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228 | predica nona |
Terza, dico: morbida è la lingua; che tu mai non parli se non tutto piacevole, tutto acostumato, con atti tutti gentili e piacevoli; chè per certo uno parlatore che parli aconcio e a ragione, egli è una degnità. Doh!, ode nello Ecclesiastico a xl cap.: Tibiae et psalterium suavem faciunt melodiam, et super utraque lingua suavis. Quanto è dolce cosa a udire suonar trombette, salterio et ogni strumento! Dove tu odi quelle melodie, è una cosa suave e piacevole, ma sopra a questa dolcezza la lingua dell’uomo, quando ella parla bene, non truova pari di soavità. Ela passa ogni strumento.1
Quarta condizione: la lingua è più larga che grossa; dove ti significa che tu parli più largo che grosso, cioè che tu parli per modo, che tu sia inteso. Non aviluppare il tuo parlare: quando tu parli, parla largo e aperto: dì il pane pane, dì colla lingua quello che tu hai nel cuore, e parla chiaro per modo che tu sia inteso. Non volere parlare una cosa, e poi il contrario; nè anco non volere parlare come molti, che parlano rattenuto, che parlano e non so’ intesi. Che dici? — Oh! io dico, io do, no, sì. — Oh, oh parla chiaro, e non pur chi...chi...chi..., chiaro chiaro! Ode santo Matteo al quinto cap.: Sit autem sermo voster, est, est; non non: quod autem his abundantius est, a malo est. Sia il vostro parlare sì, sì, no, no: dite il pan pane. El vostro parlare è scuro, e chi parla scuro è vizioso, e va col vizio. Volta mano. Chi parla aperto sognifica volere andare con drittura, senza pensiero d’inganno.
Colui che parla chiaro, ha chiaro l’animo suo: chi parla scuro, significa l’animo suo scuro. E non negare mai quello che tu hai detto: se già dicesti sì, dì anco ora
- ↑ Il Cod. Sen. 6, stormento.