Le opere di Galileo Galilei - Vol. XVII

Galileo Galilei

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LE OPERE


DI


GALILEO GALILEI




EDIZIONE NAZIONALE

SOTTO GLI AUSPICII

DI

SUA MAESTÀ IL RE D’ITALIA.


Volume XVII.



FIRENZE

TIPOGRAFIA DI G. BARBÈRA.

alfani e venturi proprietari

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1906.

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LE OPERE


di


GALILEO GALILEI




Volume XVII.

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LE OPERE


di


GALILEO GALILEI




EDIZIONE NAZIONALE


sotto gli auspici


di


SUA MAESTÀ IL RE D’ITALIA




Volume XVII.


FIRENZE


TIPOGRAFIA BARBÈRA
ALFANI E VENTURI PROPRIETARI


1906
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Promotore della edizione


IL R. MINISTERO DELLA ISTRUZIONE PUBBLICA.


Direttore


ANTONIO FAVARO.




Coadiutore letterario


ISIDORO DEL LUNGO.



Consultori


V. CERRUTI. — G. V. SCHIAPARELLI.



Assistente per la cura del testo


UMBERTO MARCHESINI.

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CARTEGGIO.



1637-1638.

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3413*.

GALILEO ad ALESSANDRO MARSILI in Siena.

Arcetri, 10 gennaio 1637.


Bibl. Naz. Fir. Cod. Magl. Cl. VIII, 7, 832 (Lettere di Uberto Benvoglienti ad Antonfrancesco Marmi), car. 182. — In una lettera autografa di Uberto Benvoglienti ad Antonfrancesco Marmi, da Siena, 10 marzo 1717, si legge:


«Ill.re Sig.re Sigr Pd.e Col.mo

È un so che tempo che V. S. Ill.ma mi scrisse che costà si stampavano l’opere del Galileo, e che averebbono desiderato sapere se qua vi fusse del medesimo qualche cosa. A questi giorni, andando nella libreria di casa Marsili, mi mostrarono tre o quattro lettere del Galileo scritte ad uno di casa loro, che fu lettore a Pisa. Queste lettere, fuori d’una, non contengono che cose familiari, la lettura delle quali nulla importa a’ letterati; ma in una v’è della curiosità. Questa è scritta da una sua villa, i 10 di Gennaio 16361 (Da quello che quivi si legge, si riconosce che in questo tempo la dottrina del Galileo era attaccata ed era sub iudice; fra l’altre cose quivi si legge:

Io sono intorno alla terza parte delle mie speculazioni intorno al moto, che è quella de’ proietti.

Quest’uomo si lamenta di dover esser giudicato da chi, dice egli, è

ignudissimo di queste cognizioni.

E più sotto, parlando allegoricamente, soggiunge:

che forse il fortunale che occupa buona parte dell’Europa non croscia per tutto egualmente, nè sempre durano i cattivi influssi.

Questa lettera forsi sarebbe degna di vedersi alla luce, ma non mi penso che se n’otterrà mai licenza; ma quando piacesse e non vi fusse intoppi, io vedrei d’averla e mandarla, altrimenti io non ne farò passo alcuno».

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3414*.
MATTIA BERNEGGER a GIOVANNI STEINBERGER [in Vienna].
[Strasburgo], 20 gennaio 1637.


Bibl. Civica di Amburgo. Codice citato al n.° 2613, car. 194r. — Minuta autografa.

.... Cum ex litteris ad me tuis, 8 Martii 1636 scriptis, animadverterem te nihil accepisse, non modo librum illum ante semestre denuo misi,... sed et munus addidi Systema Galilaei Copernicanum2, ex italica lingua in latinam a me translatum... Denuo mittam, utprimum non redditos (hoc enim suspicor) ex te cognovero....

10 Ianuar.31637.


3415.
DINO PERI a [GALILEO in Arcetri].
Pisa, 21 gennaio 1637.


Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. XII, car. 207-208. — Autografa.

Molto Ill.re et Ecc.mo Sig.r e P.ron mio Col.mo

Mercoledì mattina passata partì ex abrupto il G. Duca per Livorno, e benché mi giugnessi tardissimo l’avviso di tal partenza, proccurai non di meno di parlare a S. Altezza avanti il suo partire, dubitando che l’indugio non progiudicassi, massime intorno a quelle sfere da desiderarsi. Gli parlai dunque d’ora innanzi, e sentì l’una e l’altra nuova e delle sfere e delle lenti; ma delle lenti n’havea già hauto sentore. Mi rispose che havrebbe scritto all’Imbasciatore per l’un conto e l’altro; ma conobbi che quanto alle sfere non sentì molta titillazione, ancorché io ritoccassi qualche punto per risvegliarla. La sera poi mi fu impossibile affatto lo scrivere per una strana congiuntura improvisa, che lungo sarebbe a ridire. Sì che vengo stasera a darle la risposta, ma in gran penuria di tempo, per essermi raggirato e trattenuto assaissimo per parlar commodamente del suo negotio all’Ill.mo. Sigr Auditore Staccoli4, il quale tornò col G.Duca hiersera di Livorno, sì che, bench’io havessi due giorni sono la seconda lettera [p. 13 modifica]di V. S., ho hauto il tempo abbreviato. Sua Altezza partì stamattina a buonissima hora alla caccia, et è stato fuora tutto il giorno, sì che quando io havessi volsuto trattar l’interesse del Re di Pollonia, non haverei potuto. Ma nel legger il resto della lettera di V. S., contenente l’interesse5 di lei medesima, risolvetti subito di abbracciar prima il negotio suo, parendomi che comportassi minor dilazione, e di vedere contro di lei il pericolo solito di qualche impertinenza.

La sua lettera mi pare che rappresenti al vivo l’abbondanza delle sue ragioni: però mi elessi di leggerla primieramente a chi più mi pareva che importassi, cioè al Sig.re Auditore, ma bene in qualche congiuntura tanto quieta, che potesse imbeverla bene e ricever tutti i colpi. Mi è finalmente riuscito assai bene; ma ho saputo in ultimo che la sentenza non la darà Sua Sig.ria Ill.ma, ma che il negotio fu rimesso e mandato costà alla Ruota, quattro o cinque giorni sono. L’informatione fatta qui non può se non giovare; ma costà penso adesso che bisogni l’occhio aperto, se già questa revisione non fusse venuta a fermarsi dove ella vorrebbe, cosa che per bora stimo al contrario. Io compatisco in estremo V. S. e ne ho travaglio; ma sono bora mai avvezzo in pazienza alla stranezza del suo destino.

L’altro negotio del Re di Pollonia vedrò di trattarlo quanto prima, e ne darò subito avviso a V. S., e insieme le manderò una lettera per il Rev.mo P. F. Fulgentio, già che stasera non ho dramma di tempo.

Tronco i ringratiamenti ch’io devo alla benignità di V.S., che sempre mi va accumulando di favori e di gratie singolari. Le sue amorevolissime lettere e dimostrationi mi confondono: accetti per hora la mia infinita gratitudine nel silentio. Scriverò in oltre per l’altra occasione qualche avviso delle cigne etc. e di altro, come ella mi comanda. Fo humilissima reverenza a V. S., e con devotissimo affetto le bacio le mani.

Pisa, 21 Gen. 16366


Di V. S. molto Ill.re et Ecc.ma

Devotiss.o et Oblig.mo S.re

Dino Peri.



3416**.
ASCANIO PICCOLOMINI a ....
Siena, 22 gennaio 1637.


Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. XIV, car. 74. — Copia di mano del secolo XVIII.

Ill.mo Sig.r mio Oss.mo

Scarsamente posso sodisfare al desiderio e comandamento di V. S. in materia di quei fragmenti de’ Dialogi del Sig.r Galileo, perchè, se bene è vero ch’egli la maggior parte [p. 14 modifica]li distendesse qui in casa mia, sopra de’ particolari che V. S. accenna non ne lasciò ne a me né ad altri copia nessuna. Posso ben brevemente raccontarle quel che succedette e si discorse del fondere delle campane, e per conseguenza dell’esperienza del mercurio. Dovevasi rigettare la campana grossa di questa Torre; e fattane la forma, mentre vi si fece correre il metallo strutto, non venne a bene, essendosi tutto sparso sott’il fondo della forma. Se ne speculò la cagione, ed il Sig.re Galileo resolutamente disse che non poteva esser stato altro che il peso del metallo, che si fosse levato la detta forma in capo. Per ciò dimostrare con l’esperienza, fece venire in casa una forma di legno da cappello, e votatala a torno, la riempi tutta di migliarole: prese poi un orinale di vetro, che la coprisse, lasciando tra il vetro e legno una distanza della grossezza d’una piastra; e ciò fatto, per un buco che haveva per di sopra il vetro, cominciò ad infondervi dell’argento vivo, e disse che tantosto che l’argento vivo si fosse alzato fino all’altezza da lui dimostrata nelle Galleggianti, che senz’altro con sì poco peso si sarebbe levato in capo la forma con le migliarole, che venti volte più pesavano dell’argento vivo: e l’effetto riuscì giusto a capello; onde concluse che per assicurar la fusione della campana era necessario di ben legare e fermar la forma con il terreno sopra la terra dove posava: e così la seconda volta il getto venne benissimo.

Più di questo poco non è da sperarsi da queste parti, perchè niun altro frequentava la conversazione più che il Sig.r Dottor Marsilii7 appresso del quale io so di certo non ritrovarsi cosa nessuna. E sommamente rallegrandomi di vedere il suo ingegno rivolto a simili virtuosi impieghi, bacio a V. S. senza più devotissimamente le mani.


Di Siena, 22 Genn.o 1657 (sic).

Di V.S. Ill.ma



Dev.mo e Vero Serv.re

Arciv.o di Siena.



3417**.
FRANCESCO DUODO a GALILEO in Arcetri.
Venezia, 23 gennaio 1637.


Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., Nuovi Acquisti, n.° 35. — Autografa.

Molto Ill.re et Ecc.mo S.r

Sa V.S. come l’Ecc.mo Acquapendente8 era affettionato alla nostra Casa, onde al S.r Cav.r mio zio9 diede il vero secreto delle sue pilolle10 che perciò ogn’anno ne facciamo fabricare in casa con l’aloe lavato in suco di rose. Ho consegno per un scatolino de tre onze al S.r Patavino11, nostro Secretario, acciò ce le faccia haver sicuro senza bagnarsi; che secondo il suo bisogno ne [p. 15 modifica]farò capitare a V. S. Ecc.ma de fresco in fresco, come mi ordenerà, che di ciò la prego con affetto; che mentre si valerà di me, conoscerò la memoria che conserva della nostra Casa. Attenderò suo aviso de quando in quando ne doverò far capitare, che resterà servita et de roba al securo buona. Et a V. S. molto Ill.re et Ecc.ma mi raccomando, augurandole sanità.

Da qui faciamo che ogni onza faccia 18 pirole.

Di Venetia, li 23 Genaro 1637.


Di V. S. molto Ilre et Ecc.ma

Aff.to Ser.

Francesco Duodo


Fuori: [....] S.r

L’Ecc.mo S.r Galileo Galilei Do.r
Per Arcetri.                         Fiorenza.
[...sc]atolino.


3418*.
FULGENZIO MICANZIO a GALILEO [in Firenze].
Venezia, 24 gennaio 1637.


Bibl. Est. in Modena. Raccolta Campori. Autografi, B.a LXXX, n.° 135. — Autografa.

Molto Ill.re et Ecc.mo Sig.r, Sig.r Col.mo

Le lettere di V.S. molto Ill.re et et Ecc.ma in risposta della ricevuta delle azze, con il ringratiamento al Sig. Baitello, mi capitarono; et sono certo capitate le sue anco al sudetto Signore. Non mi ricordo veramente se doppo le scrivessi; credo però di sì, et mi pare anco con qualche sdegno contro quelli che mai cessano di molestarla12. Poco però importa, perchè se le lettere le capitassero in mano, sentirebbono le ponture non solo mie, ma de tutti li galanthuomini, contro la loro malignità.

Non ho inteso mai quello che l’Elzivir faccia della stampa de’ Dialoghi. Sono stato in casa 24 giorni per il mal tempo e per un raffredamento, che, facendomi sordo, mi rendeva inhabile a trattare. Questo è un accidente che l’età mi porta quest’anno, che ogni volta che mi rafreddo, e vi sono sogetto sopramodo, mi dà nell’orecchio con sordità o intonamento continuo. Ne sono però rissoluto mediocremente.

Il tempo che m’avanza da’ negotii, e la notte in particolare, se non dormo, lo passo in riandare le cose de’ suoi Dialoghi: l’immensità e l’infinito in particolare mi rapisse soavemente alla consideratione della grandezza del Creatore, [p. 16 modifica]e se bene a quella l’imensità dell’universo è nulla, non potrei però esprimer il gusto che mi dà questo chimerizar. Certo io ho ricevuto da ciò più aiuto a sollevarmi al meditare quella grandezza, che da quanto ho letto in theologhi.

V. S. mi conservi il suo amore, e le bacio le mani. Il cianzume è per risposta delle sue di 17.

Ven.a, li 24 Gen.° 1637.


Di V. S. molto Ill.re et Ecc.ma
S.r Galileo.

Dev.mo Ser.

F.F.



3419.
[DINO PERI a GALILEO in Arcetri].
[Pisa, tra il 22 ed il 24 gennaio 1637].


Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. XII, car. 209-210. — Autografa.


Molto Ill.re et Ecc.mo Sig.r e P.ron mio Col.mo

Di nuova lettera mi favorisce V. S. molto Ill.mo et Ecc.ma questa settimana, nella quale sento particolarmente con gusto che quelle sfere Copernicane sieno per venire a Firenze per mezo del Sig. Usimbardinota già che da S. Alt.ma non ne speravo molto l’effetto, sì come maggiormente me ne sono accertato adesso ch’io gli ho fatto destramente sentire gran parte di quest’ultima lettera di V. S., e intorno all’avviso delle sferenota non ha mosso parola. Dell’occhiale di V. S. tornò a interrogarmi della bontà: io dissi che era di suprema eccellenza; et egli, come altre volte, a replicarmi che ne ha fatti de’ meglio, e che di presente ne ha cinque, un più perfetto dell’altro. Con tutto ciò non prese il partito di renunziare quel di V. S. al Re di Pollonia, ma disse che harebbe mandato a lei una lente e una luce per lunghezza di tre braccia, ma non delle migliori, tanto più che l’evento dell’altre le mostrava pericolose: e poi le migliori dice asseverantissimamente che non le vuol concedere a nessuno, le stima assaissimo, le vuol per sé: questa coppia la mandassi V. S., che non sarebbe entrato egli a mandar al Re di Pollonia duo vetri. Lessi prima a S. A. il principio della seconda lettera di V. S., non toccando il negotio della incudinenota non mi parendo più niente profittevole. Lessi poi, come ho detto, gran parte della terza, dove, al pensiero del Re per impetrare la liberatione di V. S. etc, non mosse parola.

L’uso delle cigne, intorno al quale ella mi domandò qualche avviso, mi dice il Sigr Lorinota che per bora non si esercita; innanzi alla partita delle galere ci fu un giorno solo, o due al più, di scuola, doppo l’ordine di S. Alt.za; e doppo il ritorno delle galere è stata fin qui chiusa sempre la scuola per mancanza di

13 14 15 16

(2) Cfr. n.o 3415. (* Lorio Lobi. [p. 17 modifica]scolari, che tutta la ciurma era ammalata; ma che, guarendo e ricominciandosi l’arte, si ripiglierà il nuovo artifitio.

La gelosia che ha V. S. del P. F. F.17 fa temere anco me: pure voglio sempre sperar bene, e il silentio di 4 settimane si può attribuire a molte non cattive cagioni. Invio a lei la lettera, perch’ella mi favorisca d’inviarla sicuramente, sì come ella mi si offerse; e di nuovo le rendo gratie infinite della partecipatione favorevole da V. S. incamminatami appresso un tanto suggetto.

Ho contento grandissimo nel sentire che la sua nuova dottrina delle resistenze e del moto sia già sotto la stampa e che l’Elzeviro faccia instanza del resto del moto, e che però V. S. vadia lavorando intorno a’ proietti. Vorrei essere intanto quanto prima a goderne, et essere il primo a nutrir l’anima delle sue nuove e sempre maravigliose dottrine; ma non veggo modo di partirmi di qua per più mesi senza mio storpio notabile e senza scandalo mentre ci è la Corte: però mi è forza il digiunare in pazienza.

Di questo Studio non ci è nuova di consideratione. Gli scolari son pochissimi; filosofi non ne è comparsi: ci son bene lettori frati numero 14, che fa ridere e scandalizare ognuno. Io poi alla lezione di cattedra ho hauto buona udienza, ma un continuo flusso e reflusso d’ogni genere di persone. Alla letione di casa ho sempre tutti gli scolari ch’io ci havevo da principio. Di dieci soglion ridursi a uno, io ci ho intera la decina; ho hauto ventura, credo io, di dare in ingegni assai ragionevoli. Ce ne ho tre de’ migliori, uno gentil’huomo di Rimini de’ Guidoni, uno de’ Buonaiuti18 Fiorentino, e quel gentil’huomo Lucchese, Sig.r Tommaso Balbazi, del quale ha già hauto qualche avviso. Di lui veramente conosco una dispositione et attitudine grande, ma si trova contro la volontà di suo padre con altrettanta premura di quel che si havesse il mio di farmi studiar legge. Questa gli progiudica in maniera, che sentendolo suo padre deviato per l’inclinatione verso la mia scuola, l’ha richiamato a Lucca in tutte le vacanze; e dubita adesso il figliuolo del ritorno, o d’haver a star qua anno per anno tanto poco tempo quanto basti per haver le fede del corso scolaresco e dottorarsi. Dice bene questo giovanetto con tutto lo spirito e quasi piagnendo: E se io non ho a studiar le matematiche, mio padre non mi havrà nè matematico nè legista, perchè io mi morrò di dolore. Questo e tutti gli altri riveriscono infinitamente il nome di V. S., ammiratissimo da tutti gli huomini d’intelletto.

Il Sig.r Pieralli19 saluta reverentemente V. S., ma seguita nel medesimo stato di cattiva sanità, se non con peggiore. Ha una continua tossonaccia, e spesso spesso sputi di sangue, in copia alle volte di un’oncia e più; sichè, sebene i medici stimano per cosa certa che venga dalla testa20.... [p. 18 modifica]

3420*.
MATTIA BERNEGGER a ELIA DIODATI in Parigi.
[Strasburgo], 24 gennaio 1637.


Bibl. Civica di Amburgo. Codice citato nella informazione premessa al n.° 2613, car. 196t. — Minuta autografa.

Aelio Diodato,
                         Lutetiam.

....Addas etiam exemplar Flori Freinsheinianinota aere meo, quod de Apologetici Galilaeinota pretio detrahi poterit, redemptum in officina Liberti.

.... Ad Galilaeum, ad Gassendum, litteras meas una cum Parentatione Schiccardicanota, quam in singulas horas expecto, vel in fine nundinarum praesentium vel certe primo quovis tempore submittam....

14Ianuar.nota 1637.

Exemplaria Apologetici mundiore charta latitant alicubi in meo museo; a quo cum ego nunc exulem, nec meis unde eruant significare possim, feras moram non longam, uti spero, usque dum convalescam.


3421.
MARTINO ORTENSIO a GALILEO [in Arcetri]


Amsterdam, 26 gennaio 1637.


Dal Tomo III, pag. 164 — 166, dell'edizione citata nell’informazione premessa al n.° 1201.

Non credes, yir Nobilissime atque amicissime, quam grata fuerit Illustrissimis Ordinibus nostris oblatio inventi tui circa longitudines locorumnota, quam per Nobilissimum Realium non ita dudum fieri voluisti, quando et literis tuis, omni humanitate et benevolentia plenis, ad tantae rei promotionem me excitasti. Responsum obtinuimus votis nostris undique congruum, cuius summam iam ad Illustrem Grotium transmisi, nec dubito quin per Dominum Deodatum eius sis factus compos; quod tamen etiam se confirmaturum promisit modo dictus Realius, ubi italico sermone conceptum, data occasione, denuo manu Secretarii Illustrissimorum Ordinum fuerit subsignatum. Ut autem interim non ignores quid in consessu illustrissimorum Ordinum decretum sit, sic habe.

21 22 23 24 25

nova, accuranteloANNEFREiNSHEMio, ecc. Argentorati, <*ì Di stile giuliano.

in bibliopolio Eberhardi Zetzneri. Anno M.DC.XXXII. (S) Qf o 3337.

(2) Cfr. n.o 3058. [p. 19 modifica]

Intellecta propositione tua, gratias non tantum egere Nobilissimo Realio, verum ut etiam is Dominationi vestrae ipsorum nomine quam maximas ageret, petierunt; facta promissione, si inventum iudicetur praxi reperiendarum longitudinum idoneum, non uno modo Dominationem vestram ulteriorem ipsorum gratitudinem laborumque compensationem experturam. Hinc, ad examen inventi tui et totius negotii promotionem, commendarunt nobis tribus, scilicet Nob. Realio, Ortensio, Blauvio, ut, post quam Nobilissima Dominatio vostra omnia quae penes se habet requisita exhibuerit, non modo ea expendamus, verum etiam ad praxim revocemus, primique viam ac modum eruditis ostendamus longitudines locorum per orbem terrarum passim emendandi.

Haec sunt quae in causa Dominationis vestrae coram Illustrissimis Ordinibus peregimus; quae si grata habeas, superest ut necessaria media nobis procures, quae ad inchoandum hoc opus scribebas penes te iam parata adesse, aut adhuc mansisse excogitanda, quae nos quoque admodum avide iam dudum expectamus. Sed fortasse curiosa est Nob. Dom. V. sciendi, quid hac de re nos sentiamus, et an non aliqua dubia nobis inter quotidianos pene sermones inciderint. De iis igitur aliquid dicam, quod Dominationi vestrae dabo secum expendendum.

Post crebras inter nos in utramque partem disputationes, visum est Nob. Realio et Blauvio, inventum Dominationis V., ob summam quietem quae requiritur inter observandum, in mari non posse revocari ad praxim. Ego vero prò Dominatione vestra contendebam sufficere si iam nunc in terra ad usum revocari possit, quippe hinc insulas, portus omnes, quo ad meridianorum distantias, posse rectificari; reliqua commendanda esse industriae humanae, quae vel magis ardua tum invenit, tum superavit: cui meae sententiae post modum et ipsi acquieverunt.

Hinc de telescopio agore coepimus, comperimusque nulla in Batavia hodie, quae tantam praecisionem polliceri queant quanta ad eas observationes requiritur: solent enim etiam optima discum lovis hirsutum offerre et male terminatum, imde loviales in eius vicinia non recto conspiciuntur; atqui novit Dolo minatio vestra requiri in primis tam lovialium quam lovis discos bene terminatos, ut coniunctiones et emersiones intra unum temporis minutum rito observentur. Quod et si a telescopio Dominationis vestrae haud dubitaremus praestari, non tamen vidimus quomodo in Holandia tam exquisita possemus nancisci, quandoquidem omnes artifices rudes experimur et dioptricae quam maxime ignaros. Itaque rogandam censuimus Dominationem vestram, an non aliquod auxilium nostris artificibus praestare queat, ut telescopium ad maiorem perfectionem reducatur; quamquam ego prò mea parte numquam hic desperaverim, sed viam noverim, ad talem perfectionis gradum, qui instituto inveniendarum longitudinum sufficiat, telescopium feliciter perducendi. [p. 20 modifica]

Circa motum Iovialium visum nobis fuit, ephemerides requiri tam exactas, ut saltem in annum unum phaenomena praedici queant; theorias item tam tìrmas, ut sufificiant per omnia zodiaci loca. Responsum ergo a Nobilissima Dominatione vestra petimus, ut quanta motuum notitia iam penes Dominationem vestram sit agnoscamus, et simul ulteriores observationes instituamus, phaenomena per calculum indicata continuo cum caelo conferentes; quem in tinem speramus Amplissimos Consules Amstelodamenses observatorium nobis idoneum cum instrumentis procuraturos. Et sane non parum buie negotio Dominatio vestra prodesse posset, si ad ipsos Amstelodamenses Consules scriberet, peteretque ut talem observandi commoditatem mihi largiantur, quandoquidem inventio Dominationis vestrae nullis mortalium tanto erit usui et emolumento quam Amstelodamensibus. Hoc ego Nobilissimae Dominationi vestrae latius perpendendum relinquo. Quod si non censeat Dominatio vestra id sibi fore commodum, quaeso ad Illustrissimos Ordines iterato scribat, ut totum negotium meis humeris imponant, adiungantque media necessaria, puta observatorium et instrumenta: per illos id facillime a Dominis Amstelodamensibus poterit impetrare Ego autem, Nob. Galilee, sub fide boni viri et conscientiae integritate tibi spondeo, nibil me de tuis inventis mibi arrogaturum, sed gloriam omnem tibi relicturum, solum autem inventi tui usum promoturum in commodum generis bumani et patriae meae; boc tantummodo in praemium laborum postulans, ut per te D. Ordines intelligant me eum esse, quem tu dignum isto honore indicasti, et ut simul occasionem nanciscar per congrua instrumenta astronomiam etiam in aliis partibus promovendi, cui rei bactenus omnia pene studia mea impendi. Sed, ne nimium extra oleas vager, redeo ad propositum.

Circa horologium quod Nob. Dominatio vestra promittit, nobis visum fuit non posse dari meliorem inventionem in toto orbe terrarum, si tam constans sit ut narrat Dominatio vestra, et ubique locorum, tam in mari quam in terra, tam bieme quam aestate, expeditum ac certum praebeat usum. Tale enim borologium in observatione motuum caelestium tantum babet usum, ut nulla bumana inventio in aliis rebus babeat maiorem. Quocirca et buius structuram admodum desideramus novisse, ut in praxi observationum usum nobis praestet percommodum.

Tuum ergo erit, Nobilissime Galilee, quam primum inventa tua ad nos trasmittere, ut, dum adbuc in vivis es, ipse videas iam ad praxim ista revocari. Tantum enim iam apud lllustrissimos Ordines actum est in tua causa, quam agi potuit, et scripsisset dudum ad Dominationem vestram Nob. Realius, si non impeditus fuisset infinitis fere negociis; quod si tamen eius responsum desideres, urgebo ut quam primum respondeat, simulque exemplar decreti Illustrissimorum Ordinum italicum ad te mittat, quamquam nibil inde aliud quam ex apographo, a me iam ad lllustrissimum Grotium misso, poteris intelligere. [p. 21 modifica]

Adventante vere tendet in Italiam Borelius26 noster, huius civitatis Syndicus, ad Serenissimam Venetorum Rempublicam legatus. Iste vir magnus quoque istarum rerum fautor est, et per ipsius forte in Italiam adventum amplius experieris, quam grata fuerit Illustrissimis Ordinibus nostris tua oblatio. Sed interim, quantum te orare possum, Nobilissime Galilee, matura observationum et tabularum tuarum nobiscum communicationem; ut, quia in tam incerto aetatis statu versaris, nos, si quid tibi humanitus accidat, tam utili ac nobili invento minime frustremur. Praemium laborum tuorum admodum illustre ne dubita quin Habiturus sis, modo ulla ratione indicare queamus inventum esse praxi idoneum, vel in sola terra. Iudicium vero nostrum non aliud crede fore, quam sincerissimum et omni livore ac malignitate prorsus vacuum.

Haec fere sunt, quae circa hoc negotium Nob. Dominationi V. habebam rescribenda; quae si tardius putes prodire quam expectaveras, velini existimes non culpa mea id factum, sed quia detentus spe responsi Nob. Realii, qui tamen ob impedimenta summa hactenus nequivit respondere, quod et emendaturum se promisit. Interim Deum Optimum Maximum rogo, ut Dominationem V. diu adhuc incolumem servet, et in publicum bonum prospera patiatur frui valetudine. Vale.


3422*.

ALESSANDRO NINCI a [GALILEO in Arcetri].

S. Maria a Campoli, 27 gennaio 1637.


Bibl. Naz. Fir. Appendice ai Mss. Gal., Filza Favaro A, car. 144. — Autografa.

Molto Ill.re et Ecc.mo Sig.r mio P.ron Col.mo

Se io per la mia naturale stolideza non intesi male il desiderio di V. S., devo mandarli la notula di quanto ho speso per lei da li 2 di Dicembre prossimo in qua, e così andare seguitando; che è l’infrascritta, in fino all’infrascritto giorno:

Per n.° 300 fascine, in più volte.......................... £ 16.
Per staia sei di farina, con poliza e vettura......... £ 36. 13. 4.
Per n.° 35 pali con vettura.................................. £ 3.
Per due paia di galline......................................... £ 3. 10.
Per una catasta di legne grosse........................... £ 31.
Per un paio di capponi........................................ £ 4. 3. 4.
Per lib. 54 di lardo............................................... £ 11.

105. patiatur fieri valetudine [p. 22 modifica]Quando fui da V. S., il lardo si vendeva qui a ragione di lire diciotto il cento, ma poi è alzato il prezo quanto V. S. può vedere.

Seguiterò di mandare di quando in quando, secondo l’opportunità, capponi altri uccellami, suplicando V. S. a lasciarsi intendere liberamente se ciò segua con sua sodisfazione, perchè mi sarebbe di sommo disgusto che l’eccessiva benignità di V. S. dovessi essere esercitata verso di me anche in questo particulare, di ricevere cose o aprovare spese che non fussero conforme al suo gusto; mentre co ’l fine, facendoli debita reverenza, gli pregho dal Cielo intera prosperità.

Da S.ta M.a a Campoli, 27 di Gennaio 1636 ab Inc.ne


Di V. S. molto Ill.re et Ecc.ma

Devotiss.momo e Oblig.mo Se.re

Alessandro Ninci.



3423*.

MATTIA BERNEGGER a GALILEO in Firenze.

[Strasburgo], 30 gennaio 1637.


Bibl. Civica di Amburgo. Codice citato nella informazione premessa al n.o 2613, car. 197t. — Minuta autografa.

Galilaeo Galilaei,

Florentiam.


Cunctationis meae, quanquam non tam a negligentia quam a reverentia profectae, dum scilicet, inclyti nominis tui maiestate perculsus ac tenuitatis meae conscius, audaciam ad tantum virum scribendi sumere formido, gravis profecto poena nunc mihi pendenda est, respondendi necessitate in illum temporis articulum usque dilata, quo minime omnium sum ad scribendum idoneus. Iam inde usque a superioris anni Calendis Octobribus, acerrimis primo doloribus arthritidis, deinde, cum hi desiissent, perpetua crurum debilitate aliisque symptomatibus, animi corporisque prostratae vires musarum omni commercio excluserunt, cum quibus necdum in gratiam ex integro redire licuit. Allatae sunt interim a longo pudendi mei silentii intervallo alterae tuae literae27, illae quidem ex naufragio nonnihil madore corruptae nec lectu satis expeditae, ceterum incredibilem spirantes humanitatem (qua virtute, ut inclyta natio vestra in aliis plerisque, sic tu in ipsa natione tua plurimum excellis) et, quod caput est, onustae munere crystallorum telescopii longe acceptissimo, quo nisi pertinacia silendi tandem expugnetur, levi forte crimini rustici pudoris gravissimum ingrati animi scelus adiecisse videbor. Gratias itaque, quas rauneris et per se magnum pretium et ex dantis animo benevolo maius adhuc redditum postulat, ago longe [p. 23 modifica]maximas, amplioribus acturus verbis, atque etiam de usu nobilissimi instrumenti, si permittis, aliqua quaesiturus, utprimum, Dei et medicorum adiutus ope, valuero rectius. Interim mitto et Schiccardi τοῦ μακαρίτου Parentationemnota et, pridem a me confectum, indicem eorum locorum Systematis, in quibus convertendis haesitavi vel etiam erravi. Velim, nisi grave est, de singulis explices sententiam tuam, ut saltem secunda editio (nam melioribus temporibus prodituram sperare fas est) prodeat emendatior et Galilaeo dignior. Deus tibi, divine senex, longam tranquillamque vitam largiatur, ut superstes sis inimicis tuis, superstes calamitatibus publicis, quae miserabilem in modum tot per annos orbem nostrum concutiunt lancinantque. V.

20/30 Ianuar. 1637.


3424*.

[Strasburgo], 30 gennaio 1637.


Bibl. Civica di Amburgo. Codice citato nella informazione premessa al n.o 2613, car. 198r. — Minuta autografa.

Deodato,

Lutetiam.


.... Adieci ego unumnota prò magno Galilaeo et alterum tui arbitrio. Litteras etiam ad Galilaeumnota hic habes, quas apertas reliqui ut indicem erratorum ac dubiorum videas, quae velim etiam abs te solvi aut corrigi, quo melior olim editio procuretur. Obsigna quocunque signo. Non dissimulo suspicionem meam, telescopii vitra non esse illa a Galilaeo missa, sed ab alio supposita, retentis melioribus. Suspicandi rationes explicabo alio tempore....

20/30 Ianuar. 1637.


3425*.

ALESSANDRO NINCI a [GALILEO in Arcetri].

S. Maria a Campoli, 31 gennaio 1637.


Bibl. Naz. Fir. Appendice ai Mss. Gal., Filza Favaro A, car. 145. — Autografa.

Molto Ill.re et Ecc.mo Sig.r mio P.ron Col.mo

Mando tredici tordi e due gazine, che costano due lire e cinque soldi, e un paio di capponi, de’ quali aviserò il prezo per la prima occasione, perchè adesso

28 29 30 [p. 24 modifica]non lo so, non mi essendo abboccato con chi gl’ ha compri: e in questo mentre non trascuro l’esecuzione di quello che ultimamente ho detto a V. S., perchè il mio desiderio corrisponde all’obligho infinito che io professo di sodisfarla per il mio cugino31, che, a mia contemplatione, da lei con tanta benignità fu sovenuto; mentre co ’l fine a V. S. faccio debita reverenza.

Da S.ta Maria a Campoli, 31 Gennaio 1636 ab Incne


Di V. S. molto Ill.re et Ecc.ma

Devotiss.mo e Oblig.mo Se.re

Alessandro Ninci.



3426.

GALILEO a MICHELANGELO BUONARROTI [in Firenze].

[Arcetri, gennaio 1637].


Galleria e Archivio Buonarroti in Firenze. Filza 48, Lett. G, car. 929. — Autografa.


Molto Ill.re Sig.re e Pad.n Col.mo

Sono col S. poeta Coppola, il quale mi favorisce di leggermi la sua Favola32 con mio gran diletto. Ho preso licenza di rispondere a V. S. molto I. dopo il 2° atto, per non fare aspettar più il mandato suo. Io non ho ritratti della persona mia, salvo che una bozza fatta un anno fa dal S. Giusto fiammingo33 la quale è manco che abbozzata; però V. S. mi scuserà se non posso servirla.

Il Ser. Principe Giancarlo ha condotto a me il Sig. Coppola, e lasciato il suo carrozzino per ricondurlo. L’hora si fa tarda, e ci restano li altri 3 atti. Mi scusi in grazia il mio S. Mich.lo e mi ami.


Tutto di V. S. molto I.

G. G.


Fuori: Al S. Michel.o Buon.ti mio Sig.re [p. 25 modifica]

3427.

ASCANIO PICCOLOMINI a GALILEO in Firenze.

Siena,1° febbraio 1637.


Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. XI, car. 273. — Autografa la sottoscrizione.


Molto Ill.re Sr mio Ossmo

Il Padre D. Vincenzo Ranieri m’ha accresciuta la consolatione della lettera di V. S. del 30 con nuove così buone della sua salute, che io non posso mancar di rallegrarmene con ogni più viva maniera. E perchè anco m’ha dato conto della continuatione delle sue fatiche, vorrei in questi dì di carnevale potergliene ristorare con un po’ di caccia; ma i miei Vescovini34 non m’han saputo ammazzare se non cignaletti sì piccoli, che quasi mi vergogno che il nostro Santi gliene lasci costì uno. Ho detto non dimeno che l’accompagni con quattro starne e con quattro tordi, se si saran presi. Gradisca le bagattelle, giachè non posso servirla in cose grandi, e mi conservi la sua grazia.

Siena, il p.mo Feb.o 1637.


Di V. S. molto Ill.re
Sr Galileo Galilei. Fiorenza.

Devot. Ser.

A. Ar.o di Siena.



3428.

MARTINO ORTENSIO ad ELIA DIODATI [in Parigi].

Amsterdam, 1° febbraio 1637.


Dal Tomo III, pag. 427, dell’edizione citata nell’informazione premessa al n.o 1201.


Vir amicissime,

Bonum factum, quod apographum Decreti Illustrissimorum Ordinum super causam celeberrimi Galilei continuo ad ipsum Galileum miseris. Dominus Realius ob infinitas occupationes nondum ei respondere potuit; sed non est quod Dominus Galileus ideo cunctetur inventum suum in medium depromere, quippe in cuius caussa tantum actum est hactenus, quantum agi potuit: qui per Dominum Realium tantummodo meorum dictorum recepturus est confirmationem. Ut autem tempus diutius non trahatur, iam et sententiam nostram, et quid ei porro censeam faciendum, late scribo. Tu, quaeso, fac ut literae quam rectissime curentur. Si hoc Domini Galilei inventum procedat, profecto spe sua et [p. 26 modifica]tibus egregie excidet vester Morinus35, qui hactenus ex lunae motu locorum longitudinem irrito labore, me iudice, eruere tentavit; et tamen ille suis literis me rogare non cessat, ut prò ista inventione praemium ipsi ab Illustrissimis Ordinibus exigam: qua in parte nunquam a me impetrabit, ut honorem meum pericliter. Nuper petiit, ut ipsi indicarem quale esset inventum Domini Galilei. Indicavi. Quid de eo iudicet, poteris facile expiscari. Non egissem illud, nisi Beecmannus36 noster id iam ante communicasset Mersenno37. Vale, mi optime Deodate, et negotium hoc nobilissimum, quantum potes, promove.


3429.

ROBERTO GALILEI a GALILEO [in Arcetri].

Lione, 3 febbraio 1637.


Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. XIII, car. 7. — Autografa.


Molto Ill.e Sig.r mio e P.n Col.mo

Responderò assai brevemente alla di V. S. de’ 16 del passato, solo ricevuta hieri, ch’oggi mando quella mi ha raccomandato per il S.r Diodati a suo destinato viaggio, e qui alligato vi viene altra raccomandatomi da S. S.a, che grato mi sarà saperne la ricevuta.

Quanto a quel libro del Saggiatore, lo ricevetti e lo mandai a Toloza al S.r Carcavi38, il quale so che da S. S.a è stato ricevuto. Ma altro che domandò, e un altro che la mi scrissi alcuni mesi sono, che l’haveva consegnato alli SS.i Galilei, o in casa, per il S.r Diodati un certo libro, hora mi scrivono havere trovato in loro bottegha un certo libro, soprascritto al S.r de Rossi39: mi vado imaginando che sia quello, e scrivono haverlo mandato. Lo aspetto d’hora in altro; e sendo cosa che aspetti al S.r Diodati, la puole credere che gli ne farò subito havere, e S. S.a lo saprà con altra.

Io scrivo ancora al S.r Diodati, che quando quelle sua opere saranno stampate, me ne mandi un exemplario. Così ancora desidero di quelle longitudine, quando havera finito il suo negotio con li SS.i Olandesi, e haverò caro di sapere in che lingua si stampino. Ma di questo ancora ne ho scritto al sudetto S.r Diodati, e presto ne haverò resposta.

Mi dispiace bene che Illmo C. di Noaillie non habbia possuto operare cosa alcuna circa la liberasione di S. S.a; che bisognia dire che li sua nemici siano

Lett. 3428. 15. Brecmannus — [p. 27 modifica]più presto diavoli che huomini, giachè ad altri predicano la reconciliatione e per loro observano la vendetta; e se ne puole andare tirando consequentia, se peggio potessino fare, peggio senza altro fariano. Ma N. S. è giusto, e spero che alla fine, malgrado loro, la ne riceverà satisfasione. E facendoli con questo reverenza, li pregho da N. S. ogni bene.

Di Lione, questo dì 3 di Feb.° 1637.
Di V. S. molto Ill.e
S.r Galileo Galilei.

Se.re Hum.mo e Parente Dev.mo

Rub.to Galilei.



3430*.

GIO. GIACOMO PORRO a [GALILEO in Arcetri].

Monaco, 5 febbraio 1637.


Bibl. Est. in Modena. Raccolta Campori. Autografi, B.a LXXXV, n.o 97. — Autografa.

Molt’Ill.re Sig.r mio Oss.mo

Per fretta gli scrivo queste due righe in ringratiarla delli belli sonetti mandatimi, quali farò in musica e li mandarò a Vienna subito; e sia certo che saranno almeno le parole gradite. S’il S.r Bartolomei si vorrà degnare, per mezzo del favor di V. S., gratiarmi di quella opera, cioè la favola di Perseo40, la metterò parimente in musica, e, con occasione ch’io ho d’andar a Vienna, la portarò meco e la presentarò al Ser.mo Arciduca Leopoldo, qual la farà recitare al Re suo fratello; e così sarà rappresentata l’opera con maggior applauso.

Il S.r Alberto41 sta bene e fa riverenza a V. S., e passati questi crudeli freddi in ogni modo l’inviarò a V. S.; sebene per altra gli scriverò in questo proposito più diffusamente. Intanto la supplico a tenermi in gratia sua e del Sig. Bartolomei, e con tal fine gli faccio humilissima riverenza.


Monaco, li 5 Febraro 1637.

Di V. S. molto Ill.re



Obligat.mo Ser.re

Gio. Giacomo Porro.

[p. 28 modifica]

3431.

FULGENZIO MICANZIO a GALILEO [in Firenze].

Venezia, 7 febbraio 1637.


Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. XIII, car. 8. — Autografa la sottoscrizione.

Molto Ill. et Eccell.mo Sig.r, Sig.r Col.mo

Mi capita la lettera di V. S. molto Ill. et Eccell.ma dell’ultimo passato con l’allegata dell’Eccell.mo Sig. Matthematico di Pisa42, alla quale farò risposta il seguente ordinario. Questi sono degl’honori che io ricevo dal mio Sig. Galileo, il quale so bene che non può stare senza qualche speculatione mirabile. Godo sommamente d’intendere che s’affattichi a perfettionare la materia de’ proietti, che sarà tutta nova. Ma quale delle opere del Sig.r Galileo non è nova? Mi pare impossibile che anco in quella materia, che la renderano immortale et ammirabile a quelli istessi che, col perseguitarla, la credono più di tutti, e restano convinti, io credo, della verità, ma certo della maraviglia, non habbia delle osservationi e delle speculationi, da comunicar almeno agl’amici et a quelli che, conoscendola, non solo l’ammirano, ma adorano come un nume l’auttore.

E verissimo quello che V. S. mi dice, che la meditatione dell’immensità mi trabalza nel medesimo tempo ne i minimi, e, quello che importa, in questi trovo più che meditare che in quella, e mi passano per mente tante cose che mi confondono: che in fatti vi ricevo gran solazzo, e passo poi, come non so trovar ripiego per intendere, al detto di Salomone, che Dio fecce il mondo e lo diede da disputar agl’huomini, ma con questa risserva e conditione, che non intendano mai nessuna delle opere, che egli fecce e fa, dal principio al fine; il che li nostri theologi, che tanto sanno delle cose divine e tanto poco delle naturali, intendono per hiperboli, et io l’intendo litteralissimamente, e sempre più mi vo chiarendo che così sia.

La prego conservarmi la sua gratia, che stimo per un thesoro precioso, e le prego con ogni affetto felicità e bacio le mani.


Ven.a, 7 Febraro 1637.
Di V. S. molto Ill. et Eccell.ma
S.r Galileo


Devotiss.o Ser.

F. F.

[p. 29 modifica]

3432*.

VINCENZO RENIERI a GALILEO in Arcetri.

Pisa, 8 febbraio 1637.


Bibl. Est. in Modena. Raccolta Campori. Autografi, B.a LXXXVI, n.° 115. — Autografa.

Molto Ill.re Sig.r mio Oss.mo

Hieri giunsi in Pisa, doppo esser stato sei giorni a Siena, e penso dimane di far riverenza al Sig.r Cioli. La prego tra tanto a scusarmi se non sono ritornato per Fiorenza, perchè vorrei pure esser a Genova gli ultimi giorni di carnovale. Starò attendendo colà che V. S. m’avvisi di ciò che segue del negotiato di Parigi43, e che vada pensando in che la posso servire al paese per dove penso di partire fra otto o dieci giorni.

Ho fatto lunga commemorazione di V. S. col’Ill.mo Arcivescovo44; e mentre la prego a conservarmi tutto suo, le bacio affettuosamente le mani.

Di Pisa, adì otto Febraro 1637.

Scrivendo a Genova, ponga nella coperta: a S. Stefano.


Di V.S. molto Ill.re


Fuori: Al molto Ill.re Sig.re e P.ron Col.mo

Il Sig.r Galileo Galilei.


Dev.mo Ser. e Vero Amico

D. Vincenzo Renieri.


Firenze.


3433.

DINO PERI a [GALILEO in Arcetri].

Pisa, 11 febbraio 1637.


Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. XI, car. 182-183. - Autografa.

Molto Ill.re et Ecc.mo Sig.re e P.ron mio Col.mo

Subito ricevuta la lettera di V. S. molto Ill.re et Ecc.ma de’ 7 del presente, andai a Palazzo e la detti al Sig.r Guerrini45, acciò, subito che fusse possibile, la leggessi al Gran Duca e l’indugio non si facessi maggiore. Mi rispose poi, che [p. 30 modifica]S. A. haveva detto ch’io non mi pigliassi altro pensiero, che sapeva quel che haveva da fare, e che immediatamente mandò a chiamar Tordo46, il qual Tordo io non ho poi mai potuto ripulire: però non so altro, ma m’immagino che a quest’hora dovrà essere stato presentato a V. S. quanto ella desidera47, o pochissimo possa esser l’indugio.

La nuova dell’indispositione dell’occhio destro di V. S. m’ha travagliato assai, io ma ho preso da due giorni in qua consolatione e per me e per lei: sono stato male cinque o sei giorni d’un occhio io ancora, ma dell’occhio sinistro; non so che stella ci favorisca in coppia de’ suoi non buoni influssi; ma adesso vo guarendo e son libero quasi del tutto: però spero che anco V. S. sarà libera dal male. Vanno delle scese attorno; a chi travagliano gli occhi, a chi i denti, e a chi le fauci; ma presto si risanano.

Di quelle sfere48 fuggitive haverei caro di sapere a un di presso la spesa, per sapere se a tutt’a due o a una potessi arrivare un povero o più poveri insieme, già che un ricco non mi ci parve gran cosa volonteroso. Favoriscami, di gratia, V. S. di informarsi, se è possibile, interamente, e se tal mercanzia facessi pericolare una persona privata dell’unghie velenose dell’asinità, tanto cresciute e tanto lunghe che longae regum manus non ci son più per niente.

Di qua non ho cosa di nuovo; però finisco, facendo a V. S. humilissima reverenza, mentre con devoto affetto le bacio le mani.

Pisa, 11 Febb. 163649


Di V.S. molto Ill.re et Ecc.ma

Devotiss.o e Obblig.mo S.re

Dino Peri.



3434.

DINO PERI a [GALILEO in Arcetri].

Pisa, 18 febbraio 1637.


Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. XI, car. 184-185. — Autografa.

Molto Ill.re et Ecc.mo mio Sig.r e P.ron Col.mo

Mi disse Tordo, e stasera il Sig.r Guerrininota, che un vetro per V. S. si è fatto a posta, e che è in ordine nelle mani del Gran Duca e che forse S. Alt.za gliel’ha inviato, ma che per ogni caso stasera gne ne ricorderà. Tordo poi

Lett. 3433. 7. potuto ribulire<ref>Cfr. n.° 3433 [p. 31 modifica]vorrebbe che V. S. sapessi che certi suoi duo’ vetri si contenta di dargli a quell’Inglese per venti scudi.

Il miglioramento dell’occhio di V. S. ha dato a me, et a tutti gli amici che n’eran consapevoli, consolation grande, pigliando ferma speranza che a quest’hora ell’habbia a ritrovarsi libera affatto da ogni offesa. L’havermi poi favorito, non ostante simil indispositione, di lettere di sua mano, mi ha obligato maggiormente alla benignità di V. S., che mi tien sempre col cuore devoto, incatenato e confuso.

È qua un P. D. Vincenzio50 Olivetano, che si mostra molto parziale di V. S. Mi ha visitato per le bugie troppo amorevoli che ella gli haverà detto di me; son però in obligo di ringratiarla, sì come io la ringratio sommamente. Ci siamo poi trovati insieme da giovedì passato in qua più volte, sempre concordando in laude di V. S. e in detestatione di chi non la riverisce. Mi par segregato dalla maggiore schiera dominante, e dispostissimo alle dottrine de’ pochi e de’ migliori. Ha poi alcune sue fatiche per istampare; non me le ha date nelle mani, ma io non potrò se non lodarlo.

Di quelle sfere51 harei caro sapere di che materia siano, di che grandezza, di quant’orbi, se rappresentino la teorica di tutto il sistema o se delle stelle fisse del sole solamente, e, appresso, l’ultimo prezzo e dell’una e dell’altra.

Il Sig.r Marcantonio52 piglia qualche miglioramento, et io sto benissimo; e unitamente facciamo reverenza a V. S. molto Ill.re et Ecc.ma, e le desideriamo prosperissima salute per benefitio di tutto il mondo.

Pisa, 18 Febb. 163653.
Di V. S. molto Ill.re et Ecc.ma

Oblig.mo e Devotiss.o Se.re

Dino Peri.



3435*.

FULGENZIO MICANZIO a GALILEO [in Firenze].

Venezia, 21 febbraio 1637.


Bibl. Est. in Modena. Raccolta Campori. Autografi, B.a LXXX, n.° 136. — Autografa.

Molt’Ill.re et Ecc.mo Sig.r, Sig.r Col.mo

Rispondo al Sig.r Matematico di Pisa54: il favore della sua lettera mi è stata delle gratie che ricevo da V. S. molto Ill.re et Ecc.ma Vorrei potere in qualche cosa servire quel Signore, quale, sendo stimato virtuoso da lei, non deve curar più sicuro testimonio, se fosse bene l’oracolo d’Appollo. . [p. 32 modifica]

II Sig.r Alberghetti55 fu a vedermi uno de questi giorni. Mi dice che va dietro al suo specchio parabolico, e questa quadragesima sarà compito. Io pure, senza sapere perchè, ho certa repugnanza di credere che risponda all’aspettatione. Mi promise un schizzo della sua sfera Copernicana, che mi dà più soddisfattione che l’Olandese, de quali ho una. Certo nelle macchie solari egli occularmente fa vedere li fenomini scritti da V. S., che è cosa singolare. Vi ha aggionti due. Giove superiore, et inferiore Venere: non li ho veduti, ma mi accerta far ad unguem le loro rivolutioni, cioè la terra una annua, Venere in 10 mesi, et Giove in 12. All’allongar del giorno sarò a vederlo, et se mi fa lo schizzo, lo mandarò a V. S.; alla quale desidero quiete e gusto, dove io mi travaglio, in vece di speculationi, in processi. La notte mi rifacio, perchè mi rido di molte cose che il mondo ammira. Le b. le mani.


Ven.a 21 Feb.° 1637.
Di V. S. molto Ill.re et Ecc.ma

S.r Galileo.


Dev.mo Ser.

F. F.



3436.

PIETRO DE CARCAVY a [GALILEO in Firenze].

Parigi, 22 febbraio 1637.


Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. XIII, car. 10. — Autografa.

Molto Ill.e Sig.r mio e Pad.a mio Cariss.o

Giudicarà V. S., che conosce la mia osservanza verso di lei, quanto grave mi sia stato l’intendere che ella non habbia ricevuto le mie lettere. Ho pur scritto a V. S., e mi assicuro di non dir cosa che non sia vera; ma come vedo che se ne sono perdute delle sue, non mi maraviglio che le mie si sianno smarrite, ancora che fossero tutte consegnate al Sig.r Ruberto56 suo cugino: non dimeno non mi dolgo di lui, ma della mia mala fortuna.

Scriveva57 a V. S. multe cose attenenti alla stampa delle sue opere (le figure delle quali sono intagliate), preghandola mi diesse aviso della maniera nella quale desiderava che fussero stampate, e si fusse bisogno adiugniervi alcuna cosa me lo mandasse. Scriveva ancora in consideratione del librare, el quale, non potendo havere un privilegio per le opere già stampate (che si tratta così in Francia),

Lett. 3435. 13-14. Giove un 12 Lett. 3436.333 2-3. grave mia sia [p. 33 modifica]havesse desiderato che lei mandasse alcuno nuovo trattato, per cagion del quale si potesse haver el detto privilegio. Finalmente li mandai una propositione geometrica d’uno mio amicissimo e sçavante58, con la quale dimostrava che ’l grave (supponendo el moto diurno della terra) nel suo movimento non poteva descrivere el mezzo cerchio, anzi una helice59; la quale è tanto stimata, che credo facilmente che V. S. havrà caro di vederla; e se li piace, l’invierò ancora alcune altre demonstrationi del detto mio amico intorno alle sue propositioni del moto, le quali non sono ancora state viste di nissuno. Di gratia, mi faccia quel favore di scrivermi tutto quello che sarà bisogna di fare per la stampa delle dette sue opere; e s’assicuri che la persona sua m’è tanto cara, che niente potrà impedirmi di darli ogni sodisfatione possibile, offerendoli una assoluta autorità di poter disporre di me ad arbitrio suo. El Sig.r Deodati l’assicurarà con più parolle di tutto quello che li prometto di core e d’affetto. Baccio humilmente le mani a V, S., e li pregho intiera felicità.


Di Parigi, li 22 Feb.° 1637.
Molto Ill.e Sig.r mio Pad.n mio Colend.o



Devotiss.° et Vero Serv.°

P. De Carcavy.



3437.

NICCOLÒ FABRI DI PEIRESC e PIETRO GASSENDI a GALILEO [in Arcetri].

Aix, 24 febbraio 1637.


Bibl. d’Inguimbert in Carpentras. Collection Peiresc. Addit, T. IV, 3, car. 451. — Minuta autografa.

S.r Galileo Galilei.

Molt’Ill.re Sig.r et P.ron mio Col.mo

Io stava aspettando qualche risposta più formale dall’Em.mo S.r Card.le Barberino intorno alla piena rilassatione di V. S. molto Ill.re, per poterlene render conto con occasione di ricordarmele sempre devotissimo servitore et ammiratore della sua virtù et sommo valore; ma sendo andato tanto in lungo il negotio, non ho voluto lasciar andare a cotesta volta un mercante di Marsiglia mio amico60 senza farle riverenza, et dirle ch’io non mi tengo ancora per escluso della grazia appresso S. Em. Dalla qual, per l’ultimo ordinario, me n’è stato concessa un’altra, negata positivamente duoi anni intieri et più, et una seconda che pattiva difficoltà [p. 34 modifica]grandissima ancora già da più d’un anno: quando meno io ci pensava, è venuta una lettera di suo pugno delli 6 Febraio, con l’aviso della concessione inaspettata d’ambe le grazie già disperate, da donde io mi risolvo di prendere occasione di rinovar l’instanze per V. S. molto Ill.re; dalla quale io prendo miglior concetto che prima, et auguro l’esito conforme alli voti.

Intanto le dirò che con l’occhiale già da V. S. mandato all’Ill.re S.r Gassendo nostro61 habbiamo veduto il corpo di Saturno d’una figura molto più stranna che non l’haveva anco visto prima con altri occhiali, parendo che la figura sia forata o machiata in duoi luoghi, più tosto che composta di tre globi separati congionti; ma non si spoglia bene dalli raggi, che caggionano qualche confusione, et molto maggiore quando si mira al corpo di Venere, che non vi si può vedere spogliato delli medesimi raggii et molto maggiori: di maniera che se si potesse ottenere qualche altro occhiale più forte, et più cappace di spogliare nettare quelli astri de i lor raggii fallaci, lo riputaressimo a somma ventura; ma non vorrei esserle troppo grave per questo. Et havendo inteso da un dottor di Sorbona, che passò qui ultimamente, che per servicio di S. Altezza di Toscana s’era accasato in cotesta Corte un tal Hyppolito Francino, che faceva occhiali più perfetti degli altri, la preggo di volerne dire il suo parere al latore della presente, et dargli qualche buon ricapito di qualche suo amico parente, che glie ne possa fare impartire uno de i migliori et più forti che si possa; dove io spenderei volontieri il quadruplo del prezzio che vi potesse occorrere, per cavarmene la voglia et vedere quanto vi si può sperare et quanto ha potuto scoprire V. S. molto Ill.re La quale preggo volermi schusare di questa et tante altre importunità, et commandarmi più liberamente che non ha voluto ancora. Et le preggo dal Signore ogni meritata quietudine et contento, con la piena salute et prosperità.


Di Aix, alli 24 Febr.0 1637.
Di V.S. molto Ill,re et Exc.ma


Devotiss.o et Humiliss.o Ser.re

Di Peiresc.


Io so che l’Em.mo S.r Card.al Barberino ha avuto occasione et voglia di far instanza alla S.ma Altezza di Toscana di certo favore in materia di belle lettere; et io son per porgergliene un’altra occasione, per ottenere la licenza di prendere dissegni et modelli delli vasi gemmei più preciosi della sua credenziera, per mia particolar curiosità, havendo io incontrato in simili monumenti dell’antiquità certe noticie assai rare et non inutili, come parerebbe. V. S. molto Ill.re potrà intendere dall’Ill.re S.re Hilarione62 ciò che glie ne mando, et spero ch’ella non bavera discaro di favorirmici della sua intercessione appresso gli custodi altri ministri della guardarobba, et appresso S. A. medesima quando bisognasse; et [p. 35 modifica]s’ella lo giudicherà a proposito, farò io instanza a S. Em.za di scriverne a favor mio a S. Alt.za: et con questa occasione rinovandosi le instanze per il negocio di V. S., forzi che si potrebbe spuntare, conforme alli voti della republica letteraria. n’aspetterò il parere di V. S. per la via solita di Lione, et pure al ritorno del latore della presente; et in ogni modo ella schuserà il zelo, forzi indiscreto, di un suo servitore.

Habbiamo fatto dissegnare il corpo lunare di grandezza competente, visto con gli occhiali già inviati da V. S. molto Ill.re al S.r Gassendo nostro; et l’intaglia in rame qui in casa nostra il S.r Melano che è stato in Roma più di x anni, mio amico singolare, che vi ha speso sei mesi di tempo et osservato le macchie con grand’essattezza, con speranza che deverà riuscire l’opera a gran gusto delli curiosi et onore di V. S., che ci ha impartito lo stromento da vederla nella forma che s’è intagliata, tutta piena; sopra la quale s’anderanno intagliando poi altre phasi, con osservation dell’ombre di tutti li monti o promontorii, più essattamente che non si fosse ancora pratticato: et se ne manderanno subito le pruove a V. S. molto Ill.re, et all’Em.mo S. C. Barberino ancora, se non con il prossimo ordinario, almeno con il sequente; il che darà nuova materia di parlare di V. S., che è stata la prima a scuoprir questo miracolo della natura.

La preggo di volermi far sapere s’ella habbia havuto alcuna noticia di un Silvio Pontevico, già curiosissimo di libri rari manoscritti et specialmente degli authori toscani antiqui, il quale haveva l’historia di Pisa d’Agnellus, della quale io vorrei pur intendere se sia più in essere o no, et se V. S. ha mai visto alcun frammento d’historie di cotesta città di Pisa ex professo. Ella mi farà grazia singolare.

Segue, di mano di Pietro Gassendi:

Et io anco, riscontrandomi qua, ho voluto sottoporre queste tre linee, per basciare humilmente le mani a V. S. molto Ill.re et assicurarla del mio sempre divotionatissimo affetto.

P. Gassend.


3438*.

NICCOLÒ FABRI DI PEIRESC a ILARIONE BONGUGLIELMI [in Firenze].

Aix, 24 febbraio 1637.


Bibl. d’Inguimbert in Carpentras. Collection Peiresc. Addit., T. IV, 3, car. 451t. — Minuta autografa.

Molt’Ill.re Sig.r mio et P.rone Oss.mo

Le cortesissime offerte che V. S. molt’Ill.re si degnò farmi ultimamente con la sua lettera, mi colsero in tempo ch’io mi trovai fuor d’ogni libertà di testificarlene la mia

nota

63 [p. 36 modifica]gratitudine; e, per mia disgrazia, un viagetto che mi convene fare in Marsiglia quasi nel medesimo punto, fece confondere in absenza mia tutte le lettere et charte dello studiolo mio, in maniera ch’al ritorno m’è stato impossibile di ritrovarla: il che m’ha fatto cascare in una mala creanza quasi hormai inescusabile, benché involontaria, mentre io stava aspettando d’incontrarla et di responderle, com’era mio debito, con maggior punctualità che non posso fare bora senza haver la sua in mano; preggandola di perdonarmi questo fallo e di far capitale della servitù mia, et credere che me le tengo obligatissimo per sempre e che riceverò a singolarissimo favore ch’ella mi commandi assolutamente come antiquo servitore di tutta la sua casata, e specialmente delli Ill.ri SS.ri Galilei64 et Rossy65, et hora maggiormente astreto alla persona di V. S. molt’Ill.re con queste sue recenti offerte, ch’io riconosco essermi procurate della soprabontante amorevolezza di que’ SS.ri suoi parenti, ben che non meritate appresso di loro et manco appresso di lei. Ma questa è generosità et cortesia hereditaria in tutto questo suo nobilissimo parentado, ch’io cercherò hormai di meritare, se posso, con ogni possibile dimonstratione della servitù mia et della mia obbedienza alli commendamenti loro.

Accetando adunque gli suoi cortesi officii, prendo l’ardire di raccommandarle il S.re Giovanni Issaultiere di Marsiglia, che se ne va in Venetia et deverà passar a Firenze et salutare a mio nome l’Ill.re S.r Galileo Galilei; ma vorrei ben che fosse sotto il passaporto di V. S. molto Ill.re, acciò retruovi più libero accesso et che al ritorno egli me ne possa portar nuove più fresche et, com’espero, più chare della relassatione delle strettezze e durezze che sonno hormai troppo lunghe. Io l’ho preggato di comprarmi dal S.r Hypolito Francino un thelescopio, se si puotrà ottenere, cappace di spogliare il corpo delli pianetti di quei raggii che ne confondono l’obietto et la figura; et acciò non sia defraudato, mi son persuaso che V. S. molto Ill.re non haverebbe discaro di adoperarvisi, per amor mio et molto più per rispetto dell’Ill.ri SS.ri Galilei et Rossi, acciò resti servito di stromento che possa rispondere alli voti, se non in tutto almeno per la maggior parte, sì come alla riputatione che danno a quel artefice, lo qual dicono essere stato chiamato a cotesta Corte da S. A. Ser.ma di Toscana per haver l’industria di fare telescopii molto migliori degl’altri communi; giovandomi credere che V. S. n’haverà qualche certezza o noticia sufficiente per potervisi fare quel fondamento che vi si potrebbe ricchiedere se occorrerà, et che sotto la sua parola vi si potrà fare la spesa ch’ella giudicherà convenevole. Et se non saranno lavorati gli vetri, potrà farsi mentre passerà oltre il S.r Issaultier a Venetia, per ricevergli al suo ritorno et pagarli, secondo che sarà convenuto tra di loro et consigliatoli da lei.

Ma la somma cortesia di V. S. schuserà, se le piace, ancora un’altra importunità molto maggiore, lo presi gran gusto d’essaminare la misura e capacità di certi vasi antiqui gemmei, grandi et piccoli, dalli quali ho cavato noticie excellenti; il che m’ha fatto far instanza d’ottenere una parte del Consilio di X della Ser.ma Republica di Venetia per la licenza di far misurare et prendere dissegni e modelli delli vasi gemmei più preciosi del thesoro di San Marco, li quali modelli io spero deveranno essere spediti al latore della presente.

Et se fosse possibile, vorrei ben havere una nota delli vasi antiqui, di agatta et d’altre [p. 37 modifica]gioie, ch’io viddi altre volte nella credenza di S. A. S.ma nelle nozze della Regina, madre del Re; anzi, se fosse lecito con qualche mancia al custode, vorrei haverne un schizzo o dissegno di quelli che più apparentemente mostrano d’essere di maniera antiqua.... Et quando bisogniasse adoperar altri mezzi, seben non lo credo necessario dove si tratta del credito dell’Ill.re S.r Galilei sopra l’Altezza S. S.ma et sopra gli suoi ministri66, io tengo Monsieur de Guize67 non mi negarebbe la sua intercessione, né forzi ancora l’Em.mo S.r Card.al Barberino, a che si potrà ricorrere se tal sarà il parere dell’Ill.re S.r Galilei et di V. S. Intanto si potrà procurar la nota et qualche schizzetto, se non le sarà grave....


Di Aix, alli 24 Feb.° 1637.
Di V. S. molto Ill.re


Humil.mo et Oblig.mo Servitore

Di Peirsec.


Se si trovassero costì da vendere per sorte a moderato pretio gli authori greci ch’hanno fatto commentarii o note sopra l’Aristotele, stampati già in Venetia et alcuni poi in Basilea, come se n’incontrano talvolta nelle bibliotheche vecchie, quando vengono a mancare le persone che ne fecero la raccolta, ne farei volontieri la compra, se l’assortimento o serie di detti autori fosse ben compita et gli volumi non difettuosi; et si prenderebbe la cura il S.r Issaultier di pagarne il prozio e di farmeli condurre al suo ritorno. Ma per ciò ch’egli non ha noticia di quella lengua ne di tal sorte di commercio, sarà forza che V. S. ci facia la grazia d’impiegarvisi ella, o far riconoscere da qualche suo amico la qualità di que’ volumi, aciò non vi si truovi, se sia possibile, deffetto d’alcun foglio, quinterno o volume, necessarii alla perfectione della raccolta; facendosi hora questa perquisitione per servicio delli studii dell’Ill.re S.r P.o Gassendo, che attende bora qui in casa mia ad un’opera delle più isquisite che siano uscite a’ tempi nostri, dove si fa mentione e raccommandation frequente della dottrina dell’Ill.mo S.r Galileo Galilei....


3439.

VINCENZO RENIERI a GALILEO in Firenze.

Genova, 27 febbraio 1637.


Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. X, car. 125. — Autografa.

Molto Ill.re ed Ecc.mo Sig.r e P.ron Col.mo

Son giunto finalmente a Genova, stimolato a ritornar più presto dalla mancanza del predicatore che quest’anno era destinato alla nostra chiesa. Fui a Pisa e presentai il libro68 al Ser.mo Padrone, il quale mostrò d’aggradir sommamente la testimonianza di V. S. circa delle mie qualità; e per darne [p. 38 modifica]segno mi disse che havrebbe trattato ch’io fossi impiegato costì nello Studio di Pisa. Il mio desiderio è d’una catedra di filosofia, per legger la materia de caelo’ filosofica e matematicamente senza quella maladetta servitù d’Aristotele. So che a’ favori de’ prencipi è neccessaria la sollecitudine de’ ministri; onde quando V. S. si compiacesse di scriver due righe al Ser.mo Padrone, col ringratiarlo della buona intentione che egli m’ha dato, credo che sarebbe un rinfrescarli la memoria, acciò che il negotio sortisse. Io poi son tutto tutto suo, e qui nella patria non mi par che cosa alcuna mi sodisfaccia, mentre son privo della sua amabilissima conversatione: se piace a Dio che riesca il negotiato, per la vicinanza di Pisa mi sarà più facile il rivederla.

Col Sig.r Peri hebbi lunga commemoratione di V. S. Ill.ma, e veramente m’è riuscito quale ella me lo descrisse; ma non è meraviglia, perchè tali sono gli amici del Sig.r Galileo.

Attendo nuove del trattato delle longitudini69, e per fine affettuosamente con l’animo l’abbraccio e riverisco.


Di Genova, adì 27 di Febraro 1637.
Di V. S. molto Ill.re ed Ecc.ma
Sig.r Galileo


Dev.mo e Sincero Ser.°

D. Vincenzo Renieri.


Fuori: Al molto Ill.re et Ecc.mo Sig.r e P.ron Col.mo

Il Sig.r Galileo Galilei.

Firenze.


3440**.

PIETRO DE CARCAVY a GALILEO in Firenze.

Parigi, 3 marzo 1637.


Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. XIII, car. 11. - Autografa.

Molto Ill.e Sig.r mio, Pad.a mio Calend.mo

Mi rallegro con V. S. che la cagione d’inviarli le propositioni promesse nella mia lettera del 28 di Febraio70 e che sono capitate hoggi nelle mie mani, mi dia commodità di confessarli ancor una volta che la sua cortesissima lettera mi ha liberato da un gran fastidio, et d’assicurarla che come seppi che quelle che io li scrissi di Tolosa eranno andate a male, n’hebbi tanto disgusto, quanto contento ricevo trattenendomi della amorevolissima memoria che ella si degna tener di me. Per corrispondenza della quale mi è parso dover [p. 39 modifica]mandarli quelle propositioni, pensate da un gentilhuomo assai stimato, ma particolarmente nella geometria, el quale m’he tanto amico, che el ha recusato di communicare questi et altri suoi pensieri intorno alla materia di movimenti ad ognun altro fuor di me; e quantumche sia opinione contraria a quella di V. S., ho stimato che lei la verrà con la solita amorevolezza sua e con qual suo candore d’animo che non ha pari. Io ho detto che quel gentilhuomo è mio amico, perchè veramente l’è, e non s’affatica in queste materie che per la consideratione di V. S. e per avisarla di quello che li pare necessario inanzi che sia fornita la stampa del suo trattato de motu. Delle qualità di queste demonstrationi, doppo haver parlato del’authore e dove concorre il giuditio di V. S., non occorre di inviare il mio parere: dirò solo ch’io sono stato ancora mosso di mandarglieli dal suo vero amico el Sig. Deodati, con el quale ho parlato di lungo di lei con piacer grande e reciproco; e lui ha potuto chiaramente conoscere con quanto fervore io sia per continuare sempre nel suo servicio: e la certifico di tanta correspondenza, quanta si deve al suo merito et alla sua amorevolezza. Pregola commandarmi, perchè io possa monstrarglielo per effetto; et in tanto me le offero di core.


Di Parigi, el 3° Marzo 1637.
Aspetto risposta alle due mie lettere.
Di V.S. molto Ill.re



Humill.o e Vero Ser.re

P. De Carcavy.


Fuori: Al molto Ill.e Sig.r mio, Pad.n mio Colendiss.°

Il Sig.r Galileo Galilei, in

Fiorenza.


LORENZO REALIO a GALILEO [in Arcetri].

Amsterdam, li 3 marzo 1637.


Dal Tomo III, pag. 166-167, dell’edizione citata nell’informazione premessa al n.° 1201.

Amsterdam, li 3 Marzo 1637.


Non mi è mai bastato l’animo di sperare una felicità tanto grande, che di poter fare alcun servizio e cosa grata a V. S. lllustriss., persona da me sempre stata tanto stimata e pregiata, quanto il suo divino ingegno, accurato giudicio ed ingenui concetti, appresso tutto il mondo meritano. Ho ricevuto la sua dalla [p. 40 modifica]villa d’Arcetri in data de’ 15 Agosto 1636nota, accompagnata da quella stupenda invenzione per poter, con aiuto di Giove e delle Stelle Medicee suoi satelliti, aver ogni notte accidenti diversi, e tali che ciascheduno sarebbe non meno accomodato, anzi molto più, che se fussero tanti eclissi lunari, per l’invenzione della longitudine, della quale a V. S. Illustriss. è piaciuto per la mia mano fare io offerta in libero dono a gli Illustriss. e Potentissimi Ordini Generali delle nostre unite Repubbliche. Lasciando dunque di puntualmente rispondere a quella di V. S. Illustrissima, e principalmente all’encomio tanto grande che a lei della mia bassezza è piaciuto fare, dirò solamente che io l’assicuro che avrebbe forse potuto trovare più dotto e atto a questo negozio, ma più affezionato, zeloso e ardente di me nessuno.

Avendo dunque fatta una traslazione della sua Relazione nella nostra vernacula lingua, me ne sono presentato avanti questi Potentissimi SS. con questo suo da me tanto stimato dono; il quale con gran maraviglia prima, e poi con maggior affetto e benevolenza, da loro fu ricevuto, come la Signoria V. Illustriss. ha potuto vedere per la copia della risoluzione presa sopra questa sua nobile offerta, inviatale pel Sig. Martino Ortensionota professore mattematico del nostro Ill. Ginnasio, al quale incontinente io feci instanza di rescrivere a V. S. Illustriss. tutto il negoziato. In questa resoluzione mi trovai aggiunto all’esamine di questa difficile impresa, non altrimenti che se a me anco restasse qualche scienza arte, ad un’opera di tanta erudizione, speculazione ed osservazione senza fine richiesta. Questo solo ardirò attribuirmi, di poter giudicare degli strumenti atti per locare l’osservatore nella nave in modo che stesse come immobile; il che noi altri fino adesso non abbiamo potuto trovare se non con una cosa pensile, la quale nientedimeno in questo negozio non potrà soddisfare, avendo il navilio non solamente il suo moto dalla prua alla poppa, ma anco, per l’impulsioni de i golfi, di lato in lato. Ma sopra questo aspetteremo quel che la Signoria V. Illustriss. col suo divino giudicio potrà aver pensato e trovato.

Il Sig. Ortensio, avendo cominciato a scrivere a V. S. Illustriss. intorno ad alcuni dubbi e difficultà previste (sopra le quali aspettiamo risposta), ha preso questo negozio alle sue spalle, di con essa lei corrispondere; al quale la prego di voler liberamente comunicare quel che a lei ed a lui potrebbe parer esser necessario e richiesto. Quanto a me, io procurerò in ogni modo che questa sua invenzione, colla reputazione a V. S. Illustriss. dovuta, sia trattata ed esaminata. Ho fatta anco la traslazione italiana della risoluzione degli Illustriss. e Potentissimi Ordini Generali sopra questa vostra singolar offerta, la quale pel Clariss. ed Illustrissimo Sig. Cornelio Musch, di questi Potentissimi Stati degno Grafiario, parimente alle vostre incomparabili scienze e candida virtù

71 72 [p. 41 modifica]inclinatissimo, farò autenticare. E come a questo fine me ne trasporterò all’Aja, così prego la Signoria V. lllustriss. con un poco di pazienza aspettarla colle mie al suo tempo73 ed in tanto non lasciar di communicare col Sig. Ortensio tutto quello che potrebbe aver preparato per perfezionare un’impresa, al ben comune tanto utile ed importante. E con questo umilmente le bacio le mani.


3442**.

Parigi, 6 marzo 1637.


Bibl. Méjanes in Aix. Mss. 204. Correspondance de Peiresc, T. IV, Diodati, lett. IV. — Copia di mano sincrona.

Monsieur,

Ayant, après une forte longue attente, finalement receu l’impression du Discours de M.r Galilei, par moy traduit74 (auquel M.r Bernegger, contre mon vouloir expres75, a sans aucune raison, non seulement pour estre chose de nul merite, mais aussi pour l’interest de l’autheur qui ne doit estre soubconné l’avoir sceu, m’a voulu nommer en son epistre responsive à la preface76, je vous en envoye un exemplaire pour le joindre à la traduction des Dialogues. Vous trouverez cet escrit tei qu’il est qualifié en la preface, et en effet tres digne de son autheur. J’ay corrigé les plus grossières fautes de l’impression, affin que vous y receviez moins d’interruption du plaisir qu’il vous donnera en le lisant, ne voulant vous rien dire de la traduction, qui ne vous doit divertir de la vive et claire source de l’originai italien....


3443*.

GALILEO a ELIA DIODATI [in Parigi].

[Arcetri], 7 marzo 1637.


Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. V, T. VI, car. 86r. — Copia di mano di Vincenzio Viviani, che premette questa indicazione: «G. G. 7 Marzo 1636 ab Inc.». Pur di mano del Viviani questo capitolo si legge anche a car. 76t. dello stesso codice.

Voglio por termine al trattato de’ proietti, e mandarlo quanto prima al S. Elsevirio; e dico por termine, perchè nel rivederlo e riordinarlo mi vengono continuamente proposizioni bellissime alle mani, delle quali questa materia è abbondantissima, ma voglio per ora [p. 42 modifica]fermar la scrittura con una tavola che ho dimostrata e calcolata per tiri di volata delle artiglierie e de’ mortari, mostrando le loro proiezzioni, e con che proporzione creschino e decreschino, secondo le diverse elevazioni di grado in grado: la pratica della quale sarà utile a’ bombardieri, e la teorica di maggior gusto a gli speculativi.


3444.

FULGENZIO MIOANZIO a [GALILEO in Firenze].

Venezia, 7 marzo 1637.


Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. XIII, car. 12. — Autografi il poscritto e la sottoscrizione.

Molto Ill.re et Eccell.mo Sig.r, Sig.r Col.mo

Mi capita la gratissima lettera di V. S. molto Ill. et Eccell.ma dell’ultimo passato. In quanto all’inviare quello che V. S. mi mandarà al Sig.r Elzivir, io bavero ogni commodo, sicuro e facile recapito, et de mercanti, et dell’Ambasciatorenota residente all’Haia, et altri ancora; e perciò V. S. mandi, chè sarà servita.

Mi duole la sua flussione nell’occhio. Quando io ne ho patito, non ho trovato cosa migliore che qualche presa di pillole d’aloe, ma in sì picciola quantità che non passi tre alla volta, non maggiori di un grano di sorgo rosso, et lavarmi la mattina, cioè sprizzarmi un pezzo con l’aqua della Brenta, più tosto calda che tepida. Ma in ogni paese sono li suoi rimedii.

V. S. mi fa veramente maravigliare delle cose strane, che gli occorrono. Ho ben letto Cum clamaveritis ad me, non exaudiam: ma quello che si usa con lei, è apunto officio di un Officio del diavolo et di chi va contra Christo. Non si può far altro.

Veramente i miei vaneggiamenti, i trattenimenti nelle vigilie, sono l’infinito, gl’indivisibili e ’l vacuo; et sono i tre da i quali Aristotile argomenti l’impossibilità del moto, et io stimo senza di essi impossibile ogni moto, ogni operatione, e, quel che è peggio, ogni essistenza. Ho pensato qualche volta che in questo libro della natura, i cui caratteri sono noti a V. S. sola et intelligibili, overo a chi da lei è eccittato a leggerli e considerarli, senza che le opinioni anticipate li conservino gl’errori fissi, è impossibile che essa non habbia speculato anco intorno a i moti che noi chiamiamo volontarii che seguono nel corpo dall’imaginatione, perchè anco in questi io ho una massa confusa et congerie

77 [p. 43 modifica]di concetti oscuri, che non me li so dilucidare. Mi raccordo che il nostro buon P. Maestro Paolo, di gloriosa memoria, soleva dire che Dio e la natura haveva data un’habilità a V. S. per conoscere li moti, che quello che da lei non fosse stato investigato era investigabile all’humanità. Ma so che di questo genere bisognerebbe non scrivere.

Dio la conservi, e con ogni affetto le bacio le mani.


Ven.a 7 Marzo 1637.
Di V. S. molto Il. et Eccell.ma


Dev.mo Ser.

F.F.


Dell’opere che mandarà, è bene che ci sia il duplicato.


3445.

ELIA DIODATI a MARTINO ORTENSIO [in Amsterdam].

Parigi, 13 marzo 1637.


Dal Tomo III, pag. 427-428, dell’edizione citata nell’informazione premessa al n.° 1201.

Parigi, 13 Marzo 1637.


Unde Vir Clarissime, altum tibi nunc silentium, qui nuper ad expergiscendum Dominum Galileum tam anxie me urgebas? Satisfecit is (qua est ingenuitate) pollicitis; tuque eius propositionem ab Illustrissimis Ordinibus gratanter et cum honore exceptam per literasnota quatuor iam ab hinc mensibus mihi nunciasti, paratumque, mox sequuturum, lllustrissimorum Dominorum ad eum responsum, Nobilissimo Realio mandatum, esse: cuius, tua fide, optimo seni spe a me facta, eius adventu hactenus frustratum me, nec ad tot meas tibi ab eo tempore scriptas literas ullas a te accepisse, non possum non mirari; cum longa haec mora auctoris et negocii dignitati, eiusque in cuius sinu inventum hoc primum conditum est, quoque suasore et per quem ab auctore Illustrissimis vestris Dominis prae aliis omnibus, proditum est, dignissimo merito, nullatenus respondeat, quum eum praesertim in hoc negocio quasi vicarium sibi auctor delegerit, illi, ad expeditiorem eius tractationem propter nimis longe dissitam absentiam, ulterioribus suae propositionis illustrationibus, ad solvendas et enodandas difficultates emergentes, postmodum adhuc creditis. Quare quid caussae subsit, a te scire expecto. Vale.

Invigila, quaeso, impressioni operis Domini Galilei de motu, ab Elzevirio susceptae, de qua nuper ad te scripsi.

78 [p. 44 modifica]44 16 MAEZO 1637. [3446] . ELIA DIODATI a MARTINO ORTENSIO [in Amsterdam]. . Parigi, 16 marzo 1637. Dal Tomo III, pag. 428-429, dell'edizione citata nell'informazione premessa al n.» 1201. Parigi, 16 Marzo 1637. Heri demum, Vir Clarissime, tuam epistolam prid. Cai. Februarii scriptam (^' accepi ; ad quam maiori otio, quam nunc mihi suppetat, deinceps responsurus, huius solum in praesentia te monitum volai, aegerrime me ex ea percepisse, Domini Galilei inventum (quod is, velut arcanum nemini propalandum, Illustriss. Dominis Ordinibus dicaverat, quodque ab illis vestrae fìdei commissum fuerat) a te et a Beecmanno, Morino et Mer- senno indicatum fuisse. Quo enim iure quove fine id feceritis, non video : in spem quippe silentii vobis creditum, citra Dominorum scitum, Illustrissimorum inquam Ordinum, et auctoris (cuius quam maxime celatum asservari intererat, nondum praesertim a vobis re- lato negocio, nec debito honorario eius auctori adhuc dum decreto), a vobis revelari non 10 debuit ; speciatim vero Morino (quem eidem negotio operam frustra navasse sciebatis) ut a rivali cavendum vobis fuit, nec non a Mersenno, cuius nimia curiositas vobis debuit esse suspecta. Quare utrumque vestrum etiam atque etiam rogo, ne cum illis aliisque hac de re in posterum ulterius agatis. Pessime interim me habet, negocium hoc prò eo quanti maximi pendet momento a vobis non satis perpensum, praecipiti hoc et nimis incauto lapsu paulo minus quam funditus pessundatum esse, nec, prò incomparabilis auctoris eius dignitate, honorificae eius receptionis debitaeque prò tanto oblato munere gratitudinis (velut par erat et spem ipse feceras), quinque et plus ab hinc mensibus, ullum vel mini- mum hactenus signum extitisse : quae inexpectata neglectio, generosae Illustrissimorum vestrorum Dominorum magnanimitati penitus absona, fiduciam haud dubie, et quidem me- 20 rito, quam de illis, me sponsore, vir nobilis altum animo conceperat, illi vel invito radi- citus avellet ; ita ut auxiliorum, quae ab eo post expiscatum inventum ad expeditum eius usum instanter nunc postulatis, spes vobis omnis hac ratione praecidatur, sicque tam expetitum, tamque non solum ad navigationem sed et ad promptam et accuratam geo- graphicarum tabularum reformationem necessarium, ideoque nullis unquam sat dignis praemiis et honoribus compensandum, vereque divinum, inventum, vobis, id recusantibus vel parvipendentibus, excidet, et per vos humano etiam generi, per quos, cum aeterna strenuae et industriae vestrae gentis gloria, illud orbis terrarum Auctor destinato vo- verat: nec enim tantum virum, tantique a Serenissimo suo Principe habitum, rem adeo Lett. 8446. 6. Brecmanno — 9-10. a nohis relato — <*) Cfr. n.o 3428. La lettera dell' Ortensio alla tale data è confermata altresì dal n.o 3470, lin. 2. quale qui accenna è, per verità, del 1» febbraio; e [p. 45 modifica][8446-3447] 16 marzo 1637. 45

eximiam precario (ut illi suadere videris) iterata ad lUustrissimos Ordines, scriptione 

licet, nullo ab illis per tantum tempus habito responso, vel literis ad amplissimum Am- steledamensem Senatum, importune obtrudere decet. Sat sit illum Illustrissimis Dominis Ordinibus fìdenter et generose, summae illorum virtuti et potentiae habita reverentia, id semel obtulisse; vestrarum porro sit partium, qui ad eius promotionem ab illis delecti estis, negocium apud eorum Celsitudines, prò personarum et rei ipsius dignitate, gnaviter curare perfìciendum, omnibus ad id facientibus prudenter ab iis sine ulteriori mora pro- spectis et provisis : ex quo vobis Dominis Commissariis, tibique nominatim, vir Claris- sime, magna apud omnes gratia et meritissimus honos quaeretur. Iure mihi a Domino Galileo delato usus, tuam ad eum epistolam, illibata altera ad

Dominum Peirescium, Illustrissimo Domino Grotio praesente, aperui et legi ; cuius cor- 

datissimi omnibusque (ut scis) virtutibus cumulatissimi viri, ergaque publicum patriae totiusque universi bonum optime affecti, de hac re iudicium ex suprascriptis habes. Per Dominum leremiam Calandrinum, hanc tibi officiose traditurum, tuum ad eam expecta- tissimum responsum mihi mittere poteris. Vale. . LODOVICO ELZEVIER a FULGENZIO MICANZIO in Venezia. Leida, 16 marzo 1637. Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. XIV, car. 68. — Autografa. Molto Rev."^<> et Ill.^« Signore, Questa sarà per dar aviso a V. S. del mio arrivo in Leida In quanto il libro del Sig. Galilaeo, ne ho fatto intagliare le figure, delle quale mando 4 per prova. Comminciarò con il primo la stampa; intanto aspetto il restante con il frontispicio, il quale piacerà a V. S. di consegnare al S."" Giusto ^^^ librare, al quale ho dato ordine di mandarmelo. Ovunque la potrò servire, prego d'onorarmi delli suoi com- mandi, alli quali sarò sempre Di Leida, 16^^° di Marzo 1637. Di V. S. Revd.^^ L' Humill.^^ Servitore

Lodoico Elzevier. 

Fuori: Al' 111.^° et Revd."^« Signore Fulgentio Servita, Teologo della Ser."'* Rep.*^* di Venetia. . Galandrium — '*> Giusto Wiffeldich. [p. 46 modifica]46 20 MARZO 1637. [34é8-3449]

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VINCENZO RENIERI a [GALILEO in Arcetri]. Genova, 20 marzo 1637. Bibl, Est. in Modena. Raccolta Campori. Autografi, B.a LXXXVI, n.» Ile. — Autografa. Molto IlL^^ et Ecc.^^ Sig.^ mio CoL°^° La sua de' 9 del corrente m'è stata di molta consolatione, perchè, sebene ella m'avvisa che ancor seguita l'infermità del suo occhio, per ogni modo, ve- dendo che ella non per questo manca di honorarmi delle sue lettere, resto sempre più certo della continuatione del suo affetto, più che mai vivo. Io non intendo però che questo mio contento debba esser di pregiuditio in cosa alcuna alla sanità sua, bastandomi che quando sarà guarita, come in breve spero, me ne dia parte. Sto componendo un epitalamio per le nozze del Ser."^^ ^^ del quale, quando l'havrò finito, ne farò parte a V. S. : alla quale, nei ritorno del Ser."^° a Firenze, non raccomando il negotio della lettura ^^', sicuro die ella farà per sé stessa io senz'altro stimolo. Mi conservi sempre suo, e si ricordi che fra' più affettuosi suoi servitori non cedo ad alcuno in amarla e riverirla. Con che per fine le bacio affettuosamente le mani. Li Genova, li 20 Marzo 1637. Di V. S. molto 111.^^ et Ecc."^* Dev.^' e Cordial.^^ Ser.^'^ D. Vincenzo Renieri. . ELIA DIODATI a COSTANTINO HUYGENS [alPAja]. Parigi, 20 marzo 1637. Dal Tomo III, pag. 430-433, dell'edizione Fiorentina citata nell' informazione premessa al n.» 1201. La pre- sente è la traduzione, inviata dal Diodati a Galileo (cfr. n.» 3499, lin. 45-46), dell'originale. — A questa lettera tien dietro, nella citata edizione Fiorentina, una « Poscritta del Deodati al Galileo », la quale, com'è naturale, dovette esserle accodata quando il Diodati trasmise la lettera a Galileo; e perciò noi la pubbliciiiamo al posto che cronologicamente le spetta (cfr. n.» 3499). Parigi, 20 Marzo 1637. La fama della virtù e de' gran meriti di V. S. Illustrissima avendomi più volte fatto desiderare di godere ereditariamente nella sua persona dell'amicizia della quale (essendo io in Olanda nell'anno 1612) P Illustrissimo Sig. suo Padre (^ di felice memoria, m'aveva f^^ Ferdinando II, Granduca di Toscana, con (^^ Cfr. n.o 3439. Vittoria della Roveee. f^) Cristiano Huygbns. [p. 47 modifica][8449] 20 MARZO 1637. 47 onorato, e continuatamela anco di poi mentre ha vissuto; ora, con l'occasione d'un ne- gozio importantissimo, nel quale ricorro alla sua protezione verso gì' Illustrissimi Signori Stati, dignissimo della loro grandezza e potenza, me le vengo a ofiPerire devotissimo ad onorarla e servirla. Il Sig. Galileo Galilei (il solo nome del quale, senza altra più particolare denotazione, 10 manifesta l'eccellenza del suo merito, come di persona singolare nel nostro secolo, aven- dolo illustrato per le cose da lui ritrovate nel cielo, inaudite ed incognite a i secoli passati), avendomi scritto da un anno in qua (secondo l'antica amicizia della quale Sua Signoria s' è compiaciuta onorarmi) che oltre le cose da lui ritrovate e pubblicate gliene restava una importantissima, desiderata in universale da tutti, ed alla ricerca della quale tutti i gran principi avevano invitati i mattematici e gli astronomi con promesse d'ono- ratissime ricompense a chi la trovasse, cioè l'invenzione delle longitudini, nella quale, essendosi affaticati invano fin adesso, gli era felicemente riuscito di venire a capo ed ac- certarsene per ogni sorta di prove ed esperienze continuate per molt'anni; non restarli se non di trovare un principe potente, al quale dedicando il suo segreto, il negozio sotto 20 tali auspici pigli stabilimento, ed in progresso di tempo ne sia introdotto l'uso per terra e per mare, dove assai piìi questa invenzione era necessaria per la sicurezza de' navi- ganti ; essendomi rallegrato seco che con questo nuovo trovato potesse, oltre a' prece- denti già pubblicati, anco illustrare la sua memoria con un tanto beneficio verso il ge- nere umano, gli scrissi che mi pareva (se per altre considerazioni non ne era ritenuto) che per questo non poteva far migliore elezione che degl'Illustrissimi Signori Stati Generali delle Provincie Belgiche federate, concorrendo in essi tutte le qualità desiderabili per la perfezione di questo, e potendo meglio d'ogn'altro principe, per via delle continue ed universali loro navigazioni, introdurre e stabilirne l'uso, avendo negli stati loro peritis- simi astronomi e numero grandissimo di nocchieri e marinari espertissimi ed industrio- so sissimi, e che di piìi poteva sperare, anzi assicurarsi, che essi, conoscendo per prova l'im- portanza di questo negozio e l'onore che glie ne riuscirebbe rendendosi pubblico ed all'uso universale del genere umano sotto i loro auspici, non mancherebbono di testifi- carglielo, rimunerandolo onoratamente secondo la solita loro magnanimità. Avendo dun- que esso Sig. Galilei condesceso al mio parere, mi pregò di scriverne al Sig. Ortensio per farne fare la proferta alle loro Eccellenze; la quale essendogli stata fatta dal Sig. Borei, Console d'Amsterdam, fu ricevuta da loro con molto applauso, avendo nominato i Commissari per esamine della proposizione, quando venisse loro presentata: la quale esso Sig. Galilei, essendosi trovato indisposto, non potè mandargli che in capo a quattro cinque mesi, cioè nel mese di Settembre passato, avendola indirizzata al Sig. Realio e 40 scrittoli in particolare una lettera onoratissima (come feci anch'io, accompagnando quella del Sig. Galilei, per dargli notizia che, pervenendogli per mezzo mio, me ne mandasse la risposta), pregandolo di farne la presentazione in nome di Sua Signoria alle loro Ec- cellenze (non essendo parso di dover servirsi in ciò del Sig. Ortensio, se bene suo amico, essendo uno de' Commissari nominati). Alli 4 di Novembre ebbi avviso dal Sig. Ortensio della presentazione fatta dal Sig. Realio della proposizione, e che dalle loro Eccellenze era stata ricevuta con grande aggradimento e con molto onore, come esso Signor Galilei lo vedrebbe dalla loro risposta, la quale in breve dal Sig. Reaho gli sarebbe mandata, [p. 48 modifica]48 20 MARZO 1637. [3449] secondo la commissione glie n'era stata data da loro; e che intanto detta proposizione era stata data a i Commissari per esaminarla e darne relazione. E non essendo fin adesso detta risposta delP Eccellenze loro stata mandata, avendo il Sig. Ortensio dopo un silen- 50 zio continuato di quattro mesi, benché instant emente da me sollecitato, finalmente scrit- tomi che il Sig. Realio aveva avuto molte occupazioni, le quali l'avevano impedito di mandare la risposta, e che in breve me la manderebbe per inviarla al Sig. Galilei, e non essendo ne anco seguita la relazione de' Commissari, Y. S. Illustriss. può da sé facilmente comprendere se il Sig. Galilei, il quale, per la generosa confidenza dimostrata nel suo procedere avendo con ragione dovuto sperarne ogn'altra cosa che una tanta freddezza, ha occasione ora di ritrovarsi perplesso, ed io, per avercelo ridotto, di restar confuso ; una tanta dilazione non rispondendo né alla dignità del negozio, di valore inestimabile, né al merito incomparabile dell'autore, confidatosi generosamente nella magnanimità del- l' Eccellenze loro, e riverito la loro .potenza con parole e con fatti nell'aver loro fatto un 60 presente di sì gran prezzo, né finalmente all'onore ed alla gloria immortale che glie ne risulta, dovendo non solo i loro popoli, ma anco tutto il genere umano, ricevere dalle loro mani questo dono del cielo, negato a tutti i secoli passati. Ed acciò V. S. Illustriss. conosca maggiormente quello avrà da esser fatto per la pro- mozione del negozio, ecco che le mando la copia della proposizione (avendomela esso Sig. Galilei mandata aperta), non solo per informamela, ma anco per la sua soddisfazione, tenendo che averà molto a caro di vederla, e che, essendo intelligentissima in queste scienze mattematiche, ne riconoscerà facilmente la verità, e discernerà che quanto resta da farsi per facilitarne l'uso in mare e superare l' impedimento che l'agitazione della nave potesse arrecare a far l'osservazioni necessarie, non dee minorare il merito, non dero- 70 gando ciò alla certezza della cosa, e per quanto spetta alla terra, potendosi senza altro maggior comparamento, per via di questa invenzione, riformare le carte geografiche e marittime ed essere in esse assegnati i veri siti de' luoghi, i quali sin qui non si son po- sti per lo più che immaginari ; il che solo, essendo bene presente ed eccellentissimo per l'aggiustamento della geografia, quando altro non fosse, dee far tenere in grande stima il segreto di questa invenzione. E nondimeno per rispetto anco del mare, oltre che il Sig. Galilei nella sua proposizione dice d' averci trovato qualche opportuno rimedio, non bisogna dubitare, che come universalmente l'arti, principalmente le più nobili, hanno tutte nella loro prima introduzione incontrate delle grandissime difficultà, per le quali in prin- cipio si perdeva ogni speranza della loro l'iuscita, le quali nondimeno dipoi, per l'indù- 80 stria degli uomini (alla quale non é cosa alcuna insuperabile), con ammirazione si son rese facili e praticabili anco da i spiriti volgari, senza dubbio interverrà il medesimo in questo, principalmente se v'aggiungono promesse d'onorati premi a chi lo riduca a per- fezione: attesoché (per non uscire della navigazione) moltissime sono l'operazioni che si fanno nel governare le navi, le quali, proposte a i primi naviganti, sariano state riputate del tutto impossibili ; e parlando d'una sola, chi avrebbe mai creduto che si potesse fare una mistione dell'uso delle vele e di quello del timone, che, senza scapito alcuno, anzi più presto con qualche guadagno, si potesse contrastare alla forza d' impetuoso vento contrai'io ? Sicché l' ingegno umano venendo a capo d'ogni cosa a che s'applica con fissa Lett. 8449. 73. in essi assegnati — [p. 49 modifica][3449] 20 MARZO 1637. 49

ostinazione, questa difficultà per la fluttuazione della nave sarà anco col tempo facilmente 

superata, come s' è visto di molte altre assai maggiori ed assai manco necessarie ad es- ser superate. V. S. Illustrissima vedrà di più per la detta proposizione, come il Sig. Ga- lilei offerendo di dichiarare il modo per la costruzione dell'efemeridi de' moti regolari de' quattro satelliti di Giove, e d' insegnar la fabbrica dell' orologio da lui trovato, esat- tissimo misuratore del tempo senza errore né anco d'un minuto secondo d'ora in un giorno ne in un mese (aiuto mirabile in tutte l'astronomiche osservazioni); per venire all'effetto di tutte queste gran cose, le quali non si possono sperare da altri che da lui, non avendo per la sua grave età potuto intraprendere un viaggio di tanta distanza per trattar questo suo negozio di presenza, come sarebbe stato assai più opportuno, anzi ne-

cessarlo, pare che quello s'abbia da fare per supplirci sia che con un trattamento con- 

venevole al suo merito, alla dignità del negozio ed alla grandezza e potenza di cotesti Illustrissimi Signori, testificatogli con gli effetti, senza più lunga dilazione, venga ad es- sere indotto ed invitato a dichiarar le cose da lui offerte, perchè il continuare nel modo che si è proceduto fino adesso, gli priva giustamente d'ogni speranza e mette il negozio in termine di perdersi, frustrandone l'autore dell'onore e del premio dovutogli, il mondo universale del benefizio desiderato, e cotesti Illustriss. Signori della gloria dello stabi- limento. Però, con quel maggiore affetto eh' io posso, prego umilmente V. S. Illustrissima di volere abbracciare questo negozio, nel quale non credo poterle essere importuno, anzi,

visto dalla sua generosità, spero che lo giudicherà degno oggetto della sua virtù e d'es- 

ser appoggiato all'autorità di Sua Altezza (* in quanto la gloria di sì nobili e si illustri stabilimenti ridonda principalmente nella gloria de' principi sotto gli auspici de' quali si son fatti, notandosi tra le più segnalate imprese loro, come in Cesare la riformazione del calendario, ed in Ferdinando di Castiglia lo scoprimento dell'Indie; onde Sua Altezza, non cedendo in grandezza d'animo ad alcuno de' detti principi, se sarà informata da V. S. Illustrissima del merito di questo negozio, nobilissimo per la sua origine, essendo deri- vato dal cielo, ed illustrissimo per lo bene universale e perpetuo al genere umano, l'ani- merà senza dubbio a proteggerlo volentieri con l'autorità sua. Il Sig. Heuscherchen ^^', Residente in questa Corte per cotesti Illustrissimi Signori,

col quale ne ho conferito, ostato di parere che ne scrivessi all'Illustrissimo Signor Musch^^), 

Segretario di Stato delle loro Eccellenze, per raccomandargli il negozio, come persona di molta autorità nel Consiglio loro e di gran virtù, al quale ne ho scritto, sebbene più succintamente. Piacerà. a V. S. Illustrissima conferirne con lui, e concertare insieme quello che giudicheranno s'abbia da fare, facendomi il favore di avvisarmene. Il zelo del ben pubblico ed il devotissimo affetto mio verso cotesto trionfante Stato, dal quale prima sono stato mosso, me ne fa desiderare il felice successo per la gloria loro, oltre l' inte- resse dell'autore, persona singolare e d' incomparabil valore, trovandomici in obbligo per suo rispetto, avendo egli in ciò seguito il consiglio che io glie ne ho dato; sicché gli buoni uffici, che V. S. Illustrissima si compiacerà far per il bene del negozio, mi terranno

in obbligo strettissimo e perpetuo verso di lei, pregandola ec. 

(*) Federico Enrico d' Grange. f^) Cornelio Musch. <-) Giovanni Euskercken. XVII. 7 [p. 50 modifica]50 21 MARZO 1637. [3460]

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RAFFAELLO MAGIOTTI a GALILEO in Firenze. Roma, 21 marzo 1637. Bibl. Naz. Tir. Mss. Gal., P. VI, T. XIII, car. 14. - Autografa. Molto lìV^ et Ecc.°^^ Big. e P.ron Oss.^^ S. Fui per le feste di Natale, in compagnia delli SS. Sacchetti, a vedere il pre- sepio (in questo erano diversi orologii, che si movevano in virtù d'una radica ^^', del P. Atanasio Giesuita ^'^), e nella loro libreria veddi, tra gli scritti del P. Gram- bergieri^^^, alquante demostrationi de centro gravitatis solidormn, quali né erano di sua mano né scritte così di fresco ; siche, tenendo per certo che fussero quelle di V. S. Ecc."^^^^', fecci grand' instanza per haverle, ma per qualsivoglia mezzo o preghiera non ho possuto ottenerne copia, sott'un protesto generale che hanno scomunica di dar fuora l'opere che non sono stampate. Io confesso d'essermene piccato, e così pregai il P. Francesco ^^^ che a mio nome chiedessi a V. S. coni- io modità di copiarle. Ma egli, per non haver mie lettere (che non hebbi tempo, come scrissi a lui) overo per esser troppo guardingo, non ha ardito far simil domanda, ma solo m'assicura trovar V. S. prontissima a farmi di continuo grazie, et egli s'obliga (quando gli sia permesso) di copiarmele. S'io ardisco troppo, domandando cosa che non è per anco stampata, n'è causa (circoscrivendo la sua cortesia la mia curiosità e segretezza) il vederle in potere di costoro, sì come avviene d'altri libri, che, sotto protesto di volergli confutare, sono di con- tinuo letti e riletti da loro. Potrei anco, se così le pare, mostrarle per passaggio al detto P. Atanasio, acciò intenda che si possono bavere senza loro, e che non è erba del loro orto, sì come tengo per sicuro. so Fra tanto gli do nuova come da Napoli è venuto un cristallo, che porta 15 palmi di cannone: ingrandisce gl'oggetti fuor di modo, dà grandissimo gusto intorno alle Stelle Medicee; ma però non termina bene il disco di Giove, mo- strandolo imbambagiato. Così ne sono venuti dal medesimo maestro al P. D. Be- nedetto dei più corti, ma però, a mio giuditio, molto migliori. Talché tengo pei* sicuro che questo instrumento sia per avanzarsi più che mai, non ostante che molti Peripatetici di Roma affermino ostinatamente esser tutte illusioni di vetri ; ma troppo elleboro ci vorrebbe per questi cervelli. Lett. 3450. 4. de P. Atanasio ~ <i) Cfr. nu.i 2905, 2906. (4^ cfr. Voi. I, pag. 187-208 ; Voi. Vili, pag. 313. '-^ Atanasio Kircher. (S) Famiano Michelinl <^^ Cristoforo Grienberger. [p. 51 modifica][3450-3451] 21 - 22 marzo 1637. 51 Godo in estremo che ella s'occupi intorno al moto dei proietti, e tanto più, 30 quanto meno mi dà soddisfatione Aristotile. Per fine la prego quanto so e posso a non lasciar indietro le speculationi de incessu animalium ^^ acciò con questo tratto ancora si sbarbi quella opinionaccia che questo autore sia in tutto e per tutto un oracolo. M' è sovvenuto questo, perchè qua si trova un medico tedesco, anatomista raro, quale mostra in fatto assaissimi errori de natura animalium ; e quand'io gli contai del cavallo di Gattamelata ^^', che sta sopra dua gambe dalla medesima banda, contro il detto d' Aristotile, rise veramente di tutto core ; et ogni giorno porta qualche luogo, per farci sempre più ridere. Mi perdoni, per grazia, V. S. E."^* s'io mi son troppo allungato, e mi co- mandi senza risparmio, ch'io gli sarò sempre buonissimo servitore. E le prego 40 da Dio ogni bene. Eoma, il giorno di S. Benedetto 1637. Di V. S. molto 111.'^^ et Ecc."^^ Aff.°^^ et Obl.^^ Ser.'«  Raffaello Magiotti. Fuori: Al molto 111."" et Ecc."^^ Sig.^* e P.ron Oss.°^' Il Sig/ Galileo Galilei. Fiorenza. . MATTIA BERNEGGER ad ELIA DIODATI in Parigi. [Strasburgo], 22 marzo 1637. Bibl. Civica di Amburgro. Codice citato al n.<5 2613, car. 201 1. — Minuta autografa. Apologetici ^^^ exemplaria 12 hic habes. Boni consule munusculum. Mundioris chartae, nulla mihi suppetunt amplius. In illam sarcinam, quam nondum allatam vobis ex litteris tuis 24 Februarii scriptis cognosco et doleo, quatuor mundiora, et qualia requiris, promte indidi. Quadraginta libras, Pelei (^) bibliopolae nomine dandas a nepote, ut scribis, solas prò omnibus meis impensis typographicis accipiam. Cum enim per infelicitatem tem- porum omnia commercia iaceant, exemplaria nullibi distrahere concedi tur. Quicquid eorum inter homines doctos sparsum est, mei muneris fuit. Sed aequo animo patior hoc damnum, quo me tamen Elzevirii levare possent et forte deberent. Y.

Martii (^) 1637. 

<i) Cfr. Voi. Vili, pag. 567-568. (3) cfr. n.o 8058. <2' Monumento equestre fatto erigere sulla piazza <^^ Guglielmo Pele. del Santo in Padova, in onore di Erasmo da Narni, ^S) Di stile giuliano, dal figlio GiANNANTONio ; opera di Donatello. [p. 52 modifica]52 24 - 27 MARZO 1637. [3452-3463]

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NICCOLÒ FABRI DI PEIRESC a ELIA DIODATI in Parigi. Aix, 24 marzo 1637. Bibl. d'Ingruimbert in Carpentras. Collection Peiresc, Addìt., T. IV, 3, car. 161. — Minuta autografa. Votre Discours du S.^ Galileo ^^^ meritoit bìen d'accompagner son Sisteme encores plus que celuy de Foscarini (-^, ou les difficultez sont bien traictées d'un autre air; et vous les avez mises en si bons terraes et si elegantz, que le public ne vous en scauroit rendre assez de bon gre, puis qu'il se peult dire que ce sont voz soings qui ont conserve une sì digne piece et qui luy ont donne le passeport pour aller par toute la chrestienté et durer aultant de siecles que les bonnes lettres pourront demeurer en estat .... . VINCENZO RENIERI a [GALILEO in Arcetri]. Genova, 27 marzo 1637. Bibl. Naz. Pir. Mss. Gal., P. YI, T. XIII, car. 16. — Autografa. Molto 111.^^ et Ecc."^^ Sig.'^ mio Oss.^° Quando ch'io partii di Pisa, rimasi in apuntamento col Sig.^ Francesco Ri- nuccini, che va a Venetia residente del Ser."'^ G. D., che egli cercasse colà di qualche stampatore, il qual volesse prendersi l'assunto di far stampar le mie tavole ^^ Ma perchè in Roma vi è un tal Guglielmo Faciotti, che stampò l'Effe- meridi del' Argolo ^* il quale per avventura mi potrebbe servire, voglio pregar V. S. a farmi gratia di scriver due righe al P. D. Benedetto CastelU, col man- darli il titolo del'opra, acciò che egli si prendesse cura di moverne parola con detto stampatore, perchè essendo trattato il negotio per mano di persona di credito potrà facilissimamente riuscire. io Fatto Pasqua, stimo che l'Epitalamio'^^ sarà finito, e subito ne farò parte a V. S. Tra tanto voglio dar parte a V. S. d'una osservatione fatta da me nelle vibrationi de' corpi penduli, che forsi, se da lei non è stata avvertita, non le (li Cfr. n.o 3442. <*> Cfr. n.o 3142. (2) Cfr. n.o 2952, lin. 7. ^^^ Cfr. n.o 3448. (3) Cfr. n.o 3439, lin. 4. [p. 53 modifica][8453-3454]

— 28 MARZO 1637. 

dispiacerà; et è, che lasciandosi andar dal' uno de' lati del' arco da loro de- scritto, e restringendosi sempre più, tante vibrationi pongono la prima volta nel ristringersi un palmo, quanto la seconda e la terza etc. Col' essempio mi lascierò forsi meglio intendere. Sia sospeso il pendulo A dal punto E fino al' altezza del' arco LF : lasciandosi poi 20 andar libero fino ad H, nel ritorno farà la vi- bratione d'arco minore in B, la terza in C, etc. Hora se, per essempio, la decima vibratione bavrà slontanato il pendulo dalla perpendicolar al'orizonte EI per la quantità del' arco GL, ogni volta che il pendulo si tornerà a lasciar cader libero dal punto F e che havrà ristrette le sue vibrationi al' arco GL, saranno sempre dieci vibrationi e non più ; il che potrà servire per numerar le vibrationi, senza haverle a contar ad una ad una. 30 Sono, per fine, tutto suo, e di cuore me le raccommando. Di Genova, li 27 di Marzo 1637. Di V. S. molto 111.^^ et Ecc.°^^ Attendo buone nuove del' occhio suo. Dev."^^ et Obl.°^° Ser.^^ D. Vincenzo Kenieri.

ALESSANDRO NINCI a [GALILEO in Arcetri]. S. Maria a Campoli, 28 marzo 1637. Bibl. Naz. Fir. Appendice ai Mss. Gal., Filza Favaro A, car. 149. — Autografa. Molto 111.'^ et Ecc."^ Sig.^ mio P.ron Col.°^^ Tra le mortificationi che già molti mesi per causa de' miei cugini ho ri- ceuto e continuamente ricevo, una delle maggiori è l'aver trattato la vendita di quella mia casa ^^^ con persona che m' ha saputo trattenere tanti mesi, e quando io penso d'avere concluso, avendola indotta a compromettere liberamente, mi Lett. 3453. 27-28. dieci librationi. A lìn. 20-21, 22, 27, 28, aveva pure scritto dapprima lihratione, librationi, e poi corresse vibratione^ vibrationi, — (M Cfr. nn.i 3389, 3400. [p. 54 modifica]54 28 - 29 MARZO 1637. [3454-3466] trovo burlato, volendomi egli pagare in tanti crediti : o così, con questi aggira- menti, io ancora apparisco scialaquatore di parole, che ho dato intenzione a V. S. di rimborsarla prontamente de gli d.^ 80 prestati a mia contemplazione, e poi con qualche dilazione del resto. Suplico però V. S. con tutto l'affetto, che non ascriva questi allungamenti a vizio della mia natura, anzi gli stimi più presto io necessarii che volontarii; e mentre che io m'ingegnerò di purgare una volta queste contumacie, mi onori di qualche suo comandamento, mentre co '1 fine gli faccio debita reverenza. Da S.*^ Maria a Campoli, 28 Marzo 1637. Di V. S. molto 111.'" et Ecc.™^ Devotiss."^^ e Oblig."^^ Se.^^ Alessandro Ninci. . DANIELE SPINOLA a GALILEO in Firenze. Genova, 29 marzo 1637. Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. XI, car. 285. — Autografa. Molto III"" et Ecc.^' Sig.' mio Oss.^^ Debito di - qualunque huomo ci vive parmi che sia l'onorar la virtù ; la quale quando in sommo grado si truova congiunta alle più nobili scienze in un suggetto, io stimo cbe all' atteismo s' accosti cbi non la riverisce in quello come cosa divina. Perlochè V. S., da cui le filosoficlie e matematiche discipline, state sin ora cieche, han ricevuto il vedere, non dovrà riputarmi per ardito soverchio, se, sconosciuto, vengo con queste righe a testificarle l'osservanza che io verso di lei professo, parto della maraviglia che vive in tutti i cuori, e spezialmente nel mio, del sovrumano sapere di V. S.: giachè, non valendo io di vantaggio, in questa carta presentole un obbUgo di perpetua servitù. La quale, avvegna che io gran tempo habbia da che ella in me nacque, non ho mai osato però di pale- sargliela, dono stimandola agli alti meriti suoi sproporzionato; ma, sovvenutomi esser un cuor sincero volentieri accettato anche da Dio, ho dato bando a quel rispetto, come troppo nocivo al mio bene, che alla mia fortuna toglieva il modo di poter avanzarsi con alcun comandamento di V. S., non messo più in dubbio eh' ella sia per accettarmi nel numero de' suoi più devoti : il che se, come io bramo, mi avviene, giusta cagione havrò sempre di gloriarmi di essere stato dal gran Galileo, cioè a dire dal miracolo di tutti i secoh, riconosciuto per suo am- miratore. Ma se V. S. punto gradisce l'ossequiosa mia volontà, diamene arra, ne [p. 55 modifica][3455-3456] 29 marzo - 2 aprile 1637. 55

la supplico, col farmi degno di attualmente servirla, mentre io, pregandole ogni 

meritata felicità, le bacio le mani. Di Genova, il dì 29^'^ di Marzo 1637. Di V. S. molto 111.^^ et Ecc.^^ iM%J.'(t^ S.'^ Galileo Galileo. Firenze. /yS^JJL

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MATTIA BERNEGGER ad ELIA DIODATI in Parigi. Strasburgo, 2 aprile 1637. Bibl. Civica di Amburg-o. Codice citato al n.o 2613, car. 211?-. — Minuta non autografa. Aelio Diodato, Lutetiam. Amplissime nobilissimeque Domine, Nudius tertius aut quartus cognatus tuus, cuius ego diligentiam, modestiam, pruden- tiam, magis magisque mihi probatam, valde commeDdo, cum turonenses illos 40, de quibus nuper scripseras ^^ in boni commatis moceta, scilicet unciatis nummis, quos nos imperiales taleros appellamus, mihi repraesentavit, tum etiam litteras tuas reddidit, 1 Martii scriptas. Pergratum est, meas ad summos viros Galilaeum atque Gassendum recte curatas, quorum benevolentiam, quovis auro centra caram, ut primus mihi nihil tale merito conciliasti, sic 10 etiam ut porro eandem foveas atque conserves, obnixe rogo. Nuper ad me scripserunt Elzevirii, se instantem mercatum Francofurtanum frequen- taturos: ita fiet, ut Systema Copernicanum, quod iam integrum annum Francofurti, nescio quo abditum angulo, latitavit, una cum Apologetico tandem aliquando lucem aspiciat. Crystalla telescopii supposititia esse, suspicandi hae mihi caussae: quia in maioris margine gluten adhuc haeret, ut appareat id iam vetus esse et alieni tubo iam ante fuisse inditum: cum pertinacissimi morbi vis hactenus me semper abstinuerit cubiculo, in eo non nisi lunam interdum inspicere datum fuit; sed in ea tantas inaequalitates, quantas noster Galilaeus describit, observare minime potui: etc. Cum per Dei gratiam valebo, rectius et haec et cetera phaenomena diligentius explorabo. . . .

23 Mart. luliani 1637. 

(1) Prima era stato scritto 20, poi lo fu cor- <'-i Cfr. n.» 3451, lin. 4-5. retto in 9. Cfr. n.» 3458, lin. 4; n.» 3463, lin. 4-5. [p. 56 modifica]56 3-4 APBILE 1637. [3467-3468]

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ALESSANDRO NINCI a [GALILEO in Arcetri]. S. Maria a Campolì, 3 aprile 1637. Bibl. Naz. Fir. Appendice ai Mss. Gal., Filza Favaro A, car. 150. — Autografa. Molto in/^ et Ecc.^^ Sig.'^ mio P.ron CoL"^^ Ho riceuto la gratissima lettera di V. S. in tempo che non m' ha permesso il servirla con quella pronteza che io dovevo e desideravo ; ma lunedì prossimo non mancherò di provedere il grano, e per tutto il giorno giovedì susseguente manderò la farina, e fatto le Feste, poiché V. S. non ne fa fretta, manderò le fascine. E per grazia mi scusi sei' ultima volta non fu servita dal mugnaio come desiderava; ma adesso m'ingegnerò di provedere che lei resti satisfatta, mentre co '1 fine, facendoli debita reverenza, gli pregho dal Cielo prosperità intera. Da S.*^ Maria a Campoli, 3 Aprile 1637. Di V. S. molto 111.^^ et Ecc.°^^ Devotiss.^^ e Oblig.°^° Se.^^ io Alessandro Ninci. . GALILEO a [VINCENZO RENIERI in Genova]. Arcetri, 4 aprile 1637. Bibl. Naz, Fir. Mss. Gal., P. I, T. IV, car. 104. - Autografa. Molto 111.^^ e molto Rev.^^ P.re e mio Sig.^ Col.^^ Due lettere di V. S. molto Rev.^% una delli 20 e P altra delli 27 ^^^ del passato, mi sono pervenute in questo punto, e di più una dell' 111."^^ Sig. Daniele Spinola, pur delli 20 del passato ^^^ ; e di questa dilazione ne è stata cagione la malattia, e poi anco la morte, del mio povero servitore, il quale, in questo mio esilio dalla città, andava a recupe- rarle : però conviene scusarmi della tarda risposta, aggiugnendosi un' altra cagione, che, oltre alla tardanza, mi necessita ad esser breve, che è r bora tarda, che mi toglie il benefizio delle molte bore della notte concesse a quelli che babitano dentro la terra, dove che a me io conviene baver mandati i miei dispacci avanti il tramontar del sole. (1) Cfr. nn.i 3448, 3453. (2) cfr. n.o 3455. [p. 57 modifica][3458-3459] 4 aprile 1637. 57 Posso aggiugner la 3^ causa, che è la radunanza di molte lettere che chieggono risposta, cosa che non ho potuto fare da un mese in qua per una infiammazione nelP occhio destro, che mi ha fatto temer di perderlo, ne per ancora son del tutto libero. Convien dunque non solamente che essa mi scusi, ma che mi faccia grazia di rappresen- tare air 111.1^0 S. Spinola questo mio stato presente angustioso, il quale non mi dà potere di rispondere prontamente alla sua cortesissima lettera, piena di tanti affetti di benignità, oltre alla inaspettatissima

comparsa, che mi è forza dar 4 o 6 giorni di tempo alla mia ammi- 

razione e confusione per poter condegnamente sodisfare pure a una minima parte dell' obligo nel quale mi ha incatenato la gentilezza di questo Signore ; et intanto gli faccia libera offerta della mia de- votissima servitù. Subito che V. S. molto Rev.^^ mi manderà il titolo dell'opera ^^ procurerò, per via del Ilev."^« P. Ab. Castelli, che s'intenda l'animo dello stampatore di Roma. Aspetterò con avidità di vedere l'Epitalamio ^^^, sicuro che sia per esser cosa insigne. Credesi che il S. G. D. sia per venire al Poggio

Imperiale qui vicino, dove harò comodità di servir V. S. : alla quale 

per fine fo humilissima reverenza. D'Arcetri, li 4 di Aprile 1637. Di V. S. molto I. et molto Rev.^^ C^^Wf^ . LODOVICO ELZEVIER a [FULGENZIO MICANZIO in Venezia]. Leida, 4 aprile 1637. Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. XIV, car. 69. -• Autografa. In quanto il libro del Sig/ Galilaei, ne habbiarao comminciato la stampa ('^^ Man- derò per un altro le due primi fogli; fra tanto aspettare il resto con P inscrizione, il qual piacerà consignare al Sig.' Giusto ^^^ per mandarmelo (M Cfr. n.o 8453, lin. 8. (3) cfr. n.o 3447. (2) Cfr. n.o 3448, lin. 9; n.o 3453, lin. 11. (*) Giusto Wiffeldich. XVII. [p. 58 modifica]58 6 APRILE 1637. [3460]

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ALESSANDRO MARSILI a [GALILEO in Arcetri]. Siena, 6 aprile 1637. Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. XI, car. 287. — Autografa. Molto IlL'^ ed EccL"^^ mio Sig.^ et P.ron Oss.^° Dal Sig.'^ Domenicho Cittadini ho sentito con mio singularissimo gusto il ben essere di V. S. Eccl."^% e come per sua gratia continova il suo amorevole affetto verso di me, il quale, se ben è effetto della sua cortese natura, non di meno dà agumento alle molte obligationi che le tengo. Partii per Pisa per incontrare l'Emin."'^ Sig.^ cognato ^^ a dove ho havuto occasione di ragionare con alcuno di quei Sig." lettori con molto mio gusto; ma non potei sentirli, per non leggere in quel tempo, facendosi la notomia. Non mancai però ne' miei discorsi palesarmi ammiratore e debol conoscitore del va- lore di V. S. Eccl.""^ e seguace di molte sue oppinioni, il che so che anco venne io aForechie di S. A. S. : ansi col Eminentissimo Sig.^ Cardenale e con un prelato ^^^ di gran valore e bibliotecario del Sig/ Cardenal Barberino discorremo delle sue oppinioni, ed io anco non lassai mostrarli quanto paresse a torto travagliato da Roma; e detti Signori come ammiravano il valore di V. S. £0^""% così la com- pativano in ixstremo, e credo che al'occasioni potranno operare, come io H pregai, palesandoli quanto dovevo a V. S. Eccl.°^^ Il negotio della cattedra ^^^ sta nella maniera che sempre ; ed io parlandone col Emin."'^ Sig."" cognato, par cosa dura che si debbia scemare a me quello che dà la cattedra ed hanno voluto dare ad altri miei compatriotti e nel'istesse cat- tedre che sono io, tanto più per le grandi spese che occorre fare a me, per i 20 rispetti che V. S. sa. Son certo che da lei, ove occorrerà, sarò sempre favorito della sua protezzione. Di Padova il negotio ^*^ sta in trattato ; ma sono sconse- gliato per la lontananza, e per questo non lo batto con caldezza. Vorrei rendermi habile a corrispondere a' suoi favori, e le fo reverenza. Di Siena, il 6 Aprile 1637. Di V. S. molto 111/^ ed Eccl.°^^ Obbl.°^^ Ser.^^ Alesandro Marsili. Lett. 3460. 5. al molte — 9. palersarmi — 12. JBarhinio — (lì Alessandro Bichi. ^^^ Cfr. nn.i 3350, 3366, 3373, 3384. («) Luca Holstein. <*^ Cfr. nn.» 3373, 3384. [p. 59 modifica][3461-3462] 11 - 13 aprile 1637. 59 . FULGENZIO MICANZIO a GALILEO [in Firenze]. Venezia, 11 aprile 1637. Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. XIII, car. 18. — Autografa. Molt' IlL'^ et Ecc."^^ Sig.^ Sig.' Col."^^ Vedrà V. S. dalla collegata ^^' il principio dell'impressione delle sue fatiche et speculationi, et il desiderio del Sig.^ Elzivir di bavere il ressiduo et compimento dell'opera. Dall'intaglio di queste quattro figure mi pare potere sperar una stampa bella. Mi manda 7 fogli d' un' opereta cbe portò seco di qua : in tutti 7 non vi è l'errata d'una sola lettera, cbe nelle nostre stampe l'errata avanza il resto. Il P. Matbematico di Bologna^*', coli' occasione del suo capitolo in Roma, verrà a vedere V. S. Io gì' invidio la felicità. Deve publicare qualcbe cosa, ma, per quanto mi scrive, più per la comune cbe di suo genio : calamità de' gran- io d'ingegni, cbe non possono meno far conoscere quanto siano elevati fuori del volgo; et Diogenes a vulgo neque reges ipsos secernebat, V. S. affretti il mandare quello cbe si deva aggiongere all' opera sua, nec parcat càlamo : faccia scrivere da altri, percbè a' veccbi è gran pena lo scrivere, ma il copiare intolerabile. Dio la conservi, e le bacio le mani. Ven.^ 11 Aprile 1637. Di V. S. molto 111.^^ et Ecc."^^ Dev.°^° Ser. S.^ GaUleo. F. F.

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COSTANTINO HUYGENS ad ELIA DIODATI [in Parigi]. L'Aja, 13 aprile 1637. Bibl. dell'Accademia delle Scienze in Amsterdam. Ms. XLIX, Lettres franQoìses de Constantìn Huygens, T. I, pag. 771. — Copia del tempo. La traduzione italiana, compendiata, della presente, inviata da Elia Diodati a Galileo (cfr. n <> 3499, lin. 45-46), si legge nel Tomo III, pag. 434-435, dell'edizione citata nell'informazione premessa al n.o 1201. A Monsieur Diodati. A la Haye, ce 13 d'Aprii 1637. Monsieur, Sorti à peine du nuage d'une calamite domestique, dont il a pleu à Dieu me menacer seulement, comme j'espere que M. Pallotti^^^ vous aura faict entendre par avance, j'at- Lett. 3461. 5-6. non vi V errata — <^> Cfr. no 3447. '3) Alfonso Pallotti. <*' Bonaventura Cavaliebi. [p. 60 modifica]60 13 APRILE 1637. [3462] trappe ce premier ordinaire pour vous rendre compie de ce que vous m'avez voulu com- mander, touchant la proposition faicte per le S/ Galilei à cest Estat. L'histoire en sera courte, par ce que, n'en ayant conferé encor qu'avecq M. Musch^^', j'ay trouvé que, pour ce qui est de l'acceptation de l'offre et le ressentiment qui se doibt à la grande bien- Yueillance d'un personnage si celebre, la cliose est icy en aussi bons termes qu'on la 10 puisse desirer et, à ce que le dict S/ Musch m'asseure, le S/ Reael s'est chargé de par l'Estat d'en faire notification très-ample a vostre amy. Mais ce sera (si desia les depe- scbes ne sont parties) en luy demandant un telescope de sa fagon, ceux de ces paiz ne nous pouvant representer ces quatre satellites, dont il s'agit, sans je ne sgay quelle sorte de scintillation, qui pourroit empescher les observations soudaines et momentanées de leurs congiuntioni, appUcationi et eclissi, telles que l'auteur nous les specifie; de sorte, Monsieur, que le rapport de ces Commissaires ne s'estant peu faire que provisionel et en partie, sans l'ayde de l'engin principal, je ne voy pas quel subject le S/ Galilei pourroit avoir de se tenir peu satisfaict du delay de noz resolutions. Il resterà d'ailleurs l'expe- dient si nécessaire contres les agitations de la mer et l'horologe, de pareille importance 20 à bien effectuer ces operations. Tout cela est de l'essence, en tant que la chose regarde la navigation. Si ne le voyons nous qu'en esperance (et qui sgait si ce grand personnage vivrà assez pour nous achever d'instruire ?), je vous donne à penser la dessus s'il n'im- porte pas que vous continuez à l'en presser et que, si tout ne paroist d'abord au degré de la perfection, nous ne debvons mettre peine et nous liaster d'en approcher, par son adresse, tant que pouvons. J'advouè que, si sibi constai caìcidus ephemeridum, comme je suis bien content de m'en reposer sur la bonne foy de l'auteur, c'est desia un grand point gaigné par terre, et d'ou s'ensuivra necessairement la reformation de tonte la geographie. Mais les interests particuliers nous pressants plus et uniquement à nous veoir designer en haute mer, oii nous sommes, tant au regard du long que du large, vous pouvez con- 30 siderer qu'il n'y a que l'invention marine qui nous chatouille principalement, et sans la quelle, aucunement reduitte à l'effect de la prattique, que noz peuples auront de la peine à se tenir obligez d'un benefìce general et beau plus qu'avantageux à leurs aifaires. Mais ce sera bien moy, Monsieur, qui travailleray a leur donner de plus saines impressions. Je vous prie d'en asseurer ce digne personnage, et que si tout ce monde a de la passion pour son excellent merite comme moy, il ne manquera pas d'en tirer tonte sorte de satisfaction. O'est ce peu, Monsieur, que j'ay eu à vous dire sur cette illustre matiere, dont je cheris l'occasion au doublé pour m'eschoire dans l'acquest de vostre amitié, reclierchée avecq raison par tous ceux qui estiment la vertu des sciences et la science des vertuz. Je prendroy plaisir a m'estendre sur ce subject, mais il faut que j'abbrege, en protestant 40 que j'ay esté six fois interrompu dans ces trois pages d'escriture. Ita nos dii nimirum tamqìmm pìlas ìiabent ! C'est la roue de mon mestier, qui ainsi m'agite de matiere en matiere. Aggreez, s'il vous plaist, ce discours tumultuaire, et me faictes la faveur de croire que j'auroy un soin tout particulier de vous faire veoir à combien je repute l'hon- neur d'estre cren, Monsieur, etc. <*^ Cornelio BIusch. [p. 61 modifica][3463-3464] 17 aprile 1637. 61

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VINCENZO RENIERI a [GALILEO in Arcetri]. Genova, 17 aprile 1637. Bibl. Est. in Modena. Raccolta Campori. Autografi, B.» LXXXVI, n.» 116. — Autografa. Molto 111.^^ et Ecc.°^^ Sig.^ e P.ron Col."^' Ricevo una di V. S. de' 4 del presente ^^ e mi dispiace sì della sua infermità, come del disgusto che credo gli havrà arrecata la morte di quel povero giovine. Ho ritrovato hoggi il Sig. Daniele Spinola, il quale, dubitando che la sua non fosse ita a male, havea di già replicata la seconda, et ho fatte le scuse di V. S. ; ma egli è così ben affetionato alle compositioni di lei, che era sicuro che in un ingegno pari a quello di V. S. non potea esser che non albergasse una cortesia straordinaria, onde di già la teneva per iscusata: e tanto m'ha sogiunto ch'io le replichi. E giovine di bel ingegno et amico della verità, che è quanto posso 10 dire per farlo meritevole dell'amor di V. S. L'Epitalamio ^^ per alcuni miei negotii, non è ancor finito, ma non tarderà molto. Tra tanto, con la vicinanza del Ser.°^^ G. D. al Poggio ^^ attenderò che V. S. m'aiuti a sbrigar il negotio della lettura, con ricordar a S. Altezza Ser.°^* che si compiaccia di ordinare che la provisione possa bastare a sostentarmi; perchè, essendo il monasterio di Pisa lontano dalla città quattro buone miglia ^^ mi bisognerà star a mie spese nella città. Le mando il titolo ^^^ del' opra per il R.°^^ P. Castelli, e cordialmente le b. le mani. Di Genova, 17 di Aprile 1637. Di V. S. molto 111.'^ et Ecc.^'* Dev.^^ et Obl.^^ Ser.'^

D. Vincenzo Renieri. 

. DANIELE SPINOLA a GALILEO in Firenze. Genova, 17 aprile 1637. Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. XI, car. 289. — Autografa. Molto 111.'" et Ecc.°^^ Sig.' mio Oss.^^ L'ambizione d'esser riconosciuto da V. S. per suo particolarissimo servidore mi fece riverirla a' giorni passati con una mia lettera ^^ in cui per tale me (1) Cfr. n.o 3459. (*) A S. Girolamo d'Agnano. (2) Cfr. nn.i 3448, 3453. ' <5) Non è allegato: cfr. n.o 3439, lin. 4. (3) Cfr. n.o 3458, lin. 29-30. (6) cfr. n.o 3455. [p. 62 modifica]62 17 - 24 APRILE 1637. [3464-3465] le dedicava ; e la medesima mi fa replicarlo al presente con questa, per dubbio che quella non le sia pervenuta. Egli è però certo che né quella né questa mi sarei fidato io già di scriver a V. S., se il Padre D. Vincenzo Rinieri a farlo non m'havesse confortato. Perciochè a personaggio, cui desid[erano] i maggiori principi d'onorare a tutto poter loro, sembravano che dovesse recar tedio la mia debolezza ; e stimava che chi ha stancato per la maraviglia i più grandi ingegni del mondo, non dovesse curar gli ossequi di sconosciuta persona. Ma il Padre io sudetto, coll'accertarmi dell'infinita umanità di V. S., m'ha fatto sperare che non in vano havrò con tutto raffe[tto] bramato ch'ella mi accetti per quel servi- dore che è obbligo di ciascuno, che è ragionevole, essere a i meriti di V. S. Ho dal medesimo inteso con mio estremo dolore il male ch'ella patisce a un occhio, e prego N. S. per la intiera sua sanità; che troppo fuor di ragione è che sian travagliati da male alcuno quegli occhi, degni di stare aperti eter- namente, a i quali è lo stesso cielo obbligato per esser da loro stato arricchito d'infinite stelle. V. S. mi feliciti con comandarmi, che io frattanto, augurandole ogni deside- rata grandezza, le bacio riverentemente le mani. 20 Di Genova, il dì 17 di Aprile 1637. Di V. S. molto 111.'^ et Ecc."^^ Devotiss.'^ S.^^ S/ Galileo Galilei. Firenze. Daniele Spinola.

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GALILEO ad ELIA DIODATI [in Parigi]. Arcetri, 24 aprile 1637. Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal, P. V, T. VI, car. SSt. — Copia di mano di Vincenzio Viviani, il quale racchiuse tra parentesi quadre l'ultimo brano del presente capitolo da e massime a caccia (lin. 7-11), notando in margine: «si lasci». E invero questo stesso capitolo, ma senza l'ultimo brano indicato, si legge, di mano, pur del Viviani di un suo amanuense, anche a car. 29^., 68?., 77r., 86r., 147*. del medesimo codice. A car. 68f. sono premesse dal Viviani al capitolo queste parole: « Il (ralileo all'amico di Pa- rigi. ... [sic] tra le altre cose con sua lettera d'Arcetri de' 24 Aprile 1637 aggiugne: »; e indicazioni simili si leggono a car. 29f. e 147f. Tratanto V. S. supplisca per me appresso il Sig. Carcavil, acciò mi dispensi della risposta ancora per alcuni pochi giorni ; e tratanto che S. Sig.^^^ farà metter mano alla stampa generale di tutte le opere mie, anderò riducendo al netto l'altre mie composizioni non ancor vedute, che saranno un libro de centro gravitatis solidorum^^ overo una (1) Cfr. Voi. vili, pag. 313. [p. 63 modifica][3465-3466] 24 - 25 aprile 1637. 63 mano di problemi, parte fisici e parte matematici, overo un libro di postille fatte a' libri de' miei oppositori, che son molti, e massime doppo la proibizione del Dialogo et il precetto a tutti gl'Inquisitori di non dar licenza che si ristampi alcuna delle mie opere vecchie o 10 che si stampi alcuna delle nuove, onde s' è verificato, come è in pro- verbio : Ognun corre a far legne Air arbore che il vento in terra caccia etc. . RAFFAELLO MAGIOTTI a GALILEO in Firenze. Roma, 25 aprile 1637. Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. XHI, car. 20. — Autografa. Molto TIV et Ecc."^^ Sig/ e P.ron Oss.^^ S. Non risposi l'ordinario passato a V. S. Ecc.°^^ per esser pur troppo aggravato d'una cattiva febbre, che finalmente mi si è, per gratia di Dio, sgraticciata d'adosso. Feci r imbasciata et i complimenti con l'Abbate Castelli quanto prima potei. Delli orologii non parlo adesso, perchè spero mandargli un pezzo di quella ra- dica ^^', et allora darò minuto ragguaglio del tutto. L'istoria del Sig.^ Marchese e P. Clavio^^^ che V. S. mi racconta intorno alle sue demostrationi^^', fu da me intesa un'altra volta in casa del Sig.^ Ambascia- io tore di Toscana, quand'ella me le promesse ; aggiungo di più, ch'ella mi contò l'avvenimento compassionevole di quel gentil huomo amico suo, che dette in un subito delirio etc. Senza questa notitia, non haverei mai possuto immaginarmi il modo con che questi sacchi di carboni si fussero impossessati di simil gioia. Non l'affaticai al suo ritorno, perchè molto si trattenne in Siena, e d'Arcetri più volte mi significò esser molt'occupata nel perfetionar l'opera della resistenza dei solidi. Non credo che queste demostrationi sieno arrivate in Francia con l'altre opere, perchè il P. Mersenio de' Minimi ^'^^ che ha veduto il libro de motu con l'altre osservationi, di queste non fa mentione alcuna ; e pur è vero ch'egli vuole scompuzzare ogni cosa. Questo frate stampa grandi e molti libracci, cer- 20 cando con lo sgradire altrui d'acquistarsi reputatione, e forse gli riuscirà ap- presso della marmaglia. L'opere che mi sono state prestate di suo, la maggior parte sono in franzese; e mi sa male non esserne padrone, che le manderei, acciò ella le vedesse et a suo tempo e luogo l'arrivassi con qualche frustata. <*> Cfr, n.o 3450, lin. 3. O) Cfr. n.o 3450, lin. 5. <2) GuiDOBALDo DEL Monte e Cristoforo Clavio. (*) Cfr. n.o 3182. [p. 64 modifica]64 25 APRILE 1637. [3466-3467] Ma tornando al proposito mio, dico che V. S. Ecc."^^ può ben tenermi in una continua sete dell'opere sue e mortificarmi a suo talento, eh' in tutti i modi son nato per vivergli sempre servitore. Così prego Dio che gli dia maggior commo- dità e contento. Koma, il giorno di S. Marco 1637. Di V. S. molto 111.^^ et Ecc.°^" Ser.^^ Obl."^" Kaffaello Magiotti. 30 Fuori: Al molto 111."" et Ecc.^° Sig." e P.ron mio Oss."^^ Il Sig.^ Galileo Galilei. Fiorenza. . RAFFAELLO MAGIOTTI a FAMIANO MICHELINI in Firenze. Roma, 25 aprile 1637. Bibl. Naz. Pir. Mss. Gal., P. VI, T. XIV, car. 61-62. — Autografa. Molto Rev.'^^ P. S. M' è piaciuto quel risentirsi meco, quella sua vivacità, quel brio, intorno alla passione del circolo ; ma non m' è punto piaciuta la repulsa ricevuta dal nostro Socrate. In questa non so s'io più mi devo doler della sua tenacità opur della poca accuratezza della P. Y.; e pur io dissi che rifarei ogni spesa della copia ^^ Ma però è vero che mio fratello ^-^ in questa ultima mi fa piena fede che Y. P. m' è amicissima. Horsù, patienza : mi dorrò solo della mia cattiva fortuna, che mi rende in questo di peggi or conditione che tutti i mag- gior nemici che habbia questo grand' huomo. Dico questo, perchè l'opere de motu (oltre a queste demostratìoni) sono state già viste in Fiandra et in Francia dalli emoli, o più tosto sindaci, anzi nimicissimi, sua; tra i quali pongo l'Abbate Mersenio Minorità in Fran- 10 eia, poiché havendo vedute diverse opere di questo frate, trovo che non ha altra mira che di sgradir (seben alla fine sarà con suo scapito) i pensieri nobih, le sottili inventioni e demostrationi, di sì gran virtuoso. S' io non temessi d'offender troppo Y. S., riempirei di querele tutta la lettera; ma ne anco mi satierei, anzi affliggerei me et altri nell'istesso tempo. Sia pur celato a me ogni cosa, pur ch'egli acquisti fama per tutte le parti del mondo, che io finalmente preferisco la sua gloria ad ogni mio gusto. La prego a per- donar in questo alla passion ch'io sento, che mi rende confuso nel dire, nei concetti e nello stile. Mi fu di qualche sollievo all' indispositione, che mi ha travagliato dalli giorni Santi fino adesso (mediante la quale non scrissi l'ordinario passato), l' intendere eh' il mio ne- 20 potino impara alle Scuole Pie. S'io l'ho a caro e s'io gliene raccomando, bastigli sapere (^) Cfr. n.o 3450. '^^ Lattanzio Magiotti. [p. 65 modifica][3467] 25 APRILE 1637. 65 che io son prete et egli m' è nipote unico. Fratanto il mio fratello gli rimetterà li 6 giuli delle Galleggianti. Confesso non liaver, in questo punto, spirito di trattar delli spiriti vitali; pur tutta- via, per non la lasciar affatto a bocca aperta, gliene darò un poco di saggio così al bar- lume, non potendo noi per adesso liaver commodità di veder insieme anatomie. Sono molti anni che un medico milanese osservò negli animali pasciuti di fresco e poi ammaz- zati (massime nei cani), che nel mesentereo sono molte vene lattee ^^ quali da tutti gV in- testini tirano succo overo chilo alla volta del pancreas, e per quello al fegato et alla 30 vena cava, per la quale finalmente s' annida, si riscalda e concuoce dentro al destro ven- tricolo del cuore ; di quivi dalla vena arteriosa passa a refrigerarsi nel polmone per me- glio conquocersi, e dal polmone per l'arteria venosa torna nel sinistro ventricolo del cuore, dove si fa l'ultima concotione. Di là per l'arteria magna, e da lei per tutte l'arterie, si sparge il sangue spiritoso per tutto il corpo. Così si diffondono gli spiriti et il calore, e così il moto del pulsare, a tutte le membra. Dalle membra tutte succhiano le vene ca- pillari il sangue, quale era stato portato dalle arterie per nutrir le parti, come se fus- sero tante radiche e barbe; e riconducano il sangue così con pochissimi spiriti al quore per la vena porta, acciò là di nuovo con qualche portione di nuovo chilo per opera delle vene lattee si riscaldi e conquoca. Questa è la circulatione che fa il sangue in noi, osservata 40 alli tempi nostri, e bastante a rivolger tutta la medicina, sì come l' inventione del telescopio ha rivolta tutta l'astronomia, la bossola l'economia, e l'artiglieria tutta l'arte militare. Queste vene lattee non sono vene mesaraiche, anzi non sono visibili se l'animale fusse estenuato e non pasciuto poco avanti la morte : però nell' huomo si vedono di rado. Ar- gomento certo che l'arterie portino dal centro alla circonferenza, è che per l'arterie si trovano molte valvule, overo animelle, che lasciano bene passare il sangue dal cuore alle membra, ma non rientrare; e per il contrario nelle vene l'animelle lasciano da ogni banda tornare il sangue al core, ma non uscire. Ma de valvulis è fuora un libro ^^^ L'arterie sono piii carnee che le vene, perchè devono rattenere gli spiriti con il sangue, dove le vene non portano se non il sangue; e questa loro carnosità sempre più scema, quanto piiì si 50 slontana dal cuore, perchè sempre manco spiriti devono rattenere. Ne importa che le vene sieno si grosse e l'arterie sì sottili, perchè il sangue spiritoso presto passa per loro. S'io havessi meglio distesa questa nuovità, haverei havuto a caro che l'havessi in- tesa il Sig.^ Gr. Gr. S'ella si rincuora di meglio raccontargliene, facc'ella. Vero è eh' io ho havuto grandissimo gusto questo anno in alcune anatomie fatte da un medico tedesco ('^^, persona di rai'a et esquisita curiosità in buona filosophia e medicina. Se mai V. P. mi darà nelle mani, gli farò intendere in questo genere cose di mara- viglia, seben piìi gì' arriverebbono nuove quand' ella fusse molto versata nella dottrina tenuta fino adesso da questi fisici. Resterò per non f[. . . .] ciechi, pregandola a recapitar r inclusa (^^, nella quale non è altra querela [. . .Jmentar di passaggio che queste demo- Lett. 3467. 30. vena cava, la quale — <*^ mólte vene lattee è sottolineato nell'auto- graphia Laurentii Pasquati, M. DC. IIL grafo. E così vene lattee a lin. 39. (») Cfr. n.o 3450, lin. 38. <^^ HiERONYMi Fabricii AB Aquapbndentb, Ana- (*) Cfr. n.o 3466. tornici Patavini, De venarum ostiolis. Patavii, ex typo- XVII. 9 [p. 66 modifica]66 25 APRILE 1637. [3467-3468] strationi mi furono promesse. Così prego a Y. P. da Dio ogni bene, e me gli offerisco, se 60 però so' buono a cosa alcuna. N. Signor Dio la feliciti. Roma, il dì di S. Marco 1637. Di V. P. molto R.*^* Aff."^^ Ser.^'^ Raffaello Magiotti. Fuori: Al molto Rev.'^^ P. Francesco di S. Giuseppe. Nelle Scuole Pie. Fiorenza.

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GLI STATI GENERALI DELLE PROVINCIE UNITE DEI PAESI BASSI a GALILEO [in Arcetri]. [L'Aja], 25 aprile 1637. R. Arch. di Stato alPAja. Lias Oost Indische Compagnie — Minuta. Au Sieur Galileus Galilei, grand mathematicieii. Le 25 d'Avril 1637. Monsieur, Cinq mois j sl que le Sieur Reael, jadis Gouverneur general es Indes Orien- tales, nous a offert en don de vostre part^*^ Tinvention trouvée nouvellement de pouvoir scavoir en tout temps la longitude, chose desirée vrayement par beau- coup des siècles sans que personne en soit venue a bout jusques a present. Nous avons tesmoigné au susdict Sieur Reael que vostre don nous estoit tres aggreable et que vous en scavions grand gre, Fayant aussi quant et quant faict mectre a la preuve a nos grandissimes despens par nos mathematiciens les plus doctes, io experimentez et relevez, qui sont en ces quartiers; en sorte que nous sommes en attente avec indicible desir, pour en estro par eux esclaircis. Et pour vous faire cependant paroistre un eschantillon de nostre gratitude et bienveuUance, nous vous envoyons par provision ces presentes, accompagnées d'une chesne d'or de la valeur envìrons de deux cents escus; et au cas que vostre invention soit trouvée ainsi que vous nous en promettez, nous ne lairrons pas de la recognoistre plus liberalement, outre Y honneur et reputation qui vous en reviendra par tout le monde. Sur ce^'^ Faict le 25 d'Avril 1637. (1) Cfr. n.o 3336. ^^^ Cfr. n.o 3506, Un. 99-100. [p. 67 modifica][3469-3470]

— 27 APEILE 1637. 

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GLI STATI GENERALI DELLE PROVINCIE UNITE DEI PAESI BASSI alla CAMERA DELLA COMPAGNIA DELLE INDIE ORIENTALI in Amsterdam. L'Aja, 25 aprile 1637. Cfr. Voi. XIX, Doc. XLII, h, 3). . MARTINO ORTENSIO ad ELIA DIODATI [in Parigi]. Amsterdam, 27 aprile 1637. Dal Tomo III, pag. 435-438 dell'edizione citata nell'informazione premessa al n.» 1201. Amsterdam, 27 Aprile 1637. Gaudeo, vir doctissime, literas meas kal. Februari datas ^^^ tandem ad te pervenisse ; sed doleo tantum te ofiPendisse ('^^, quod Mersenno et Morino innotuerit Domini Galilaei propositum. Itaqiie studebo me purgare, et ad difficultates, quas obiicis, respondere. Quantum ad me attinet, optassem rem totam potuisse occultam manere, donec nobilis Galileus requisita omnia exhibuisset et ab Illustrissimis Ordinibus debitam habuisset re- munerationem. Verum non potuit illud, divulgata ipsius intentione, ullatenus obtineri. Ubi enim facta fuit a Nob. Realio literarum Domini Galilaei oblatio, non Illustrissimi Ordines modo, verum plurimi alii Hagae magnates, amici Domini Realii, inventi arcanum

voluerunt sibi aperiri, et ille, me inscio, multis totum negotium communicavit. Inter alios, 

quibus facta fuit inventi detectio, erat Nobilis Hugenius^^^, Illustrissimi Principis Auriaci^*^ secretarius, qui Domini Galilaei propositum epigrammate prosequutus est; hoc post ad Clarissimum Barleum^^^ missum; cumque Leidam pauco interlapso tempore venirem, Cla- rissimus Golius ^^^ non modo inventi Galilaeani, sed et modi observandi loviales, fecit men- tionem, deprehendique etiam studiosis quibusdam hunc innotuisse. Sequuta fuit Becmanni ^^ ad me epistola, qua rogavit ut (quia inter Commissarios delectus fuerat) Galilaeanum inventum sibi penitus communicaretur : quod antequam perfìcio, ecce literae a Morino advolant, Mersenno per Becmannum indicatum esse quod Nob. Galilaeus inventionem lon- gitudinis moliatur, eamque iam oblatam fuisse Illustrissimis Ordinibus; petit simul Mo-

rinus ut prò amicitia nostra de rumore a Becmanno excitato facerem eum certiorem. Ego, 

considerans hanc famam per totam Holandiam iam diffusam (pluries enim eius conscii iam me compellarant) facileque inde Lutetiam usque penetraturam, scripsi Morino, in- ventum Domini Galilaei niti observationi lovialium, nec quidquam praeterea. Haec tota culpa mea est: fateor autem melius futurum fuisse et auctore Galilaeo dignius, si nihil istorum, antequam remunerationem obtinuisset, potuisset divulgare Verum vos ipsi quo- dammodo fuistis in caussa, cur tam leviter hoc inventum innotuerit: numquam uUibi in Cfr. n.o 3428. ^2^ Cfr. n.o 3449. <^i Costantino Huygens. <*) Federico Enrico d'Obangb. <^) Gaspare Barlaeus (van Baerle), <^^ Iacopo Golius (Gool). <^' Isacco Beekmann, [p. 68 modifica]68 27 APEILE 1637. [3470] literis vestris mentionem fecistis, oblationem inventi tacito debere fieri, aut expressam silentii conditionem a nobis efflagitastìs. Ipse Pominus Galilaeus causara etiam aliquam praebuit, quominus de silentio essemus solliciti: scripsit enim inter alia, se hanc inven- tionem Illustrìssirais Ordinibus ita offerre, ut si bona iudicetur, recipiatur; quod si tam 30 certus fuisset ac Dominatio vestra scribit, nonne potius cum fiducia dicere debuisset, se habere inventionem certam ac indubitatam, et silentium a Nobili Eealio caeterisque com- missariis tantis perpetere, donec ipse eam lllustrissimis Dominis obtulisset? Apud me quidem tanta erat de D. Galilaeo concepta opinio, ut non aliud existimarem quam certa esse omnia et explorata, et hactenus quoque tacebam; sed quid ego potui praescribere Domino Realio, Becmanno, Golio, qui omnes de successu rei dubitare videbantur? Quum reprebenderem Becmannum quod Mersenno aliquid indicasset de Domino Galilaeo, re- spondit se ignorasse oblationem eius debere esse occultam. Praestitisset Dominum Gali- laeum, fiducia liberalitatis lllustrissimorum Ordinum, una cum literis requisita omnia ad inventi sui praxim exhibuisse, quod ego ab initio semper urgebam ; sic tum statini sequuta 40 fuisset remunerati©, et, fama eius rei divulgata, habuissent eruditi inventionis aliquem gustum, et bine tanto maior ad ipsum rediisset laus. Apud nos moris est ut quicunque aut privilegium aut praemium prò aliqua inventione petit, coram lllustrissimis Ordinibus eius veritatem prius comprobandam habeat, ac tum simul cum immunitate aut praemio inventum omnibus innotescit. Id quum a Domino Galilaeo (quicquid ego contra conten- derim) non sit observatum, sed mentio inventi tantum facta ante exbitita requisita, ipse satis vides, mi Deodate, arcanum hoc nullo modo potuisse reticeri. Si ab initio mihi aut uni Realio res fuisset commissa cum aliqua mentione taciturnitatis, vel iuramentum inter- ponere ausus fuissem, nemini mortalium ante tempus ab ipso Domino Galilaeo statutum potuisse quicquam innotescere. Nunc autem, cum istud neglectum sit, din antequam de 50 Morino aut scirem aut cogitarem, per Nob. Realii relationem omnibus pene Hagae ac Leidae innotuit: adeo voluntatis lllustrissimorum Ordinum aut sciti auctoris nulla (quod carpis) luerit habita ratio. Non contigisset illud, si prius Dorainus Galilaeus arcani sui nudam fecisset apud Illustrissimos Dominos mentionem, et responso accepto totum illud transmisisset. Nunc, cum rationem inventi patentibus literis ad D. Realium miserit sine pe- titione silentii, omnium curiositate excitata, minime potuit latere; et mihi quoque nullam singularem potestis imputare divulgati secreti culpam. Sed quid multa? Putasne, mi Deodate, Nob. Galilaei honori quicquam detractum esse, eo quod Mersenno cuidam aut Morino ratio eius inventi innotuerit ? Plures apud nos eam norunt, et me nil tale cogitante, ex quo Hagae rumor iste diffusus fuit, calculis suis inventi successum aut damnarunt aut appro- 60 barunt, salvo interim manente peritorum iudicio et auctoris honore. Veruni enim vero demus toti Europae iam innotuisse : an ideo rainus vere D. Galilaeus quae obtulit poterit praestare? Ego hactenus contra omnes contendo, maximi momenti rem esse, et illustris auctoris famae nihil ex praeiudicio derogatnm. Modo successus non desit inventioni Nob. Viri, etiam contra mille invidos ducet triumphum. Quocirca noli sequius quid de nobis ominari, aut in perversum sensum trahere quod tantillus errorculus commissus sit, postquam pu- blica iam loquebatur fama; sed contra urge Nob. Virum ut caetera maturet et praemio debito gaudere queat, cuius gustum aliquem non dubito quin brevi sensurus sit, quia Nob. Realius in eo iam totus occupatur. Caeterum, cum Morinum aemulum D. Galilaei [p. 69 modifica][3470] 27 APRILE 1637. 69

dicis et cum eo in posterum tractare vetas, candide quidem agis; sed crede mihi (nisi ipse 

Galilaeo transcrìpseris quid sit actum) nullum bine metuendum discrìmen. Posterius illud spondeo non futurum ; prius nullum infert praeiudicium. Quicquid Morinus D. Galilaeo invideat, quicquid circa lunam moliatur, nihil unquam apud nos obtinebit; et ut semel scias quae sit apud Illustrissimos Ordìnes D. Galìlaei existimatio, ego et Kob. Reaìius bucusque rem perduxiraus, ut si vel centum alii cum eadem aut simili inventione prodi- rent, Nobilissimus vir me quasi successorem sibi consti tuit, ut minutas hallucinationes, quae adhuc invento adhaerere possent, successu temporis emendarem, de quo nullatenus despero. Vides ergo, optime Deodate, nullum esse metuendum D. Galilaeo damnum ex eo quod inventi© eius iam pluribus innotuerit.

Conquereris porro, quod a quinque mensibus nullum signum extiterit honorificae 

receptionis inventi Galilaeani et debitae gratitudinis. Illud negociis D. Realii et Illustrissi- morum Ordinum in bis bellorum tumultibus adscribendum, non neglectui aut contemptui offerentis. Ego operam sat strenuam navavi, ut citius ei responderetur; sed quid solus possum? Veli m igi tur per te Nobili viro significari, omnia recte se babitura et praeclare Illustrissimos Ordines eius labores remuneraturos, idque quam primum, quia D. Realius Hagam profectus est ut negotium absolvat. Haec peto ut etiam Illustrissimo Grotio si- gnifices, et Excellentiam suara roges ne spem deponat aut male de me ominetur, Mersenni aut Morini causa aut ob hanc Illustrissimorum Ordinum tarditatem. Ab iis enìm nihil metuendum; de hac Illustrissimus ipse vir multo certius quam ego potest indicare, ob

rationes status nostri penitus sibi perspectas. 

De Morino, ut hoc adhuc addam, quominus sis sollicitus, habe utriusque nostrum verba, tam ex literis meis quam ex eius responsione. Ego sic scripsi : Galilaeus inventum suum nondum exhibuit, sed tantum ad Illustrissimos Ordines scripsit, se per motus lovia- lium, beneficio telescopii observatos, longitudines locorum velie inquirere; ubi requisita omnia nobis transmiserit, ad coelum ea probabimus, et, si bona sint, totam inventionem faciemus publici iuris. Ipse respondit hoc modo : Pergratum mihi fecisti, quod me de Ga- lilaei inventione certum reddideris : peropto ut illi quam mihi longitudinum praxis suc- cedat febcius, ipseque loviales satellites super terra marique facile observabiles praestet, ac illorum tabulas ad eam perducat praecisionem vir ille inter mathematicos celeberrimus,

ut saltem singulis diebus errores ad plures gradus integros observando non deprehendan- 

tur, quod contingebat DD. de Peirese et Gauterio'^^ Priori Yallettae, dum anno 1607 (sic) in tabulis similibus condendis mea opera utebantur prò calculo, unde a proposito desistere coacti fuere. Haec sunt ipsissima nostra verba, quae utrum inventioni D. Galilaei obesse queant, facile dispicies. Interim vale, Nobilissime vir et amicissime, praestantissimoque D. Galilaeo quam pri- mum scribe, ne de Illustrissimorum Dominorum Ordinum propensissima erga eum bene- volentia ullatenus desperet. Scribe quoque ad Nob. Galilaeum, Elzevirios daturos operam ut liber eius de motu correcte et nitide excudatur. Vidi primi folli specimen, sane per quam pulchrum. Lett. 3470. 103. utrum intentionì D. Galilaei —

(*) Giuseppe Gaultier. [p. 70 modifica]

3471*.

PIETRO FERMAT a MARINO MERSENNE [in Parigi].

[Tolosa, aprile o maggio 1637].


Dalla pag. 112 delle Oeuvres de Fermat, publiées par les soins de MM. Paul Tannery et Charles Henry. Tomo deuxième, Correspondance. Paris, Gauthier-Villars, M. DCCC. XCIV.


....I’attens la faveur que vous me faites esperer, de voir par vostre moyen les autres livres de Monsieur Descartes et le livre de Galilée De motu....



3472.

BENEDETTO CASTELLI a GALILEO in Firenze,
Roma, 2 maggio 1637


Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. XI, car. 291. — Autografa.


Molto Ill.re ed Ecc.mo Sig.re e P.ron Col.mo

Veramente la confusione in che mi trovo, e il non havere da scrivere come vorrei, mi tiene in silentio; con tutto ciò il silenzio è solo con le lettere, perchè parlo quanto posso e quanto devo, e lo sa Dio e tutti gli amici nostri, de’ quali in assai buon numero mi sentono continovamente. Orsù, pacienza; desidero però che V. S. mi apra qualche strada con la quale io la possa servire, che vedrà la mia constanza in amarla, stimarla e riverirla sempre, conforme al suo gran merito e immensa mia obligazione.

Hora mi ritrovo in stato che non so dove mi sia, perchè intendo, per voce sparsa per Roma, che N. Sig.re stia con poco buona salute; che se fosse vero, che Dio non voglia, mi ritrovarei in travaglio grandissimo. Spero però in S. D. Maestà e nella Sua infinita misericordia.

Quanto a’ vetri, io ne ho quattro para di quei di Napoli nelle mani, e sono dell’Em.mo Sig.r Card.e Antonio79, i quali tutti, ancorchè ricerchino varii cannoni, sono esquisitissimi, e ne aspetto due para di Napoli quanto prima; e mosso da quello che mi disse il Sig.r Magiotti nostro, disegno di regalarne di un paro il Ser.mo Gr. Duca mio Signore, se mi riusciranno di perfezzione degni80 di mandarli tanto alto. Con uno di questi che ho nelle mani, io posso leggere una [p. 71 modifica]lettera, del carattere che è questa che scrivo, lontano ottanta sei passi andanti de’ miei, e forsi più: V. S. giudichi la perfezzione. Se io havessi hauti dinari, non mi sariano usciti dalle mani, ancorchè il maestro li faccia pagare salati bene, perchè la verità è che quello antico mio, in comparazione di questi, è un niente, nè io l’ho mai più potuto vedere dopo che ho provati questi.

Altro non ho che dirli; forsi per il primo ordinario li darò altre nove: per hora li fo riverenza, e me li confermo quel di sempre servitore di vivo cuore.

Roma, il 2 di Maggio 1637.
Di V. S. molto Ill.re ed Ecc.ma

Humil.mo Devotiss.o e Oblig.mo Ser.re e Dis.lo

Don Bened.o Castelli.


Al S.r Gal.o Gal.i

Fuori: Al molto Ill.re ed Ecc.mo Sig.re e P.ron Col.mo

Il Sig.r Galileo [Galilei], p.o Filosofo di S. A. Ser.ma

Firenze.


3473*.

FULGENZIO MICANZIO a GALILEO [in Firenze].

Venezia, 2 maggio 1637.


Bibl. Est. in Modena. Raccolta Campori. Autografi, B. LXXX, n.o 120. — Autografa la sottoscrizione.


Molto Ill. et Eccell.mo Sig.r, Sig.r Col.mo

Mi capitano insieme le due gratissime lettere di V. S. molto Ill.re et Eccell.ma d’i 18 et d’i 25 passato, et in questa il foglio con le tre figure della sua opera; et non l’ho mandato hieri al Sig.r Elzevir, perchè il Sig.r Giusti81 libraro, che tiene la corrispondenza, non si trova qui: lo mandarò per le prossime infallibilmente. Ho lettere dal sudetto Sig.r Elzivir di 482, 14 passato, nelle quali mi scrive che per il spazzo seguente mi haverebbe mandato il primo foglio; et subito che sia gionto, lo invierò a V. S. Mi dispiace che le convenga fare la fattica di sua mano, perchè in vero è grande, et a me, quando occorre, riesce intollerabile.

Da quello che V. S. mi scrive circa li moti volontarii, in quali metto tutti quelli de’ viventi, resto chiaro che le mie chimere, che vi faccio sopra, sono adonque intorno all’impossibile, poichè mi resta sempre impresso il detto del già P. Maestro Paolo, che quello che in materia di moto non è scibile da lei, [p. 72 modifica]72 2-7 MAGGIO 1637. [3473-3474] non è adonque scibile. Ma anco circa l'incomprensibile il cervel humano si agita, purché non sia sempre al medesimo. Ho ricapitata anco la lettera per Monaco. V. S. attenda alla conservatione, che quanto alla quiete che si promette dalle speculationi, io le faccio il pro- nostico che non la ritroverà se non meno fatticosa, perchè a lei è una opera- zione vitale. E le bacio con ogni affetto le mani. 20 Venezia, 2 Maggio 1637. Di V. S. molto 111.^^ et Eccell.^^ Dev."^° Ser. S.^' Galileo. F. Fulgentio. . MARTINO ORTENSIO a GALILEO [in Arcetri]. Amsterdam, 7 maggio 1637. Dal Tomo III, pag. 438, dell'edizione citata nell'informazione premessa al n.» 1201. Amsterdam, 7 Maggio 1637, Intellexi ex literis Domini Deodati et hodierna ad me per Dominum Bar- tolotti relatione, Nob. D. V. magno teneri desiderio sciendi, quo in statu versetur negotium illud circa longitudines locorum, cuius oblationem per Nob. Realium fieri volueras ante menses quasi sex; nec dubito quin caussam tam diuturni silentii lUustrissimorum Ordinum ad Nobilissimae Dominationis Vestrae literas haud potueris hactenus divinare. Nihil iam de ea dicam, quia alias, ad Nob. Do- minationem Vestram et D. Deodatum datis literis (quas forte iam accepisti), fusius exposui uti aqua haeserit quominus optatum toties nactus fueris respon- sum. Res nunc ad finem pene est deducta: nam Nob. Realius, Hagae degens, io ultimum Illustriss. Dominorum Ordinum circa propositionem Nobilissimae Domi- nationis Vestrae decretum adeptus est ^^ et procul omni dubio efficiet ut quam primum Nob. Dominationi Vestrae ampie respondeatur. Decreti summam non- dum exacte novi; sed quantum audire potui, honorarium Dominationi Vestrae, nobis locum observationis idoneum cum instrumentis necessariis, iusserunt assi- gnari. Ubi plenarium decreti sensum percepero, Dominationi Vestrae Excellen- tissimae significabo quid porro sit agendum. Nunc brevis esse cogor, quia avocant negotia, quibus non obstantibus haec tamen Dominationi Vestrae Nobilissimae duxi indicanda, sub spe quod in bonam partem sis accepturus. Vale. Raptim. Cfr. Voi. XIX, Doc. XLII, 6, 2). [p. 73 modifica][3475-3476] 8 maggio 1637. 73

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VINCENZO RENIERI a [GALILEO in Arcetri]. Genova, 8 maggio 1637. Bibl. Est. in Modena. Raccolta Camporì. Autografi, B.» LXXXVI, n.o 117. — Autografa. Molto IlL^^ ed Ecc.°^° mio Sig.^ Oss.^^ Vidi ultimamente il Sig.^ Daniel Spinola, clie veramente ha sentito disgusto che V. S. con tanto suo scommodo venga del continuo impedita di non poter consolar più spesso i suoi amici con lettere ; ma m' ha imposto eh' io sogiunga a V. S. che basta a lui la certezza del di lei affetto, senza che s'affatichi ad altra risposta, havendo havute tutte due le lettere da lei scritte. Lo stesso le sogiungo io, al quale *con due versi soli ch'ella scriva, e anco con suo commodo, per haver nuova di lei, basta per sodisfarmi ; che, se piace a Dio, havrò occasione di vederla più spesso e godere della sua presenza. Non le raccordo il negotio della 10 lettura ^^ perchè so l'amor che mi porta ; onde faccio fine, e le bacio le mani. Di Genova, a dì 8 di Maggio 1637. Di V. S. molto 111."^ et Ecc."^^ Dev."'" Ser.^^ D. Vincenzo Renieri. M' è giunto da Roma un discorso fatto dal Sig. Giacomo Acarigi contro l'opinione Copernicana ^^ il quale se ella non ha veduto, m'avvisi, che lo man- derò. Ma siamo al sicut erat, . ELIA DIODATI a COSTANTINO HUYGENS [airAjaJ. [Parigi], 8 maggio 1637. Dal Tomo III, pag. 439-440, dell'edizione citata nell'informazione premessa al n.o 1201. La presente è la traduzione, inviata dal Diodati a Galileo (cfr. n.o 3499, lin. 45-46), dell'originale.

Maggio 1637. 

Con grandissima soddisfazione ho veduto la (sic) gratissima di V. S. Illustriss. de' 13 del passato (^ responsiva alla mia, la sua prontezza (quale l'aveva sperata dalla sua sapienza e virtìi) a voler protegger del suo favore il negozio del Signor Galilei, facendone la de- (^) Cfr. n.o 3439. 13 Kal. Decembris 1636, qua die aggressus est Ro- <2) Terrae quies aoUsque motus, demonstraius pri- mae in almo Sapientiae Gymnasìo publice explicare mum theologicis, tum plurimis philo8ophicÌ8 rationibus. libros Aristotelis De caelo. Romae, 1637. Bìsputatio Iacobi Accarisii ecc., habita ab eodem (^) Cfr. n.o 3462. XVII. 10 [p. 74 modifica]Pagina:Le opere di Galileo Galilei XVII.djvu/73 [p. 75 modifica]Pagina:Le opere di Galileo Galilei XVII.djvu/74 [p. 76 modifica]Pagina:Le opere di Galileo Galilei XVII.djvu/75 [p. 77 modifica]Pagina:Le opere di Galileo Galilei XVII.djvu/76 [p. 78 modifica]Pagina:Le opere di Galileo Galilei XVII.djvu/77 [p. 79 modifica]Pagina:Le opere di Galileo Galilei XVII.djvu/78 [p. 80 modifica]Pagina:Le opere di Galileo Galilei XVII.djvu/79 [p. 81 modifica]Pagina:Le opere di Galileo Galilei XVII.djvu/80 [p. 82 modifica]Pagina:Le opere di Galileo Galilei XVII.djvu/81 [p. 83 modifica]Pagina:Le opere di Galileo Galilei XVII.djvu/82 [p. 84 modifica]Pagina:Le opere di Galileo Galilei XVII.djvu/83 [p. 85 modifica]Pagina:Le opere di Galileo Galilei XVII.djvu/84 [p. 86 modifica]Pagina:Le opere di Galileo Galilei XVII.djvu/85 [p. 87 modifica]Pagina:Le opere di Galileo Galilei XVII.djvu/86 [p. 88 modifica]Pagina:Le opere di Galileo Galilei XVII.djvu/87 [p. 89 modifica]Pagina:Le opere 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Note

  1. Di stile fiorentino.
  2. Cfr. n.° 3329.
  3. Di stile giuliano. — In pari data il Bernegger inviava la sua traduzione del Dialogo dei Massimi Sistemi «Ioan. Valentino Andreae, Calwam», e due giorni dopo «Ioanni Henisio medico, Augustam», e a «Ioan. Ulricus Oesterreicherus», come abbiamo dalle minute del suo carteggio (car. 193t. e 195t.); e da annotaazioni intercalate alle minute stesse risulta pure, averne egli mandati esemplari «D. 9 Feb. 1637, an Hern Franciscum Passavant gen Basel» (car. 203r.), e «Den 16 Martii 1637, Herrn Ioachimo a Wickfort nach Amsterdam» (car. 210r.).
  4. Raffaello Staccoli.
  5. Cfr. n.° 3419, lin. 17.
  6. Dì stile fiorentino.
  7. Alessandro Marsili.
  8. Girolamo Fabrizio d’Acquapendente.
  9. Pietro Duodo
  10. Cfr. Vol. XIX, Doc. XIII, e), lin. 35-48.
  11. Gio. Battista Padavin.
  12. Cfr. n.° 3399.
  13. Lorenzo Usimbardi.
  14. Cfr. n.° 3415.
  15. Cfr. n.° 3292.
  16. Lorio Lori.
  17. Padre Fra Fulgenzio Micanzio.
  18. Niccolò Buonaiuti.
  19. Marcantonio Pieralli.
  20. Con queste parole termina il primo foglio della lettera, e manca il resto.
  21. Lucii Annaei Flori Rerum Romanarum editio nuova, accurante Ioanne Freinshemio, ecc. Argentorati, in bibliopolio Eberhardi Zetneri. Anno M.D.C.XXXII.
  22. Cfr. n.° 3058.
  23. Cfr. n.° 3225.
  24. Di stile giuliano.
  25. Cfr. n.° 3337.
  26. Guglielmo Borrel.
  27. Cfr. n.o 3322.
  28. Cfr. n.o 3225.
  29. Intendi, un esemplare della «Schiccardi Parentatio»: cfr. n.o 3423, lin. 22.
  30. Cfr. n.o 3423
  31. Giulio Ninci.
  32. Le nozze degli Dei. Favola dell’Ab. Gio. Carlo Coppola, rappresentata in musica in Firenze nelle Reali nozze de’ Sereniss.mi Gran Duchi di Toschana Ferdinando II e Vittoria principessa d’Urbino. In Firenze, per Amadore Massi e Lorenzo Landi, 1637.
  33. Giusto Subtermans
  34. Intendi, i vassalli del feudo di Vescovado di Murlo: cfr. n.° 3003, lin. 3.
  35. Gio. Battista Morin: cfr. n.o 3014.
  36. Isacco Beeckmann.
  37. Marino Mersenne.
  38. Cfr. n.o 3199.
  39. Cfr. n.o 2621, lin. 19.
  40. Cfr. Drammi musicali morali di Girolamo Bartolommei, già Smeducci. Parte prima, cioè Cerere racconsolata, Il natale di Minerva, Perseo trionfante, ecc. In Firenze, nella stamperia di Gio. Antonio Bonardi, MDCLVI. Nel Perseo trionfante «si predicano le glorie de’ Serenissimi Principi di Baviera» (Argomento della favola, a pag. 103).
  41. Alberto Cesare Galilei.
  42. Cfr. n.o 3419.
  43. Intendi, delle trattative condotte per mezzo del Diodati circa la proposta della longitudine.
  44. Ascanio Piccolomini.
  45. Benedetto Guerbini.
  46. Ippolito Francini.
  47. Cfr. nn.i 3415, 3419.
  48. Cfr. n.° 3419.
  49. Di stile fiorentino.
  50. Vincenzo Renieri.
  51. Cfr. nn.i 3415, 3433.
  52. Marcantonio Pieralli.
  53. Di stile fiorentino
  54. Cfr. n.° 3419
  55. Sigismondo Alberghetti.
  56. Roberto Galileo.
  57. Cfr. n.° 3199.
  58. Pietro Fermat.
  59. Cfr. Serie decima di Seampoli Galileiani raccolti da Antonio Favaro (Atti e Memorie della R. Accademia di scienze, lettere ed arti in Padova Vol. XI, pag. 40-42). Padova, tip. G.B. Randi, 1895.
  60. Giovanni Issaultier.
  61. Cfr. n.° 3390, lin. 17.
  62. Ilarione Bonguglielmi.
  63. Claudio Mellan.
  64. Roberto Galilei.
  65. Cfr. n.° 2681, lin. 19.
  66. Cfr. n.° 3437, lin. 47.
  67. Carlo di Lorena, Duca di Guisa.
  68. Intendi, il manoscritto delle Tabulae Mediceae secundorum mobilium universales. Cfr. Antonio Favaro, Amici e corrispondenti di Galileo Galilei, XII. Vincenzio Renieri (Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, Tomo LXIV, Parte II, pag. 118, 164). Venezia, Officine grafiche di C. Ferrari, 1905
  69. Cfr. n.° 3432.
  70. Così l’autografo; ma la lettera a cui si riferisce è del 22 febbraio: cfr. n° 3436.
  71. Cfr. n.° 3339.
  72. Cfr. n.° 3421.
  73. Cfr. n.° 3506.
  74. Cfr. n.° 3058.
  75. Cfr. n.° 3230, lin. 10-11
  76. Cfr. n.° 3257.
  77. Francesco Michiel.
  78. Cfr. n.° 3395.
  79. Antonio Barberini
  80. di perfezzioni degni
  81. Giusto Wipfeldich.
  82. Cfr. n.o 3460.