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XXXIX. In questa reprende V abominabile peccato della maladetta soddomia. Timete Deum [Iterum^ ubi supra). Temete Idio, chè ei ci è ben da temere, massimamente ora per li pecati che oggi si fanno, e’ quali pecati so’ quelli i quali fanno più provocare Idio a ira, che altri pecati. Io vorrei che mi costasse una meza libra di sangue e oggi fusse dome- nica, perchè ci fusse più popolo a udire, ma non si può ora più. Temete Idio, o cittadini, temete Idio; che se voi intendeste quello ch’io intendo io, voi témareste più che voi non temete. Che quando io considero le parole che Davit profeta ha detto per lo popolo di Siena a xiij salmi; io ho grande paura di voi. Dice: Corrupti sunt et abominahiles Jacti sunt in studiis suis: non est qui faciai bo- num, non est usque ad unum: — Ellino so’corrotti e abo- minevoli fatti nelli studii loro, e non è chi facci bene, non è insino a uno. — Insino a uno, dice! Immè temete Idio, popolo sanese, che odi che solamente uno non ci è che facci bene! Volesse Idio che voi ci aveste menati stamane i vostri figliuoli! Voi non avete fatto bene a no menarceli. •— A casa. Se tu poni un poco lo intelletto al parlare di David,, tu puoi come uno spiracolo ^ intèndare quello che e’vuol dire. Prima, che tu debbi temere Idio. La cagione è per 1 J1 solo Cod, Pai., per uno spiracolo.