Prediche volgari/Predica IX

Predica IX

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IX.

Perchè Iddio ci ha data la lingua, e della detrazione1.

Dixi; custodiam vias meas, ut non delinquam in lingua mea. — Psalmus Davidis xxxviij) Dilettissimi, le parole proposte so’ di Davit profeta a xxxviij salmi, e in vulgare la sentenzia dice così: — Io dissi nel cuor mio: io ho guardato2 le mie vie, acciò ch’io non manchi nella lingua mia. — Stamane sarà da vedere il peccato che fa il detrattore, che per lo suo mal parlare fa contra la carità del prossimo. E doviamo cognósciare che ogni nostro operare che noi facciamo, sì si fa in questo mondo, e sicondo l’operare che noi facciamo di qua, eremo il premio di là, sì che ogni opera escie del mondo, e potiamo dire che ogni cosa escie dalla lingua, bene e male. E però molto si dìe guardare quello che altri parla, chè questa lingua è quella che ci può fare salvare e dannare. E che questo sia vero, vede a xviij capitolo dei Proverbi: Mors et vita in manibus linguae3: — La morte e la vita è nelle mani della lingua. — E nello Eclesistico: Bonum et malum, vita et mors: dominator eorum lingua adsidua4. Dice: Il bene e ’l male, la vita e la [p. 216 modifica]morte: il signoreggiatore di questi è la lingua continuamente col suo parlare. — E perchè questo considerò Davit che così era, disse queste parole ch’io v’ho proposte inverso Idio: Dixi; custodiam vias meas, ut non delinquam in lingua mea: — Io dissi nel cuor mio: io guarderò le mie vie, acciò che io non manchi nella mia lingua per lo mio parlare.— Unde di questo sacro parlare faremo tre considerazioni, di questa lingua5:

Primo: sarà considerazione, dove dice: Dixi.

Siconda sarà circumspezione6, dove dice: custodiam vias meas.

Terza, conservazione, dove dice: ut non delinquam in lingua mea.

Queste so’ tre cose le quali bisognano avere per provedere a ciascuno; come se noi dicessimo tre lumi. Vediamo il primo.

Primo, dico, è considerazione: Dixi; dove noi voliamo vedere sette considerazioni:

Prima. A chi è stata data la lingua: Locuzione.

Siconda. Quante lingue so’ date: Numerazione.

Terza. Dove è fondata la lingua: Fondazione.

Quarta. Perchè è data la lingua: Occasione.

Quinta. Come è formata7 la lingua: Formazione.

Sesta. Dove è locata la lingua: Locazione.

Settima. Come è armata la lingua: Custodizione.

Prima è da vedere a chi è data la lingua loquace: locuzione. A l’uomo solamente è data, e dee essere con [p. 217 modifica]tre nature, come è l’uomo. — O, o, elli l’ha anco le bestie e li uccelli! — Rispondo che la loro non è loquace lingua. — Elli l’ha la scotta8 e la ghiandaia, e parla e favella. — Che dici tu? Dico che quella lingua non si chiama loquace, ma solo la lingua loquace è data all’uomo, il quale si conviene che abbi in sè ragione: gli altri animali non so’ razionali. Anco conviene che abi irascibilità, e per quello de’ avere la lingua dolce e suave. Anco dee avere concupiscibilità, dove ciò che elli parla, dìe dire con ragione. — Oh, dice colui, o perchè dìe fare queste cose? — Sai perchè? Perchè elli è animale razionale, e a lui è dato di parlare spedito, che sia inteso parlare bene, e parlare la verità a gloria e laude di Dio. — O, o, la ghiandaia parla9 e dice il paternostro e tante cose! — Che dirai?. Dicoti ch’ella non parla se non quello che tu le ’nsegni. Vuoi vedere se la scotta ha loquace lingua? — Sì — Or va’, e domanda la scotta d’una cosa, che tu aspetti risposta di qualche sentimento, e aspetta la risposta, e vedrai che ella non ti rispondarà absoluto10, ma dirà il paternostro e l’avemaria e quelle cose che le so’ state insegnate, e non dirà più là; però che ’l sentimento suo non è razionale. Non è così dell’uomo; chè di ciò che tu domandi l’uomo, elli ti risponde absoluto, e a quello che tu il domandi; della quale (cosa) è detto nella Cantica al quinto cap.: Labia eius lilia distillantia myrrham: — [p. 218 modifica]E’ labri suoi distillano11 la mirra; — la quale è ottima e perfetta. Così dico delle buone parole, sai, come la campana la quale distilla le rose, quando tu fai l’aqua rosada. Quando tu distilli le rose rosse, che se ne fa tanto fine acque, non vedi tu quante cose si conviene, prima che l’aqua venga distillata? Tutte quelle cose che bisogna a fare l’aqua, bisogna a l’uomo. Elli bisogna la mente umana, che è il fornello; bisogna anco il caldo del fuoco, cioè che abbi ragione in sè. Bisogna la campana colle rose, cioè le parole scielte, tutte buone, prima che sieno udite, cioè dentro nella memoria. Conviene che abi anco il fummo da lato dentro che salga, e così salito allo intelletto, venga la parola infino al lambico della bocca, dûe si dimostri12 la virtù sua tutta soave al gusto al naso e a tutti i sentimenti. Inde al quarto cap. in nello Ecclesistico: In lingua enim sapientia dignoscitur; et sensus et scientia et doctrina: — Per la lingua conósciarai, quando udirai parlare uno, se elli ha in sè sapienzia o sentimento o scienzia o dottrina. — Tu cognosciarai l’uomo, come elli parlarà, a la lingua; se elli dice o bene o male, come tu odi le parole, così è lui. Se odi uno detrattore, tu puoi cognósciare quello che egli è. Se tu vai alla botte, ella ti darà del vino che ella arà. Non avarai mai la sapienza da colui che non l’ha. Anco non cavarai mai il vino delle rose, però che non ve n’è. Non cavarai mai della mala lingua niuna buona scienzia, nè anco niuna buona dóttrina, nè niuno buono sentimento; e da uno che parli bene, tutte queste cose ne caverai. E questo è per la prima natura dell’uomo. [p. 219 modifica]

Per la siconda natura dell’uomo che è concupiscibile, élli dato la lingua perchè l’adòpari13 a parlare con ragione, e non che facci come fa l’ubriaco, che apre la bocca e fa favellare il vino. Così dico di colui che parla, e non considera quello che egli parla. Contra ai quali è detto nella Sapienzia al primo cap.Lingua hominis lignum vitae:14 — La lingua dell’uomo, la quale parla bene, è legno di vita. — Similmente, guarda nello Ecclesistico al vj cap.: Lingua suavis, vel verbum dulce, multiplicat amicos:15 — Le parole dolci e soavi so’ qelle che fanno moltiplicare gli amici. — Anco nella Sapienzia al primo cap. quello medesimo.16

Anco per la terza natura che ha l’uomo, è irascibilità; imperò che a l’uomo è dato che sicondo i tempi elli usi questa irascibilità; imperò che tempo è da ùgnare e tempo è da pugnare.17 Simile, quando l’uomo ha le piaghe, tempo è da pùgnarle e tempo è da ógnarle, e in quello modo guariscono. Tu sai che da l’uomo viene che sia quando guerra e quando pace; quando è sano e quando è infermo, quando è rico e quando è pòvaro: tutti vengono per lo difetto dell’uomo; e per li peccati che tutto dì si fanno, Iddio permette di queste cose; contro a i quali peccati Isaia al lviij cap. ci comanda [p. 220 modifica]che noi v’amuniamo, e dice così: Clama, ne cesse; quasi tuba exalta vocem tuam, et annuntia populo meo scelera eorum: — Grida, e non ti ristare di dire ogni loro difatto, e come tromba colla voce tua di’ al mio popolo i loro difetti. — Simile dice Pavolo a Timoteo al quarto capitolo: Argue, obsecra, increpa: — Fa’ che tu ammonisca, riprenda, prega; — imperò che sicondo i tempi si conviene andare; quando si conviene parlando monire il peccato; quando si vuole parlare ruvido, quando piacevole, quando con minacce, quando forte, quando piano. O tu che hai figliuoli, no ’l pruovi tu, che quando gastighi, quando lusinghi? Non vedi tu, che tu uoperi arte quando óngi e quando póngi?18 E questo per la prima.

La seconda è numerazione. Quante lingue ha l’uomo e con quante lingue parla? Non udii mai che altri avesse se non una lingua. Ben ho udito che nel cinquantesimo ci passò uno che aveva due capi 19e simile due lingue, il quale andò a Roma, e fu veduto qui a Siena; e quando tornò da Roma, tornò piangendo coll’uno de’ capi, imperò che l’altro era morto, e aspettava di morire anco l’altro; perchè non potevano vivare separati l’uno dall’altro, non potè troppo durare. Ma generalmente Idio ha dato solamente una lingua all’uomo: non ha fatto così delli altri membri, nè anco delli altri sentimenti. Idio ha dato all’uomo due ochi, halli dato due mani, halli dato due piei, halli dato due nare da odorare. Che vuol dire non ha dato altro che una léngua? Doh, perchè? Potrebbe èssare per qualche gran fatto; e sai perchè? Perchè tu non parli se non cor una lingua. Non ha fatto così delli altri sentimenti. Hatti dato [p. 221 modifica]due orechie et una lingua, perchè tu oda più che tu non parli. Simile, t’ha dato due ochi, perchè tu vega più che tu non parli: Hatti dato due mani, perchè tu tochi più che tu non parli. Anco t’ha dato all’odorato due buchi al naso, perchè tu più odori che parli;20 cioè più odorare che parlare, più tocare che parlare, più udire che parlare, più vedere che parlare; perchè vuole che tu facci con meno lingua che li altri sentimenti. Oh, quanto è pericolosa cosa uno uomo linguacciuto o una linguacciuta! Inde disse David: Vir linguosus non dirigetur in terra 21: — L’uomo linguacciuto non si dirizzarà in terra; — imperò che per lo suo troppo parlare fa grande scandolo. O parlatore, ode: un savio dando uno ammaestramento a tutti, dice: — se tu parli, parla poco e parla di rado e basso, non gridare; — e per certo ella è utilissima cosa. O donna, quando tu parli al tuo marito, parla poco, rado e basso; imperò che chi parla poco, poco può fallare. Sai il proverbio? — Chi spesso parla, spesso falla. — Et anco quando tu parli, parla basso; non fare che tu paia una cicala22. Vuoi vedere, o uomo linguacciuto, quello che di te dice lo Eclesistico a viij cap.?: Terribilis est in civitate sua homo linguosus . Sai che vuol dire? Vuol dire che uno uomo linguacciuto e ciarlatore è suffiziente a disfare una città. O quanto costa cara una parola23 mal detta, e cetera e cetarone24! Et anco ti è insegnato in nella Sapienzia che dice: Interrogatus quomodo quis possit amari in civitate sua ecc. E così io dico a [p. 222 modifica]te: o cittadino, parla poco e fa’ bene; et anco ti dico: parla di rado. Anco Seneca ti disse: Intende libentius auribus audire, quam loqui: — Fa’ che tu attenda piuttosto a udire, che a parlare. Donna, vuoi piacere a tuo marito? — Sì — Or parla poco; non ciarlare, come molte fanno: — chia, chia, chia, chia, — che mai non si ristanno. O elli è mal mendo25 una parlatrice! Noi aviamo che sette volte parlò la Vergine Maria in tutto il tempo della sua vita, e non più. Io non dico che ella non parlasse mai più; dico che di ciò che Ella parlò, in tutto26 noi non aviamo di sette volte. Anco ti dico, terza cosa, che tu parli basso. Dice che tu parli piano; ma questo parlare piano non è detto a noi predicatori, chè a noi ci è detto: Clama, ne cesses, et quasi tuba extolle27 vocem tuam. Elli ci è comandato a noi predicatori, che noi gridiamo forte come una tromba a sgridarvi per farvi astenere da’ vostri peccati. Doh! tu debbi sapere che a volere riprèndare uno peccato, vi so’ più vie che una. Chè vediamo questo tuttodì, che una riprensione più a uno modo che a un altro è sufficiente a farlo rimanere dal peccato; che a tale secolare se li farà una reprensione pia,28 con buone ragioni, con buoni modi, che non sarà a sgridarlo; che so’ molti che ne farebero di peggio. E però si vuole considerare molte volte la persona e anco il tempo, e con modo piacevole, non sgridarlo, acciò che non faci peggio.

Terza considerazione si chiama fondazione. Dove è fondata la lingua? Doh, hai tu veduta la lingua del porco come ella sta? Così sta la nostra lingua attacata al cuore. [p. 223 modifica]Che t’insegna? Insegnati che quello che tu hai nel cuore, tu dica colla lingua, la quale è attacata a lui senza altro mezzo. Io ti ho detto di coloro che hanno una lingua, che eglino parlino con essa quello che hanno nel cuore. De’ quali dice Davit a XIIIJ salmi in questo modo: Qui loquitor veritatem in corde suo; qui non egit dolum in lingua sua. — Costoro so’ coloro che hanno una lingua, i quali parlano la verità, la quale hanno nel 29cuore, e non hanno inganno nella lingua lor. — Questi so’ coloro i quali so’ per verità buoni. Altri so’ che n’hanno due delle lingue; che hanno una cosa in cuore et un’altra cosa dicono colla lingua; come è colui che promette bene e non l’attiene, per stare in pace colla sua famiglia; che avarà promesso qualche buona cosa, e perchè vede che dispiace a qualcuno di casa sua, per istare in pace coi suoi dirà: — io no ’l promisi mai. — E questi so’ coloro dei quali dice Davit: Qui loquuntur pacem in proximo suo, mala autem in cordibus eorum:30 — Colui che parla bene col suo prossimo, e’ fa il contrario di quello che ha avuto nel cuore.31 — O quanto è mala cosa avere a fare con questi tali uomini! Peggio! Elli ci è di quelli che hanno tre lingue: Alter in lingua, alter in opere et alter in corde. Dei quali dice David: Labia dolosa, in corde et corde locati sunt32; che coll’operazione agiònta fanno ogni male contra la verità.

Quarta considerazione si chiama occasione: cioè, perchè è data la lingua all’uomo? Sai perchè gli è data? Perchè parli a onore di Dio, ringraziandolo de’ benefizi [p. 224 modifica]che noi riceviamo da lui. Siconda, per tua utilità e necessità. Terza, per la utilità e bene del prossimo. A ordine, sai; cioè prima per Dio, poi per te, poi per lo prossimo. Cioè, se tu hai bisogno di Dio, che tu mandi la tua parola a Dio, come faceva David, che d’ogni cosa il ringraziava dicendo: Benedicam Dominum in omni tempore: semper laus eius in ore meo; 33 Sia benedetto il mio Signore Idio in ogni tempo, e la loda sua sempre sia nelle mie labra e nella mia boca. — Anco, quando tu hai bisogno di niuna cosa, Idio t’ha data la lingua, che tu il possa chièdare;34 come se quando tu hai bisogno di parlare,35 e come se tu avesse una infermità, che tu il sappi dire. Simile, anco perchè tu possa dire il peccato tuo in confessione al sacerdote, e simile d’ogni cosa che bisogna al corpo e all’anima tua. Sai a quello che si può assimigliare questa lingua, la quale dice il peccato suo in confessione? È assimigliata alla pala della buona massaia, quando ella ha spazata la casa, et ella piglia la pala e ponvi su la spazatura, e con essa la gitta fuore. Simile fa la creatura che confessa il peccato suo alla confessione, che spezza la mente e la conscienzia, e poi gitta la spazatura della casa sua dinanzi al sacerdote. E di questi tali fu David profeta, come tu hai nel suo salmo dicendo così: Dixi: confitebor adversum me iniustitiam meam Domino; et tu remisisti impietatem peccati mei36: — Io dissi in me medesimo: io mi confessarrò contra me i peccati mie’ e la mia ingiustizia; e tu Idio mi perdonarai ogni mio difetto. — [p. 225 modifica]

Anco t’è data la lingua per bene et utile del tuo prossimo, adoperandola in ogni cosa che bisogna; et anco per bene et utile del Comuno: tu il debbi aiutare a giusto tuo cognósciare. E anco t’è data perchè tu consègli colui che non è dotto.37 Anco consigliare chi dubita; et anco debi dare aiuto di parola e di fatti a la vedova e pupilli e orfani, che non hanno se non chi gli scaccia. E simile, per tutta la città, e per chi tu cognosci che n’ha bisogno. E per questo disse Pavolo a Timoteo38 a la prima Pistola al iiij cap.: Consolamini invicem in verbis istis: — Consolatevi insieme l’uno e l’altro, et aviate carità l’uno all’altro. —

Quinta considerazione è formazione; come è fatta la nostra lingua. La lingua nostra ci dimostra molte cose, le quali noi non intendiamo. Hai tu anco pensato come ella è fatta? E le condizioni sue? Or odele, che sònno sette:

Prima, ha colore rosso come il fuoco.

Siconda, vedi che è pura carne senz’osso.

Terza, vedi ch’ella è morbida.

Quarta, vedi ch’ella è più larga che grossa.

Quinta, vedi ch’ella è più lónga che larga.

Sesta, è di sotto legata e di sopra sciolta.

Settima, di sotto corta e di sopra lónga.

Or mettiamo mano al sacco, e vediamo quello che significano.

Prima vedi che ha colore di fuoco. Che significa il fuoco? Carità. Così debba fare la lingua, debba parlare con carità. Ciò che ella parla, ogni cosa carità, carità, [p. 226 modifica]carità a Dio, a sè et al prossimo. Doh! ode Pavolo scrivendo a’ Corinti al xiij cap.: Si linguis hominum loquar et angelorum, charitatem autem non habeam, factus sum velut aes sonans, aut cymbalum tinniens39. Quasi dica: — Se io che so’ uomo parlassi con lingua d’angioli, non avendo io carità, io so’ fatto come uno suono di campana, o come un cembalo. — E però puoi comprendere che chi non ha carità, non può piacere a Dio. In ogni modo che tu parli, fa’ che sempre tu parli con carità. Se parli a Dio, parla con carità. Se parli di te, parla con carità; e così parlando al prossimo, sempre con carità: fa’ che dentro te non sia altro che amore, amore, amore. E come vedi che l’amore si dipègne tutto focoso perchè è caldo, però che la cosa de’ rispóndare alla materia40; così ti conviene fare in te medesimo, come tu fai quando tu hai la buona lasagna. Vedi che avendo tu la lasagna, tu non farai mai il cuchiaio di suolo di scarpetta, ma piuttosto d’ariento, però che pare che righiega più che di suolo di scarpetta. Simile, avendo tu la carità, fa’ che tu vi facci il cuchiaio d’ariento o d’oro. Non vedi tu che la lingua è il cuchiaio nostro, che con essa potiamo chièdare et avere ogni nostro bisogno? Et anco vedi che è ritratta41 come un cuchiaio. E però parla sempre con carità, avendo in te carità; e ciò che tu parli, riferiscelo in carità, cioè in carità, per carità e con carità. Ode David: Ignitum eloquium tuum vehementer42: — Ardente è il tuo parlare, — cioè con carità. [p. 227 modifica]Inde hai che quando Cristo Gesù mandò i discepoli suoi predicando per lo mondo, li mandò quando furono ripieni dello Spirito Santo, il quale lo’ venne da Dio in forme di léngue e così di fuoco, dimostrando non dee essere altro che carità in noi, i quali andiamo predicando come andaro gli apostoli, e come Idio ha comandato.

Siconda condizione. Come tu vedi che la lingua è senza osso,43 tutta trattabile, così si dimostra che tu la debbi adoperare trattabile e morbido in ciò che tu parli sì a Dio, sì per te e sì nel prossimo. Non volere essere rigido nel parlare, chè vedi la lingua in se medesima è tutta dolce e morbida. Doh! ode nello Ecclesistico vel in Sapienzia: Patientia lenietur princeps, et lingua mollis confringet duritiam44. Elli si dee avere pazienzia, quando una cosa non va così ben bene, ed aspettare un poco di tempo. Donne, doh! quando altri ha uno stizza, e volesse dare del capo nel muro per rómpare il muro, che credereste che costui facesse? Io non credarei45 che elli spezasse il muro, ma sì il capo a sè. Così voglio dire d’uno46 che volesse vinciare per minacciare47 uno signore, dico nol vinciarà mai. Che riparo ci è? Io te l’ho detto: parlali morbido. Se tu li parli ruvido,48 tu ne farai male; ma se elli ti parla ruvido lui, non rispóndare altro che dolce tu, e poi sta’ un poco, e ritorna a parlarli pure dolce, e vedrai che subito sarà ramorbidato. [p. 228 modifica]

Terza, dico: morbida è la lingua; che tu mai non parli se non tutto piacevole, tutto acostumato, con atti tutti gentili e piacevoli; chè per certo uno parlatore che parli aconcio e a ragione, egli è una degnità. Doh!, ode nello Ecclesiastico a xl cap.: Tibiae et psalterium suavem faciunt melodiam, et super utraque lingua suavis. Quanto è dolce cosa a udire suonar trombette, salterio et ogni strumento! Dove tu odi quelle melodie, è una cosa suave e piacevole, ma sopra a questa dolcezza la lingua dell’uomo, quando ella parla bene, non truova pari di soavità. Ela passa ogni strumento.49

Quarta condizione: la lingua è più larga che grossa; dove ti significa che tu parli più largo che grosso, cioè che tu parli per modo, che tu sia inteso. Non aviluppare il tuo parlare: quando tu parli, parla largo e aperto: dì il pane pane, dì colla lingua quello che tu hai nel cuore, e parla chiaro per modo che tu sia inteso. Non volere parlare una cosa, e poi il contrario; nè anco non volere parlare come molti, che parlano rattenuto, che parlano e non so’ intesi. Che dici? — Oh! io dico, io do, no, sì. — Oh, oh parla chiaro, e non pur chi...chi...chi..., chiaro chiaro! Ode santo Matteo al quinto cap.: Sit autem sermo voster, est, est; non non: quod autem his abundantius est, a malo est. Sia il vostro parlare sì, sì, no, no: dite il pan pane. El vostro parlare è scuro, e chi parla scuro è vizioso, e va col vizio. Volta mano. Chi parla aperto sognifica volere andare con drittura, senza pensiero d’inganno.

Colui che parla chiaro, ha chiaro l’animo suo: chi parla scuro, significa l’animo suo scuro. E non negare mai quello che tu hai detto: se già dicesti sì, dì anco ora [p. 229 modifica]sì. Non fare come colui che tiene el compagno fra due, dicendo: — forse io dico...o non so ch’io..., — e in tutto non dichiara per modo che elli sia inteso. Non andare mai con vizio. Inde ne’ Proverbi al primo capitolo: Sermo simplex pulcherrimus est: — El parlare semplice è molto bello.50 — Non è così chi parla scuro. Parla largo, largo e chiaro. Non vedi tu l’essemplo de’ nostri dottori, come parlano chiaro? Quando ti dice se la cosa sta così, così vuole andare; e parlanti per modo che la verità sta in campo, e sta bene.

Quinta condizione. Vedi che la lingua è più lònga che larga; significandoti ch’eli51 dìe dire la sua parola lònga; che se elli durasse sempre col mondo quello che egli ha detto, sempre el raffermi. Se elli dice oggi sì e domane no, elli non ha la lingua lònga, e fa grande male, chè dimostra avere due animi. Inde santo Iacomo: Vir duplex animo inconstans est in omnibus viis suis. L’uomo ch’ha l’animo doppio, dimostra com’egli è52 incostante, e ’l suo iudicio non è fermo, ch’oggi dice sì, e domane dirà no, sicondo il bisogno, e sicondo il volere volta l’animo suo.

Sesta condizione della lingua: di sopra è sciolta e di sotto è legata, dimostrandoti ch’a quello che è bene, tu sia esperto di farlo per amore di Dio, il quale sta di sopra; e quando fusse male, indugia e fa’ adagio per paura del giudizio suo, che non ti condanni a èssare [p. 230 modifica]legato disotto fra li spiriti dannati. Indi disse Anselmo...53 Non fare come molte sogliono fare, che dicono d’uno bene a uno, e ad un altro ne dicono male. E molti sò che fanno a questo modo per compiacere a l’uno e a l’altro. E però quando hai detto bene, non dire mai contra. Hai tu detto male d’uno? — Sì — Non dir mai che tu non l’abbi detto; non mutare mai mantello; di’ il vero, e nanzi che tu ’l voglia disdire, di’: — io dissi male. — E avezzati a parlare poco del mondo, significato per la lingua legata di sotto; e a parlare assai di Dio, significato per la lingua sciolta di sopra: non t’impacciare troppo delle cose del mondo.

Settima condizione della lingua. Tu vedi che la lingua è di sotto più corta e di sopra più lónga, dimostrandoti che ogni bene che tu ricevi da Dio in questo mondo, è corto e picolo, e d’ogni bene sarai rimunerato o di qua o di là; ma il bene che arai da lui nell’altra vita, sarà lunghissimo in saecula saeculorum. E però parlando tu sempre di Dio, da Dio sarai meritato saldamente, ma non così dal mondo. E qui hai vedute sette condizioni della lingua. Vede ora la sesta considerazione, dove è locata la lingua: locazione; dove noi vederemo sette ragioni:

Prima, è messa in boca come in uno forno.

Siconda, è messa in luogo alto.

Terza, è messa nella faccia dell’uomo, e non è messa nel fianco nè nelle reni.

Quarta, è messa più bassa che l’orechie.

Quinta, è posta più giù che li ochi.

Sesta, è posta più giù che ’l naso. [p. 231 modifica]

Settima, è posta in luogo che sempre sta bagnata. Vede queste sette considerazioni.

Prima, dico, è messa nella boca, a modo che in uno forno. Ècci niuna fornaia? Or atende. Ella è posta in boca come pala in forno caldo. Io ti voglio dimostrare che tu m’intenderai. Ogni cosa che noi facciamo o è da Dio o è dal mondo, sì che nelle tue operazioni che tu fai si può cognòsciare se tu se’ di Dio, o se se’ della terra. Se tu se’ di quelli di Dio, sempre fai l’operazioni tue con carità calde e ardenti. Se tu se’ del mondo, mai non farai opera calda, però che in te non è carità. E però considera te stesso, di quali tu se’. Piglia l’essempro. Se se’ calzolaio, elli viene uno a te: — che vuoi di queste scarpette? — Io ne voglio quindici soldi. — Se tu le dai a meno, tu non parlasti con carità, e hai mentito. Oltre. — O calzolaio, fammi un paio di scarpette buone. — Elli dice: — io te le farò le migliori che sieno in Siena. — Se non le fai come tu hai detto, tu non se’ di quelli di Dio. Anco, tu vuoi maritare una tua fanciulla, tu la lodi, che ella è la migliore e la più virtuosa che sia in Siena. So non è la verità, tu non hai parlato con carità di Dio, nè anco con carità del prossimo, e la tua lingua non è di Dio, anco è dello ’nferno. Nè anco non è lingua di Dio quello che vuole della cosa più che non vale, o che dà la cosa gattiva per buona, dicendo: — tu non trovarai migliore mercanzia che la mia, — e talvolta non poterebbe trovare peggiore.

L’altra54: è messa in luogo alto la tua lingua? — Sì — Or non la mandare per terra, come fa il porco a ogni bruttura. Ha’ tu veduto come fa il porco? El porco [p. 232 modifica]come s’abate a un loto, la prima cosa ch’elli fa, vi mette la boca. Così fa colui che è parlatore di disonestà, che si diletta di parlare d’ogni fracidume. O fanciulli, se voi sarete scostumati, guai a voi! E così dico a tutti voi altri: non voliate méttervi a parlare ogni vituperio: non parlate niuna cosa lercia, ma piuttosto parlate delle cose di vita eterne. Ode David: Posuerunt in coelum os suum, et lingua eorum transivit in terram 55: — Eglino posero loro boca a parlare delle cose del cielo, e allora allora la chinaro in terra56. —

Terza. Idio pose la lingua nella faccia dell’uomo. Sai perchè la pose più57 nella faccia che in altro luogo? Perchè nella faccia sònno tutti i sentimenti: il quali sentimenti tengono la lingua in mezzo, dimostrandoti che ciò che tu parli, ti parli con riguardo, acciochè tu non facci nulla, che i sentimenti non lo intendino; e sicondo che tu parlerai, sarai tenuto. Inde l’Eclesiastico a xxj cap.: Cor sapiens probatio linguae58: — El cuore che è savio la pruova sua si è la lingua. — Però si dice, alla faccia si cognoscie l’uomo.

Quarta. Idio pose la lingua più bassa che l’orechie, e ha posta l’una orechia di qua, e l’altra di là, e tengono in mezzo la lingua guardandola da ogni lato. E però quando tu parli, tu debbi considerare da qua’ lato io parlo. Io sarò udito, s’io parlo di qui: elli si è l’orechia dritta. S’io di qua59, elli ci è la sinistra: di qua ci [p. 233 modifica]è chi m’odia. Inde nello xij cap. delli Proverbi: Auris zeli audit ommnia 60. Sònno molti che non aranno prima udito, che ellino aranno teso il balestro. Anco ne’ Proverbi 61 al primo cap.: Qui iniqua loquitur, non potest latere62:— Colui che parla male, non si può celare ch’elli non lo dimostri.

Quinta. E’ posta la lingua sotto a due ochi, significando due cognoscimenti che l’uomo dìe avere, cioè cognòsciare il vero e ’l falso, e una cosa che non sia vera, mai non dirla, e la cosa vera, se tu la sai, la puoi parlare il più delle volte senza peccato, non però sempre. Inde all’xj cap. dello Ecclesiastico: Prius quam interroges, ne vituperes quemquam; et cum interrogaveris, corripe iuste. Quando tu vuoi riprèndare uno, tu debbi prima sapere se è vero quello di che tu il vuoi riprèndare; che se tu il riprendesse, et elli non avesse fatto il fallo, escusandoti, tu diresti: — oh, io non sapevo il vero! — Non fare così: sappilo prima. Nè anco se fusse vero, non si vuole vituperare, ma riprèndarlo con quello ordine che t’ha insegnato la santa Chiesa; e se tu tieni altri modi, quella lingua non è di sotto agli ochi come dovarebbe.

Sesta. E’ posta la lingua sotto le nare del naso, acciò che quando tu parli niuna cosa del tuo prossimo, tu prima tochi te, se se’ nel medesimo vizio. Non so se tu hai posto mente quando uno vuole parlare d’uno altro: prima si toca il naso, e poi comincia a parlare, dimostrando prima di sè che egli è pieno di quello vizio che egli dice del compagno. E però non ti dimostrare d’èssare [p. 234 modifica]tu il buono, e ’l compagno gattivo: guarda prima te, e poi il compagno. E di questi tali dice santo Matteo al vij cap.: Hypocrita, eiice primum trabem de oculo tuo: — O ipocrita che vuoi dimostrare d’èssare63 tenuto buono, va’ prima e cavati la trave del tuo ochio, e poi riprende altrui. — E però, o tu che se’ ripreso da uno di quella cosa che tu non hai fatto, e halla fatta lui, dilli: — forbeti il naso. — Doh!64 io vi voglio dire quello che fu una volta qui a Siena. Elli si vendeva una volta la farina alla tina, et uno ne voleva furare costà in sul Campo65 di notte, e furavane e teneva questo modo. Elli si poneva una tasca su per le reni, et aveva una campanella, et andava cariponi66, e udendo quella campanella, pareva alla gente che elli fusse un porco67 di quelli di santo Antonio. Elli apriva la tina, e tolleva della farina due e tre e quatro volte la notte, e così se ne veniva et andava a portarla alla casa. Avenne che, essendo stato preso un ladro e menato alla giustizia, costui che furava ogni notte la farina, diceva: — elli merita mille forche! Io dico che elli si vuole affadigare e fare come fo io. — E mostrava i calli che elli aveva nelle mani, i quali aveva fatti per andare caraponi. Or a costui si poteva dire: — forbeti il naso68, — quando diceva così di colui. Simile si potrebbe dire così a una che sarà stata una grandissima ribalda, la quale udirà parlare d’una, e cui sarà aposta una infamia. Ora costei si farà ben gagliarda [p. 235 modifica]a palesare quella infamia aposta, e dirà: — elli si dice...... si dice...... Che si dice? Che si dice? — Sai che ti dico?69 Va’, forbeti il naso70.

Settima. È posta la lingua in luogo che sempre sta umida, et è umida da tre umidità: ha umidità dallo stomaco, dal ventre e dalla testa. Che ti significa? che ella debba cercare d’èssare bagnata della grazia di Dio: la testa e ’l petto e ’l corpo significati per tre stati; per stato d’incipienti, di proficienti e di perfetti; cioè che in ciascuno sia la grazia di Dio adoperata con ordine e buono modo infra tutti. E non fare il contrario, come coloro che d’ogni cosa mormorano a torto, biasimando sempre i buoni. Va’, forbeti il naso. E però, va’, ricognosceti, e poi parla, e parlerai bene. A’ quali dice Ieronimo: Venter meus doleo, et sensus mei cordis conturbati. Oimè il cuore, oimè il cuore, oimè il cuore! Io vego il ventre pieno di vizî, et anco vego di quelli che hanno il petto con buona conscienzia. L’altra è bagnata di grazia di Dio, discendente dalla testa; e questi so’ coloro che hanno la mente tutta pellegrina a Dio.71 E questi so’ coloro, come tu hai nelli Atti delli Apostoli al sicondo cap.: Et factus est repente de coelo sonus,....et coeperunt loqui variis linguis. Dice che le lingue di fuoco erano fatte sopra di loro; e questo fu un ardore, che sempre furono amatori di carità. Anco dìe72 avere l’altra aqua di grazia da Dio al corpo, chè parlavano a tutte le persone con carità. Ode Pavolo se fu bagnato della [p. 236 modifica]grazia di Dio. Dice: Omnibus omnia factus sum, ut omnes facerem salvos. Egli parlava inverso l’anime gentili levate in alto tutte cose e soavi e dolci della gloria. Elli parlava di cose più umane a quelli che non erano tanto levati in Dio. Ma che cosa si può dire di Cristo più bassa che della sua passione? E con tutto che elli parlasse di tali cose, pure elli parlava di cose alte. Sapientiam loquimur inter perfectos. Della sapienza si parla infra’ perfetti; fra’ proficienti di cose mezane; fra l’incipienti di cose più basse, e così in ogni modo parlava di Dio con carità, e la conversazione sua tutta era in carità per amore di Dio.

La settima ed ultima considerazione si è, come è armata la lingua: custodizione. Questa sarà piccola piccola, perchè elli è sabato.73 Hai tu veduto come sta la lingua? Ella sta come sta una città: ella è posta questa lingua col muro e coll’antimurato.74 Tu vedi che le mura della città so’ merlate:75 così è merlato il muro della lingua, sai, i denti; e dentro è la città; e sai che fra il muro di dentro e di fuore è uno fosso. Sòcci ancora i labri, che so’ lo stecato.76 (Donne, verrete domane a udire la predica de’ pulcini e dell’uova non covate?). Tre ragioni so’ perchè Idio ha posto alla lingua lo stecato, el muro, e ’l fossato.77 Sai perchè? Perchè tu consideri perchè [p. 237 modifica]tu hai a Dio lodare; e se tu non lodarai, mai non vi andarai.78

Prima, considera che ti conviene sempre mai lodare.

Sicondo, considera che al prossimo tu debi sempre il bene parlare.

Terzo, considera che sempre il ben di Dio ti conviene col prossimo comunicare.

Prima, dove tu dei laudare Idio. Andarai tu a laudare Idio colla lingua bugiarda? Non è di Dio quella lingua. Nello Ecclesiastico a xv cap.: Non est speciosa laus in ore peccatoris.79 — Idio non ha cara la loda di colui che è gattivo. — Considera: chi è colui che parla bene al prossimo? È il predicatore che mai non fa altro che amonire per trarre il peccatore del peccato, et anco dice molte cose sante e utili. Una buona parola è il nome di Giesù.80 È buona? — Sì — Dunque guarda come tu la ricordi colla lingua, che mai non parla altro che male, che è la lingua del diavolo. Non sta bene l’uno coll’altro.

Siconda debbi a utile del prossimo adoperare la lingua a laude di Dio, imperò che ogni operazione fatta a gloria di Dio è accetta se è fatta con pura e santa e buona intenzione. Netta però la mente tua. Doh, hai tu niuna cosa santa in casa? Chi dice: — io ho della corda di santo Francesco. — Chi dice: — io ho de’ panni della cappa. — Buona e santa cosa è! Ma chi avesse de’ panni di Cristo, che tocarono le sue carni, anco è più preziosa [p. 238 modifica]cosa. O se io vi dicessi: — vuoi uno bellissimo reliquio, il quale tocò il cuore di Cristo? Questo è più bello che niuno altro reliquio. — E che credi che sia? È la parola sua, ciò è la verità che credi, che si ha a dire. Dixit Iesus discipulis suis. Solo questa reliquia è più preziosa che niuna altra reliquia che tu abbi. Dici il patarnostro? — Sì — Non è più al mondo più bella e preziosa reliquia; imperò che elli venne dal cuore e da la boca e dal corpo di Cristo. O tu che dici la segreta 81 all’altare, ella è venuta del mezzo del cuore di Cristo. Quanto tu ricordi Cristo, o lingua maladetta, ostinata, tu non vi pensi!

Terza è comunione. Quando tu ti vai a comunicare, non consideri tu che tu vai a pigliare e ricévare il vero corpo di Cristo? O iniquo uomo, con che boca vi vai? Con che cuore vi vai? Con che ochi vi vai? Con quali mani vi vai? Con quali piei tu vi vai? Con quelli che tu hai fatto migliaia di volte contra la volontà sua. Con essi hai vedute, tocate, udite ogni miseria, dove tu hai fatto contra il suo comandamento. Nel Levitico a xj cap.: Sancti estote, quia ego sanctus sum: 82: — Siate santi come io so’ santo, io. — Doh, guarda come l’hai ubidito, come se’ santo! Consideralo come arai ardire a pigliarlo! Grande compunzione, grande devozione ti converrà avere, se tu ti comunicarai con tale Signore.

Raccoglie:83 tu hai stamane. . . . . . . . . . . .

Note

  1. Il testo ha, Predica VIII, e per errore vi appone la rubrica della Predica X.
  2. Il Cod. Pal., io guarderò.
  3. E’ il vers. 21. Non in manibus la Vulgata, ma in manu linguae. (Banchi)
  4. Cap. xxvij, vers. 21. Il nostro Testo in luogo di dominator, come hanno gli altri Codd., legge per errore, damnatio. Bensì la Vulgata, et dominatrix illorum est assidua lingua.
  5. Il Cod. Pal., cioè di questa lingua.
  6. Il Cod. Pal., considerazione; e così subito dopo invece di, conservazione.
  7. Ma il nostro Testo erratamente, fondata.
  8. «Scotta per Gazzera lo usano tuttora là nel Senese; e Scotteggiare dicono per Parlar molto ed a caso, come fanno le gazzere o scotte» (Fanfani, Vocab. dell’Us. Tos.).
  9. Il Cod. Sen. 6: O, o, la ghiandaia e la scotta parla ec.
  10. Qui dovemmo accettare la lezione del Cod. Sen. 6, poichè il nostro Testo legge, a la salute, in luogo di absoluto; che ci pare errore da potersi riferire all’amanuense del Cod.
  11. Il Cod. Sen. 6, distillanti.
  12. Il Cod. Pal., dove essa dimostri.
  13. Il Cod. Sen. 6, perchè egli l’usi; il Cod. Pal., perchè l’adoperi.
  14. : Il passo appartiene invece al cap. XV, v. 4 dei Proverbi, e dice: Lingua placabilis, lignum vitae. (Banchi)
  15. Le parole, Lingua suavis, non si riscontrano nella Volgata.
  16. Più versetti del primo cap. del Libro della Sapienza si riferiscono a quest’argomento, ma specialmente l’undicesimo che dice: Custodite ergo vos a murmuratione, quae nichil prodest; et a detractione parcite linguae, quoniam sermo obscurus in vacuum non ibit: os autem, quod mentitur, occidit animam.
  17. Il Cod. Sed. 6, ógnare e pógnare, cioè ungere e pungere. E poco sotto, púgnare.
  18. Gli altri Codd., ugni e pugni.
  19. Il Cod. Sen. 6, due teste.
  20. Il Cod. Pal., perchè tu odori, più che tu non parli.
  21. È il v. 12 del salmo 139; corrette alcune mende dei Codici. (Banchi)
  22. Il Cod. Sen. 6, una cécàra.
  23. Gli altri Codd., una cosa.
  24. Scherza sulla parola eccetera, ed è modo che trovammo, e proprio dei Santo.
  25. Negli altri Codd., membro.
  26. Il Cod. Sen. 6 ., di ciò che Ella parlò mai, in tutto in tutto ec.
  27. Così nei Codd. in luogo di, exalta.
  28. Invece gli altri Codd. hanno, una reprensione piano.
  29. Veramente il Testo dice, non hanno, errore corretto con la lezione degli altri Codd.
  30. È il 3.° v. del salmo xxvij.
  31. Il Cod. Sen. 6, fa il contradio di quello che è auto in quore.
  32. Salmo xi, v. 3.
  33. È il Salmo XXIII, v. 1. Il Testo nostro: Benedictus Dominus etc..
  34. Gli altri Codd., perchè tu la possa chiedere.
  35. E gli altri Codd. invece, di mangiare.
  36. Salmo xxxj, v. 5
  37. Seguono negli altri Codd. queste parole: Anco debbi confortare il tribolato.
  38. Non a Timoteo, ma ad Thessalonicenses
  39. Erroneamente il Testo dice, al primo cap. Correggemmo altresì alcune mende del passo latino.
  40. Una delle non poche reminiscenze dantesche, che s’incontrano in queste Prediche. Il Poeta: Perch’a risponder la materia è sorda (Par., I, 127).
  41. Cioè, fatta in forma di cucchiaio
  42. È il salmo cxviij, v. 140
  43. Il Cod. Pal. dice: è senza osso, tucta carne, tucta tractabile ec.
  44. È il v. 15 del cap. xxv dei Proverbi, che abbiamo emendato dei molti errori, onde è riferito nei Codici.
  45. Il Cod. Pal., io non crederei. E poco dopo, ma sibbene il capo a sè.
  46. Il Cod. Pal., Così dico d’uno.
  47. Negli altri Codd., per minaccie.
  48. Il Cod. Pal., duro o veramente ruvido: il Cod. Sen. 6, o veramente turvido.
  49. Il Cod. Sen. 6, stormento.
  50. Qui v’errore di citazione ^ e il passo ancora non è riportato con fedeltà. Non al primo cap., ma al v. 26 del cap. xv de’ Proverbi è detto purus sermo pulcherrimus ec. Questa volta ci siamo astenuti dall’emendare la lezione del Cod., perchè emendandola, la versione non corrisponderebbe al testo latino.
  51. Intendi, l’uomo.
  52. Gli altri Codd., dimostra essere.
  53. Lacuna in tutti i codici.
  54. Cioè, l’altra ragione, che è la seconda delle sette ragioni che sopra ha divisato.
  55. Salmo lxxij, v. 9; corrette, al solito, alcune mende del Testo.
  56. Il Cod. Pal., la chinarono a terra.
  57. Negli altri Codd., piuttosto.
  58. Così nei Codd., ma nella Volgata il passo citato è ben diverso, dicendo: In ore fatuorum cor illorum, et in corde sapientium os illorum.
  59. Gli altri Codd.: Se io parli di qua.
  60. Il passo da noi corretto secondo la Vulgata, non è de’ Proverbi, ma bensì del primo cap., vers. 10 della Sapienza
  61. Correggi nella Sapienza
  62. Ma il Testo nostro, iniquus, in luogo di iniqua, e celari in luogo di latere, come ha la Scrittura.
  63. Gli altri Codd., che vuoi essere.
  64. Qui comincia il quinto dei Racconti editi da Zambrini in Racc. San Bernard., pagg’. 13-15.
  65. Cioè; sulla Piazza già detta del Campo.
  66. Gli altri Codd., caraponi, e più sotto carapone e carponi.
  67. Negli altri Codd., sembrava uno porco.
  68. Modo proverbiale: ciò è a dire: netta, purga te stesso delle tue magagne, e non dire d’altrui (Zambrini)
  69. Nella stampa: Sai che si dice?
  70. Qui termina il quinto racconto.
  71. Vuol dire, la mente libera da ogni mondano pensiero, e tutta rivolta a Dio. La locuzione, bella ed efficasissima, è dantesca: E che la mente nostra pellegrina, — Più dalla carne, e men da’ pensier presa ec. (Pur. ix, 16 ).
  72. Il Cod. Sen. 6, dice.
  73. Cioè, su questa settima considerazione mi fermerò brevemente, essendo giorno di faccende. Per antica consuetudine in Siena il sabato è giorno di mercato.
  74. Per antimuro, come hanno tutti gli altri Codici.
  75. Erano merlate, e tali rimasero fino all’ultima guerra di Siena. Ma per i danni che allora subirono e pe’ restauri che posteriormente vi si fecero, i merli rimasero tutti soppressi.
  76. Il Cod. Pal., che sono mio steccato.
  77. Gli altri Codd., el fosso.
  78. Non anderai mai in paradiso. Il Cod. Pal.: mai non vi andara dove sta lui in cielo. Il Cod. Sen. 6; due sta lui.
  79. Il passo latino leggesi nel solo Cod. Sen. 6: negli altri è lacuna.
  80. È forse superfluo ricordare ai lettori che il Santo promosse la divozione e il culto al Nome di Gesù, che poi si costumò di collocare scolpito o dipinto sulla facciata delle chiese e delle case. In Siena è rimasto sulla facciata del palazzo pubblico, e di molte case anche modestissime.
  81. Quella parte, cioè, della messa che il sacerdote dice sotto voce.
  82. Così la Vulgata; ma il nostro Testo: Estote sancti, sicut ego sanctus sum
  83. Vale a dire, riepiloga. Ma il riepilogo manca in tutti i Codd. e perciò questa predica si ha mancante della sua fine.