I pensieri (Leonardo da Vinci, 1904)/Pensieri sulla morale

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PENSIERI SULLA MORALE.


I. — gli studi di leonardo.

Io scopro alli omini l’origine della prima o forse seconda cagione del loro essere.

II. — proemio della sua anatomia.

E tu, che dici esser meglio il vedere fare l’anatomia, che vedere tali disegni, diresti bene, se fusse possibile vedere tutte queste cose, che in tali disegni si dimostrano, in una sola figura; nella quale, con tutto il tuo ingegno, non vedrai e non avrai la notizia, se non d’alquante poche vene; delle quali io, per averne vera e piena notizia, ho disfatti piu di dieci corpi umani, distruggendo ogni altri membri, consumando con minutissime particule tutta la carne, che d’intorno a esse vene si trovava, sanza insanguinarle, se non d’insensibile insan[p. 186 modifica] guinamento delle vene capillari. E un sol corpo non bastava a tanto tempo, che bisognava procedere di mano in mano in tanti corpi, che si finisca la intera cognizione; la qual replicai due volte per vedere le differenze.

E se tu avrai l’amore a tal cosa, tu sarai forse impedito dallo stomaco; e se questo non ti impedisce, tu sarai forse impedito dalla paura coll’abitare nelli tempi notturni in compagnia di tali morti squadrati e scorticati, e spaventevoli a vederli; e se questo non t’impedisce, forse ti mancherà il disegno bono, il quale s’appartiene a tal figurazione.

E se tu avrai il disegno, e’ non sarà accompagnato dalla prospettiva; e se sarà accompagnato, g’ ti mancherà l’ordine delle dimostrazion geometriche e l’ordine delle calculazion delle forze e valimento de’ muscoli; e forse ti mancherà la pazienza, cliè tu non sarai diligente.

Delle quali, se in me tutte queste cose sono state o no, i centoventi libri da me composti no daran sentenza del sì o del no, nelli quali non sono stato impedito nè d’avarizia o negligenza, ma sol dal tempo Vale. [p. 187 modifica]

III. — passaggio dalla anatomia all’etica.

Adunque qui, con 12 figure intere, ti sarà mostro la Cosmografìa del minor mondo1 col medesimo ordine, che innanzi a me fu fatto da Tolomeo nella sua Cosmografia . E così dividerò poi quello in membra, come lui divise il tutto in provincie; e poi dirò l’uffizio delle parti per ciascun verso, mettendoti dinanzi alti occhi la notizia di tutta la figura e valitudine dell’omo, in quanto a moto locale, mediante le sue parti.

E così piacesse al Nostro Autore, che io potessi dimostrare la natura delli omini e loro costumi, nel modo che io descrivo la sua figura.

IV. — conseguenze etiche che discendono dagli studi anatomici.

E tu, o omo, che consideri in questa mia fatica l’opere mirabili della natura, se giudicherai essere cosa nefanda il distruggerla, or pensa essere cosa nefandissima il torre la vita all’omo; del quale, se questa sua composizione ti pare di maraviglioso arti[p. 188 modifica]fizio, pensa questa essere nulla rispetto all’anima, che in tale architettura abita, e veramente, quale essa si sia, ella e cosa divina: sicchè lasciala abitare nella sua opera a suo beneplacito, o non volere che la tua ira o malignità distrugga una tanta vita, che veramente, chi non la stima, non la merita. Poichè così mal volentieri si parte dal corpo, e ben credo, che ’l suo pianto e dolore non sia sanza cagione.

V. — il metodo sperimentale e sue conseguenze sull'agire umano.

Queste regole son cagione di farti conoscere il vero dal falso, la qual cosa fa che li omini si promettano le cose possibili e con piu moderanza, e che tu non ti veli d’ignoranza, che farebbe, che, non avendo effetto, tu t’abbi con disperazione a darti malinconia.

VI. — limiti imposti da leonardo alla scienza.

Come molti stiano con istrumento alquanto sotto P acqua; come e perchè io non scrivo il mio modo di star sotto l’acqua, quanto io posso star sanza mangiare; e que[p. 189 modifica]sto non pubblico o divolgo per le male nature delli omini, li quali userebbono li assassinamenti ne’ fondi de’ mari, col rompere i navili in fondo, e sommergerli, insieme colli omini, che vi son dentro, e benchè io insegni delli altri, quelli non son di pericolo, perchè di sopra all’acqua apparisce la bocca della canna, onde alitano, posta sopra otri o sughero.

VII. — contro la necromanzia.

Delli discorsi umani stoltissimo è da essere riputato quello, il qual s’astende alla credulità della Negromanzia, sorella della Alchimia, partoritriee delle cose semplici e naturali; ma è tanto più degna di riprensione che rAlchimia, quanto ella non partorisce alcuna cosa se non simile a sè, cioèbugia.

Il che non interviene nella Alchimia, la quale è ministratrice de’ semplici prodotti della natura; il quale uffizio fatto esser non può da essa natura, perchè in lei non sono strumenti organici, colli quali essa possa operare quel che adopera i’ uomo mediante le mani, che in tale uffizio ha fatti i vetri ecc.

Ma essa Negromanzia, stendardo o vero bandiera volante mossa dal vento, è guida[p. 190 modifica]trice della stolta moltitudine, la quale al continuo testimonia, collo abbaiamento, l’iniiniti effetti di tale arte; e vanno empiuti i libri, affermando che l’incanti e spiriti adoperino, e sanza lingua parlino, e sanza strumenti organici, sanza i quali parlar non si può, parlino, e portino gravissimi pesi, faccino tempestare e piovere, e che li omini si convertino in gatti, lupi e altre bestie, benchè in bestia prima entrari quelli, che tal cosa affermano.

E certo se tale Negromanzia fusse in essere, come dalli bassi ingegni è creduto, nessuna cosa è sopra la terra, che al danno e servizio dell’omo fusse di tanta valetudine: perchè, se fusse vero che in tale arte si avesse potenza di far turbare la tranquilla serenità dell’aria, convertendo quella in notturno aspetto, e far le corruscazioni o venti, con spaventevoli toni e folgori scorrenti infrale tenebre, e con impetuosi venti ruinare li alti edilizi, e diradicare le selve, e con quelle percuotere li eserciti, e quelli rompendo e atterrando, e oltr’a questo le dannose tempeste privando li cultori del premio delle lor fatiche: — o qual modo di guerra può essere, che con tanto danno possa offendere il suo nemico di aver po[p. 191 modifica]destà di privarlo delle sue raccolte? qual battaglia marittima può essere, che si assomigli a quella di colui, che comanda alli venti, e fa le fortune rovinose e sommergitnci di qualunque armata? Certo quel che comanda a tali impetuose potenze sarà signore delli popoli, e nessuno umano ingegno potrà resistere alle sue dannose forze. Li occulti tesori e gemme riposti nel corpo della terra fieno a costui tutti manifesti. Questo si farà portare per l’aria dall’oriente all’occidente e per tutti li oppositi aspetti dell’universo....

Ma perchè mi voglio più oltre estendere? qual e quella cosa, che per tale artifizio far non si possa? — quasi nessuna, eccetto il levarsi la morte. — E s’ell’è vera, perchè non e restata infra li omini, che tanto la desiderano, non avendo riguardo a nessuna deità?

E so che infiniti ce n’è, che, per soddisfare a un suo appetito, rumerebbero Iddio con tutto l’universo.

E, s’ella non è rimasta infra li omini, essendo a lui tanto necessaria, essa non fa mai, nè mai è per dovere essere: per la deffinizion dello spirito, il quale è invisibile in corpo; e dentro alli elementi non sono cose [p. 192 modifica] incorporee, perchè dove non è corpo è vacuo, e ’l vacuo non si dà dentro alli elementi, perchè subito sarebbe dall elemento riempiuto.

VIII. — belli spiriti.

Abbiamo insin qui dirieto a questa faccia detto, come la diffinizion dello spinto e: — una potenza congiunta al corpo, perchè per sè medesimo reggere non si può, nè pigliare alcuna sorte di moto locale. — E se tu dirai che per sè si regga; questo essere non può, dentro alli elementi, perchè, se lo spinto e quantità incorporea, questa tal quantità e detta vacuo, e il vacuo non si dà in natura, e, dato che si desse, subito sarebbe riempiuto dalla ruina di quell’elemento, nel qual il vacuo si generasse.

Adunque, per la definizione del peso, che dice: — la gravità è una potenza accidentale, creata d’alcuno elemento tirato o sospinto nell’altro; - sèguita, che nessuno elemento non pesando nel medesimo elemento, e’ pesa nell’elemento superiore, ch’è piu lieve di lui, come si vede: la parte dell’acqua non ha gravità o levità più che l’altra acqua, ma se tu la tirerai’ nell’aria, allora ella acquisterà gravezza, la qual gravezza per [p. 193 modifica] sè sostener non si può; onde li è necessario la ruina, e così cade infra 1* acqua in quel loco, ch’è vacuo d’essa acqua. Tale accaderebbe nello spirito, stando infra li elementi, che al continuo genererebbe vacuo in quel tale elemento, dove lui si trovasse, per la qual cosa li sarebbe necessario la continua fuga inverso il celo, insinchè uscito fusse di tali elementi.

IX. — se lo spirito tiene corpo infra li elementi.

Abbiam provato, come lo spirito non può per se stare infra li elementi, sanza corpo, nè per se si può movere, per moto volontario, se non è allo in su. Ma al presente diremo, come, pigliando corpo d’aria tale spirito, è necessario che s’infonda infra essa aria, perchè s’elli stesse unito, e’ sarebbe separato, e caderebbe alla generazion del vacuo, come di sopra è detto. Adunque è necessario che, a volere restare infra l’aria, che esso s’infonda in una quantità d’aria, e, se si mista2 coll’aria, elli seguita due inconvenienti, cioè, che elli levifica3 quella quantità dell’aria, dove esso si mista, per [p. 194 modifica] la qual cosa l’aria 1 evificaia per se vola in alto, e non resta infra l’aria più grossa di lei; e oltre a questo tal virtù spirituale sparsa si disunisce, e altera sua natura, per la qual cosa esso manca della prima virtù.

Aggiugnesi un terzo inconveniente, e questo è, che tal corpo d’aria, preso dallo spirito, è sottoposto alla penetrazion dei venti, li quali al continuo disuniscono e stracciano le parti unite dell’aria, quelle rivolgendo e raggirando intra l’altra aria.

Adunque lo spirito in tale aria infuso, sarebbe smembrato, o vero sbranato e rotto, insieme collo sbranamento dell’aria, nella qual s’infuse.

X. — se lo spirito, avendo preso corpo d’aria, si può per se muovere o no.

Impossibile è che lo spirito, infuso a una quantità d’aria, possa movere essa aria; e questo si manifesta per la passata, dove dice: — lo spirito levifìca quella quantità dell’aria, nella quale esso s’infonde. — Adunque tale aria si leverà in alto sopra l’altra aria, e sarà moto fatto dell’aria per la sua levità e non per moto volontario dello spirito e, se tale aria si scontra nel vento, per [p. 195 modifica] la 3a di questo, essa aria sarà mossa dal vento e non dallo spirito, in lei infuso.

XI. — se lo spirito può parlare o no.

Volendo mostrare, se lo spirito può parlare o no, è necessario in prima definire ciie cosa è voce, e come si genera: e diremo in questo modo: — la voce è movimento d’aria conficcata in corpo denso o ’l corpo denso confricato nell’aria (che è il medesimo), la qual confricazione di denso con raro condensa il raro, e fassi resistenza; e ancora il veloce raro nel tardo raro si condensano l’uno e V altro ne’ contatti, e fanno suono e grandissimo strepito. — È il suono, overo mormorio, fatto dal raro che si muove nel raro, con mediocre movimento, come la gran fiamma, generatrice di suoni infra l’aria; è il grandissimo strepito fatto di raro con raro, quando il veloce raro penetra in mobile raro, come la fiamma del foco uscita dalla bombarda e percossa infra l’aria, e ancora la fiamma uscita dal nuvolo, (che) percuote l’aria nella generazion delle saette.

Adunque diremo, che lo spirito non possa generar voce sanza movimento d’aria, e aria in lui non è, nè la può cacciare da se, se egli non l’ha; e se voi movere quella, nella [p. 196 modifica] quale lui è infuso, egli è necessario che lo spirito moltiplichi, e moltiplicar non può, se lui non ha quantità, per la che dice: — nessuno raro si move, se non ha loco stabile, donde lui pigli movimento, e massimamente avendosi a movere lo elemento nello elemento, il quale non si move da se, se non per vaporazione4 uniforme al centro della cosa vaporata, come accade nella spugna ristretta nella mano, che sta sotto l’acqua, dalla qual l’acqua fugge, per qualunque verso, con egual movimento per le fessure interposte infra le dita della man, che dentro a se la strignie. —

Se lo spirito ha voce articulata, e se lo spirito può essere audito.

E che cosa è audire e vedere: l’onda della voce va per l’aria, come le spezie delli obbietti vanno all’occhio.

XII. — sul medesimo soggetto.

O matematici fate lume a tale errore!

Lo spirito non ha voce, perche dov’e voce è corpo, e dove è corpo è occupazion di loco, il quale impedisce all’occhio il ve[p. 197 modifica]dere delle cose poste dopo tale loco: adunque tal corpo empie di se tutta la circostante aria, cioè con le sua spezie.5

XIII. — sul medesimo soggetto.

Non po’ essere voce, dove non è movimento o percussione d’aria, non po’ essere percussione d’essa aria, dove non è strumento, non po’ essere strumento incorporeo. Essendo così, uno spirito non po’ avere nè voce, nè forma, nè forza, e, se piglierà corpo, non potrà penetrare, nè entrare, dove li usci sono serrati. E se alcuno dicessi: — per aria congregata e ristretta insieme lo spirito piglia i corpi di varie forme, e per quello strumento parla e move con forza; — a questa parte dico, che, dove non è nervi e ossa, non po’ essere forza operata, in nessuno movimento, fatto da gl’imaginati spiriti.

XIV. — studi sulla fisonomia.

Della fallace Fisonomia e Chiromanzia non mi astenderò, perchè in lord non è verità, e questo si manifesta, perchè tali chimere non hanno fondamenti scientifici. Ver è che li segni de’ volti mostrano in [p. 198 modifica] parte la natura degli uomini, li lor vizi e complessioni,6 ma nel volto:

a) Li segni, che separano le guance da’ labbri della bocca, e le nari del naso, e casse degli occhi, sono evidenti, se sono uomini allegri e spesso ridenti; e quelli, che poco li segnano, sono uomini operatori della cogitaziono.

b) E quelli, ch’hanno le parti del viso di gran rilievo e profondità, sono uomini bestiali e iracondi, con poca ragione.

c) E quelli, ch’hanno le linee interposte infra le ciglia forte evidenti, sono iracondi.

d) E quelli, che hanno le linee trasversali della fronte forte lineate, sono uomini copiosi di lamentazioni occulte o palesi. — E così si po’ dire di molte parti. — Ma della mano? Tu troverai grandissimi eserciti essere morti ’n una medesima ora di coltello, che nessun segno della mano è simile l’uno all’altro; e così in un naufragio.

XV. — contro i ricercatori del moto perpetuo.

L’acqua, che pel fiume si move, o eli’ è chiamata, o eli’ è cacciata, o ella si move da [p. 199 modifica]se; s’ella è chiamata, o vo’ diro addimandata, quale è esso addimandatore? s’ella è cacciata, chi è quel che la caccia? s’ella si move da se, ella mostra d’avere discorso: il che nelli corpi di continua mutazione di forma è impossibile avere discorso, perchè in tali corpi non è giudizio.7

XVI. — segue.

L’acqua da se non ha fermezza, e da se non si move, s’ella non discende.

L’acqua per se non si ferma, s’elìa non è contenuta.

XVII. — sul medesimo soggetto.

O speculatori dello continuo moto quanti vani disegni, in simile cerca, avete creato! accompagnatevi colli cercatori dell’oro.

XVIII. — avvertimento.

Non si debbe desiderare io impossibile.

XIX. — contro le scienze occulte.

Voglio far miracoli! Abbi men che li altri omini piti quieti: e quelli, che vogliono[p. 200 modifica] arricchirsi in un dì, vivon del lungo tempo in gran povertà, come interviene e interverrà in eterno alli alchimisti, cercatori di creare oro e argento, e all’ingegnieri, che vogliono che l’acqua morta dia vita motiva a se medesima con continuo moto, e al sommo stolto negromante e incantatore.

XX. — contro i medici.

Omini son eletti per medici di malattie da loro non conosciute.

XXI. — ancora.

Ogni omo desidera far capitale per dare a’ medici, distruttori di vite.

Adunque devono esser ricchi.

XXII. — ancora.

E ingegnati di conservare la sanità, la qual cosa tanto più ti riuscirà, quanto più da’ fisici8 ti guarderai, perchè le sue composizioni son di specie d’Alchimia, della quale non è men numero di libri, ch’esista di Medicina. [p. 201 modifica]

XXIII. — funzione del dolore nella vita animale.

La natura ha posto, nel moto dell’omo, tutte quelle parti dinanzi, le quali percuotendo, l’omo abbia a sentire doglia; e questo si sente ne’ fusi delle gambe e nella fronte e naso: ed è fatto a conservazione dell’omo, inperó che, se tale dolore non fussi preparato in essi membri, certo le molte percussioni, in tali membra ricevute, sarebbero causa della lor destruzione.


XXIV. — perchè le piante non hanno il dolore.

Se la natura ha ordinato la doglia, nell’anime vegetative col moto,9 per conservazione delli strumenti, i quali pel moto si potrebbono diminuire e guastare; l’anime vegetative sanza moto10 non hanno a percotere ne’ centra se posti obietti, onde la doglia non e necessaria nelle piante, onde rompendole non sentono dolore, come quelle delli animali. [p. 202 modifica]

XXV. — funzione delle passioni a conseryazion della vita.

Lussuria è causa della generazione.

Gola è mantenimento della vita.

Paura over timore è prolungamento di vita.

Dolore è salvamento dello strumento.

XXVI. — animosità e paura.

Si come l’animosità è pericolo di vita, così la paura è sicurtà di quella.

XXVII. — il corpo è specchio dell’anima.

Chi vole vedere come l’anima abita nel suo corpo, guardi come esso corpo usa la sua cotidiana abitazione; cioè, se quella è ‘ sanza ordine e confusa, disordinato e confuso fia il corpo tenuto dalla su’ anima.

XXVIII..— INDIPENDENZA DELL’ANIMA DALLA MATERIA CORPOREA.

L’anima mai si può corrompere nella corruzione del corpo, ma fa a similitudine del vento, ch’è causa del sono dell’organo, che, guastandosi una canna, non resultava per quella del vôto buono effetto. [p. 203 modifica]LA MORALE. 203 XXIX. — LA MEMORIA. Ogni danno lascia dispiacere nella ricor- dazione, salvo che ’l sommo danno, cioè la morte, che uccide essa ricordazione insieme colla vita. XXX. — LO SPIRITO È DOMINATORE. Il corpo nostro è sottoposto al cielo, e lo cielo è sottoposto allo spirito. XXXI. — RAGIONE E SENSO. I sensi sono terrestri, e la ragione sta. fuori di quelli, quando contempla. XXXII. — SENTIMENTO E MARTIRIO. Dov’ è più sentimento, lì è più, ne’ mar¬ tiri, gran martire. XXXIII. — LA VIRTÙ È IL VERO BENE DELL’ UOMO. Non si dimanda ricchezza quella che si può perdere, la virtù è vero nostro bene, ed è vero premio del suo possessore: lei non si può perdere, lei non ci abbandona, se prima la vita non ci lascia ; le robe e le esterne dovizie sempre le tieni con timore, [p. 204 modifica] -e ispesso lasciano con iscorno e sbeffato il loro possessore, perdendo la possessione. ♦ XXXIV. — LA BREVITÀ DEL TEMPO È UNA ILLUSIONE DELLA MENTE. A torto si lamentali li omini della fuga del tempo, incolpando quello di troppa ve¬ locità, non s’ accorgendo quello esser di ba¬ stevole transito ; ma bona memoria, di die la natura ci ha dotati, ci fa che ogni cosa lungamente passata ci pare esser presente. XXXV. — ILLUSIONI DELLA MENTE E DEL SENSO. Il giudizio nostro non giudica le cose, fatte in varie distanzie di tempo, nelle de¬ bite e proprie lor distanzie, perchè molte cose passate di molti anni parranno pro¬ pinque e vicine al presente, e molte cose vicine parranno antiche, insieme coll’ anti¬ chità della nostra gioventù; e così fa roc¬ chio infra le cose distanti, che, per essere alluminate dal sole, paiano vicine all’oc¬ chio, e molte cose vicine paiano distanti. XXXVI. — IDEANDO UN OROLOGIO A PIOMBO. Xon ci manca modi, nè vie di compar¬ tire e misurare questi nostri miseri giorni, [p. 205 modifica]LA MORALE. 205- i quali ci debba ancor piacere di non Spen¬ derli e trapassargli indarno e sanza alcuna, loda, e sanza lasciare di se alcuna memoria nelle menti de’ mortali. Acciò che questo nostro misero corso non trapassi indarno. XXXVII. — LA VITA VIRTUOSA. L’età, che vola, discorre * nascostamente,, e inganna altrui ; e niuna cosa è piu veloce che gli anni, e chi semina virtù fama rac¬ coglie. XXXVIII. — EPIGRAMMA. 0 dormiente, che cosa è sonno? Il sonno ha similitudine colla morte; o perchè non fai adunque tale opra, che, dopo la morte, tu abbi similitudine di perfetto vivo, che, vi¬ vendo, farti, col sonno, simile ai tristi morti? . XXXIX. — L’ ATTIMO È FUGGEVOLE. L’ acqua, che tocchi de’ fiumi, è l’ ultima, di quella che andò e la prima di quella che viene: così il tempo presente. XL. — NOBILTÀ DEL LAVORO. La vita bene spesa lunga è.

  • scorre.

HflPHRIHHil [p. 206 modifica] XLI. — LA VITA LABORIOSA. Si come una giornata bene spesa dà lieto dormire, cosi una vita bene usata dà lieto morire. XLII. — IL TEMPO DISTRUGGITORE.

O tempo, consumatore delle cose, e o

invidiosa antichità, tu distruggi tutte le cose ! e consumate tutte le cose dai duri denti della vecchiezza, a poco a poco, con lenta morte! Elena, quando si specchiava, vedendo le vizze grinze del suo viso, fatto per la vecchiezza, piagne e pensa seco, per¬ chè fu rapita due volte. 0 tempo consumatore delle cose, e o in¬ vidiosa antichità, per la quale tutte le (cose) sono consumate ! XLIII. — DI QUELLI CHE BIASIMANO CHI DI¬ SEGNA ALLE FESTE E CHI ’NVESTIGA L’OPERE DI DIO. Sono infra ’l numero delli stolti una certa setta detti ipocriti, eh’ al continuo studiano d’ ingannare se e altri, ma piu altri, che se: ma invero ingannano più loro stessi, che gli altri. E questi son quelli, che riprendono li pittori, li quali studiano li giorni delle fe[p. 207 modifica]ste, nelle cose appartenenti alla vera cogni¬ zione di tutte le figure, eh’ hanno le opere di ^Natura, e, con sollecitudine, s’ ingegnano d’ acquistare la cognizione di quelle, quanto a loro sia possibile. Ma tacciano tali reprensori,chè questo è ’l modo di conoscere l’ Operatore di tante mira¬ bili cose, e quest’ è ’l modo d’ amare un tanto Inventore! Che ’nvero il grande amore nasce dalla gran cognizione della cosa, che si ama: e se tu non la conoscerai, poco o nulla la potrai amare; e se tu l’ami per il bene, che t’aspetti da lei, e non per la somma sua vir¬ tù, tu fai come ’l cane, che mena la coda, e * fa festa, alzandosi verso colui, che li po’ dare un osso. Ma se conoscesse la virtù di tale omo, l’ amarebbe assai piu — se tal virtù fussi al suo proposito. XLIV. — PREGHIERA. Io t’ubbidisco, Signore, prima per l’amo¬ re, che ragionevolmente portare ti debbo, secondariamente, che tu sai abbreviare o prolungare la vita alli omini. XLY. — ORAZIONE. Tu, o Iddio, ci vendi tutti li beni per prezzo di fatica. [p. 208 modifica].... . 208 \ PENSIERI. XLVI. — CONTRO I CATTIVI RELIGIOSI. E molti fecen bottega, ingannando la stolta moltitudine, e, se nessun si scoprìa conoscitore de’ loro inganni, essi gli puniano. XLVII. — ANCORA. Farisei frati santi voi dire. XLVIII. — * TUTTO È STATO DETTO.112 Nulla può essere scritto per nuovo ri¬ cercare. XLIX. — COMPARAZIONE DELLA PAZIENZA. La pazienza fa contra alle ingiurie non altrimenti die si faccino i panni contra del freddo ; imperò che, se ti multiplicherai di panni secondo la multiplicazione del freddo, esso freddo nocere non ti potrà; simil¬ mente alle grandi ingiurie cresci la pa¬ zienza, esse ingiurie offendere non ti po¬ tranno la tua mente. L. — CONSIGLI AL PARLATORE. Sempre le parole, che non soddisfano all’ orecchio dello auditore, li danno tedio over rincrescimento: e ’l segno di ciò ve¬ drai, spesse volte tali auditori essere co[p. 209 modifica] piosi di sbadigli. Adunque tu, che parli di¬ nanzi a omini, di chi tu cerchi benivolenza, quando tu vedi tali prodigi di rincresci¬ mento, abbrevia il tuo parlare o tu muta ragionamento; e se altramente farai, allora, in loco della desiderata grazia, tu acquisterai odio e inimicizia. E se vuoi vedere di quel che un si di¬ letta, sanza udirlo parlare, parla a lui mu¬ tando diversi ragionamenti, e quel dove tu lo vedi stare intento, sanza sbadigliamenti o storcimenti di ciglia o altre varie azioni, sta certo che quella cosa, di che si parla, è quella, di che lui si diletta. LI. — CONSIGLIO, MISERIA E GIUDIZIO. Ecci una cosa, che, quanto piu se n’ha bisogno, più si rifiuta : e questo è il con¬ siglio, mal volontieri ascoltato, da chi ha più bisogno, cioè dagl’ ignoranti. Ecci una cosa, che, quanto più n’ hai paura e più la fuggi, più te l’ avvicini : e questo è la miseria, che quanto più la fuggi, più ti farai misero e sanza riposo. Quando l’ opera sia pari col giudizio,, quello è tristo segno, in quel giudizio ; & quando l’ opera supera il giudizio, questo è pessimo, com’accade a chi si maraviglia L. da Vinci. 14 [p. 210 modifica]—.. » M tm 210 1 PENSIERI. d’ avere si ben operato ; e quando il giudi¬ zio supera l’ opera, questo è perfetto segno ; e se gli è giovane, in tal disposizione, sanza dubbio questo fìa eccellente operatore, ma fi a componitore di poche opere. Ma fieno di qualità, che fermeranno gli uomini con admirazione, a contemplar le sue perfezioni. LII. — SENTENZE, PROVERBI E SIMBOLI. Nessuna cosa è da temere più che le, sozza fama. Questa sozza fama a nata da vizi. Comparazione. Un vaso rotto crudo, lot¬ to, si pub riformare, ma il cotto no. Il voto nasce, quando la speranza more. Non è sempre borio quel di’ è bello.... E in questo errore sono i belli parlatori, sanza alcuna sentenza. Chi vuole essere ricco in un di, è impic¬ cato in un anno. La memoria de1 beni fatti, appresso 1 in¬ gratitudine, e fragile. Reprendi l’ amico in segreto, e laudalo in palese. [p. 211 modifica]Chi teme i pericoli, non perisce per quegli. Tale è T mal, che non mi noce, quale èT ben, che non mi giova. Chi altri offende, sé non sicura. Non essere bugiardo del preterito. La stoltizia è scudo della menzogna, co¬ me la improntitudine della povertà. Dov’ è libertà, non è regola. Ecci una cosa quanto più se n'ha di bi¬ sogno manco si stima, è il consiglio. Mal fai so laudi e peggio se riprendi la cosa, quando ben tu non la intendi. Ti ghiacciano le parole in bocca, e fare¬ sti gelatina in Mongibello. Le minaccio solo sono arme dello immi¬ nacciato. Dimanda consiglio a chi ben si cor¬ regge. Giustizia voi potenza, intelligenza e vo¬ lontà, e si assomiglia al re delle ave. [p. 212 modifica] Chi non punisce il male, comanda che si facci. Chi piglia la biscia per la coda, quella poi lo morde. Chi cava la fossa, quella gli mina addosso. Chi non raffrena la voluttà, con le bestie s’ accompagni. Non si po’ avere maggior nè minore si¬ gnoria, che quella di se medesimo. Chi poco pensa, molto erra. Più facilmente si contesta al principio, che al fine. Nessuno consiglio è più leale, che quello che si dà dalle navi, che sono in pericolo. Aspetti danno quel, che si regge per gio¬ vane in consiglio. ì Tu cresci in reputazione, come il pane in mano a’ putti. Non po’ essere bellezza e utilità? come appare nelle fortezze e nelli omini. Chi non teme, spesso è pien di danni, spesso si pente. [p. 213 modifica]Se tu avessi il corpo secondo la virtù, tu non caperesti* in questo mondo. Dov’entra la ventura, la ’nvidia vi pone lo assedio, e la combatte ; e dond’ ella si parte, vi lascia il dolore e pentimento. Le bellezze con le bruttezze paiono più potenti l’ una per l’altra. Raro cade chi ben cammina. Oh miseria umana, di quante cose per danari ti fai servo ! Sommo danno è, quando 1* opinione avan¬ za l’ opera. Tanto è a dire ben d’ un tristo, quanto a dire male d’ un bono. La verità fa qui, che la bugia affligga lo lingue bugiarde. Chi non stima la vita, non la merita. Cosa bella mortai passa e non dura. Fatica fugge, colia fama in braccio, quasi occultata. L’oro in verghe, s* affluisce nel foce. non saresti contenuto, non vivresti. [p. 214 modifica]. t i ttémt 214 I PENSIERI. Spola: tanto mi moverò che la tela fia finita. Ogni torto si dirizza. Di lieve cosa nasciesi gran mina. Al cimento si conosce il fine oro. Tal fia il getto, qual fia la stampa. Giri scalza il muro, quello gii cade addosso* Chi taglia la pianta, quella si vendica coli a sua mina. V edera ò di lunga vita. Al traditore la morto è vita, perchè, se usa gii altri, non gli è creduto. Quando fortuna viene, prendiT a man sal¬ va, dinanzi dico, perchè dirieto è calva. Constanzia: non chi comincia, ma quel che persevera. Impedimento non mi piega. Ogni impedimento è distrutto dal rigore* Non si volta chi a stella è fìsso. LI1I. — LA VERITÀ. Il foco distrugge la bugia, cioè il sofistico,, o rendo la verità, scacciando le tenebre. [p. 215 modifica]LA MORALE. 215 Il foco è da essere messo per consuma¬ tore d’ogni sofistico e scopritore e dimostra¬ tore di verità, perchè lui è luce, scacciatore delle tenebre, occultatrici d’ ogni essenzia. Il foco distrugge ogni sofistico, cioè lo in¬ ganno, e sol mantiene la verità, cioè l’oro. La verità al fine non si cela: non vai simulazione. Simulazione è frustrata, avanti a tante giudice. La bugìa mette maschera. Nulla occulta sotto il sole. Il foco è messo per la verità, perchè distrugge ogni sofistico e bugìa, e la ma¬ schera per la falsità e bugìa, occultatrici del vero. L1V. — IL BEN FARE. Prima privato di moto che stanco di gio¬ vare, mancherà prima il moto che ’l giova¬ mento. Prima morte che stanchezza. Non mi sa¬ zio di servire. Non mi stanco nel giovare. Tutte le opere non son per istancarmi. E motto da carnovale. Sine lassitudine . Mani, nelle quali fioccan ducati e pietre preziose, queste mai si stancano di servire, ma tal servizio è sol per sua utilità e non è [p. 216 modifica]al nostro proposito. Natura cosi mi dispone, naturalmente. LV. — LA INGRATITUDINE. >

Sia fatto in mano alla ingratitudine. Il legno notrica il foco che lo consuma. Quando apparisce il sole che scaccia le tenebre in comune, tu spegni il lume, che te le scacciava in particolare, a tua neces¬ sità e commodità. LVL — LA INVIDIA. La ’nvidia effonde colla lìtta infamia cioè col detrarre, la qual cosa spaventa la virtù. Questa Invidia si figura colle fiche verso il cielo, perchè, se potesse, userebbe le sue forze contro a Dio. Fassi colla maschera in volto di bella dimostrazione. Fassi eh’ ella è ferita nella vista da palma e olivo, fassi ferito T orecchio di lauro e mirto, a signifi¬ care che vittoria o verità l’ offendono. Fas- sile uscire molte folgori a significare il suo mal dire. Fassi magra e secca, perchè è sem¬ pre in continuo struggimento, tassile il core roso da un serpente enfiante. Fassileun tur¬ casso, e le treccie lingue, perchè spesso con quella offende. Fassile una pelle dì lio- pardo. perchè quello per invidia ammazza [p. 217 modifica] il leone, con inganno. Fassile un vaso in mano pien di fiori, e sia quello pien di scorpioni e rospi © altri veneni. Fassile cavalcare la Morte, perchè la Invidia, non morendo, mai languisce : a signoreggiare ; fassile la briglia carica di diverse armi, perchè tutti strumenti della morte. Subito che nasce la virtù quella par¬ torisce contra sè la Invidia, e prima fia il corpo sanza l’ ombra, che la virtù sanza la Invidia. LVII. — LA FAMA. La Fama sola si leva al cielo, perchè le cose virtudiose sono amiche a Dio ; la In¬ famia sotto sopra figurare si debbe, perchè tutte sue operazioni son contrarie a Dio, e inverso l’ inferi si dirizzano. Alla Fama si de’ dipignere tutta la per¬ sona piena di lingue, in iscambio di penne, e ’n forma d’ uccello. LVIII. — PIACERE E DOLORE. Questo si è il Piacere insieme col Dispia¬ cere © figuransi binati,* perchè mai l’uno è spiccato dall’altro; fannosi colle schiene

voltate, perchè son contrari l’ uno all’ altro ; fannosi fondati sopra un medesimo corpo, perchè hanno un medesimo fondamento: im¬ perocché il fondamento del Piacere si è la fatica col Dispiacere, il fondamento del Di¬ spiacere si sono i vari e lascivi piaceri. E però qui si figura colla canna nella man destra, eh’ è vana e sanza forza, e le pun¬ ture fatte con quella son venenose. Met- tonsi (le canne) in Toscana al sostegno de’ letti, a significare che quivi si fanno i vani sogni, e quivi si consuma gran parte della vita, quivi si gitta di molto utile tempo, cioè quel della mattina, chè la mente è so¬ bria e riposata, e cosi il corpo atto a ripi¬ gliare nove fatiche; ancora lì si pigliano molti vani piaceri e colla mente, imaginando cose impossibili a sè, e col corpo, pigliando que’ piaceri, che spesso son cagione di man¬ camento di vita; sicché per questo si tiene la canna per tali fondamenti. LIX. — INFERIORITÀ FISIOLOGICA DELL’ UOMO. Ho trovato nella composizione del corpo umano, che, come in tutte le composizioni delli animali, esso è di più ottusi e grossi sentimenti : così è composto di strumento [p. 219 modifica]LA MORALE- manco ingegnoso e di lochi manco» capaci a ricevere la virtù de’ sensi. Ho veduto nella spezie leonina il senso dell’odorato avere parte della sustanzia del celabro, e discendere le narici, capace ric- cettaculo contro al senso dello odorato, il quale entra infra gran numero di saccoli. cartilaginosi, con assai vie, contro all’avve¬ nimento del predetto celabro. Li occhi delia spezie leonina hanno gran parte della lor testa per lor ricettacolo, e li nervi ottici, immediate congiugnersi col celabro ; il che. alli omini si vede in contrario, perchè le. casse delli occhi sono una piccola parte del. capo, e li nervi ottici sono sottili e lunghi, e deboli, e, per debole operazione, si vede* poco il dì e peggio la notte, e li predetti? animali vedono (più) in nella notte che ’l. giorno; e ’l segno se ne vede, perche pie- dano di notte e dormono il giorno, come: fanno ancora li uccelli notturni. LX. — SUA INFERIORITÀ ETICA.113 Come tu hai descritto il Re delli ani¬ mali —• ma io meglio direi dicendo Re delle, bestie, essendo tu la maggiore, — perchè non. li hai uccisi, accio che possino poi darti li. lor figlioli in benefizio della tua gola, colla. [p. 220 modifica]quale tu hai tentato farti sepoltura di tutti li animali ? E più oltre direi se ’l dire il vero mi ' fusse integramente lecito. Ma non usciamo delle cose umane, dicendo una somma scel¬ lerataggine, la qual non accade nelli ani¬ mali terrestri: imperocché in quelli non si trovano animali, che mangino della loro specie, se non per mancamento di celabro,* (in poche infra loro e de’ madri, come infra li omini, benché non sieno in tanto nu¬ mero), e questo non accade se non nelli ani¬ mali rapaci, come nella spezie leonina, e pardi, pantere, cervieri, gatti e simili, li quali alcuna volta si mangiano i figlioli.... Ma tu, oltre alli figlioli, ti mangi il pa¬ dre, madre, fratello e amici e non ti basta questi, che tu vai a caccia per le altrui isole, pigliando li altri omini e questi, mezzo nudi li testiculi, fai ingrassare e te li cacci giù per la gola. Or non produce la natura tanti semplici,’”* che tu ti possa saziare ? e, se non ti contenti de’ semplici, non puoi tu con le mistion di quelli fare infiniti compo¬ sti, come scrisse il Platina e li altri autori di gola ?

  • di cervello, di senno.
    • vegetali. [p. 221 modifica]kXI. — CLASSIFICAZIONE DI LEONARDO.

UOMO — la descrizione dell’ omo, nella qual si contengono quelli, che son quasi di simile spezie, come babbuino, scimmia e si¬ mili, che son molti. LXII. — L’ UOMO COME ANIMALE. Dello andare dell’omo. L’andare dell’omo è sempre a uso dell’ universale andare delli animali di quattro piedi, imperocché sicco¬ me essi movono i loro piedi in croce a uso del trotto del cavallo, così. l’ omo in croce si move le sue quattro membra, cioè se caccia innanzi il piè destro, per camminare, egli caccia innanzi con quello il braccio sinistro, e sempre cosi sèguita. LXIII. — DAGLI ANIMALI ALL’ UOMO VI È UN LENTO TRAPASSO. Fa uno particulare trattato nella descri¬ zione de’ movimenti delli animali di quattro piedi, infra li quali è Tomo, che ancora lui nella infanzia va con quattro piedi. LXIV. — L’ EVOLUZIONE DELLA MODA. Alli miei giorni mi ricordo aver visto, nella mia puerizia, li omini e piccoli 0 grandi [p. 222 modifica]I PENSIERI. avere tutti li stremi de’ vestimenti frappati in tutte le parti sì da capo, come da piè e da lato ; e ancora parve tanto bella inven¬ zione, a quell’ età, die frappavano ancora le dette frappe, e portavano li cappucci in si¬ mile modo e le scarpe e le creste frappate, che usciyano dalle principali cuciture dell! vestimenti, di vari colori. Di poi vidi le scarpe, berrette, scarselle, armi, — che si portano per offendere, — i collari de’ vestimenti, li stremi de’ giubboni da piedi, le code de’ vestimenti, e in effetto infino alle bocche, di chi volean parer belli, erano appuntate di lunghe e acute punte. Nell’altra età cominciorno a crescere le maniche e eran talmente grandi, che cia¬ scuna per se era maggiore della veste; poi cominciorno a alzare li vestimenti intorno al collo tanto, eh’ alla fine copersono tutto il capo; poi cominciorno a spogliarlo in mo¬ do, che i panni non potevano essere soste¬ nuti dalle spalle, perchè non vi si posavan sopra. Poi cominciorno a slungare sì li vesti¬ menti, che al continuo gli uomini avevano le braccia cariche di panni, per non li pe¬ stare co’ piedi ; poi vennero in tanta stre- inità, che vestivano solamente fino a’ fìan[p. 223 modifica]LA MORALE. 22S chi e alle gomita, e erano sì stretti, che da quelli pativano gran supplicio e molti ne crepavano di sotto ; e li piedi sì stretti, che le dita d’ essi si soprapponevano V uno al- l’altro, e caricavansi di calli. LXY. - UN DISCEPOLO DI LEONARDO : GIACOMO.114 A dì 23 d’ aprile 1490 cominciai questo libro, e ricominciai il cavallo. Jacomo venne a stare con meco il dì della Maddalena nel 1490, d’ età d’ anni 10. ladro, \ Il secondo dì li feci tagliare bugiardo, ( due camice, uno paro di calze e ostinato, ( un giubbone, e, quando mi posi i ghiotto. / dinari a lato per pagare dette cose, lui mi rubò detti dinari della scarsella, e mai fu possibile farlielo confessare, ben eh’ io n’ avessi vera certezza. — Lire 4. Il dì seguente andai a cena con Jacomo Andrea, e detto Jacomo cenò per due e fece male per quattro, imperocché ruppe tre am¬ polle, versò il vino e, dopo questo, venne a cena dove me. Item, a dì 7 di settembre rubò uno graf¬ fio di valuta di 12 soldi a Marco, che stava co’ meco, il quale era d’argento, e tolseglielo dal suo studiolo e, poi che detto Marco n’ebbi [p. 224 modifica] assai cerco, lo trovò nascosto in nella cassa di detto Jacomo — Lire 1 s. di L.* 2. Item, a dì 26 di gennaro seguente, essen¬ do io in casa di Messer Galeazzo da Sanse- verino a ’rdinare la festa della sua giostra, e spogliandosi certi staffieri, per provarsi alcune veste d’omini salvati chi,** eh’ a detta festa accadeano, Jacomo s’accostò alla scar¬ sella d’ uno di loro, la qual era in sul letto con altri panni, e tolse quelli dinari, che den¬ trovitrovò.—Lire2s.diL.4. Item, essendomi da maestro Agostino da Pavia, donato in detta casa una pelle tur- cliesca da fare uno paro di stivaletti, esso Jacomo, infra uno mese, me la rubò e ven- della a un acconciatore di scarpe per 20 soldi de’ qua’ dinari, secondo che lui propio mi confessò, ne comprò anici, confetti. Lire 2. Item, ancora a dì 2 d’ aprile, lasciando Gian Antonio uno graffio d’ argento sopra uno suo disegno, esso Jacomo glielo rubò, il quale era di valuta di soldi 24. Lire 1 s. diL.4. 11 primo anno un mantello: Lire 2; ca¬ mice 6: Lire 4; 3 giubboni: Lire 6; 4 para di calze : Lire 7 s. di L. 8 ; vestito foderato :

    • rustici, del contado.
  • soldi di Lira. [p. 225 modifica]

L.5;24paradiscarpe:L.6s.d.L.5;una berretta L. 1 ; in cinti, stringhe,... L. 1. LXVI. — LEONARDO ANALIZZATORE DELL’ UOMO. Tutti i mali, che sono e che furono, es¬ sendo messi in opera da costui, non saddi- sfarebbono al desiderio del suo iniquo animo^ I’ non potrei, con lunghezza di tempo, de¬ scrivervi la natura di costui. LXVII. — FRAMMENTO DI LETTERA A GIULIANO DE’ MEDICI.113 Tanto mi son rallegrato, Illustrissimo mio Signore, del desiderato acquisto di vo¬ stra sanità, che quasi il male mio da me s’ è fuggito. Ma assai mi rincresce il non avere io potuto satisfare alli desidèri di Vo¬ stra Eccellenza, mediante la malignità di cotesto ingannatore tedesco ; per il quale, non ho lasciato indirieto cosa alcuna, colla quale io abbia creduto fargli piacere. E se¬ condariamente invitarlo ad abitare e vivere con meco, per la qual cosa io vedrei al con¬ tinuo l’opera, che lui facesse e con facilità ricorreggerei li errori, e oltre di questo im¬ parerebbe la lingua italiana, mediante la quale lui con facilità potrebbe parlare sanza L. da Vìnci. 15 [p. 226 modifica]interprete; e li sua dinari li furon sempre dati innanzi al tempo. Di poi, la richiesta di costui fu di avere li modelli finiti di le¬ gname, coni’ ellino aveano a essere di ferro, e’ quali volea portare nel suo paese. La qual cosa io li negai dicendoli, di’ io li darei in disegno la larghezza, lunghezza e grossezza e figura di ciò, eh’ olii avesse a fare; e cosi restammo mal volontieri. La seconda cosa fu, che si fece un’ altra bottega, e morse e strumenti, dove dormiva e quivi lavorava per altri; dipoi andava a desinare co’ Svizzeri della guardia, dove sta gente sfaccendata, della qual cosa lui tutti li vinceva. E ’l più delle volte se n’ anda¬ vano due o tre di loro, colli scoppietti, am¬ mazzavano uccelli per le anticaglie, e que¬ sto durava insili o a sera. E, se io mandavo Lorenzo a sollecitarli lavoro, lui si crucciava e diceva, che non volea tanti maestri sopra capo, e che il la¬ vorar suo era per la guardaroba di Vostra Eccellenza. E passò due mesi, e cosi segui¬ tava, e indi trovando Gian Niccolò della guardaroba, cìomandailo se ’l Tedesco avea finito l’ opere del Magnifico, e lui mi disse non esser vero, ma che solamente li avea .dato a nettar dua scoppietti. Di poi, facen[p. 227 modifica]aolo io sollecitare, lui lasciò la bottega, e perde assai tempo nel fare un’altra morsa e lime e altri strumenti a vite, e quivi la¬ vorava mulinelli da torcere seta, li quali nascondeva, quando un de’ mia v’ entrava, e con mille bestemmie e rimbrotti : in modo che nessun de’ mia voleva più entrare. Al fine ho trovato, come questo maestro Giovanni delli Specchi e quello, che ha fatto il tutto per due cagioni : e la prima, perchè lui ha avuto a dire, che la venuta mia qui li ha tolto la conversazione di Vostra Si¬ gnoria.... L’altra e che la stanza di que¬ st’ omini.... disse convenirsi a lui per lavorare li specchi, e di questo n’ ha fatto dimostra¬ zione, che, oltre al farmi costui nimico, li ha fatto vendere ogni suo e lasciare a lui la sua bottega, nella quale lavora con molti lavoranti assai specchi per mandare alle fiere. LXVIII. — - I MISERI STUDIOSI CON CHE SPE¬ RANZA E’ POSSONO ASPETTARE PREMIO DI LOR VIRTÙ ? E in questo caso io so, che io ne acqui¬ sterò non pochi nemici, conciò sia che nes¬ sun crederà, eh’ io possa dire di lui; perchè pochi son quelli a chi i sua vizi dispiac- J [p. 228 modifica] ciano, anzi solamente a quegli uomini li dispiacciono, che son di natura contrari a tali vizi ; e molti odiano li padri, e guastan le amicizie de’ reprensori de1 sua vizi, e non vogliono esempli contrari a essi, nè nessuno uman consiglio. E, se alcuno se ne trova virtuoso e bono, non lo scacciate da voi, fategli onore, ac¬ ciò che non abbia a fuggirsi da voi e ri¬ dursi nelli eremi o spelonche o altri lochi soletari, per fuggirsi dalle vostre insidie; e, se alcun di questi tali si trova, fateli ono¬ re, perchè questi sono li vostri Iddìi terre¬ stri, questi meritan da voi le statue e li si¬ mulacri.... Ma ben vi ricordo, che li lor simulacri non sien da voi mangiati, come ancora in alcuna regione dell’India, chè quando li si¬ mulacri operano alcuno miraculo, secondo loro, li sacerdoti li tagliano in pezzi (es¬ sendo di legno) e ne danno a tutti quelli del paese - non sanza premio. -- E ciascun raspa sottilmente la sua parte, e mette so¬ pra la prima vivanda che mangiano, e cosi tengono per fede aversi mangiato il suo Santo, e credono che lui li guardi poi da tutti li pericoli. Che ti pare omo qui della tua specie? [p. 229 modifica]sei tu cosi savio come tu ti tieni? son que¬ ste cose da esser fatte da omini? LXIX. — DIALOGO FRA IL CERVELLO E LO SPIRITO, CHE IN ESSO ABITAVA. Il quale spirito ritrova il cerebro, donde partito s’ era; con alta voce, con tali parole mosse : — 0 felice, o avventurato spirito, donde partisti! io ho questo uomo, a male mio grado, ben conosciuto. Questo è riecetto di villania, questo è proprio ammunizione* di somma ingratitudine, in compagnia di tutti i vizi. Ma che vo io con parole indarno affati¬ candomi? La somma de’ peccati solo in lui trovati sono. E, se alcuno infra loro si tro¬ va, che alcuna bontà possegga, non altri¬ menti, come che me, dalli altri uomini trat¬ tati sono ; e in effetto io ho questa conclu¬ sione, eh’ è male s’elli sono nimici, e peggio s’ elli son amici. LXX. — FRAMMENTO DI LETTERA. Io ho uno, che, per aversi di me pro¬ messo cose assai men che debite, essendo

  • cumulo, somma. [p. 230 modifica]230 I PENSIERI. - LA MORALE.

rimasto ingannato del suo presuntuoso desiderio, ha tentato di tonni tutti li amici; e perchè li ha trovati savi e non leggeri al suo volere, mi ha minacciato, che trovate le annunziazioni,* che mi torrà i benefattori; onde io ho di questo informato Vostra Signoria, acciò che, volendo questi seminare li usati scandali, non trovi terreno atto a seminare i pensieri e li atti della sua mala natura. - Che, tentando lui lare di Vostra Signoria strumento della sua iniqua e malvagia natura, rimanga ingannato di suo desiderio.

  • accuse— v’AA/v— ’

Note

  1. la struttura dell’uomo.
  2. si mescola, si unisce.
  3. rende leggera.
  4. effusione.
  5. colle sue immagini.
  6. temperamenti.
  7. coscienza.
  8. medici
  9. gli animali.
  10. le piante.