Della scoperta del nuovo pianeta Cerere Ferdinandea/Testo
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§. I.
Le scoperte eccitando generalmente la curiosità, l’emulazione, lo zelo, danno un nuovo vigoroso impulso allo spirito, per cui sono esse ben tosto ponderate, discusse, sviluppate, e stabilite. Tanto avvenne nella casuale felicissima combinazione di due lenti all’estremità di un tubo; nelle maravigliose conseguenze, che ne furono i primi risultati; e tanto si è veduto nel 1781, allora quando giunse Guglielmo Herschel a mostrare agli Astronomi un nuovo Astro in cielo. Non altrimenti è ora recentemente accaduto per una scoperta da me fatta a quella del Sig. Herschel simile pienamente. All’annunzio del nuovo Ospite celeste, stromenti, calcoli, vigilie, tutto si è posto in opera per accertarne la sua esistenza, per riconoscerlo, determinarlo. E poichè vi si è giunto presto e felicemente; le circostanze, che riguardano questo fatto sì singolare, se debbono per una parte molto interessar gli Astronomi, non possono per l’altra non essere care alla Sicilia, a cui esso appartiene. A ragione quindi mi lusingo, che grato sia per esserle sommamente un breve ragguaglio delle medesime, tanto più, che a cagione della sua località, e del costume, reso ora mai comune, che ciascuno scriva nella propria lingua; tardi solo, e difficilmente potrebbe altronde saperle. Esporrò dunque colla maggiore semplicità, e verità ciò, che intorno a questo soggetto, fuori e quì, per quanto da me si sappia, si è pensato, tentato, e fatto prima, e poi.
§. II.
Il primo a cui dir si possa, che in confuso almeno si presentasse la felice idea di un altro Pianeta posto tra Marte e Giove, egli si fu Keplero, il padre della moderna Astronomia. Vicino com’era all’epoca del rinascimento delle lettere, si lasciò travolgere dalla ammirazione generale per la Filosofia degli antichi, che i nomi di Pitagora e Platone rendevano imponente, e maestosa. Prestò credenza alle misteriose proprietà dei numeri; pensò, che nei moltiplici loro rapporti si contenesse il germe di tutte le umane cognizioni. In essi cercò quindi l’ordine, e la struttura dei Cieli. Ma Genio grande, e ben più degno di Platone del titolo di divino, in mezzo alle più assurde stravaganze di una sognata armonia celeste, nell’accozzamento delle più inutili combinazioni, ben egli ravisò un voto, una mancanza tra Marte, e Giove, che non seppe altrimenti esprimere, che per dissonanza, disarmonia nelle distanze loro dal Sole. La quale egli punto non sentiva negli altri Pianeti: anzi combinati essi nel diretto, o inverso ordine loro, due a due, formavano grato concento.
§. III.
Tali, comunque stranissime, ma pur sublimi fantasie del Keplero eccitarono gli Astronomi a tentare, se mai rinvenir si potesse qualche legge, che regolasse le distanze in generale de' Pianeti dal Sole, per cui da quei, che si conoscono si potesse argomentare degli altri, che non ci sono noti ancora. Trovarono essi pertanto, che supposto un altro Pianeta fra Marte e Giove la distanza di ciascuno dal Sole, sarebbe uguale alla somma della distanza del primo, e della differenza delle distanze tra il primo e secondo moltiplicata pel numero 2, alzato alla potenza indicata dal numero dei Pianeti, cominciando a contare dal primo, meno due1. Secondo questa legge, calcolate le distanze dei Pianeti, che si conoscono, e paragonate colle osservate, non vi si trovano differenze molto sensibili. Per quanto però picciole esse si siano unite al salto, che far si dee da Marte a Giove, non permisero, che si riguardasse sì fatta legge, che come una plausibile ingegnosa congettura. Noi non conosciamo l’ordine intero, e numero di tutti li Pianeti, nè è lecito da sette anelli della Catena argomentare sulla disposizione, e numero degli altri, onde può essere composta, come saggiamente riflette il Dottor Seiffer2. Nell’Astronomia, considerata come scienza non si dee contare, che sui fatti. A questi conviene attenersi, nè mettere ad un fasullo le conclusioni analogiche colle dimostrazioni, ed osservazioni. Sono parole del Dott. Wurm riferite dal sovralodato Dottor Seiffer. Come però nel 1781 fu scoperto il nuovo Pianeta Herschel, e si trovò la sua distanza dal Sole assai conforme a questa legge, acquistò essa una maggiore probabilità, e peso. Prevalse quindi l’opinione della reale esistenza di un Pianeta intermedio tra Marte e Giove; opinione sino dal 1772 promossa, e sostenuta dal Sig. Bode Astronomo dell’Accademia delle Scienze in Berlino3.
§. IV.
Avvenne intanto di questa congettura, ciò che delle altre tutte suole accadere, che col tempo si confermano, e prendono peso maggiore, o cadono interamente nella dimenticanza; secondo che sono, o pure ingegnose immaginazioni, o hanno un reale fondamento nelle teorie, o nelle osservazioni. Il Sig. Barone de Zach Astronomo di Sua Altezza Serenissima il Duca Regnante di Saxe-Gota e Altenbourg richiamò al più serio esame tal punto, e pieno siccome egli è di singolari talenti, e profonde cognizioni, vide tale e tanta probabilità nella reale esistenza di un Pianeta tra Marte e Giove, che osò per analogia calcolarne, e fissarne gli elementi probabili (si può vedere nelle Effemeridi di Berlino del 1799, nelle quali si riporta una lettera del Dottor Zach al Sig. Bode, con cui le dà tale notizia). Questi elementi, parto direi quasi di una felice divinazione, chiusi, e sigillati furono da lui, già sono 16 anni depositati presso il Conte di Bruhl a Londra, e presso il Sig. Bode a Berlino. Fermo intanto nella sua opinione, nè veggendo, malgrado tanta perfezione recata ne’ Telescopj, tanta moltiplicità di Osservatori, esperti, diligenti; instancabili, apparire alcuna speranza, che fosse in fine per iscoprirsi il prenunziato Pianeta; dubitò grandemente, che fosse esso picciolo per tal maniera, che senza il più diligente accuratissimo esame del Zodiaco non fosse mai per riconoscersi. Propose quindi, sono due anni circa, di formare una società di Astronomi destinati a ricercarlo. Venne accolta con applauso questa sua idea, e si stabilì infatti la proposta società, Presidente della quale fu eletto il celebre Sig. Sthroeter di Liliental, Segretario perpetuo lo stesso Sig. Barone de Zach. I Socj al numero di 24 furono presi tra li primi Astronomi di Europa, ed a ciascuno fu assegnato mezzo segno del Zodiaco di 6° di latitudine Boreale, ed Australe. Il dovere di ciascuno si è di stendere una carta del dipartimento a lui toccato in sorte, fare il catalogo di tutte le Stelle in esso contenute, spesso esaminarlo, notarne i cambiamenti, che mai accadesse di osservarvi, e darne parte al Sig. de Zach.
§. V.
Mentre tanto zelo animava l’Europa, e la Germania in particolare, disgiunto io dal continente, non avvalorato, che da poche, e rare corrispondenze letterarie per le calamitose circostanze dei tempi; ignaro affatto della stabilita società, e dell’onore, che fatto mi si era di pormi sulla lista dei 24 Astronomi cooperatori; guidato solo dal metodo da me abbracciato di osservare, senza volerlo, senza pensarlo colsi felicemente il tanto desiderato Pianeta. Allora che nel 1792 intrapresi l’esame delle Stelle, che trovansi raccolte nel catalogo del Sig. Wollaston, mi proposi insieme di osservare le altre, di qualunque grandezza esse si fossero, che a caso mi si presentassero nel campo del Telescopio, e quando dalle angustie del tempo altro non mi si permettesse, notarle almeno. Questo metodo da me costantemente tenuto sino al giorno presente fece, che m’imbattessi per ben due volte nel Pianeta Herschel, e la seconda da me non si riconobbe, che alle replicate osservazioni. A questo metodo per tanto, ed al favor della sorte debitore io sono della Stella, che apparsami il dì primo del secolo xix fu in seguito riconosciuta per un Pianeta. Le particolari circostanze, che accompagnarono questa scoperta sono già state da me riferite nella mia prima memoria pubblicata su questo argomento.
§. VI.
Assicurato, che la nuova Stella era Pianeta, o Cometa, e più probabilmente un Pianeta, ne scrissi a quei pochi Astronomi, co’ quali era in corrispondenza, e tra gli altri al Sig. Bode, il quale tosto ne diede avviso al Barone de Zach. “Nel punto (egli mi scrisse in data de’ 30 Novembre 1801), che mi giunse la lettera di Bode, il primo, che mi manifestò i suoi pensieri, che l’Astro da voi scoperto fosse per avventura un Pianeta, a caso ritrovavasi da me il Sig. Pasquich celebre Professore di Matematica in Pest, a cui sul momento mostrai li miei elementi congetturali, e fattane l’applicazione alle tre vostre osservazioni in sua presenza, ebbi il piacere di vedere che essi vi quadravano assai bene.” La di lui soddisfazione in quel momento non fu inferiore a quella da me provata, allora che dopo di avere dubitato, che le prime osservazioni fossero erronee, riconobbi, che esse appartenevano ad un Astro errante, e non ad una fissa. E per tal maniera egli se ne compiacque, che già da quattro anni pubblicando un dotto prezioso giornale astronomico, non mancò di tosto inserirvi la nuova scoperta, che in seguito ha sostenuta, e promossa con quello zelo istesso, come se propria fosse. A lui pertanto debitore io sono della maggior parte delle notizie, che pervenute mi sono; le quali attesa la sua vasta corrispondenza, è stato in grado di raccogliere da tutte le parti, ed ha in seguito rese pubbliche col suo Giornale; da cui io trarrò buona parte di quanto verrò appresso accendando.
§. VII.
Fatta pubblica la scoperta; e comunicate agli Astronomi tutte le mie osservazioni dal 1 Gennajo agli 11 Febbrajo 1801 (oltre il qual tempo, così per mancanza di stromenti atti ad osservare con precisione fuori del meridiano, come per grave malattia, da cui venni assalito, non mi fu permesso di più seguire l’Astro novello) si cominciò maturamente a discuterle, onde stabilire se appartenevano esse ad una Cometa, o ad un Pianeta. Durante il loro corso non erasi mai rimarcata da me alcuna di quelle circostanze, che sogliono accompagnare le Comete; se non se una sensibilissima diminuzione di luce dalla metà di Gennajo in poi; diminuzione, che non potevasi ben dire se dovesse attribuirsi al suo allontanamento dalla terra, o ad una densa nebbia, da cui fu ingombro il Cielo per buona parte di Gennajo, e tutto Febbrajo. Il solo calcolo delle osservazioni poteva quindi spargere qualche lume, e porre la cosa in migliore aspetto. Ma l’arco osservato non essendo maggiore di dieci gradi circa, egli sembrava ben difficile, che si potesse con sicurezza stabilire cosa alcuna. In ogni modo non restando altra via, questa si tentò. Quindi dai Dottor Burkardt in Parigi, dal Dottor Olbers in Brema, e quì da me s’intraprese un simile travaglio. Si convenne da tutti e tre, che le osservazioni non si potevano affatto rappresentare da un arco parabolico, quale sogliono generalmente descrivere le Comete. Per lo che in una ellissi furono calcolate dal Dottor Burkardt; dal Dottor Olbers, e da me in un cerchio, persuasi l’uno e l’altro, che fosse pressochè inutile un calcolo rigoroso ellittico, attesa la picciolezza dell’arco osservato. Gli elementi ellittici di Burkardt non rappresentavano in una maniera soddisfacente, che poche osservazioni; i circolari del Dottor Olbers ne differivano di due in tre minuti, i miei vi si avvicinavano assai più, in poche solamente arrivando la differenza ad un minuto. Da tutto ciò altri volevano dedurne, che le osservazioni fossero poco esatte, e quindi che niente per esse si potesse stabilire pensavano altri, che sì fatta discordanza provasse più tosto, che l’Astro era veramente una Cometa.
§. VIII.
Valevansi i secondi, a confermare la loro opinione, dell’esempio principalmente della famosa Cometa del 1770; e della specie di paradosso, che presenta l’inclinazione dell’orbita, la quale essendo di undici gradi circa, violati ne sono i confini del Zodiaco, riguardato sempre come la regione propria dei Pianeti.
Non può negarsi, che la Cometa del 1770, la quale si muoveva in un’ellissi, ed il di cui periodo non era, che di cinque anni circa, non sia un’eccezione alla natura in generale delle Comete di muoversi in orbite paraboliche. Come però fece riflettere il Barone de Zach ad uno dei primi luminari dell’Astronomia, è si piccola una tale eccezione, che appena può valutarsi come 1 a 97. Riguardo poi all’inclinazione dell’orbita, che in questo nuovo Pianeta trovasi maggiore, che non sia in alcuno degli altri, non si vede affatto come ciò possa influire sul giudizio da formarsi della sua natura. Essa altro non prova se non se che all’antico Zodiaco conviene sostituirne un altro maggiore, il quale per nuove scoperte potrà avere nuovi confini ancora. Infatti dalla teoria dell’attrazione non si ha argomento alcuno, onde provare, che i Pianeti debbano esser ristretti entro una data zona, senza poterne uscire. Per altro, siccome riflette il Dottor Gauss, di cui ben tosto ci converrà parlare, svanisce ogni paradosso, e salva pienamente rimane l’analogia delle inclinazioni planetarie, quante volte le orbite loro si riportino all’Equatore Solare, che è il vero piano a cui debbonsi riferire, siccome ha fatta il Sig. De la Place per le orbite de’ satelliti di Urano. Saranno allora le orbite della terra e del nuovo Pianeta i limiti del nostro sistema Solare.
§. IX.
Agevolmente si sarebbe decisa sì fatta questione, se da noi si conoscesse qualche carattere proprio, per cui i Pianeti si distinguessero dalle Comete. Ma ciò è appunto quello, che ci manca. Le nostre cognizioni sulle Comete sono ancora assai imperfette; è questa una parte dell’Astronomia moderna appena abbozzata. La stessa Cometa, con un maggiore o minor numero di osservazioni, si potrà benissimo ridurre a diverse parabole, anzi a diverse ellissi, siccome ne abbiamo qualche esempio. Di una sola noi sappiamo sicuramente l’identità dell’orbita; delle altre, che non son meno di novantasette, niente possiamo dire di preciso. Hanno generalmente una grandissima eccentricità; l’inclinazione varia in tutte senza legge alcuna. Lo che fece pensare al Sig. De la Place, che questi corpi siano stati forse a caso lanciati nell’immensità dello spazio. Non è lontano dal vero, che la maggior parte di essi, dopo di essere appariti una volta, non tornino mai più a farsi vedere nel nostro sistema Solare, ma vadino vagando per gli altri infiniti, dei quali è per ogni parte seminato l’Universo. Certo egli è, che alcune Comete non si son potute assoggettare al calcolo, se non col supporre una doppia iperbola.
§. X.
Nell’incertezza pertanto, di un segno sicuro, onde riconoscere, e definire la natura del nuovo Astro, qualunque si fosse il peso, e l’autorità dei nomi illustri dei Signori La Place, Maskeline, De Zach, Bode, Oriani, i quali generalmente persuasi erano che fosse un vero Pianeta, se non si tornava a vedere, sarebbe sempre rimasta la lite indecisa. A ricercarlo pertanto si volsero generalmente tutti gli Osservatori, ed è difficile a dirsi quanti travagli, quante pene abbiano essi incontrato per venirne a termine. L’opinione vantaggiosa, di cui a ragione gode il Dottor Burkardt, fece da tutti adottare i suoi elementi ellittici; e secondo i medesimi furono dirette le prime ricerche. Ma noi eravamo già al mese di Dicembre, senza che niente si fosse scoperto ancora. Con questi elementi erasi inutilmente cercato in Ottobre e in Novembre dai Signori Zach, Bode, Maskeline, Messier, ed altri. Già temevasi, che non si sarebbe più veduto; già posto si era nel numerò delle Comete; ne mancò chi trattasse di chimeriche le mie osservazioni istesse: e senza un Giovine Geometra, pieno di talenti, e pieno di modestia, che ravvivò le quasi perdute speranze, forse da più di un Astronomo ne sarebbe stata per sempre abbandonata ogni maggiore ricerca. Questi si è il Dottor Gauss di Brunswich, il quale con sorprendente sagacità combinate avendo le mie osservazioni, dopo penosi complicatissimi calcoli, seppe in fine ricavarne un’ellissi, che mirabilmente rappresentandole, ispira la maggiore fiducia, e dà un nuovo altissimo grado di probabilità all’opinione, che la nuova Stella sia un vero Pianeta, la di cui orbita, secondo le leggi di Keplero giace tra Marte e Giove.
§. XI.
Tanto maggiormente dovevasi pregiare questa ellissi, quanto che essendo noi allora nella Ragione più contraria alle osservazioni celesti, era ben difficile; che si potesse ottenere una serie continuata di belle e chiare notti, quale si richiedeva per esaminare un non picciolo tratto di cielo, e su di ciascuna Stella in esso contenuta fare replicate osservazioni: travaglio per altro indispensabile così cogli elementi circolari, come cogli ellittici di Burkardt non pienamente sicuri. A picciolo spazio all’incontro estendere dovevasi la ricerca cogli elementi gausiani, li di cui risultati differivano per ben nove gradi in longitudine dagli altri. Quindi è, che il Barone di Zach, a cui da prima furono comunicati, si fece un dovere di parteciparli tosto, e raccomandarli a tutti gli Astronomi per mezzo della sua corrispondenza mensuale del mese di Dicembre 1801. Per quanto però essi stessi si raccomandassero, l’arco di soli nove gradi, da cui dipendevano, rispetto a 360, ai quali doveansi estendere, fece molto dubitare della loro sicurezza al più grande degli Astronomi. Furono per un momento considerati come un puro sforzo di calcolo, e mai come un naturale, e legittimo risultato delle osservazioni, Sentì egli stesso la difficoltà il Dottor Gauss; la prevenne, la sciolse, ed il fatto pienamente giustificò li suoi elementi, e li suoi raziocinj. Il Pianeta è stato nuovamente ritrovato, lo è stato generalmente in tutti gli osservatorj di Europa, e gli Astronomi per unanime confessione loro non sono giunti a rivederlo, che col soccorso degli elementi del Dottor Gauss.
§. XII.
Il primo a valersi di questi elementi è stato il Barone de Zach nel suo Osservatorio di Seeberg vicino a Gotha, ed il primo similmente a cui è toccato in sorte di rivedere il nuovo Pianeta. Li 7 Dicembre 1801 osservò egli diverse picciole stelluccie, tra le quali alcune, che non si trovano in alcun catalogo, e ne pure tra le 50 mila del Sig. De La Lande. Erano esse nella regione, a cui dovea corrispondere il Pianeta, e precisamente nel suo parallelo di latitudine, il quale è lo stesso secondo tutte le diverse ipotesi. Il tempo fu sì lungamente turbato, che non gli fu possibile tentarne la verificazione prima de’ 17. In questo giorno dunque, sebbene il Cielo non fosse pienamente sereno, delle dette Stelle, allo stromento de’ passaggi, una ne vide senza le altre, lo che gli diede non leggiero sospetto, che fosse quella appunto di cui andava in traccia. Dai 17 ai 31 Dicembre rimase sempre nel solo sospetto, che in questo giorno divenne certezza. Poichè essendo sovragiunto un forte freddo, si rasserenò il Cielo, ed egli ebbe il piacere di rassicurarsi, che la Stella veduta per la prima volta li 7 Dicembre, era realmente il Pianeta, il di cui movimento, e posizione accordavasi assai bene con l’ellissi gausiana, che tolto aveva per guida nelle sue ricerche. Come però l’osservazione de’ 31 Dicembre non gli era riuscita molto felicemente, non fu in grado di dedurne con sicurezza l’Ascensione-Retta, che in seguito osservò colla maggiore precisione il giorno 11 Gennajo, prima del quale il tempo non gli aveva permesso di tentare osservazione alcuna.
§. XIII.
Nell’osservazione dei 7 Dicembre il Barone de Zach giudicò di decima grandezza la stelluccia, che in seguito riconobbe per il Pianeta. Non dee quindi recare tanta meraviglia, che inutilmente sia stato cercato dagli Astronomi in Ottobre e Novembre, tempi nei quali dovea apparire più picciolo ancora. E rimasi molto sorpreso quando da Parigi mi fu scritto, che in Giugno si cercava dal Sig. Messier. Di soverchio impazienti mostrati si sono gli Astronomi di assicurarsi della nuova scoperta: e questa impazienza loro poco mancò, che non li portasse alla disperazione con grave danno della causa, che essi sostenevano. Certamente senza gli elementi gausiani attesa la malvagità della stagione, che non permetteva di esaminare una zona di otto in dieci gradi per più notti seguite, si sarebbe durata molta fatica a verificarla; ma pure, sebbene più tardi, si sarebbe verificata. Riflettendo alla picciolezza del Pianeta, ed alla incertezza degli elementi circolari, che si erano da me calcolati, dei quali poco migliori pareami, che da altri si potessero ritrovare (nel che errai grandemente) dissi nella prima mia Memoria, che il risedere la nuova Stella non sarebbe stato tanto facile, ma che pure assai mi lusingava, che oltre i primi di Marzo sottratta non si sarebbe alle ricerche degli Astronomi.
§. XIV.
Il dì primo Gennaio 1802, giorno anniversario della sua scoperta, il Dottor Olbers in Bremen ebbe similmente il piacere di ritrovarlo. Avendo un eccellente ricercatore di Comete, con esso egli ne andava in traccia tra β Leone, e ρ Vergine, riponendo in una carta a ciò prima disposta tutte le Stelle, che gli si offerivano nel campo del Telescopio. Vide pertanto li due Gennajo con lieta sorpresa, che una di esse poco distante dalla vigesima della Vergine aveva mutato di luogo, Formava essa nella sera precedente un triangolo con due altre, delle quali una n° 191 del catalogo di Bode, e l’altra della Storia Celeste di La Lande; nella notte però dei due si era molta avvicinata alle due descritte Stelle, facendo con esse un triangolo molto ottuso. Per mezzo di un micrometro circolare la paragonò colla 191ª di Bode, e ne determinò la sua Ascensione retta, e declinazione. Li 3. 4. 5 Gennajo il tempo fu nuvoloso, li 6 di mattino si rasserenò, e vide il Dottor Olbers alle ore cinque e minuti trenta, che il Pianeta si era allontanato dall’ultima posizione osservata corrispondentemente a quanto richiedeva la teoria.
§. XV.
Dopo i Signori Zach e Olbers, i primi a riconoscerlo sono stati il Signor Harding in Liliental, e il Signor Bode in Berlino. Harding l’osservò, ed esaminò la notte degli 11 Gennajo con un Telescopio di sette piedi, siccome più sotto converrà farne parola. Bode, come egli mi scrive in data dei 26 Gennajo, la notte dei 15 vide una Stelluccia sul lato occidentale delle due ρ, e 27ma della Vergine, ne comparò la sua posizione coll’osservazione del Dottor Olbers, e riconobbe, che non poteva rimanere alcun dubbio, che essa non si fosse il nuovo Pianeta: li 23 osservò similmente una Stella vicina alle due precedenti, che giudicò come prima essere il Pianeta. Solo però nella notte dei 25 gli riuscì di compitamente riconoscerlo, ed osservarlo.
§. XVI.
Se da altri contemporaneamente sia stato osservato in Germania non è a mia notizia, gli accennati osservatori però le assicurano abbastanza l’onore di avere la prima riveduto l’Astro novello. E ben ne era meritevole, in niun’altra contrada essendosi tanto travagliato nè prima, nè dopo su questo soggetto. In Germania nacque l’opinione di un altro Pianeta tra Marte e Giove, ivi fu promossa, e sostenuta, ivi con trasporto accolta la prima notizia della sua scoperta, ivi in fine da poche osservazioni dedotti ne furono li migliori elementi. Ad essa pertanto, poichè non ebbe la sorte della prima scoperta, l’onore almeno di ragione le spettava delle prima conferma. È cosa singolare come un fatto avvenuto nella parte più meridionale dell’Europa, dibattuto, contrastato; nella più settentrionale si sia poi sostenuto, e confermato. Dire si può in qualche modo essersi in questa circostanza rinnovato ciò, che accadde già pel moto della terra, la di cui dottrina essendo prima nata in Sicilia, nella Germania fu poi pienamente sviluppata. Si ravvicineranno più ancora questi due fatti, se la nuova Stella recentemente scoperta in Brema dal Dottor Olbers sia un vero Pianeta, siccome pare ne abbia le apparenze. Aveva io detto §. 10 de’ miei Risultati delle Osservazioni &c., che mi sembrava assai probabile, che vi fossero più altri Pianeti simili a Cerere, ma che difficilmente si sarebbero essi scoperti, non osservando generalmente gli Astronomi le Stelle oltre la 7ª. in 8ª. grandezza, e queste ancora una o due volte al più. Sì fatta scoperta, di cui mi giunge notizia4 nell’atto, che si stampano questi fogli, e conferma la mia opinione, e dimostra, che in Germania si sia già dato principio all’esame delle picciole Stelle; travaglio da cui giova aspettarne ubertosi frutti, se le primizie sono state così felici.
§. XVII.
§. XVIII.
Nell’Inghilterra, ed all’Osservatorio di Greenwich in particolare, il di cui Cielo, nella stagione in cui eravamo, suole essere generalmente avvolto in densa nebbia, sembrava, che non sì tosto si dovesse vedere. Niente di meno il Dottor Maskelyne, che siccome egli mi scrive in data dei 14 Novembre l’aveva inutilmente cercato cogli elementi di Burkardt, avendo ricevuti quelli di Gauss, giunse felicemente a trovarlo li 4 Febbrajo. Fu veduto in seguito dal Dottor Herschel, il quale, come prima esaminato aveva un gran tratto di Cielo, senza scoprirvi cosa alcuna; dubitava moltissimo, che inutili riuscite sarebbero tutte le ricerche, altro, secondo lui, essere non dovendo l’Astro in questione, che una delle tante Comete, delle quali è ripieno il Cielo. Delle osservazioni particolari di questo Astronomo, le quali debbono essere interessantissime, niente ancora è giunto a mia notizia. È stato similmente osservato in Glasgow dal Sig. Meikleam li 25 Febbrajo.
§. XIX.
La nostra Italia, nella quale per avventura non avrebbe dovuto molto tardarsi a vederlo, attesa la bella costituzione del suo Cielo, essa pur niente di meno è stata l’ultima. Gli Osservatorj di Bologna, Padova, Pisa, Firenze non sono nella maggiore attività, altri per mancanza di stromenti, altri perchè forse quei dotti Astronomi, che ne hanno la direzione, siccome in Firenze, più particolarmente occupati sono nelle teorie, e vi avrà forse ancora contribuito l’inclemenza del Cielo, la quale è stata nel passato inverno una delle più malvagie, di cui quelle belle contrade conservino memoria. Nell’Osservatorio di Milano, che meritamente si è acquistato un altro grado di riputazione non si ha di certo a desiderare nè zelo, nè attività, nè valore. Si sà però, che quella parte della Lombardia e nell’inverno sì piovosa, e talmente occupata dalle nebbie, che spesso passano mesi interi senza che quei valorosi Astronomi possano fare osservazione alcuna. Niente di meno essendo ritornato da Lione il celebre Sig. Oriani, non tardò guari ad osservare egli ancora il nuovo Pianeta. La sua osservazione è dei 24 Febbraio. In Aprile è stato osservato in Roma alla Specola del Collegio Romano.
§. XX.
Ma recherà maggiore meraviglia, che in Palermo, luogo della scoperta, il quale gode di un Cielo il più benigno, sotto cui ben di rado avviene, che per più giorni si resti privo del Sole, nel mese di Gennajo principalmente, non si sia esso veduto, che la notte de’ 22 Febbrajo entrando li 23. È però da riflettersi, che non avendo io nè Settore Equatoriale, nè Telescopio parallattico, non mi era permesso nelle mie ricerche uscire dal meridiano con speranza di felice riuscimento. Aveva in Novembre fatto qualche tentativo per mezzo degli azimuti, e distanze dal Zenit; ma aveva insieme conosciuto quanto questo metodo fosse difficile, ed insufficiente. Costretto quindi ad aspettare l’Astro al meridiano, non prima dei 22 Dicembre usciva esso nel suo passaggio dai crepuscoli matutini del Sole secondo gli elementi di Burkardt, e vi rimaneva tuttavia immerso secondo quelli di Gauss. Fu da me niente di meno ricercato li 23. 24. e 26 ma senza frutto. Dopo questo tempo sebbene l’Astro dovesse passare al meridiano avanti il crepuscolo, ed io fossi già in possesso degli elementi gausiani, che gentilmente mandati mi aveva il Barone de Zach, e pervenuti mi erano li 10 Gennajo, tuttavia non potei valermene prima dei 22 Febbrajo. Poichè eccettuati due o tre giorni, nei quali al cader del Sole si rischiarò il Cielo, e restò bello sino verso mezza notte, in tutto il rimanente del mese di Gennajo, e gran parte di Febbrajo con mia sorpresa, e contro quanto sperimentato aveva per dieci anni, fu sempre sconvolto, e nuvoloso con impetuosi venti, e pioggia. Fui talmente colpito da tanta malvagità della stagione, che proposto mi era di differire qualunque ulteriore indagine al mese di Marzo, tanto maggiormente; che avendo diverse Stelle del mio catalogo a verificare, nell’incertezza non volea perdere o tutta, o in parte qualche chiara notte, che a caso felicemente mi si presentasse. Li 22 Febbrajo finalmente dopo dirottissima pioggia, essendosi rasserenato il Cielo, e purissimo fatto l’aere, malgrado qualunque mia antecedente risoluzione, non ebbi altro pensiere, che di prepararmi ad aspettare la mia Stella al meridiano. Avendo pertanto preventivamente calcolata la sua posizione secondo gli elementi gausiani, diressi il Telescopio del Cerchio dieci minuti a mezzodì della stessa, e dal Beneficiale Carioti feci diriggere quello dei passaggi dieci minuti a Settentrione. Per tal maniera i due Telescopj abbracciavano insieme un grado circa di distanza polare, comuni avendo dieci minuti; talchè se l’astro si ritrovava tra questi limiti, siccome sembrava non fosse da dubitarne, se non si vedeva nel campo dell’uno, doveva apparire in quello dell’altro. Furono al due stromenti osservate tutte le Stelle, che si videro quindici minuti prima, e quindici minuti dopo del passaggio calcolato. La sera dei 24 il Cielo fu coperto; in quella dei 25 essendosi rischiarato si replicarono le osservazioni, e si trovò, che una dì quelle osservate allo stromento dei passaggi, situata tra due del catalogo del Sig. De La Lande dell’anno viii era mutata di luogo. Non dubitai punto, che si fosse questa il nuovo Pianeta, siccome pienamente me ne feci certo la notte dei 26. Le mie osservazioni saranno riportate in fine.
§. XXI.
Egli è da credersi, che posteriormente in altri luoghi ancora, e generalmente in tutti gli osservatorj, comunque ciò non sia a mia cognizione, si sia esso veduto. Nè è mio pensiere di quì tessere la storia di tutte sì fatte osservazioni; quelle sole son venuto accennando, che possono servire ad una piena conferma della scoperta, e dimostrare come sia stata riconosciuta, verificata, e resa universale in tutta l’Europa. Nel che fare trattenuto mi sono dal ricordare le varie particolarità da più Astronomi, e da me notate, le quali accompagnano questo Astro, e che per alcuna maniera non debbonsi tacere.
La prima volta, che fu da me veduto mi parve di un colore rossiccio e vivo; debole più tosto e bianchiccio li 2. 3. 4 Gennajo, e così successivamente: dai 10 ai 23 notai un cambiamento di luce e grandezza, ma non molto forte: in seguito fu assai sensibile, e andò sempre crescendo con molta rapidità sino agli 11 Febbrajo, in cui cessai di osservarlo. Non tenni conto dell’apparenza della prima sera, attribuii le altre allo stato dell’atmosfera, ma più particolarmente ad un rapido, da me supposto, allontanamento dalla terra, per cui dall’idea da principio concepita, che fosse Pianeta, passai all’altra di Cometa. Simili cambiamenti mi si sono similmente presentati ora che la sua natura di Pianeta è conosciuta pienamente. La sera dei 12 Marzo era per tal maniera cresciuta la sua luce rispetto alla sera precedente, in cui molto debole si era da me osservata, che trovandosi tra due Stelle di 7ª. in 8ª. non potea ben dirsi quale di esse fosse il Pianeta. In fatti avendole io mostrate a S. E. il Priore Seratti Segretario di Stato di Sua Maestà, ed al Cavaliere Iralinski Ministro Plenipotenziario di Sua Maestà l’Imperator delle Russie, ai quali non sono straniere nè le cognizioni, nè le osservazioni astronomiche, non vi ravvisarono essi differenza sensibile. Lo stesso avvenne la seguente sera al Principe di Belmonte Ventimiglia, che stava appunto osservandole, nel momento, che giunse la stessa Maestà Sua, che volle pure fare questa, ed altre osservazioni, e si compiacque graziosamente di trattenersi lungo spazio di tempo nell’Osservatorio. Alcuni giorni dopo per l’opposto era tanto impicciolito il Pianeta, che non fu riconosciuto allo stromento de’ Passaggi, e per esso osservata un’altra Stella. Il Barone de Zach ha similmente notato lo stesso fenomeno; dice egli.... i cambiamenti di luce, e grandezza sono si forti, e improvisi, che da una sera all’altra non si può talora distinguerlo dalla sola apparenza... La medesima cosa a un di presso è stata notata dal Dottor Maskelyne: mi scrive egli... il Sig. Mèchain avendo esaminato Cerere con un eccellente cannocchiale acromatico non vi avea veduto alcun disco, nè una differenza sensibile con una Stella della stessa grandezza. Li tre Febbrajo lo stesso è accaduto a me con un cannocchiale di cinque piedi, e di un’apertura di quattro pollici, ed una decima; ma li quattro la vidi con un disco ben terminato, e così li 23 con forze di cinquanta e duecento volte... Non altrimenti scrisse il Dottor Olbers al Barone de Zach. Da principio voleansi generalmente ripetere sì fatte variazioni dallo stato diverso dell’Atmosfera; ma essendosi riconosciuto, che questo Pianeta si vede assai meglio, e più chiaramente coi minori, che coi maggiori ingrandimenti; lo che per lo passato si osservava solo nelle Comete; non è a tutti sembrata pienamente soddisfacente sì fatta spiegazione. Un’altra ne ha quindi immaginata l’Astronomo di Liliental, tanto esercitato nelle più delicate, e difficili osservazioni dei Pianeti, siccome quelle delle macchie, e diverse loro apparenze.
§. XXII.
Avendo pertanto il Sig. Schroeter unitamente al Sig. Harding con molta diligenza esaminato il Pianeta, si è assicurato, che trovasi esso involto in una specie di nebulosità, o atmosfera non molto dissimile dà quella, che suole accompagnare le Comete. Esaminai Cerere (dice egli) in un’aggiunta alla corrispondenza mensuale del Barone de Zach pel mese di Marzo, con un Riflettore di 13 piedi, e forze di 136, e 288, e la vidi chiara rotonda senza scintillamento in quella guisa appunto, che appajono i Pianeti, talchè non lasciava alcun dubbio su la sua natura. Nella luce, e nel diametro apparente rassomigliava ad Urano, e si vedeva perfettamente terminata, ma circondata da una specie di picciolissima zona, o cerchio, in mezzo al quale il suo disco rimaneva, assai ben terminato: secondo questo punto di veduta avea certa quale rassomiglianza colla Cometa dei 1799.... Li 26 Gennajo la esaminò egli un’altra volta, ed osservò il suo disco ben terminato, ma la luce un poco più debole. La sera dei 9 Marzo avendo io applicato un ingrandimento di 130 al Telescopio del Cerchio, e tolto il lume della lanterna, la vidi più grande, di un color rossiccio cupo, ma non ben terminata, notai la stessa cosa nella sera seguente: niente però ravvisai, che mi potesse far nascere il sospetto di un’atmosfera; solo colpito fui dal cambiamento di colore, che aveva la tinta di un pallido cenericcio, essendo illuminati i fili del micrometro. Osservai in quella stessa sera due Stelluccie, che vicinissime le giacevano, le quali nella seconda osservazione non conservarono la prima posizione, e che in seguito più non rividi.
§. XXIII.
Debbo però ingenuamente confessare, che affatto non veggo come per mezzo dell’Atmosfera, o nebulosità osservata da Schroeter si possono spiegare li descritti cangiamenti di luce, e grandezza. Se Cerere si vede assai meglio co’ Telescopj di una minor forza, egli è ciò, a creder mio, per la poca luce, che essa riflette, la quale diminuisce in ragion dell’ingrandimento. Lo che non avviene negli altri Pianeti, i quali essendo o più vicini a noi, o di un diametro maggiore, possono rimandarci una maggior copia di luce. Nelle Comete vi è la nebulosità, da cui generalmente sono accompagnate, la quale dispergendo i raggi di luce, cagiona un effetto simile a quello dell’assoluta diminuzione. Ciò posto non sembra, che si debba altronde ripetere la cagion de’ cambiamenti sopra riferiti di luce, e grandezza, che dallo stato dell’Atmosfera, nella quale spesso s’innalzano de’ vapori, che non si rendono a noi sensibili, che negli oggetti picciolissimi, e debolmente illuminati. Osservando le Stelle telescopiche più volte mi è accaduto di vederle più o meno distintamente, quantunque lo stato dell’aere a me sembrasse egualmente puro, e sereno. Dai 14 Aprile in poi con Cerere ho sempre osservato Urano ancora, ed ho costantemente notato, che quando Cerere appariva chiara, e ben terminata, chiaro, e ben terminato appariva similmente Urano, e per l’opposto. Li 5 Aprile l’aria non essendo caliginosa apparve Cerere molto debole rispetto alla precedente notte, lo che mi cagionò qualche meraviglia, che tantosto cessò, quando essendo entrato Urano nel telescopio, esso pure si presentò debole, e non terminato. Nella notte, che succedette vidi meglio e Cerere, ed Urano.
§. XXIV.
Ma che penseremo noi di questa nebulosità, o atmosfera? Esiste essa realmente? Dopo quanto abbiamo riferito non sembra permesso di dubitarne. Se però da questa atmosfera debbonsi ripetere le variazioni osservate, converrà supporla in continue violentissime agitazioni, e sconvolgimenti, o formata da diversi strati irregolarmente, e diversamente densi, che con velocità grandissima aggiransi intorno al Pianeta. In questo secondo caso sarebbe piuttosto un anello sottilissimo, e compatto, che una atmosfera. Abbiamo, egli è vero, nei diversi corpi del nostro sistema solare apparenze, e diversità singolari. Alcuni isolati sono, e soli; altri con più, o meno satelliti; altri con fascie, altri senza: ne abbiamo infine con satelliti, fascie, ed anelli. Non ne conosciamo però alcuno con atmosfera visibile, comunque una ne abbiano tutti, e in alcuni se ne veggano da noi gli effetti6. Egli si è certamente singolarissimo questo nuovo Pianeta, ne mi farebbe meraviglia se ad alcuno cadesse in mente di risguardarlo come una Cometa, che entrata essendo nel nostro sistema, vi è rimasta inceppata e trattenuta dall’azione degli altri Pianeti. Se ciò sia possibile la sola analisi potrà deriderlo. Lungi intanto da noi le ipotesi e congetture, sì lontane dalla sobrietà astronomica. Aspettiamo che parlino le osservazioni, che parli Cerere stessa, che, come grandemente io spero, non tarderà molto a farci sapere qualche cosa di più preciso e sicuro per mezzo del grande interprete del Cielo Guglielmo Herschel.
§. XXV.
Il diametro apparente di questo Pianeta egli è un altro punto di questione. Picciolissimo com’è, e di rado ben terminato, difficile assai ne è la sua misura. Nelle prime mie osservazioni lo giudicai di sette secondi circa, misura certamente troppo grande. Quella stima fu da me fatta su le sole osservazioni dei 2, 3 e 4 Gennajo, allora appunto che avendo altra stella vicina ad osservare, era costretto a porre l’astro sotto il filo orizzontale al suo primo apparire nel campo del telescopio. L’aberrazione per tanto, a cui sono soggette le lenti negli estremi loro orli, dee avermelo fatto comparire più grande assai che non era in fatti. Non posso però persuadermi, che sia così picciolo come vuolsi dal Signor De La Lande, il quale non gli dà, che sei cento leghe di diametro. Li 25 Gennajo il Signor Schroeter trovò 2",69 coll’atmosfera, e 1",82 pel solo disco; li 28 poi di Marzo 4",03. Io non ho micrometro, con cui sicuramente tentare si possa una sì delicata misura: pur non di meno regolandomi su di quello del filo orizzontale del telescopio, che parmi di avere determinato con sufficiente esattezza, dai 11 Marzo ai 24 lo stimai sempre di 4" circa, che ridotto alla distanza media della terra dal sole sarebbe 6",9 ed in leghe mille cento quaranta. Voglio credere, che il Sig. Herschel non trascurerà di misurarlo col suo eccellente micrometro a lucerna.
§. XXVI.
Ma quale è l’orbita di quest’Astro? Quali ne sono gli elementi? Questa parte dopo di esser stata abbozzata su le mie prime osservazioni dal Dottor Olbers, dal Dottor Burkardt e da me, venne trattata colla maggiore diligenza ed accuratezza dal Dottor Gauss, come più volte mi è convenuto accennare. Egli ne diede i suoi primi elementi, che sì bene giustificavano l’esattezza delle mie osservazioni; ne diede in seguito dei più corretti, che corresse ancora per la terza quarta e quinta volta, e tutto ciò prima che si fosse riveduto il Pianeta. Ottenute poi le osservazioni del Barone de Zach, su quelle dei 7 Dicembre, e 16 Gennajo ne fece una sesta correzione. Finalmente colle altre osservazioni dello stesso De Zach ne fece una settima. Tanto travaglio, tanto zelo per recare cotali elementi ad una perfezione sempre maggiore, se per una parte fa onor grandissimo al suo Autore, mostra per l’altra quanto la materia sia in se medesima difficile e scabrosa. In altra mia memoria ho già riferiti li quinti elementi, onde qui non farò che; portare i sesti e settimi.
§. XXVII.
Sesti elementi del Dottor Gauss.
Epoca: 1802 per Palermo | 155° 33' 35" |
Movimento diurno eliocentrico tropico | 770",7376 |
Rivoluzione tropica | 1681 giorni, 12 ore, 9 minuti |
Log. del semiasse maggiore | 0,4421189 |
Afelio | 326° 14' 45" |
Nodo | 80° 58' 55" |
Eccentricità | 0,08086253 |
Massima equazione del centro | 9° 16' 23" |
Inclinazione | 10° 37' 51" |
Settimi elementi del medesimo.
Epoca: 1801 per Palermo | 77° 27' 30",9 |
Movimento diurno eliocentrico tropico | 769",7924 |
Log. del semiasse maggiore | 0,4424742 |
Eccentricità | 0,0814064 |
Afelio, 1801 | 325° 57’ 15"
|
Nodo 1802 | 80° 58' 40" |
Massima equazione del centro | 9° 20' 8",0 |
Inclinazione | 10° 37' 56",6 |
Nuovi elementi del Dottor Burkardt.
Epoca: 1801 pel Meridiano di Parigi | 77° 19' 17" |
Afelio pel 1801 | 326.42.32 |
Movimento annuo dell’Afelio | + 2. 5 |
Declinazione | 10° 36' 52" |
☊ 1801 | 81. 5. 35 |
Movimento annuo del nodo | molto piccolo |
Semiasse maggiore | 2,76587 |
Eccentricità | 0,0788725 |
Rivoluzione tropica | 1679,84 giorni |
§. XXVIII.
Con questi elementi, che si potranno migliorare ancora colle altre osservazioni fatte e da farsi in quest’anno, per più tempo sarà sempre facile di rinvenire in Cielo il nuovo Pianeta. Secondo il Sig. Gauss risalendo con essi all’epoca del catalogo di Mayer, fatto pel 1756, per un tal tempo l’errore in longitudine pel luogo del Pianeta non sarà che di un grado circa, e di pochi minuti in latitudine. Non è però da credersi, che in breve si possano rendere perfetti in modo, onde formare delle Tavole esatte. Questo travaglio è prematuro, siccome prematura sarebbe la determinazione esatta dell’Orbita. Noi non conosciamo le perturbazioni, che dee soffrire dagli altri Pianeti, le quali, siccome osserva il Sig. de la Place non possono non essere molto sensibili: da un calcolo fatto dal Dottor Barckardt, mi scrive il Sig. De La Lande, il loro effetto da Gennajo a Dicembre 1801 è giunto a 30’ circa. E senza questi dati prima dedotti dal calcolo, indi rettificati coll’osservazione, non è da sperarsi l’Orbita esatta7. Il movimento medio poi, elemento delle Tavole, non potrà fissarsi se non dopo molti anni di replicate osservazioni. Potrebbe, egli è vero, accadere, che si trovasse quest’Astro nel numero delle Stelle perdute di Flamstedio, siccome si è trovato Urano, ma la sua picciolezza non ci lascia grandi speranze. Più facile sarà che rinvenir si possa in quelle di Tobia Mayer, o dell’Ab. de la Caille, siccome ho già osservato nella prima mia memoria. Se ciò fortunatamente avvenga, il movimento medio verrà ben tosto determinato; in caso contrario per più e più anni farà mestieri toccare e ritoccar gli elementi. Più facil cosa però si è, che questo Pianeta si ritrovi nell’immensa preziosa raccolta di osservazioni del Sig. De La Lande, come egli opina; e nel catalogo delle Stelle Zodiacali del Barone de Zach, il quale ne ha osservate molte, che non veggonsi in alcun altro catalogo. Ciò potrebbe in parte diminuire il travaglio.
§. XXIX.
Tanto su questo Pianeta ho io potuto raccogliere dalle lettere particolari, di cui mi hanno onorato gli Astronomi miei corrispondenti, dalle mie osservazioni, e in particolare dalla corrispondenza mensuale del Barone de Zach; intorno alla quale dirò ancor io col Sig. Gauss, che se per mezzo di essa non fossero state raccolte tutte le notizie appartenenti a questo fatto, se sparso ed eccitato non si fosse un generale interesse, pesare le ragioni, che hanno ridotto la natura del medesimo all’ultima verità; probabilmente sarebbe esso stato trattato con tiepidezza ed indifferenza, e pochi si sarebbero data la pena di ricercare il nuovo Astro, avendo gli stessi Padri dell’Astronomia dubitato della sua esistenza.
§. XXX.
Come io ebbi la sorte di scoprire il primo questo nuovo Pianeta, credetti di avere un pieno dritto, come su cosa mia propria, di dargli quel nome, che mi sembrava più conveniente. Riconoscente al mio Padrone, riconoscente alla Nazione Siciliana, desideroso di conservare certa uniformità coi nomi degli altri Pianeti, per sodisfare in uno a questi doveri, giusto mi parve di chiamarlo CERERE FERDINANDEA. Il Barone de Zach, il Dottor Maskelyne, il Sig. Bode, il Sig. Oriani e più altri hanno già accolto graziosamente ed approvato un tal nome.8 Sò, che a taluno piacerebbe chiamarlo piuttosto Giunone9 per la sua vicinanza a Giove, e forse ancora perchè essendo quest’Astro avvolto in una densa atmosfera, più particolarmente ci rappresenta questa Divinità, secondo la mitologia talora ascosa tra le nuvole. Io però gli conserverò sempre la denominazione di Cerere Fedinandea, nè soffrirò, col dargliene un’altra, di esser rimproverato d’ingratitudine verso la Sicilia, e verso il suo Sovrano, che con tanto zelo protegge le scienze, e le arti; e senza il di cui favore, chi sa se mai si fosse giunto a questa scoperta. Le scienze senza gran Mecenati difficilmente possono prosperare, e ragion vuole, che i Mecenati a vicenda ricevano da coloro, che le coltivano i meritati elogj. Non è adulazione, ma tributo, omaggio giusto, doveroso.
§. XXXI.
A piena intelligenza dell’ordine dei tempi; e dei luoghi, nei quali è stata riveduta Cerere giudico covenevole di quì riportare le osservazioni principali, su le quali ho tessuta questa breve narrazione.
Prime Osservazioni
DI CERERE FERDINANDEA
dopo la sua scoperta:
1801 | Temp. Medio | A.R. in arco ap. | Decl. Boreale ap. | ||
Dicem. 7 | 18or.48'.10" | 178or.33'.31" | 11o.41'.½ | Barone de Zach all’Osser. di Seeberg. | |
1802 | |||||
Genn. 2 | 11. 58. 36 | 185. 9 | 11. 7 . . . | Dottor Olbers a Brema. | |
5 | 17. 30. 0 | 185. 43 | 11. 8 . . . | ||
11 | 17. 3. 17 | 186. 45. 50 | 11. 15 . . . | Barone de Zach come sopra. | |
16 | 16. 46. 26 | 187. 27. 53 | 11. 26 . . . | ||
22 | 16. 25. 24 | 188. 6. 26 | 11. 40 . . . | ||
24 | 12. 58. 0 | 188. 15. 38 | 11. 52. 20 | M. Mechain a Parigi. | |
25 | 16. 10. 48 | 188. 24. 49 | 12. 0. 43 | ||
31 | 12. 4. 0 | 188. 38. 40 | 12. 23. 25 | ||
Febbr. 4 | 17. 25. 46 | 188. 42. 56 | 12. 44. 45 | Dottor Maskelyne all’Osservatorio di Greenvich. | |
12 | 15. 4. 18 | 188. 30. 29 | 13. 33. 8 | ||
19 | 14. 34. 38 | 187. 44. 18 | 14. 20. 1 | ||
24 | 11. 38. : : | 187. 25. : : | 14. 24. ± | Sig. Oriani all’Osservatorio di Brera. | |
Marz. 10 | 11. 42. 43 | 185. 5. 54 | 16. 28. 31 | ||
11 | 12. 9. 22 | 184. 53. 24 | 16. 34. 53 |
§. XXXII.
Riporterò ora le mie osservazioni. Sono esse dai 22 Febbrajo ai 23 Maggio, e non più di 45; non avendo permesso il pessimo tempo, che dominò in questi mesi di farne un numero maggiore. La grandezza apparente dell’Astro è stata prima simile a quella delle Stelle di 8ª., è passata in seguito alla settima, indi ha cominciato a diminuire, ed è giunta alla decima. Li 26 e 27 Febbrajo la giudicai di 8ª. e di 7ª. li 14 Marzo, di 8ª. in 9ª. li 26 Aprile, di 9ª. li 10 Maggio, e li 16 di 9ª. in 10ª. Ai 23 Maggio, sebbene l’aere fosse molto puro, e tolto avessi il lume della lucerna, appariva sì picciola, che per poco si movesse, l’occhio si perdeva affatto; li 24. 25. 26 il Cielo fu coperto, li 27 non si potè vedere in alcuna maniera. 1. L’opposizione fu li 17 Marzo, e poco prima si trovò nella sua minima distanza dalla terra; 2. La massima declinazione boreale ebbe luogo li 9 Aprile, dopo del qual tempo cominciò ad avanzarsi verso l’Equatore; 3. L’arco di retrogradazione è stato di 108 giorni; 4. La stazione avvenne li 10 Maggio. Comparate avendo alcune di queste osservazioni cogli ultimi elementi gausiani, esse non ne differiscono, che di pochi secondi così in longitudine come in latitudine.
Note
- ↑ Le rispettive distanze dei Pianeti dal Sole (fatta quella della terra = 10) danno, trascurando le frazioni, la seguente serie in numeri interi: 4: 7: 10: 15: 52: 95, da ciascun termine della quale sottraendo il primo ne viene quest’altra: 0: 3: 6: 11: 48: 91, crescente prossimamente in ragion dupla dal secondo al terzo, dal terzo al quarto, dal quinto al sesto; ma in più di quadrupla dal quarto al quinto. Questa, irregolarità pertanto o salto dir si voglia fu osservato e riconosciuto da Keplero, d’onde ne inferì, che Giove e Marte non facevano armonia, o sia, che non erano ben ordinati nelle distanze loro dal Sole. Infatti inserendo il 23 tra 11 e 48 si ha 0: 3: 6: 11: 23: 48: 91, progressione, che ben per poco si allontana dalla geometrica doppia continua, e nella quale aggiugnendo a ciascun termine la distanza di Mercurio dal Sole, si hanno quelle degli altri Pianeti con uno di eccesso. Su questa progressione n’è stata travagliata un’altra molto simile, ma assai più esatta, la quale ritrovasi nella traduzione Tedesca del Professore Titins della Contemplazione della Natura del Sig. Bonnet, alla quale avendo fatto attenzione il Sig. Bode (Johann Clert Bode von den neu entdekten Pineten... Berlin 1781) ne adornò la seconda edizione della sua introduzione allo studio del Cielo, ristampata in Amburgo nel 1772, e ne conchiuse la probabile esistenza di un altro Pianeta tra Marte e Giove. La medesima in seguito da altri migliorata, e più particolarmente dal Dottor Wurm, ha data la legge sopra enunciata, che si riduce alta seguente semplicissima formola x=a+d.2n-2. nella quale x esprime la distanza di un Pianeta qualunque dal sole, a quella del più vicino, d la differenza tra questo e quello, che lo siegue, ed n il numero de’ Pianeti, cominciando a contare dal primo sino a quello inclusivamente, di cui si cerca la distanza.
- ↑ Nell’appendice (Zusätze) alla traduzione Tedesca, che si è compiaciuto fare del mio opuscolo Risultati ecc., della quale in altra mia memoria ne ho dato l’estratto.
- ↑ Il Signor Bode nell’opuscolo sopra citato pensa, che lo scoprimento di questo supposto Pianeta sia riserbato alle età future. “È forse più picciolo di Marte (dice egli), e la luce, che quindi ci rimanda in sì poca copia, nol rende a noi visibile. Secondo la dottrina di Keplero dovrebbe fare il suo giro in quattro anni, ed avvicinarsi alla terra una sol volta in sedici mesi. La sua scoperta può dipendere da un caso simile a quello, che ci ha fatto conoscere Urano.”
- ↑ Mi scrive il Barone de Zach in data dei 5 Aprile, che li 28 Marzo fu scoperta dal Dottor Olbers in Brema una nuova Stella di 7ª. in 8ª. grandezza, la quale venne da lui medesimo osservata li 4 Aprile al suo Osservatorio di Seeberg. Il Dottor Olbers gli ha dato il nome di Pallade. “Ma che cosa è mai questa Pallade? (soggiugne il Barone de Zach) forse una Cometa? La regolarità del suo movimento, la sua apparenza senza alcuna nebulosità non l’annunziano per tale. Un Pianeta? Quanto grande ne sarebbe mai la sua inclinazione! Fosse mai la Cometa di Zexell del 1770? L’inclinazione dell’orbita ne era assai picciola. Che cosa è dunque? non ne sappiamo niente.” In altra sua degli 8 Aprile me ne parla con piena sicurezza, come di un Pianeta primario posto tra Cerere e Marte. Per maggiore soddisfazione del Lettore riporterò quì la lettera originale.
Seebergle 8 Avril 1802.
L’Astre du D. Olbers, que j’ eús l’honneur de vous annoncer, est éffectivement une Planéte primaire, qui se meut autour du Soleil dans une orbite fort inclinée. Revolution 3 ans, dist. moyenne 2, 1 ☊ 5s 20°. Elle existe donc entre Mars & Ceres; & il n’ y’ a plus de doute, qu’ il doit en exister dans les differents espaces des Planétes plusieurs autres de ce genre: & comme vous avez observé tant de petites etoiles, il ne serait pas impossible que vous eûssiez vû plusieurs Planétes. Peut-etre de là la disparition de tant de petites etoiles. C’est à vous, Illustre Confrere, que nous devons toutes ces decouvertes, sans votre Ceres, point de Pallas. Sans Pallas rien de tout ce que nous allons découvrir. Quelle nouvelle creation! Je vous ai envoyé mes deux observations de la Pallas le 4 & 5 Avril; le temps étoit couvert le σ, j’ ai revû la Planete le 7 Voice toutes mes observations de la Pallas.....
Voici les observations d’Olbers.....
Je crains bien, & je le regrette plus ancore, quo vous ne verrez plus Pallas, il faut 4 semaines à nos iettres à pervenir, En arrendent je fais tonte diligence pour vous faire parvenir ces nouvelles interessantes par deux voies.
Questa lettera coll’altra degli 8 mi è giunta li 17 del corrente Maggio, pochi giorni dopo favorì avvisarmi la stessa scoperta il Sig. Oriani, e mandarmi le sue osservazioni de’ 25. 26. 27 Aprile. Su quelle de’ 28 Marzo in Brema, 7 Aprile in Seeberg, e 27 Aprile in Milano ne calcolai tosto colla maggiore possibile sollecitudine gli elementi circolari, e trovai, longitudine eliocentrica pei 28 Marzo al momento dell’osservazione in Brema 183°, 47’... ☊ 170°. 12’. Inclinazione 27°. 1’, movimento diurno sull’ecclittica 1803". Con questi dati cercai per ben tre volte la nuova Stella al suo passaggio al Meridiano, ma inutilmente; è troppo vicina al Sole per essere veduta co’ miei stromenti: se fossi provisto di un Settore Equatoriale probabilmente non mi sarebbe sfuggita. - ↑ In ventitre anni giuliani accadono 18 opposizioni di Cerere, perciò nel 1770 passò nell’inverno per l’ala destra della Vergine in quella guisa che vi è passata in quest’anno. Se la Cometa dello stesso 1779 osservata da Messier, che passò prossimamente pel detto luogo, vi fosse passata due mesi prima, si sarebbe probabilmente incontrata con Cerere, che allora l’avrebbe forse scoperta il Sig. Messier. Riflessione del Dottor Olbers.
- ↑ Il Sig. Schroeter ha osservati i crepuscoli nella Luna, e in Venere, e ne ha calcolato la loro grandezza: pruova niente dubbia di un atmosfera.
- ↑ La parte, che risguarda il calcolo è già stata fatta dal Sig. Oriani, che si è compiaciuto comunicarmela. Secondo la teoria di La Grange, e supponendo le masse dei Pianeti date nell’opera di La Place Exposition du systême du monde (seconda edizione) ha egli calcolate le perturbazioni cagionate da Saturno, Giove, e Marte.
- ↑ Il Barone de Zach nella sua corrispondenza mensuale del mese di Ottobre.... Aveva il Professore Piazzi, pel dritto che egli ne ha, dato il nome di CERERE FERDINANDEA alla nuova Stella da lui scoperta, ed avendo invitati gli Astronomi ad accedervi, noi da parte nostra con vero ed estremo piacere ci soscriviamo ad una tanto giusta denominazione.... li Dottor Maskelyne in una sua lettera delli 11 Marzo 1802.... Voi avevate il dritto di dare il nome al Pianeta, che avete scoperto, ed avete prestato un dovuto omaggio di rispetto al vostro Sovrano, Protettore delle arti e delle scienze, e Fondatore del vostro Osservatorio. Io lo chiamerò, e si chiamerà nell’Inghilterra Cerere Ferdinanda.... Il Sig. Bode in data dei 26 Gennaio.... Accetto con molto piacere il nome di Cerere Ferdinandea.... Voi l’avete scoperta nel Toro, ed è stata riveduta nella Vergine, la Cerere dell’Antichità. Queste due costellazioni sono il simbolo dell’Agricoltura. L’accidente è molto singolare.
- ↑ Il Principe di Saxe-Gotha Gran Mecenate dell’Astronomia, e come Guglielmo IV Langravio d’Hassia Astronomo esso ancora, già sono sedici anni, diede il nome di Hera o Giunone al Pianeta supposto tra Marte e Giove, all’occasione degli elementi congetturali calcolati per lo stesso dal Barone De Zach.