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IX.

Perchè Iddio ci ha data la lingua, e della detrazione1.

Dixi; custodiam vias meas, ut non delinquam in lingua mea. — Psalmus Davidis xxxviij) Dilettissimi, le parole proposte so’ di Davit profeta a xxxviij salmi, e in vulgare la sentenzia dice così: — Io dissi nel cuor mio: io ho guardato2 le mie vie, acciò ch’io non manchi nella lingua mia. — Stamane sarà da vedere il peccato che fa il detrattore, che per lo suo mal parlare fa contra la carità del prossimo. E doviamo cognósciare che ogni nostro operare che noi facciamo, sì si fa in questo mondo, e sicondo l’operare che noi facciamo di qua, eremo il premio di là, sì che ogni opera escie del mondo, e potiamo dire che ogni cosa escie dalla lingua, bene e male. E però molto si dìe guardare quello che altri parla, chè questa lingua è quella che ci può fare salvare e dannare. E che questo sia vero, vede a xviij capitolo dei Proverbi: Mors et vita in manibus linguae3: — La morte e la vita è nelle mani della lingua. — E nello Eclesistico: Bonum et malum, vita et mors: dominator eorum lingua adsidua4. Dice: Il bene e ’l male, la vita e la

  1. Il testo ha, Predica VIII, e per errore vi appone la rubrica della Predica X.
  2. Il Cod. Pal., io guarderò.
  3. E’ il vers. 21. Non in manibus la Vulgata, ma in manu linguae. (Banchi)
  4. Cap. xxvij, vers. 21. Il nostro Testo in luogo di dominator, come