20. Così il Cod. Pal.; ma gli altri Codd. errano leggendo: de’ nostri peccati.
  21. Così nei Codd.; se pure non debba correggersi: m’intendarete.
  22. Il solo Cod. Pal.: che mai voi non ci sareste cascati più.
  23. Correggasi, David, salmo lxxxij, vers. 11.
  24. Il solo Cod. Sen. 6, periscono le criature.
  25. Il Cod. Pal.; detrahere: il Cod. Sen. 6, detrarre.
  26. Vangelo di san Matteo, cap. vigesimosesto, vers. 78.
  27. Così in tutti i Codici, e la conformità della lezione toglie ogni dubbio che si tratti di error di scrittura.
  28. Negli altri Codd., biscante.
  29. Negli altri Codd., so’ costoro.
  30. Salmo cxxxiiij, vers. 17.
  31. Le parole fra parentesi, da noi sostituite, mancano in tuttii Codici.
  32. Cioè, tira la conclusione.
  33. Salmo xxxv, vers. 4.
  34. Intendi, che l’una orecchia ficca in terra ec.
  35. Lacuna in tutti i Codici.
  36. Queste parole mancano al solo nostro Testo.
  37. Salmo cxxvj, vers. 1.
  38. Il Cod. Pal., disperare.
  39. Il solo Cod. Pal., sette maledette condizioni.
  40. Erroneamente il nostro Cod., ragione.
  41. Intendi, il qual sodomito non ha voluto seguire gli ammonimenti datigli nella predica.