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carità a Dio, a sè et al prossimo. Doh! ode Pavolo scrivendo a’ Corinti al xiij cap.: Si linguis hominum loquar et angelorum, charitatem autem non habeam, factus sum velut aes sonans, aut cymbalum tinniens1. Quasi dica: — Se io che so’ uomo parlassi con lingua d’angioli, non avendo io carità, io so’ fatto come uno suono di campana, o come un cembalo. — E però puoi comprendere che chi non ha carità, non può piacere a Dio. In ogni modo che tu parli, fa’ che sempre tu parli con carità. Se parli a Dio, parla con carità. Se parli di te, parla con carità; e così parlando al prossimo, sempre con carità: fa’ che dentro te non sia altro che amore, amore, amore. E come vedi che l’amore si dipègne tutto focoso perchè è caldo, però che la cosa de’ rispóndare alla materia2; così ti conviene fare in te medesimo, come tu fai quando tu hai la buona lasagna. Vedi che avendo tu la lasagna, tu non farai mai il cuchiaio di suolo di scarpetta, ma piuttosto d’ariento, però che pare che righiega più che di suolo di scarpetta. Simile, avendo tu la carità, fa’ che tu vi facci il cuchiaio d’ariento o d’oro. Non vedi tu che la lingua è il cuchiaio nostro, che con essa potiamo chièdare et avere ogni nostro bisogno? Et anco vedi che è ritratta3 come un cuchiaio. E però parla sempre con carità, avendo in te carità; e ciò che tu parli, riferiscelo in carità, cioè in carità, per carità e con carità. Ode David: Ignitum eloquium tuum vehementer4: — Ardente è il tuo parlare, — cioè con carità.

  1. Erroneamente il Testo dice, al primo cap. Correggemmo altresì alcune mende del passo latino.
  2. Una delle non poche reminiscenze dantesche, che s’incontrano in queste Prediche. Il Poeta: Perch’a risponder la materia è sorda (Par., I, 127).
  3. Cioè, fatta in forma di cucchiaio
  4. È il salmo cxviij, v. 140