La cavalleria italiana e le sue riforme/Prologo

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LA


CAVALLERIA ITALIANA


E


LE SUE RIFORME





I cambiamenti arrecati al sistema di guerra dalle nuove armi di precisione e dagli altri trovati della scienza hanno addotto la necessità d’adattarvi la tattica delle varie armi e gli ordinamenti loro.

Molto si è scritto in questi ultimi tempi, ma le conclusioni numerose, varie e per lo più contraddittorie, non furono quasi mai giuste per la cavalleria, su cui una critica tutt’altro che benevola si sforza per così dire di mettere all’indice, particolarmente presso di noi, ove trovò sempre in alto il maggiore ostacolo al suo incremento.

Contro essa si citano a sproposito le nostre guerre del 1859 e 1866, e poichè in vero non l’ebbe quella parte luminosa che in altri tempi, condotta da generali illustri, le valsero altrove il glorioso appellativo d’arma della vittoria, si accusò d’insufficienza nelle guerre attuali.

Niuno contesta che plotoni e squadroni, adoperati come a guerra minuta, v’ebbero parte gloriosa di combattimento; ma [p. 6 modifica]il grosso della cavalleria — l’instrumento produttore dei grandi effetti morali1 — non gravitò mai del suo pondo nelle nostre battaglie per mancanza di mano maestra atta a maneggiarla2. — Il torto che avrebbe dovuto attribuirsi a chi n’ebbe il comando, fu attribuito all’arma; quindi, le opinioni erronee, imprudenti e leggiere che ne conseguirono.

Nondimeno, figurando la cavalleria nell’esercito come forza offensiva, niuno — anche i più mal predisposti contro essa — pose mai in dubbio la necessità di tenerla completa anche in tempo di pace, imperocchè, quantunque sia riconosciuta onerosa allo Stato per le spese d’impianto, di manutenzione e vitto giornaliero dei cavalli, e di poca utilità in tempo di pace, la sua formazione è difficile, e la lentezza delle due educazioni inseparabili degli uomini e dei cavalli non permette che possa di tratto improvvisarsi allo scoppiar di una guerra.

«La cavalleria — scrive il generale Trochu nel suo libro sul Riordinamento dell’esercito francese — è per eccellenza in guerra l’istrumento della velocità; l’istrumento produttore dei grandi effetti morali che paralizzano, disorganizzano, e in date circostanze producono effetti incalcolabili.

Le funzioni della cavalleria ingrandiranno nei combattimenti, ma a condizione che quest’arma abbandoni certe credenze e certe tradizioni; si trasformi, allorchè si trasformano intorno ad esse le abitudini del campo di battaglia.»

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Questa trasformazione che noi non potremmo oprare in momento più opportuno ora che si attende al riordinamento dell’intero esercito, consiste in rendere la cavalleria più mobile, più rapida, più leggiera, coll’alleggerire la bardatura, diminuire il numero e il peso delle robe che ingombrano l’affardellamento, riducendo alla più semplice espressione il grande e piccolo arredo dei cavalieri; semplificare le evoluzioni, diminuire i comandi; dar maggiore sviluppo ai segnali, e quel che più monta, cambiare radicalmente la sua tattica costituzione.

Ma in tutte queste modificazioni e trasformazioni bisogna che noi teniamo stretto conto dei materiali che abbiamo per meglio coordinarli allo scopo, e vi consideriamo essenzialmente non solo ciò che favorisce la tattica, ma in particolar modo l’economia; pel principio ognor più prevalente nella pubblica opinione, di ristringere il passivo d’un bilancio, che assorbe, la maggior parte della sostanza nazionale.

Bisogna adunque trovar modo di proporzionare la cavalleria alle altre armi e combinarla colla natura e coi mezzi del nostro paese, dandogli un ordinamento che aumentandone l’effettivo combattente non aggiunga nuovo aggravio alle oberate finanze; e ciò m’è avviso non possa altrimenti ottenersi che col cambiarne prima di tutto radicalmente la sua tattica costituzione; — unico mezzo di farla salire a livello dei progressi della fanteria e dell’artiglieria.

Note

  1. General Trochu L’armée française dans le 1867.
  2. Nella storia della guerra di Spagna così traccia il generale Fox il ritratto d’un generale di cavalleria.
         «Aprés les qualités necessaires au commandant en chef, le talent de la guerre le plus sublime est celui du genéral de cavalérie — Eussiez vous un coup d’oeil plus rapide et un eclat de determination plus soudain que le corsier emporté au galop, il n’est rien si vous n’y joignéz le vigueur de la jeunesse, de bons yeux, une voix retentissante, l’adresse d’une athlete et l’agilité d’une centaure; avant tout il faudra que le ciel vous ait départi avec prodigalité cette faculté précieuse qu’aucune ne remplace, dont il est plus avare qu’on ne le creoit communément: la bravoure».
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