Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
predica trigesimanona | 267 |
Non vi rimase cose, non arbori, non pietre, non erbe, che non sentisse la punizione di Dio. Elli arse insino ai fanciullini puri, che non v’erano cascati1: elli v’arsero le donne, perchè se ne stavano quete, che ârebero potuto aoperare qualche parola: non volsero, e però furono punite. Così de’ piccolini, per maggiore punizione e pena de’ padri e de le madri. O cittadini, o cittadini, credetemi; che se voi vedeste gli altri luoghi quanto lo’ dispiace questo peccato, e vedeste voi medesimi, e sapeste quanto dispiace a Dio, e intendeste la punizione che se n’aspetta; voi cognosciareste più che voi non cognosciate. Odi bel vanto che ha il Taliano, perchè elli è cognosciuto involto in questo peccato; chè è luogo nel mondo che non vi può abitare solo per questo.
Quarta condizione di questi maladetti da Dio si è questa: Furor illis secundum similitudinem serpentis: — El furore loro, cioè il cuore loro, è come di serpenti velenosi. — Dove noi potiamo intèndare per tre intelletti, cioè tre veleni:
Primo, crudeltà di quelli che so’ nati.
Sicondo, vacuità di quelli che non so’ nati.
Terzo è cagione di dannazione.
Primo dico che è furia: Furor illis secundum similitudinem serpentis: furia. Chè non ci hai menati stamane i tuoi figliuoli? E non gli hai allevati nè fatti allevare con quelli costumi che dovaresti? Simile di colui che ârebbe ingenerati molti figliuoli, e per malizia non ha voluto. O pòvaretto, quanto stai male! Tu n’ârai anco a rendere ragione a Dio. Idio gli dirà nel dì del giudizio: vien qua, maladetto, che potresti avere ingenerati cotanti figliuoli o co la tua donna o con altra femina, e
- ↑ Mondi ancora, cioè, del maladetto vizio.