Favole per i Re d'oggi/Introduzione

Introduzione

../Per il lettore malevolo IncludiIntestazione 25 novembre 2013 100% Letteratura

Per il lettore malevolo

[p. 5 modifica]«Un giorno la Verità, nuda così, com’è solita andare pe’ ’l mondo, si presentò al trono di un re. Appena si seppe chi era e quel che voleva dire, subito le piovvero addosso mille villanie, e il re, più inviperito di tutti, ordinò alle guardie che cacciassero incontanente quella spudorata dal suo palazzo.

Allora la Verità andò in cerca della Fantasia.

Come l’ebbe trovata, da lei si fece prestare una bella veste tessuta d’oro e stellata di gemme: e così vestita ritornò alla Corte di quel re, e mescolando sorrisi a parole, disse quello che voleva dire, e il re l’ascoltò, questa volta, serenamente. Anzi in poco tempo sgombrò la Corte d’una buona quantità di scrocconi e volle cercar da sè le piaghe del suo regno, e fu benedetto dal popolo e il nome suo andò glorioso per la Terra».

Così il favolista russo Ismailow, in una graziosa favoletta, spiega l’origine e le ragioni della Favola. Nè meglio si potrebbe.

Ma tu credi che questo possa ancora essere il compito della Favola?! — griderà spalancando gli occhi inorriditi chi mi legge. — E con questa fede hai scritto le tue favole?!... Fu pensi che i re de’ nostri [p. 6 modifica]giorni, quei pochi re che ci restano, siano ancora i re d’Egitto o i tiranni di Grecia o gli imperatori romani?!... Ma oggi i re non leggono più le favole se voglion sapere la Verità! Hanno rotto la ferrea cerchia dei cortigiani che li divideva dal loro popolo e si vantano di pensar liberamente e d’essere in tutto uguali a noi!!...»

Sentite: anch’io m’ero accorto che dai tempi di Ramsete erano passati dei secoli, e che da allora a oggi le cose erano un pochino cambiate; ma, nella mia enorme ignoranza della filosofia della storia, osservando attentamente i miei simili e i re, ero venuto nella strana convinzione che la moderna eguaglianza nascesse non dall’essere i re (come voi pensate) discesi fino a noi; bensì dall’essere noi saliti (per così dire) fino ai re: dall’esser cioè divenuti noi tanti piccoli re, stracarichi di boria e d’ogni altro regale peccato; perpetuamente illusi di nostra potenza, così nelle battaglie dell’anima come in quelle della vita; preoccupati sempre di ciò che muta, più che dell’eterno immutabile; serrati nella ferrea cerchia dei nostri pregiudizi, che sono i nostri fedeli cortigiani, e ciascuno ha la sua gran parola e la sua infallibile sentenza da sussurrarci misteriosamente all’orecchio o da declamarci pomposamente davanti nell’ora del dubbio. Ora, seguendo appunto questa mia fantasticheria da profano, pensai che, cresciuto in sì straordinaria guisa il numero dei re e delle corti, ci fosse più bisogno di favole, al mondo, oggi, che non ai tempi di Esopo.

E così, come a Dio piacque, mi misi a scriverne qualcuna: poi altre, poi altre ancora.

E ora che; bene o male, le ho scritte, vorreste forse che le buttassi via?