Storia della letteratura italiana (Tiraboschi, 1822-1826)/Tomo VIII/Libro I/Capo IV

Capo IV – Biblioteche e Musei di Antichità e di Storia naturale

../Capo III ../Capo V IncludiIntestazione 11 marzo 2019 25% Da definire

Capo IV – Biblioteche e Musei di Antichità e di Storia naturale
Libro I - Capo III Libro I - Capo V
[p. 93 modifica]

Capo IV.

Biblioteche e Musei di antichità e di storia naturale.

I. Più lieto e più copioso argomento di ragionare or ci si offre. L’entusiasmo de’ principi e de’ grandi italiani nel raccogliere libri e nel formare magnifiche biblioteche, di cui abbiam vedute sì belle pruove nel secolo precedente, non venne meno, nè illanguidì in quello di cui scriviamo. La maggior parte delle biblioteche che già esistevano, si conservarono, e vennero ancora successivamente aumentandosi; e alle antiche, molte nuove se ne aggiunsero pubbliche e private. Nell1 andare in traccia de’ monumenti dell1 antichità più rimota non fu questo secolo punto inferiore al xvi. Anzi quanto più gli eruditi innoltraronsi in tale studio, tanto più crebbe in essi la brama di raccogliere quei tesori che formavano il più dolce soggetto delle [p. 94 modifica]94 LIBRO dotte loro fatiche. A’ musei di antichità.si aggiunsero quelli di storia naturale, de’ quali appena il secolo precedente dato ci ha qualche esempio j ed essi ebbero origine dalle tante opere che dopo la metà di quel secolo furono pubblicate, affin di scoprire il regno della natura. Perciocchè veggendo che a ben conoscerlo sarebbe stato necessario f andarsi aggirando per le più lontane provincie, salire le più erte montagne, e profondarsi nelle più cupe caverne, nè essendo ciò possibile alla maggior parte de’ dotti, questi pensarono a raccogliere nelle loro stanze ciò che la natura ci offre di più pregevole e di più raro in qualunque parte del mondo j c ili avere in tal modo sotto i loro occhi, standosi tranquilli e sicuri nelle proprie case, quanto avrebbon potuto osservare in lunghi e disastrosi viaggi. Di tutti questi tre generi d’erudite raccolte ragioneremo in questo capo, scorrendo le diverse provincie d’Italia, in cui si videro le più ragguardevoli * e per non ripetere tre volte lo stesso viaggio, ricercheremo al tempo medesimo ciò che ciascheduna città ci offre di più memorabile in tutti questi tre generi. Fra le altre guide che in tali ricerche ci posson servire di scorta, abbiamo due dottissimi Benedettini francesi, cioè i PP. Mabillon e Montfaucon, il primo de’ quali nel i(>85, il secondo nel 1698, venuti in Italia, tutte ne visitarono le biblioteche e i musei, e ce ne lasciarono la descrizione j il primo nella sua opera intitolata Iter italicum, stampata in Parigi nel 1724$ il secondo intitolata Diarium italicum, ivi parimenti [p. 95 modifica]PRIMO 9} stampata nel 1702. Nè di essi soli però, ma di più altri scrittori ci varremo a esaminar lo stato delle biblioteche e de’ musei italiani. JI. E cominciando da Roma, la biblioteca Vaticana da molti de’ pontefici, che in questo Secolo governaron la Chiesa, fu accresciuta e di fabbriche e di codici in modo, che potè a ragione arrogarsi il primato sopra tutte le altre. Molti codici greci e latini li aggiunse Paolo V, il quale due nuove ed ampie stanze fece innalzare, in cui disporli. e accrebbe l’annue rendite della biblioteca medesima. Assai più notabile fu l’aumento eli’ ella ebbe ai tempi di Gregorio XV. Quando Massimiliano duca di Baviera nel 1622 conquistò il Palatinato, occupò fra le altre città Eidelberga che 11’era la capitale, ove gli elettori Palatini aveano raccolta una sceltissima e copiosa biblioteca di codici mss. Egli pensò di non poter fare più lodevole uso di essa , che col donarla al romano pontefice; e questi tosto si determinò ad arricchirne la sua Vaticana. Ma frattanto venuto a morte lasciò l’esecuzione del suo disegno al suo successore Urbano VIII, il quale spedì a tal fine ad Eidelberga il celebre Leone Allacci, di cui diremo tra poco; e fatti trasportare a Roma que’ codici che vi si trovarono (giacchè non pochi erano già stati dispersi), un’altra capace stanza fece per essi innalzare, acciocchè vi stessero da tutti gli altri distinti. Abbiamo ne’ precedenti tomi veduto quanto avidi raccoglitori di codici fossero stati i duchi d’Urbino, e quanto magnifica biblioteca avessero essi formata. Poichè fu estinta la lor famiglia, e quello Stato tornò sotto il [p. 96 modifica]96 unno dominio de’ romani pontefici, Alessandro \ U volle che a Roma fosser trasportati i codici mss. che in essa erano per numero e per valore pregevolissimi, ed essi ancora unì alla Vaticana; a cui innoltre provvide di uno scrittore ed interprete delle lingue orientali, destinando a tal fine Abramo Echellense Maronita , chiamato già dalla Francia a Roma , e nominato professore delle dette lingue, celebre per la traduzione dall’arabo de’ Conici d1 Apollonio, e per altre sue opere teologiche e poligrafiche, e morto poscia in Roma nel 166.4. Finalmente Alessandro VIII ebbe aneli1 egli la gloria di vedere questa biblioteca a’ suoi tempi arricchita di mille novecento codici che la reina Cristina morendo le lasciò in dono, e pe’ quali egli un1 altra stanza aggiunse alla biblioteca medesima. Intorno alle quali cose si può vedere la prefazione premessa da’ dotti Assemani al primo tomo del Catalogo de’ Codici mss. della Vaticana. Essi ci han data ancora la serie de’ cardinali bibliotecarii della medesima, e degli uomini dotti che ne furon custodi. Io non ripeterò quella de’ primi che poco potrebbe interessare chi legge, e fra’ secondi, di alcuni dei quali dovrem ragionare nel decorso di questo tomo, accennerò a questo luogo quattro soli, i quali essendo stranieri, non debbon esser da noi rammentati tra quelli da cui riceve ornamento f italiana letteratura; ma nondimeno non debbono esser del tutto da quest’opera esclusi. Il primo di essi è Luca Olstenio d Amburgo, che dopo essere stato qualche tempo in Francia, per opera del Cardinal Francesco Barberino [p. 97 modifica]PRIMO CfJ passato a Roma, e fatto canonico in S. Pietro, da Innocenzo X nel 1653 fu nominato custode primario della Vaticana, e morì in Roma a’ 2 di febbraio del 1661 uomo di vastissima erudizione e di fino discernimento, e più clic pelle sue opere, benemerito della letteratura per le dottissime note con cui illustrò le altrui. A lui succedette Leone Allacci nato in Chio, e in età di nove anni trasportato nella Calabria. Dopo avere esercitati diversi impieghi in Roma e al Irò ve, e dopo essere stato mandato in Allemagna, come si è detto, pel trasporto della biblioteca palatina, il Cardinal Barberino, nominato poc’anzi, lo scelse a suo bibliotecario, dalla qual carica passò poscia nel 1661 a quella di custode primario della Vaticana, e la tenne fino alla morte, da cui fu preso a’ 18 di gennaio del 1669, in età di 83 anni. Grande è il numero delle opere da lui composte j e per lo più esse sono di argomenti teologici, liturgici, o d1 altro genere di sacra erudizione, e molte di esse sono indirizzate alla conversazione de’ Greci scismatici. Non isdegnò ei nondimeno l’amena letteratura , e oltre il coltivarla scrivendo alcune poesie greche e latine, la illustrò ancora con due opere singolarmente, cioè colla Drammaturgia, ossia* colf Indice alfabetico di tutte le drammatiche rappresentazioni italiane finallor pubblicate, e colf opera intitolata Apes urbanae, nella quale egli annovera tutti gli uomini dotti che dal 1630 fino al 1632 fiorirono in Roma, aggiuntovi il catalogo delle loro opere. Nella Raccolta Calogeriana si legge la Vita Tiraboschi , F’ol. XIF7 [p. 98 modifica]

  • J& LIBRO

ili questo dottissimo uomo col catalogo delle opere da lui composte, e con alcune lettere di esso non mai pubblicate (t 30); e un magnifico elogio ne abbiamo ancora in una lettera scritta nel 1649 da Luca Olstenio da Roma al principe e poi cardinale Leopoldo de’ Medici (Lettere inai, dì U0//1. HI. t. 1, L’ir. 17 7 3, p. 79, ec) , in cui a luogo descrive i rari pregii in genere d’erudizione, de’ quali egli è adorno. Stefano Gradi, natio di Ragusi, e morto nel 1683, fu il terzoj e di lui e delle opere da lui date alla luce parla Sebastiano Dolce ne’ suoi Fasti letterarii di Ragusa (p. $59), e il sig. don Jacopo Morelli (Codd. mss. Bibl. Naniae, p. 100, 101, 192), che ne ha pubblicata una lunga lettera latina in conferma dell’opera dell’Arnaldo sulla Dottrina della Chiesa intorno all’Eucarestia. Il quarto straniero custode della Vaticana fu Emanuello Schelstrate, che, nominato a quell’impiego nel 1683, finì di vivere nel maggio del 1692. Fu egli ancora uomo di vasta e molteplice erudizione, e molte opere teologiche e appartenenti all’ecclesiastiche antichità diede alla luce, nelle quali però si vorrebbe che alla molta dottrina fosse congiunto un ordine migliore e una critica più avveduta. A questi stranieri aggiugnerò anche un’Italiano, che qui vuol esser nominato pel saggio uso che fece de’ codici alla sua cura assegnati, cioè Lorenzo Alessandro Zaccagni, che nel 1698 diè alla stampa in Roma, accompagnati dalle sue erudite ricerche, alcuni opuscoli inediti di antichi scrittori ecclesiastici col titolo: Collectanea monumentorum veterum Ecclesiae Graecae et Latìnae. [p. 99 modifica]’ Piano gg Ili. Mentre la biblioteca Vaticana per la munificenza dei romani pontefici si andava in tal modo facendo ogni giorno più pregevole e più copiosa, altre biblioteche sorgevano in Roma a vantaggio degli studiosi e ad onore dell’italiana letteratura. Alessandro VII che alla Vaticana, come si è detto, fè dono de’ codici della biblioteca d’Urbino , alla Sapienza di Roma trasportar fece tutti i libri stampati della medesima , e ne formò una nuova ragguardevole libreria che servisse a’ professori e agli scolari che a quella università concorrevano, e opportune leggi prescrisse pel buon ordine e per l’accrescimento di essa (Caraffa de Gymn. rom. t 1, p. 236). Molti tra’ cardinali, e singolarmente i nipotii de’ papi, raccolsero essi pure tal copia di libri, che le lor biblioteche fanno anche al presente una piacevole ed utile occupazione de’ dotti stranieri. Quando il Mabillon nel 1685 fece il viaggio di Roma, niuna libreria dopo la Vaticana trovò più copiosa della Barberina; ed egli annovera alcuni dei più pregevoli tra’ codici latini che vi osservò (Iter italic. p. 131). Il Montfaucon le dà egli ancora la preferenza su tutte le altre biblioteche , ma avverte che i codici son quasi tutti latini, pochissimi gli orientali e i greci, e di questi dice che negli anni addietro ben cinquecento ne erano stati dispersi (Diar. italic. p. 210). Il Cardinal Francesco Barberini, nipote di Urbano VIII, ne fu il fondatore; e fu questa una delle molte pruove ch’ei diede del suo animo splendido e generoso verso le lettere, delle quali fu uno de’ più illustri mecenati [p. 100 modifica]lOO LIBRO che questo secolo avesse; lodato perciò ed esaltato con sommi encomii da molti poeti , benchè da molti altri scrittori ripreso per la parte eli egli ebbe negli affari politici de’ suoi tempi. Di lui, oltre gli scrittori delle Vite de’ Cardinali, e oltre un breve elogio che se ne ha nelle Memorie de’ Gelati (p. 1 ji) e nel Museo Mazzucchelliano, ove si riportano quattro medaglie in onor di esso coniate (t 2. p 123), si posson vedere altre notizie presso il conte Mazzucchelli, da cui ancora si annoverano distintamente i frutti del suo ingegno ch’ei diede in luce (Scritt it. t. 2, par. 1, p. 293). Il Catalogo de’ libri stampati della biblioteca Barberina fu pubblicato in Roma nel 1681 in due tomi in foglio. Aveva egli ancora formata una bella collezion di medaglie, della quale fa menzione Niccolò Einsio in una sua lettera all’Olsten io (Cl. Belgar. Epist. ad Magliabecch. t. 1, p. 285); ed avea innoltre raccolta copia sì grande di antiche iscrizioni inedite, che il Fontanini, scrivendo nel 1700 al Magliabecchi, affermò di aver udito dal Fabbrelli che esse avrebbon potuto formar due corpi uguali a quel del Grutero (Cl. Venet Epist. ad Magliabecch. t. 1, p. 230). E frutto di questa raccolta fu la pubblicazion de’ Frammenti di Ciriaco d’Ancona, di cui abbiam a lungo parlato altrove (t. 6, par. 1, p. 263). IV. La libreria de’ principi Chigi dee la sua , origine al pontefice Alessandro VII, che essendo, come si è dimostrato , principe assai colto e amante de’ buoni studi, raccolse gran copia di scelti libri e di codici; c il P. Mubillon, nel [p. 101 modifica]pnmo ioi visitare questa biblioteca, osservò che i codici quasi tutti eran segnati di osservazioni di mano dello stesso pontefice, e che vi erano innoltre molti autentici monumenti da lui stesso ordinati e disposti (Iter italic. p. 92). Fra’ libri stampati vide singolarmente una copia della Poliglotta di Parigi, che alcuni stampatori olandesi venuti a Roma nel 1666, cambiatone il frontespizio e la dedica , offerirono ad Alessandro , come loro fatica a lui dedicata j ma la loro frode fu presto scoperta. Il gradimento con cui questo pontefice accoglieva i codici che gli venivan donati, faceva che chiunque era bramoso di ottener qualche grazia, da lui ne andava con cotai doni: Ora, scriveva nel 1665 Ottavio Falconieri al Magalotti, (Lettere d’Uom. ill. t. 1, p. 1 23) che il genio del papa è fatto pubblico, tutti i prelati fanno alle pugna qua per buscar manoscritti, oltre il segretario del Signor. D. Mario (Chigi), il quale si fa adito col papa per mezzo di questo, e sa far valere anche in questo il vantaggio della carica che ha. Anche il P. Montfaucon loda molto questa biblioteca. non solo pei codici mss. , ma anche pe’" libri stampati, nel numero dei quali afferma che a poche essa cede (Diar. Ital. p. 237). Il Cardinal Paluzzo Altieri, nipote di Clemente X, formò egli pure una magnifica biblioteca che ci vien descritta dal Mabillon (l. cit. p. 54)• F,i rammenta ancora quella del Cardinal Panfili, che già era stala <f Innocenzo X, predecessor d’Alessandro VIII (ib. p. 78). Celebre fu ancora la biblioteca del Cardinal Ottobuoni nipote di Alessandro VIII. la quale e nella sceltezza [p. 102 modifica]102 LIBRO e nel numero de1 codici latini, greci ed ebraici parve al P. Montfaucon che solo alla Vaticana cedesse (Diar. italic. p. 253). Bellissimo ancora era il museo di medaglie da lui raccolto, di cui fa tra gli altri menzione il Cardinal No-» ris in una sua lettera al Magliabecchi (Cl. T’c~ net Epist ad Magliabecch. t. 1, p. 171). Celebre parimente è la biblioteca del Cardinal Renato Imperiale raccolta verso la fine del secolo , di cui parla con molta lode il P. Montfaucon (Diar: ital. p. 238), il quale ancora fa grandi elogi della munificenza di esso verso de’ dotti, di cui avea nel suo palazzo non pochi, e fra essi Filippo del Torre e Giusto Fontanini! famosi poscia e per le dignità da essi ottenute, e per le opere da lor pubblicate, il secondo de’ quali diè ancora in luce il Catalogo della biblioteca medesima, di cui per molti anni avea avuta la cura. V. Oltre queste insigni biblioteche, più altre ne ebbe Roma nel secolo scorso. Il P. Montfaucon rammenta i codici greci che di fresco erano stati raccolti nel monastero dei Basiliani (Diar. ital. p. 210), e ricorda pure con molta lode quella de’ PP. dell* Oratorio alla Vallicella (Diar. italic. p. 65, ec.). Di quella de’ Gesuiti del Collegio romano si è detto nel secolo precedente; ma qui deesi aggiugnere il ricco museo di antichità raccolto già dal P. Atanasio Kircher, e poscia accresciuto e illustrato e descritto al principio del nostro secolo dal P. Filippo Buonanni. Ma fra le biblioteche de’ Regolari di Roma, due principalmente son degne di più distinta menzione, l’Angelica e la [p. 103 modifica]PRIMO io3 Casariateuse, la prima delle quali ebbe cominciamento al principio , la seconda al fine del secolo di cui ragioniamo: ed amendue da’ lor fondatori furono alla pubblica utilità istituite, volendo che aperte fossero agli studiosi tutti che volessero farne uso. Il fondator della prima fu il dottissimo P. Angiolo Rocca agostiniano nato in Rocca (Contrada nella Marca d’Ancona nel 1545, e in età assai tenera entrato nell’Ordine di S. Agostino. Il P. Ossinger afferma eli’ ei fu laureato (Bibl. Augustin, p. 754), e poscia ancor professore nella università di Padova) ma di ciò io non trovo menzione nè nel Papadopoli, nè nel Facciola! i. Dopo aver sostenuti diversi impieghi nel suo Ordine, e dopo aver dati più saggi di pronto ingegno e di molto valore nella lingua greca e latina e nella sacra e nella profana erudizione, fu chiamato a Roma , perchè gli servisse da segretario, dal general del suo Ordine Agostino Molari da Fivizzano, che era insieme sagrista della cappella pontificia. Sisto V il destinò a soprantendere alle edizioni della stamperia Vaticana, e gli diede luogo nella congregazione formata a corregger la Biblia: e morto poi al principio del 1595 il Fivizzano, gli fu dato da Clemente VIII a successore nell’impiego di sagrista apostolico il Rocca, che nel 1605 fu nominato vescovo di Tagasta. Co’ proventi di una badia del papa a lui conceduti ei raccolse nello spazio di quasi 40 anni una rara copia di libri, e coll’approvazion del pontefice Paolo V ne fece dono nel 1605 al suo convento di S. Agostino in Roma, a condizione che questa biblioteca, la quale dal nome [p. 104 modifica]104 LIBRO del suo fondatore fu detta Angelica , stesse aperta a pubblica utilità. Ei chiuse i suoi giorni agli 8 d’aprile del 1620, lasciando dopo di sè un gran numero d’opere, altre già date in luce, altre allora inedite, ma pubblicate più anni dopo. Il lor catalogo si può vedere presso il suddetto Ossingerj e chiunque il vedrà, non potrà a meno di non istupire che un uomo solo potesse scrivere tanto e di sì diversi argomenti. Oltre le opere altrui da lui pubblicate o illustrate, che non son poche, abbiam moltissime opere del Rocca, ascetiche, teologiche, morali, filosofiche , liturgiche , storiche , polemiche , gramaticali, e di mille altre materie. Molti riti ecclesiastici, come quello di portare innanzi ai pontefici, mentre viaggiano, la santissima Eucaristia, quello della Comunion de’ pontefici, quello delle campane, quello della rosa d’oro, quello de’ cerei sacri, e più altri sono stati da lui illustrati. Ei fu uno de’ primi a scrivere sulla Canonizzazione de’ Santi. Pregevoli sono ancora le sue opere sulla biblioteca Vaticana e sulla sagrestia Apostolica, e moltissimi altri trattati, ne’ quali tutti si scorge una vastissima erudizione, non esente però da’ difetti del secolo, cioè mancante spesso di critica e di buon ordine (a). Si può vedere ancora (fl) Le opere del Rocca furono in un corpo stampate l’anno 1719) in Roma in due tomi in folio. Una nuova pretesa edizione, fattane l’anno 1745, non è altro che la prima, le cui copie non ancora esitate si voller così più facilmente spacciare, cambiandone solo il frontespizio e qualche lettera dedicatoria e qualche prefazione. [p. 105 modifica]PRIMO lo5 l’elogio che ne ha fatto f Eritreo (Pinacoth. pars 1 , p. 105 e), la Vita che ne ha scritta il P. Niceron (Mém, des Homm. ill t. 21). L’Olstenio molti dei suoi libri donò a questa biblioteca, come afferma il P. Mabillon che di essa fa onorevol menzione (Iter italic. p. 91). Della Casanatense fu fondatore il Cardinal Girolamo Casanatta nato in Napoli a’ 13 di giugno del 1620, e, dopo molti onorevoli impieghi da lui sostenuti, fatto cardinale da Clemente X a’ 12 di giugno del 1673, da Innocenzo XII nel 1693 nominato bibliotecario della Vaticana, e morto a’ 3 di marzo nel 1700. Avea egli una scelta e copiosa biblioteca, di cui due anni innanzi alla sua morte fece dono a’ PP. dell’Ordine de’ Predicatori del convento della Minerva , insiem con un fondo di 4000 scudi romani di rendita, colf obbligo di mantener due bibliotecari, due teologi e sei altri religiosi, tutti domenicani, italiani, francesi, spagnuoli, tedeschi, inglesi, polacchi, che avesser preso il magistero in alcuna delle più celebri università, affinchè promuovesse!’ gli studi della Teologia di S. Tommaso, e difendesser la Chiesa contro dei nuovi errori (Richard. Dictionn. eccles. t 1, p. 877) (a). (a) 11 primo fondatore della biblioteca Casanatense non fu veramente il Cardinal Casanatta, ma monsignor Giammaria Castellani archiatro di Gregorio XV, il quale col suo testamento, fatto a’ 26 di luglio del 1655, dichiarò eredi i Predicatori del convento di Santa Maria sopra Minerva, assegnando l’annua enti ata di mille scudi, co’" quali si pagasse lo stipendio al bibliotecario e a due conversi, e col rimanente si provvedessero [p. 106 modifica]»oG ruma VX Nel ragionare delle più celebri librerie • di Roma, abbiamo ancora accennati alcuni de’ più famosi musei d’antichità clic ivi furon raccolti. Troppo lungo sarebbe il voler dire di tutti. In una città in cui quasi da feconda miniera spuntan di sotterra pregevolissimi monumenti, molti naturalmente s’invogliano di farne raccolta, e l’esempio degli uni è stimolo ad altri; e in tal modo si vanno moltiplicando cotali musei. L* Itinerario di Andrea Scotto, stampato sul cominciare del secolo di cui trattiamo, nomina moltissime case de1 signori romani , in cui vedeansi raccolte antichità ragguardevoli d’ogni maniera. Il P. Mabilion vide con piacere il museo Landi (Iter italic. p. 77), gli orti de’ duchi Mattei pieni di bei monumenti (ib. p. 88), il museo del commendalo!’ Carlo dal Pozzo (ib. p. 141)? ch’egli avea ereditato dal commendator Cassiano dal Pozzo uno degli accademici Lincei e splendido protettore de’ dotti, e noni dotto esso ancora, come si raccoglie dall’orazione funebre recitatagli da Carlo Dati, clic si ha alle stampe, in cui fra le altre cose si accenna la bella raccolta da lui fatta delle antichità romane, per opera di esso disegnale e divise in xxm volumi (V. nuovi libri. Veggasi su ciò la lettera del ch. Dott. Pietro Orlandi a me diretta e inserita nelf Antologia romana (1788,dic. n. *>.6) ove anche riportasi l’iscrizione posta alla medesima biblioteca. nella quale della beneficenza del Castellani si fa menzione. Ma avendo il Cardinal Casanatta accresciute di molto l’entrate della biblioteca medesima, ne avvenne che, dimenticato il primo benefattore, da lui solo prese il nome. [p. 107 modifica]punto i o*t Zeno, Note al Fontan. t. i, p. 181) (a). Il P. Montfaucon ricorda quello di Leone Strozzi (Diar. italic. p. 248), di cui ragiona lo Strozzi medesimo in una sua lettera al co. Magalotti (Magai Lett. fondi, t 1, p. 118). Celebro era ancora il museo del Cardinal Bartolo romeo Cesi zio del principe Federigo, a cui poscia passò in eredità. Il sopraccitato Andrea Scotto ne fa una lunga descrizione, e la conchiude col dire che tanti sono i monumenti in quel palazzo raccolti , clic per veder esso solo (a) Del commendator Cassiano dal Pozzo fa un magnifico elogio il ch. sig. co. Gianfrancesco Napione di Cocconato (De’ Pregi della Lingua ital. t. 2, 279, ec.), che non dispiacerà il veder qui riportato: Qual è quel gentiluom Piemontese, che nudrito colla lingua e coi costumi francesi sia potuto giungere alla celebrità del commendator Cassiano dal Pozzo nostro Torinese, che visse con tanto letterario splendore in Roma, che dopo i principi Medici non so chi abbia meritate nè conseguite. più magnifiche lodi? Fautor de’ letterati, ammiratore del pari degli antichi che de’ moderni, che hanno le antiche virtù, dilettante intelligentissimo e protettor munifico delle arti del disegno, stretto in amicizia co’ più celebri scienziati di Europa, raccolse libri, antichità , pitture, tra le quali risplendevano i ritratti dei letterati amici di lui pubblicati colle stampe in Roma ed in Parigi. Fece disegnar dal celebre Pussino e da Pietro Testa in ben ventiquattro volumi in folio le antichità romane, copiate in gran parte dai manoscritti di Pirro Ligorio, che in questi regii Archivi si conservano , e che dimostrano quanto antico sia il gusto in Italia di congiungere lo studio delle antichità con quello delle arti del disegno. La sua biblioteca arricchì poscia quella del pontefice Clemente XI, e passato egli ad altra vita nel 1658, ottenne gli apici della fama letteraria, in Carlo Dati un lodatore eloquentissimo. [p. 108 modifica]VII. BiMinIrrli" » miuri n«lIr «lire eilù l«sli£cie. 108 unno sarebbe ben impiegato il viaggio di Roma (Itiner. pars 2 , p. 42, ed. ven. 1610). Alcuni musei romani rammenta lo Spon, che nel 1674 venne in Italia, come quelli del Cardinal de’ Massimi, dell’ab. Brachesi, di monsig. Ginetti, e quello di gemme antiche di Pietro Bellori (Voyages, t 1, p. 34). La galleria Giustiniani è ancor più famosa per la descrizione che ne fu pubblicata nel 1631. Ma ciò basti per saggio del molto che si potrebbe dire su questo argomento, se volessimo andarci aggirando per tutta Roma, e tutti additare i palazzi in cui nello scorso secolo si ammiravano cotai preziose raccolte. VII. Quanto ci è convenuto lo stenderci nel ragionare delle biblioteche e de’ musei di Roma , altrettanto potremo in poche parole spedirci da quelle delle altre città dello Stato ecclesiastico. Bologna non avea ancora pubblica biblioteca. Il P. Mabillon loda principalmente quella di S. Salvadore (Iter italic. p. 103, 197), di cui abbiam detto nella Storia del secolo precedente , e quella di S. Domenico, che sono infatti due delle più ragguardevoli di Bologna. Di amendue parla ancora il P. Montfaucon (Diar. italic. p. 398, ec.), il (quale fa pur menzione di quella di S. Michele in Bosco, del museo raccolto, e copioso di antiche medaglie, dal P. don Francesco Mini chierico regolare minore, e del museo di storia naturale delf Aldrovandi (al quale pochi anni prima era stato unito quello del senator Ferdinando Cospi bolognese descritto da Lorenzo Legati cremonese), cui però non potè egli vedere. Ferrara [p. 109 modifica]PII IMO 1CMJ rimase priva della biblioteca con regal lusso già cominciata da Alfonso II , come a suo luogo si è detto. Ma qualche compenso ne ebbe nella numerosa copia di libri da Marcaurelio Galvani giureconsulto ferrarese donata a’ PP. Teatini verso la metà di questo secolo (Borsetti, Hist. Gymn. Ferr. t. 2, p. 233), e nella nuova fabbrica di quella de’ Carmelitani, da noi mentovata altrove, fatta dal P. Sigismondo Gnoli priore di quel convento nel 1657. In Ancona osservò il Montfaucon il museo di antiche medaglie e di altri monumenti di Cammillo Pighi (Diar. italic. p. 102). Nè altra cosa memorabile io trovo che da que’ dotti viaggiatori o da altri ci si additi in queste provincie (a). (a) Non dovea passarsi sotto silenzio una nuova pubblica biblioteca aperta in itimi ni al principio del secolo xvii. Ne fu fondatore il dottor Alessandro Gambalunga nobil riminese, che nel suo testamento, fatto l’anno 1619, fece dono a (quella città della sua biblioteca, e assegnolle innoltre un’annua dote di cento dobble per 1" acquisto di uuovi libri, e un onorevole stipendio al bibliotecario che dovea averne cura; e volle che fosse aperta ogni giorno ad uso de’ cittadini. L’intenzione del testatore fu fedelmente eseguita, e la libreria Gambalunga è venuta col volger degli anni crescendo per modo, che può annoverarsi tra le primarie dello Stato pontificio. E ad accrescerle nuovo lustro, il sig. cardinat Garampi benemerito protettor delle scienze e degli studi, e di quel singolarmente della sua patria, ha fatto dono alla biblioteca medesima di un pregevol papiro del sesto secolo. Le quali notizie mi sono state trasmesse dal sig. cancelliere Epifanio Brunelli che da più anni vi sostiene l’impiego di bibliotecario. [p. 110 modifica]»»0 LIBRO Vili. Abbiarn veduto nella storia del secolo precedente con qual regia munificenza avessero i gran duchi di quell’età formata la biblioteca mediceo-laurenziana e la galleria delle antichità. I lor successori ne imitaron gli esempii, e l’una e l’altra furono da essi splendidamente accresciute; e insiem con essi il Cardinal Leopoldo si diede principalmente ad arricchire la galleria , facendo venir fin dall’Africa quanti potè trovare avanzi dell’antica romana grandezza, raccogliendo una incredibile copia di medaglie e di gemme scolpite ed incise, e a tutto ciò aggiungendo la magnifica serie di oltre a 200 ritratti de’ più illustri pittori da loro stessi dipinti, che da ogni parte d’Europa ei fece trasportare a Firenze. Nè paghi i Medici di radunare in Firenze tanti e sì rari tesori, ben conoscendo che di niun giovamento essi sono, se non si concede l’usarne a chi può trarne vantaggio, vollero che i codici della Laurenziana fossero facilmente aperti a tutti gli eruditi che voleano farne uso, e perciò tanti fra i dotti sì Italiani che stranieri ne fanno sì spessa e sì onorevol menzione. Bello fra gli altri è l’elogio che del gran Cosimo III e insieme del celebre Magliabecchi fu il P. Mabillon: A Florentinis, dice egli, (Iter italic. p. 157) nihil nobis non concessum est Hanc gratiam in primis acceptam referimus serenissimo principi Magno Etruriae duci, qui cum Pisis esset, comperto ex literis Magliabeci nostro florentiam adventu, jussit ut non solum Laurentiana Mediceorum bibliotheca, sed etiam omnes Florentinae in nostros essent usus reseratae, nobisque suppeditarelur [p. 111 modifica]Pillilo 1 I l amanuensis ad ea describenda, quibus opus haberemus. Rem exsecutus est illustrissimus Antonius Maglibecus ex longo litterarum commercio nobis jamdudum amicissimus, (quo duce ac monstratore quicquid librorum in bibliothecis Florentinis proposito nostro magis conveniebat didicimus. Is enim ea praeditus est sagacitate , nihil ut ipsum lateat, ea memoria, ut omnes libros habeat in numero, ipse museum inambulans et viva quaedam bibliotheca. A Cosimo III non parve abbastanza l’avere nella Laurenziana una delle più splendide biblioteche che veggansi in Europa, Un’altra volle averne nel suo proprio palazzo, e ciò mentre non era ancora sovrano, e formò in esso una nuova biblioteca per numero e per isceltezza di libri degna di gran principe. Anzi, poichè succedette al padre, un’altra, ma più privata, ne raccolse nelle sue proprie stanze, composta singolarmente dell’Opere de’" SS. Padri e di altri sacri scrittori, della lettura de’ quali assai dilettavasi in quelle ore che da altre più gravi cure gli rimaneano libere (a). IX. Io non tesserò la serie degli uomini dotti che presiederono alle biblioteche de’ Medici, perchè di quelli tra essi che furon più celebri, dovrem parlare altrove. Uno però fra gli altri non vuol tacersi, anche perchè non avendoci egli (</) Della premura e della magnificenza del grau duca Ferdinando e del Cardinal Leopoldo di lui (rateilo nel raccogliere i più rari libri, e ogni sorta d’antichità e di lavori delle belle ai li. parla ai.cor Imi gai nenie il dott. Giovanni Turgioni Touetli in più passi dell’opera alti e volte citatii. rx. ViU • tstallcre del [p. 112 modifica]1 I 2 LIBRO lasciata alcuna sua opera , noi non potremmo avere occasione di nominarlo in altro luogo, benchè egli pur sia degnissimo di essere in questa Storia nominato con lode. Parlo del celebre Antonio Magliabecchi , di cui abbiamo veduto poc’anzi qual elogio facesse il dottissimo Mabillon; e una tale testimonianza da un tal uomo rendutagli può valere per mille altri encomii. Molti parlan di lui , quai più quai meno diffusamente; ma la miglior Vita che ne abbiamo , è quella pubblicata nel (Giornale de’ Letterati d’Italia (t. 33, par. 1 p. 1, ec.), tratta da quella più ampia che scritta aveane il cavaliere Antonfrancesco Marmi, la quale non ha mai veduta la luce. Ma il corso della vita del Magliabecchi si spone in assai poche parole. Marco d’Antonio Magliabecchi e Ginevra di Jacopo Baldoriotti d’onesta ma poco agiata famiglia gli furono genitori, e da essi nacque Antonio a’ 28 di ottobre del 1633. Dopo i primi elementi della lingua latina , fu posto in bottega di un gioielliere, perchè apprendesse quell’arte. Ma presto conobbesi che al giovane Magliabecchi più che le gioie piacevano i libri; perciocchè quanto più poteva impiegar di tempo nel leggere, tanto più ne era lieto e contento. Mortagli la madre più anni dopo il padre, nel i(l~3 abbandonò la bottega, e tutto si diè agli studi sotto la direzione di Michele Ermini bibliotecario del Cardinal Leopoldo de’ Medici; e colf amicizia di molti altri eruditi che erano in Firenze, andò sempre più avanzandosi in ogni genere di colta letteratura. Cosimo III gli affidò la custodia della biblioteca da lui. come [p. 113 modifica]PRIMO I l3 si è detto, formata nel suo palazzo, lo onorò col titolo di suo bibliotecario , e volle che gli fosse aperto l1 adito anche alla Laurenziana, sicchè potesse copiar da que’ codici qualunque cosa più gli piacesse. La sua casa e la biblioteca Palatina furono l’ordinario soggiorno del Maglia becchi, che appena mai uscì di Firenze, e il più lungo viaggio che fece, fu quel di Prato, ove recossi una volta col P. Noris poi cardinale per vedere un codice ms. Così egli visse fino a’ 27 di giugno del 1714 nel qual giorno con segni di cristiana pietà, dopo una lunga malattia, finì di vivere. Ma non così brevemente possiamo spedirci nel descrivere il carattere e il talento di quest’uom singolare. Uomo deforme di aspetto, incolto della persona, qual fu graziosamente descritto da Antonio Morosini in suo capitolo (Lettere a monsig. Fontan. p. 284), nimico di tutto ciò che sapesse di delicatezza e di passatempo, pareva il più vivo ritratto che mai si fosse veduto di un austero Cinico. Volle sempre esser solo, senza aver pur un servo di cui valersi al bisogno; e solo dopo grave malattia sofferta nell’anno 1708, importunato dagli amici, s’indusse a prenderlo, a patto però, che dopo il tramontar del sole se ne andasse, e il lasciasse solo colla sua lucerna e co’ suoi libri. Passava tutta la notte studiando, sinchè, oppresso dal sonno, su quella sedia medesima su cui studiava, addormenta vasi alquanto. Appena mai avveniva ch’ei si spogliasse per andarsene a letto; e nel più rigido verno soltanto soleva egli gittarsi così vestito sul letto medesimo, involto nel suo mantello, il qual di Tiraboschi , Voi. XIV. 8 [p. 114 modifica]1 »4 LIBRO giorno era la sua veste da camera, e di notte la sua coltre. Nè dopo il pranzo, nè alla sera mai non usciva di casa; solo alla mattina andavasene alla biblioteca Palatina, e vi restava comunemente tre ore. Chi andavagli in casa , altro non vi vedeva che libri, di cui eran pieni e gli armadii e le seggiole e il letto e le scale medesime, e ammassati gli uni sopra gli altri, talchè essi minacciavan quasi di cacciarsi di casa il padrone. Ed egli vi stava infatti sì disagiato, che essendo caduto infermo nel 1696, convenne trasferirlo nelf infermeria di Santa Maria Novella de’ PP. Predicatori, dove pure fu trasportato nell’ultima sua malattia; e nel 1708, in altra grave infermità, il P. Gammi Ilo Laudi Agostiniano lo astrinse a farsi trasportare nelle sue stanze del convento di S. Stefano a Ponte. Nel 1708 il gran principe Ferdinando volle ch’ei passasse ad abitare in palazzo, e fecegli apparecchiare un comodo appartamento e un’ampia stanza, che era già stato teatro, pe’ suoi libri. E già erasi cominciato a trasportarveli. Ma egli non potè adattarsi a quel nuovo e sì diverso soggiorno; e pieno di mal talento, dopo quattro mesi, lasciati ivi quei libri che già vi erano stati trasferiti, tornò ad inselvarsi nel suo tugurio. Un uomo di tal carattere non è maraviglia che avesse molti nimici, perciocchè pareva loro che quella stoica trascuratezza fosse effetto di superbia e di fasto; e molto più che avea egli una cotal sua franchezza nel riprendere ciò che credeva degno di riprensione, che spiaceva a molti. Si cercò dunque in più guise di nuocergli, e si sparse singolarmente un libro [p. 115 modifica]PRIMO | i5 scritto in latino che conteneva la Vita del Magli libecci li e del Cinelli di lui amico, in cui di amendue facevasi un troppo reo e svantaggioso carattere. Di questa satira fu creduto autore un cotal Bertolini da Barba (V. Mazzucch. Scritt ital. t 2, par. 2, p. 1066), benchè alcuni f attribuissero , ma senza ragione, al dottor. Giannandrea Moneglia. La filosofia del Magliabecchi fu alquanto commossa a tal colpo; ed egli adoperossi di andarne al riparo col raccogliere moltissime testimonianze a sè onorevoli di molti uomini illustri, cento delle quali dice il dott. Giovanni Targioni di avere presso di sè raccolte in un tomo, e che da esse si scorge (fin dove possa giungere l’adulazione; tanto son esse piene di strabocchevoli elogi, fino ad asserire che il Magliabecchi era un angiolo dal ciel disceso, e quasi un altro Messia (Fpist. ri. Ve net. ad Magliab. t. 1, p. 201). Più altri somiglianti disgusti egli ebbe; e fu più volte in procinto di abbandonare Firenze (ib. p. 290, 291; t. 1, p. 144). Ma le istanze degli amici il trattennero; ed egli ebbe motivo di consolarsi negli onori che di continuo gli venivan renduti e da’ dotti e da’ principi. I gran duchi e gli altri della famiglia de’ Medici lo ebbero sempre caro; nè punto si ributtarono per l’indole del Magliabecchi incapace di soggettarsi alla servitù della corte. Giangastone, mentre era solo gran principe, godeva spesso di sorprenderlo alla mattina nella biblioteca Palatina, e di trattenersi con lui in eruditi ragionamenti. Molti principi stranieri lo onorarono distintamente, altri col volerne il ritratto, altri colf inviargli [p. 116 modifica]1 10 LIBRO il lor proprio, altri con altre pruove di stima; e Luigi XIV, fra gli altri, a’ dotti del suo regno, che viaggiavano in Italia, soleva ordinare di salutare in suo nome il Magliabecchi. Qual fosse poi il concetto in cui aveanlo gli eruditi di tutta l’Europa, chiaramente raccogliesi da cinque tomi di Lettere ad esso scritte da molti Fiamminghi , Tedeschi e dello Stato veneto, pubblicate dal dott. Giovanni Targioni, il quale avea in animo di pubblicarne più altri volumi di dotti d’altre provincie. Tutti lodano in esse l’erudizione del Magliabecchi; il consultano ne’ lor dubbi; gli rendon grazie della cortesia con cui delle notizie da essi richieste gli ha favoriti. Esse ci mostrano il Magliabecchi sempre occupato in dar lumi su mille diversi punti, singolarmente di storia letteraria. E niuno era a ciò più opportuno di lui; perciocchè era dotato di una sì rara memoria, che interrogato di qualche quistione, citava tosto gli autori che ne trattavano, e le edizioni de’ loro libri, la pagine ove ne ragionavano, e ne recava ancora le precise parole. Nel disordine in cui era la privata sua numerosissima biblioteca, chiestogli un libro, additava subito ove esso era , ma conveniva spesso covarlo di sotto a più centinaia che lo opprimevano. Della sua memoria però non fidavasi egli per modo, che dovendo scrivere non prendesse tra le mani i libri de’ quali dovea valersi: Io non ho mai notato, scrive egli al Fontanini nel 1698 (Lettere a monsig. Fontan. p. 236), cosa alcune di quelle che mi abbia detto, del che ne sono stato ripreso infine da questi serenissimi principi. [p. 117 modifica]PRIMO I 17 Diverse cose ho io in mente; ma non posso fidarmi della memoria, ed il riscontrarle mi si rende quasi impossibile, per aver tutti li miei libri ammassati. E in altra al medesimo (ivi, p. 24(1): E noto a chi che sia, che tutti li miei libri tengo ammassati, onde per prenderne uno è necessario il rovinarne dugento Il nobilissimo sig. Rostgaard potrà attestarle, che avendo esso avuto bisogno del secondo tomo delle opere del Libanio, io gli dissi subito, dove C avevo, ma gli convenne levar prima intorno a cinquecento libri in foglio, sotto alli quali era. Le notizie eli ella brama, le ho in mente, senza aver bisogno di cercarle, ma in ni ss una maniera mi fiderei della mia memoria, senza riscontrarle ne’ libri, ne’ quali le lessi. Ma quanto egli era cortese verso de’ dotti che o per lettere lo consultavano, o venivano a visitarlo, altrettanto egli era difficile a quelli da’ quali non poteva aspettarsi che noia e perdimento di tempo. Avea perciò aperto un buco nella porta della sua casa, per cui guardava chi voleva mettervi il piede; e se non gli parea tale che fosse ulil V ammetterlo, la porta restava chiusa: O se a Firenze, gli scrive scherzando il Noris (cl. Venet. Epist. ad Magliab. t. 1, p. 37, ec.), vorrà venirmi a parlare , lo guarderò per il buco, come fa con noi tutti forestieri V. S. e qui con tutti il signor Gronovio, che dice di aver imparato tal furberia in Firenze. Io credo che V. S. farebbe meglio porre la gabella a chi vuol entrare. Un uomo sì ricco di cognizioni appena ne comunicò al pubblico saggio alcuno, o perchè tutto [p. 118 modifica]X. Altre Miolrttia Fircnec. 1 l8 LIBRO occupalo in dar lumi ad altri, e nel vastissimo carteggio che avea in tutta l’Europa, non avesse agio a scrivere opera alcuna, o perchè ei fosse uno di quegli che son più felici nel raccogliere le notizie disperse, clic nell1 ordinare c stendere le raccolte. Pubblicò alcune opere di scrittori de’ bassi tempi, come l’Hodaeporicon di Ambrogio Camaldolese, il Dialogo di Benedetto Accolti il vecchio De praestantia viro rum sui aevi, che trasmise a tal fine al P. abate Bacchini, e più altri libri. Ma di cose da lui composte , trattene diverse lettere inserite nelle Prose fiorentine (par. 4> t 1? 2), in quelle a monsig. Fontanini, e in qualche altra raccolta, non abbiamo altro che un succinto catalogo de’ codici arabici, turcheschi, persiani ed ebraici della Laurenziana, pubblicato dallo Schelornio (Amoenit litter. t. 3). Ma se egli non giovò al pubblico colle sue opere , ei fu nondimeno benemerito delle lettere colf ordinari? che la sua biblioteca rimanesse aperta a pubblico vantaggio, e colf assegnare un’annua rendita per mantenerla ed accrescerla. X. Così per mezzo del Magliabecchi ebbe Firenze un’altra insigne biblioteca. E più altre aveane già essa, altre pubbliche, altre private; perciocchè oltre la Riccardiana, di cui si è fatta menzione nella Storia del secolo precedente , il P. Mabillon ricorda come degne di molta lode (Iter italic. p. 160) quelle di Santa Maria Novella de’ Domenicani, della Nunciata de’ Servi di Maria, di Santa Croce de’ Minori Conventuali (i codici della quale furono poi trasportati nella Laurenziana), della Badia fiorentina [p. 119 modifica]punto ut) de’ Casinesi, quella di Fiesole de’ Canonici regolari trasportata essa pure alla Laurenziana, e quella di S. Marco de’ Domenicani della stretta osservanza. Delle biblioteche medesime fa menzione anche il P. Montfaucon (Mus. italic. p. 35 a), il quale innoltre rammenta quella di Santa Maria degli Angioli de’ Camaldolesi, il museo Gaddi copiosissimo di medaglie, di statue e d1 altri bei monumenti d1 antichità, le molte iscrizioni raccolte nella villa Riccardi, e quelle adunate da’ marchesi Niccolini e da altri nobili fiorentini; perchè, egli dice, niuna città, dopo Roma, è sì abbondante di antichità d’ogni genere come Firenze. Il museo Gaddi era stato singolarmente raccolto dal senator Niccolò nato nel 1531, il quale per tal modo lo arricchì di antichi monumenti d’ogni maniera , che dopo quello de’ Medici non v era in Toscana il più ricco. Avea egli innoltre formato un orto botanico fornito de’ più rari semplici d’ogni parte d’Europa, e per ultimo di molto egli accrebbe la libreria da’ suoi maggiori raccolta, e che è stata poscia unita alla Laurenziana, intorno a che veggasi la prefazione dal ch. sig. cancelliere Bandini premessa al IV tomo del Catalogo de’ codici latini di questa insigne biblioteca. Il Mabillon ne nomina un’altra assai celebre (l. cit. p. 192), di cui il Montfaucon non fa motto, cioè quella del canonico Strozzi clic era in Firenze ministro del re di Francia. E ad esse può aggiugnersi quella di S. Spirito degli Agostiniani, a quel convento lasciata dal P. Leonardo Coqueo francese confessore della gran duchessa Cristina di Lorena (V. cl. Venet Epist. ad Magli ab. t. 1, p. 20), [p. 120 modifica]120 LIBRO Nelle altre città della Toscana il P.’ Mabillon accenna soltanto una pubblica libreria che il P. Oliva generale degli Agostiniani avea di f esco aperta nel suo convento (l. cit. p. 156, 186), e quella della metropolitana di Lucca da noi mentovata altre volte. XI. Venezia , oltre la pubblica biblioteca di S. Marco, che in questo secolo ancora e per le sagge disposizioni di quel senato e per la liberalità di alcuni particolari non sol mantenne , ma accrebbe ancora l’antico suo lustro, come dimostra il ch. sig. don Jacopo Morelli (Diss. della pubbl. Libr. di S. Marco), ebbene ancora più altre e con codici antichi e per copia di scelti libri assai rinomate. Nelle case de’ Regolari degne erano singolarmente di stima quella di S. Giorgio de’ Monaci casinesi, quella di S. Antonio di Castello dei Canonici regolari di S. Salvadore, delle quali ragiona il P. Mabillon (l. cit. p. 32, ec.), e quella de’ SS. Giovanni e Paolo de’" PP. Domenicani, rammentata con lode dal P. Montfaucon (l. cit. p. 47)• Ria ne1 palazzi principalmente di molti patrizii ebbe agio il secondo di questi celebri monaci di ammirare tal copia e di libri e di antichità, ch’ei ne rimase sorpreso. Ricorda egli dapprima (ib. p. 37, ec.) il museo di Giancarlo Grimani, di cui scrive alcuni de’ più ragguardevoli monumenti e de’ più bei codici greci che ebbe il piacere di osservarvi , c de’ quali ancora ragiona Apostolo Zeno (Lettere, t 1, p. 8). Parla della libreria Contarini, del museo Ruzzini e del Cappello, il primo de’ quali, quando lo Spon il vide, era un de’ più ricchi (Voyages, t. 1, p. 73), ma [p. 121 modifica]PRIWO 131 a’ tempi del Montfaucon era già scemato di molto: del secondo questi ci dà una esatta descrizione , dalla quale raccogliesi ch’esso era copiosissimo di monumenti antichi d’ogni maniera; ci dà anche un saggio de’ pregevoli codici che ne ornavano la libreria, e loda molto la gentilezza e l’erudizione di chi n’era allora padrone , cioè del cavaliere Antonio Cappello. Nella libreria del proccurator Giulio Giustiniani egli afferma (p. 69, 433) di aver trovato più codici greci che in tutte le altre biblioteche venete, trattane quella di S. Marco, e di avervi ancora vedute molte antiche medaglie. De’ codici parimente e delle antichità d’ogni genere raccolte dal celebre Bernardo Trevisano ragiona a lungo lo stesso dottissimo monaco, il quale ancora ricorda i moltissimi codici appartenenti alla Storia veneta, raccolti in casa Cornaro Piscopia; e parla ancora de’ codici greci che ivi in sua casa avea Melezio Tipaldi arcivescovo greco di Filadelfia (p. 4f>)• Alcuni altri musei veneti si nominano dallo Spon (Voyages, t. 1, p. 74)? 6 quelli singolarmente di Giorgio Barbaro e di Pietro Garzoni, ai quali molti altri se ne possono aggiungere accennati dal ch. Foscarini (Letterat. venez. p. 388) , a mostrare qual fosse in ciò la regale magnificenza de’ patrizii veneti. E tre fra questi musei, cioè il Mocenigo, il Tiepolo erede dell’Erizzo e il Pisani sono ora in certo modo renduti pubblici per le descrizioni che ne sono state date alla luce, nelle quali il lusso dell’edizione corrisponde alle grandi idee de’ loro raccoglitori. [p. 122 modifica]122 LIBRO XII. Le premurose sollecitudini con cui il ■ Senato veneto ha sempre promossi e fomentati • gli studi nell’università di Tadova, diedero occasione ad aggiungerle un nuovo ornamento, cioè una pubblica biblioteca che ancor in ancavaie. Ne fu fatto il decreto nel 1629, e si stabilirono poscia le annue entrate con cui accrescerla successivamente, e con cui ancora mantenere chi ne avesse la cura, come si può vedere distesamente narrato dal Facciolati (Fasti Gymn. patav. pars 3). Di questa biblioteca non fanno menzione i due dotti monaci da noi più volte citati. Ben parlano amendue di quella di Santa Giustina (Mabill. Iter italic. p. 26; Montfauc. Diar. italic. p. 78) , e il Mabillon ricorda ancora quella della cattedrale, di cui abbiamo altrove trattato, la quale pochi anni prima dal canonico Giambattista Veri era stata abbellita ed ornata. Il Mabillon accenna ancora la magnifica stamperia di lingue orientali aperta dal Cardinal Gregorio Barbarigo vescovo allora di Padova nel suo seminario. Questo gran cardinale, a cui dovrà sempre moltissimo non solo la religione da lui promossa colf ardente suo zelo , e illustrala colf esercizio delle più belle virtù che lo han fatto annoverar tra’ Beati, ma anche la letteratura per l’impegno eli’ egli ebbe nel promuoverla e nel coltivarla, non trascurò alcun mezzo per rendere quel suo seminario utilissimo alla Chiesa e alle scienze. Ei vi fece fiorire lo studio della lingua greca e delle orientali, al quale fine fondò la stamperia sopraccennata; e le molte lettere da lui scritte al Magliabecchi (cl. Venet. Epist. ad [p. 123 modifica]primo ia3 3 fa gli ab. t 2, p. i, ei\) ci fan vedere quanto egli fosse sollecito di provvedere a quel semi’ nurio valorosi maestri, e d’impiegar tutto il tempo che dalle pastorali sollecitudini gli rimanea libero, nella lettura de’ buoni libri, e quanto fosse versato non sol nella sacra, ma anche nella profana erudizione. Con qual amorevolezza e con qual paterna premura vegliasse egli all’educazion de’ giovani destinati al servigio della sua Chiesa , e come provvidamente pensasse a tutto ciò eli1 esser potea vantaggioso a’ loro studi, si può vedere più ampiamente esposto nelle Vite di esso in questi ultimi anni date alla luce. E gli esempii di questo amantissimo e saggio pastore furon poscia imitati ancora dal Cardinal Giorgio Cornaro che gli succedette, e che sostenne e promosse le magnifiche idee del suo illustre predecessore. Al principio del secolo era celebre in Padova la ibreria non mcn che il museo di Lorenzo Pignoria, di cui nel 1632 pubblicò il Tommasini la descrizione, e di cui fu poscia erede per voler dello stesso Pignoria il senator Domenico Molino (V. Leti. iF Uom. ili F en. 1744» JK 99)- H museo di antichità raccolto nella stessa città dal celebre Carlo Patino, di cui direm nel decorso di questo tomo, fu esso pure osservato e lodato dal Mabillon (l. cit. p. 28). Questi annovera parimente tra i più copiosi musei che gli si offrissero a vedere, quello del co. Francesco Moscardi in Verona < ih. p. 22), di cui ragiona anche il P. Montfaucon (Diar. ital. p. 439), e di cui si ha la descrizione stampata in Padova nel 1656. come ancora di quello [p. 124 modifica]124 LIBRO di Francesco Calceolari ricchissimo nelle cose di storia naturale, che fu stampata in Verona fin dal 1622. Altre cose degne d’osservazione non indicano essi nelle città dello Stato veneto nel lor viaggio vedute. E benchè forse una più diligente ricerca ci potesse condurre a scoprir qualche biblioteca, o qualche museo da lor non accennato, io penso che ciò che se n’ è detto finora, possa bastare a mostrarci che queste provincie ancora, benchè non avesser sovrano che potesse profondere in tal genere di magnificenza copiosi tesori, e col suo esempio eccitare i suoi sudditi a somiglianti ricerche , ne furono però copiosamente fornite in modo da non invidiare alle corti dei più potenti monarchi (a). XIII. In Napoli ancora trovarono i dotti monaci più volte lodati di che soddisfare all’erudita loro curiosità. Il P. Mabillon ebbe ivi a sua guida e a suo indivisibil compagno l’avvocato Giuseppe Valletta, di cui loda non meno la singolar cortesia che la scelta e copiosa biblioteca che aveasi raccolta in casa, e l’impegno (n) Non doveasi tacere la copiosa e sceltissima libreria raccolta in Brescia circa la metà dello scorso secolo dal co. Francesco Leopardo Martinengo, che vi aggiunse un museo ricco di medaglie greche e romane d’ogni grandezza e d’ogni metallo, di medaglie pontificie e d" uomini illustri, di monete de’ bassi tempi, di bassi rilievi , di sigilli antichi. Di essa ha ampiamente trattato il eh. sig. don Baldassarre Zamboni nella sua operetta della Libreria Martinengo , stampata in Brescia l’anno 1778, ove anche degli studi del conte medesimo e delle opere da lui composte ragiona distesamente (P• 791 **•)• [p. 125 modifica]primo ia5 con cui a sue spese uvea condotto a Napoli uu certo Gregorio Messerio prete di Brindisi, perchè vi insegnasse pubblicamente la lingua greca (l. cit. p. 102). Con lui egli vide la libreria di S. Giovanni di Carbonara de’ PP. Agostiniani, di cui abbiamo altrove parlato, e quella de’ Monaci Olivetani non così copiosa di codici, ma più elegante ne’ suoi ornamenti, quella de’ PP. Teatini, e i due musei di Francesco Antonio Picchiati e di Andrea Andreini fiorentino. Fuor di Napoli ei rammenta soltanto quella del monastero della Cava non molto ricca di codici , e quella assai più copiosa di Monte Casino, e quella del monastero di Subiaco, in cui vide solo alcune antiche edizioni. Di quasi tutte queste biblioteche ragiona anche il P. Montfaucon (l. cit. p. 301, ec.), il quale ci dà innoltre il catalogo de’ codici da lui osservati in quella dell’avvocato Valletta e in quella di S. Giovanni di Carbonara, e vi aggiugne quella del monastero di S. Severino del suo Ordine 5 e loda un bel museo innoltre di statue, di medaglie e d’altri monumenti antichi presso il Cardinal Cantelmi arcivescovo di quella città, il quale ancora gli diè un saggio del molto fervore con cui animava gli studi de’ cherici del suo seminario, facendo che innanzi a lui recitassero i loro componimenti non sol latini, ma anche greci ed ebraici. Fra Roma e Napoli, oltre la biblioteca di Monte Casino, ei rammenta anche il museo de’ Ginetti in Velletri, che è forse lo stesso che abbiam veduto dallo Spon additarcisi in Roma. Ma egli si duole di’ esso fosse mal custodito, sicchè se una [p. 126 modifica]I2(> LIBRO statua veniva a cadere. lasciavasi prostesa in terra , senza rialzarla. XIV. Con qual regia magnificenza avessero « i duchi di Savoia Emanuel Filiberto e Carlo Emanuele I innalzata la loro biblioteca, che era insieme galleria eli antichità e museo di cose naturali, si è da noi veduto nel tomo precedente, e si è di nuovo accennato nel secondo capo di questo libro. Quel grande e maraviglioso edificio fu gii tato a terra nella nuova e grandiosa fabbrica che il duca Carlo Emanuele II prese a innalzare del suo palazzo. In esso ebbe la biblioteca il suo luogo, ma pochi anni prima che il P. Mabillon si recasse a Torino, e fosse introdotto a vederla, un incendio aveane guasti non pochi codici; ed ei perciò ritrovolli ammucchiati gli uni sopra gli altri insiem co’ libri stampati (l. cit. p. 7) * e nel medesimo stato trovolli pure il P. Montfaucon, quando nel 1701 passò per (quella città (l. cit. p. 44^)* J*l,c private librerie innoltre in Torino io trovo nominate in una lettera da Donato Rossetti di colà scritta nel 1674? quella del marchese di S. Damiano copiosa di forse seimila libri, e quella meno copiosa del marchese Parella (Lett. ine.d. d Uorn. ili. Fir. 1775, t 2 , p. 249). Di Genova parver quei monaci poco soddisfatti; perciocchè il P. Mabillon dice che nulla quasi vi ha di codici antichi, trattine alcuni non molto pregevoli che Filippo Sauli, da noi nominato nella Storia del secolo precedente , avea lasciati in dono a quello spedale (l. cit. p. 224) 5 e il P. Montfaucon appena vi si trattenne, considerandola come città poco a’ suoi studi opportuna [p. 127 modifica]PRIMO | i-j (l. eie. p. io)- Nondimeno lo Spoi», eia* ave.» non molti anni prima veduta quella città , rammenta come degno d’essere osservato il museo del canonico Ferri (Voyages, t. 1 p. 34)• E innoltre abbiamo nella Pinacoteca dell1 Eritreo 1’elogio di Demetrio Canevari nobile genovese (pars 3, n. 56) e medico, la qual professione egli esercitò prima in Genova, e poscia per 40 anni in Roma con sì felice successo, che e pontefici e cardinali ed uomini di qualunque stato volean essere da lui curali (a). La descrizione eli1 egli ci fa della particolar parsimonia con cui egli vivea, la quale anzi potrebbe chiamarsi sordida avarizia, appena ci permetterebbe di credere che un uomo tale potesse pensare a formare un’insigne biblioteca. Ma questo era il solo oggetto in cui egli era portato a profonder tesori. Mentre di altro non si cibava che di un po’ di brodo, di scarso pane e di un pezzo di carne che una vecchia portavagli, e ch’egli con una fune si traeva per una finestra in casa , andava raccogliendo grandissima copia di libri con idea di formare una biblioteca in Genova 5 e a tal fine ordinò nel suo testamento che a colui che dovea avere la cura di tenerla ordinata e pulita , si pagassero ogni anno dugento scudi. Ma non pare che tali disposizioni avessero il loro effetto. L’Eritreo e il P. Oldoiiii (Allieti. UgusC. p. i5o) annoverali diverse opere filosofiche e mediche (<7) Il Cane vari fu protomedico di Libano VII , e 1 aliate Marini ne ha pubblicata l’bcriziou sepolcrali; (degli Archiatri potili/’, t. 1, p. 4%/[p. 128 modifica]128 LIBRO da lui date in luce; e il secondo scrittore aggiugne eh1 ei fini di vivere in Roma nel i6a5. XV. Ma se Genova non avea allora famose biblioteche, una ne era in un angolo di quella riviera occidentale, cioè in Ventimiglia, che fu assai rinomata singolarmente pel nome del fondatore di essa. Parlo della libreria Aprosiana, così detta dal P. Angelico Aprosio da Ventimiglia agostiniano, che ivi nel convento del suo Ordine la ripose a beneficio de’ posteri. Le notizie di questo erudito ma fantastico e capriccioso scrittore sono state con molta esattezza raccolte dal co. Mazzucchelli (Scritt. it. t 1, par. 2, p. 887, ec.), e io perciò ne dirò sol quanto basta a farne conoscere il carattere e le opere. Dappoichè in età di 16 anni entrò nell1 Ordine Agostiniano nel 1623, appena mai trovò soggiorno ed impiego che gli piacesse. I conventi di Genova, di Siena, di Monte S. Savino, di Pisa, di Trevigi, di Feltre, di Losina nella Dalmazia, di Venezia, di Murano, di Rapallo , lo ebbero tutti per breve tempo, trattone quel di Venezia, ove giunse a fermarsi per circa sette anni. L’instabilità del suo genio faceagli presto venire a noia quella stanza medesima ch’egli stesso si era trascelta; ed ei trovava facilmente pretesti a cambiarla or nell’inclemenza del clima, ora nella povertà del convento, or ne’ costumi e nel tratto de’ suoi religiosi. Coll’avanzarsi negli anni pare che in lui si scemasse questa incostanza, e che meglio si adattasse alle leggi del suo Ordine; perciocchè veggiamo che vi fu poi sollevato a ragguardevoli cariche, e a quella ancora di [p. 129 modifica]primo iaij vicario generale. Passò in Ventimiglia gli ultimi anni della sua vita, e vi ebbe anche 1 impiego eli vicario dell1 Inquisizione j e dopo avere ivi fissata e accresciuta la sua biblioteca, ivi pure morì a’ 23 di febbraio del 1681, in età di 74 anni. Nelle molte opere da lui composte non volle che fosse segnato il suo nome, ma amò di pubblicarle sotto nomi finti a capriccio. Egli fu uno de’ più caldi sostenitori del Marini contro lo Stigliani, e in diversi libri in tal occasione da lui composti or s’intitolò Masotto Galistoni, or Carlo Galistoni, ora Scipio Galerano, ora Sapricio Saprici. Diverse altre opere di diversi argomenti, ma tutte scritte capricciosamente e in uno stil tutto suo, diede egli in luce, che si riferiscono dal co. Mazzucclielli. * Due son quelle che più propriamente debbon qui essere accennate. La prima è la Biblioteca Aprosiana, stampata in Bologna nel 1673 sotto il nome di Cornelio Aspasio Antivigilmi, in cui dopo avere narrate diverse particolarità della sua vita, passa a darci il catalogo di quegli autori che di qualche libro gli aveano fatto dono, aggiugnendo ancora alcune notizie della lor vita e de’" loro studi. Non è però compiuto questo catalogo, e abbraccia solo le prime tre lettere dell’alfabeto. Così imperfetto nondimeno, come esso è, contiene notizie letterarie molto pregevoli, e che leggerebbonsi ancora con maggior piacere, se l’autore tenesse un ordin migliore, e se non andasse qua e là saltellando con digressioni non sempre utili e sempre noiose. L’altra con titolo al par degli altri stravagante è intitolata: La Visiera alzata, Hceatostc Tiradoschi, Voi XIV. 9 [p. 130 modifica]l3o LIBRO di scrittori, che vaghi (f andare in maschera fuor del tempo di carnovale sono scoperti da Gio. Pietro Giacomo Villani (cioè dall" Apro-. sio), aggiuntavi un’appendice col titolo: Pentecoste (d’altri scrittori, ec. Questa fu stampata in Parma nel 1689. dopo la morte dell autore, per opera del Magliabecchi, ed essa pure ci dà ottimi lumi intorno la storia letteraria, di cui poscia si son giovati i susseguenti scrittori dello stesso argomento. XVL La biblioteca Estense da Ferrara insiem co’ duchi passata a Modena, era stata per lungo tempo dimenticata; ed è probabile che nel trasporto dall’una all’altra città, e nel disordine in cui per molti anni giacquero i libri , molti se ne smarrissero. Quando il P. Mabillon venne in Italia nel 1685, convien dire ch’essa non fosse stata ancor rinnovata; perciocchè, parlando di Modena, non ne fa parola (Iter italic. p. 200). Ma quando il P. Montfaucon fece il viaggio medesimo nel 1698, trovolla di nuovo ordinata e disposta; ed ebbe il piacere di osservarne parecchi de’ più pregevoli codici coll’aiuto del celebre P. Bacchini, che allora era bibliotecario (Diar. italic. p. 32). In fatti pochi anni prima il duca Francesco II aveale assegnato luogo opportuno, e ne avea affidata la cura a Jacopo Cantelli da Viguola (a), uomo assai (a) Questa ducal biblioteca era già unita almeno fin dall’anno 1667, in cui da Francesco II fu nominato suo bibliotecario Giambattista Boccabadati (BibL moden. t. 1, p. a83)- A lui poi fu sostituito il Cantelli, benchè il Boccabadati ne ritenesse il titolo, e morisse nel 1696, [p. 131 modifica]PRIMO 13 j dotto, C di cui celebri sono singolarmente le belle carte geografiche inserite dal Rossi nel suo Mercurio geografico, stampato in Roma nel 1692. Al Cantelli succedette il P. Bacchini, a cui fu poscia sostituito nel 1700 il dottissimo Muratori, che tanto nome le accrebbe e col saggio uso da lui fatto di moltissimi codici ch’ei pose in luce, e colle dottissime opere da lui pubblicate, con cui a sè non meno che alla biblioteca Estense conciliò fama immortale. La gloria però di aver posta questa biblioteca in istato di poter gareggiare colle più illustri, era riserbata al duca Francesco III, il quale colla nuova magnifica fabbrica da lui innalzata, e col continuo copiosissimo aumento sì de’ libri stampati che de’ codici mss. ha emulate felicemente le glorie de’ Leonelli, de’ Borsi, degli Ercoli e degli Alfonsi. Allo stesso duca Francesco II deesi il ricco museo di antichità d’ogni genere da lui raccolte, copioso singolarmente di pietre incise e scolpite per modo, che pochi musei avea l’Europa che si potessero ad esso paragonare. Anche in Reggio ricorda il Montfaucon il museo del P. Cattaneo, e accenna alcune più r.ire medaglie che gli caddero sotto gli occhi (ib. p. 433). » XVII. In Parma vide il P. Mabillon la ducale biblioteca vagamente adorna e copiosa di circa dopo il Cantelli, che era morto l’anno precedente. Non sappiamo dove essa fosse allor situata; perciocché solo dopo la morte del Cantelli essa fu collocata nella parte superior del palazzo, ove è stata fino a’ tempi di Francesco 111, e ove ora è la ducal guardaroba (ivi,p. 38t>). [p. 132 modifica]i3j libro quarantamila libri (l. ciL p. 206). Ma egli non fa alcuna menzione del museo. Il Montfaucon al contrario parla con molta lode di quel museo (l. cit. p. 444) j della biblioteca non fa parola; e dice solo che in un atrio gli furon mostrati due recinti chiusi, e gli venne detto che ivi stavano da lungo tempo nascosti molti codici, i quali probabilmente sarebbon divenuti preda delle tignuole , il che anche altrove egli ripete (Palaeogr. p. 25). Ma quanto è vero che e una magnifica biblioteca e un ricchissimo museo era allora nella Corte di Parma, altrettanto è falso che vi fosser molti codici mss. I)i ciò abbiamo una pruova in una lettera del p Bacchini al Magliabecchi de’ 16 ottobre 1685, la qual conservasi tra’ codici della Magliabecchiana: Nella libreria, dice egli, di questo Serenissimo vi è di tutto; ma io credo che si debba mettere a pubblica utilità, quando io non sarò più vivo. E per verità è peccato, che non serva, essendo per altro compita di tutti i mi- , gliori libri che vi siano in ogni materia, per la diligenza del P. Gaudenzio Roberti Carmelitano j mio caro amico.... Manca solo ne’ manoscritti, j de’ quali ve ne sono pochissimi e di poco nm- ] mento. Or certo non è probabile che ne’ pochi fl anni che corsero tra la data di questa lettera I e il viaggio del P. Montfaucon , si raccoglies-’J sero que’ tanti codici che questi accenna, e che da niuno sono mai stati veduti. Quando il Bacchini e il Mabillon così scriveano, era duca ’ Ranuccio II, a cui propriamente si dee la glo-1 ria di aver raccolta una sì cospicua biblioteca I Io aggiugnerò qui cosa noia a pochissimi, e [p. 133 modifica]PRIMO 133 che non si rammenta, ch’io sappia, da alcuno degli scrittori delle più illustri biblioteche, cioè che di questa di Parma si ha alle stampe il catalogo in un tomo in foglio, sì raro però , che forse fuori di quella città non ve ne ha altra copia che quella la quale a me è riuscito di acquistare per questa biblioteca Estense. L’anno della stampa non vi è segnato} ma poichè vi si registra il primo tomo del museo Farnesiano stampato nell’anno i6c)4> 110,1 *1 secondo stampato nel 1701, convien credere che in un degli anni di mezzo esso venisse alla luce. Esso s’intitola Pars I, benchè l’alfabeto , secondo cui i libri son registrati, sia compito. Forse la seconda comprender doveva i libri anonimi, che nella prima non son segnati , o un altro catalogo diviso per materie. Grande è la copia de’ libri in esso indicati, e ve 11’ ha molti pregevoli assai; ma non parmi che generalmente la sceltezza corrisponda alla copia. Dallo stesso duca Ranuccio fu raccolto il famoso museo, di cui ci danno idea i dieci tomi de’ PP. Pedrusi e Piovene, nei quali ne descrivono le medaglie. Nè di questo soltanto, ma di ogni genere d’antichità era esso ricchissimo} e ancor ne serban memoria que’ che a’ nostri giorni l’hanno veduto , prima ch’esso insieme colla biblioteca fosse trasportato a Napoli. E ne rimane ancora la pruova nell1 iscrizione che si legge nella gran camera ove erano i medaglioni, e che aggirasi intorno alla nicchia ove era già il busto di Ranuccio II, di cui pur leggesi il nome. Io la riferirò qui, benchè scritta sullo stil di que’ tempi, perchè non [p. 134 modifica]134 LIBRO so che da alcuno sia stata mai pubblicata: Emenso oculis museo, quod multiplex insignium operum raritas et eximiae decorant graphides lineis Zeusidos et Apellis suppares, et elaborata Praxitelis arte marmora et metalla, caelataeque gemmae, et erudita numismatum aeris, argenti, et auri etiam singularium series Consulum Caesariumque. gesta et Olympiadas discriminantium, que ab injuria vetustatis vindicavit solertia, et veluti signa radiantia novo intexuit Zodiaco sapientia, dum de pretio ars et natura decertant. ut victa admiratione triumphet magnificentia, Solem Farnesium hospes suspice, unde mutuatur lumen, quo gratior reflorescit antiquitas. Nuovo ornamento si accrebbe a questa biblioteca non meno che a questo museo dal duca Francesco I; perciocchè il P. Aichperger gesuita nell’orazion funebre di esso recitata in Busseto, e stampata in Parma nel 1727, rammenta la famosa libreria apprestata in posto più vantaggioso , ed arricchita d innumerabili volumi.... lo studio delle medaglie accresciuto per la compera di uno dei più preziosi musei, di cui andasse fastosa la Francia—la raccolta di vaghissimi Camei.... le antichità, che sepolte sotto gli orti Farnesi ani ridonò con tanto dispendio alla luce ed alla erudizione de’ letterati. XV11I. In Mantova niuno de’ due più volte lodati monaci vide cosa che gli paresse degna di lasciarne memoria; e solo essi ricordano la bella biblioteca ricca non men di codici che di antiche edizioni del lor monastero di S. Benedetto di Polirone (Iter italic. p 205; Diar. [p. 135 modifica]PRIMO 135 ildlic. p. 36). Non così in Milano, ove principalmente la biblioteca Ambrosiana offerse gran pascolo alla dotta loro curiosità e alla lor maraviglia. In fatti f erezione di essa è una delle cose più memorabili di questo secolo, e può bastare essa sola a rendere immortale il nome del Cardinal Federigo Borromeo, che ne fu il fondatore. Cugino, allievo e successore nell1 arcivescovado di Milano del gran cardinale S. Carlo Borromeo, ne imitò gli esempi e nell1 esercizio delle più ardue virtù, c nell* instancabile zelo per la custodia del suo gregge, e nella splendida munificenza nel protegger le scienze; e gli fu ancora superiore nel coltivarle per se medesimo. In età di soli 23 anni fu dal pontefice Sisto V ascritto tra’ cardinali nel 1587; e lo studio che fin d1 allora nvea egli fatto nelle lingue latina e greca, ebraica e caldaica, indusse Sisto ad affidargli la soprantcndenza all1 edizioni de1 Concili! e «Iella sacra Scrittura. cì;° faceansi in Roma. Nel ifu eletto arcivescovo di Milano, e resse con fama di ottimo e santissimo pastor quella Chiesa fino all’anno 1631 in cui a’ 22 di settembre chiuse i suoi giorni. Io non mi arresterò a parlare più lungamente di quelle cose che nella vita di questo grand’uomo non appartengono all1 argomento di questa Storia, e che si posson vedere ampiamente descritte nella diffusa Vita che ne scrisse Giuseppe Rivola, e che fu stampata in Milano nel 1656. Ma non debbo toccare sì leggermente ciò che concerne agli studi e alle opere di esso, e alla fondazione della mentovata biblioteca. L1 Argenti ci ha dato un ampio catalogo delle opere [p. 136 modifica]l36 LIBRO <la lui date alla luce, e di quelle che sono rimaste inedite (lì ibi. Script, mediol. t. 1, pars a, P■ *97> ec*)j e tale ne è il numero e sì grande la varietà degli argomenti, che sembra impossibile che un uomo occupato nel reggimento di una sì vasta diocesi, ed esattissimo nell’adempimento de’ suoi doveri, potesse scriver cotanto. Alcune sono pregevoli assai, come quella De absoluta Collegii Ambrosiani in litteris insti tutione, quella De dclectu in gonion un, quella De Sacris nostrorum temporum Oratoribus, quella De Episcopo concionante, e quella intitolata Meditamenta Litteraria; e sarebbe a bramare che le opere di questo gran cardinale non fosser, come sono comunemente, rarissime, per lo scarso numero di copie ch’ei ne fece stampare. Non vuolsi però dissimulare la critica che il Cardinal Bentivoglio ne fece, benchè egli pure esalti con somme lodi il sapere, l’erudizione, il zelo e tutte le altre virtù del Cardinal Federigo: Nella latina e nella toscana (lingua), dice egli (Meni. I. i, c. 6), si videro poi col tempo varie sue composizioni in grossi volumi, i quali però non hanno avuto nè gran corso nè grande applauso, essendosi dubitato che ne’ latini non siano meschiate le fatiche degli altri quasi più che le sue, e giudicandosi i Toscani pieni appunto di toscanismi affettati, con eccesso di parole antiche e recondite, e con povertà di concetti fiammeggianti e vivaci. Ma più che colle sue opere ei giovò agli studi colla fondazione della biblioteca Ambrosiana. Il sol vederla qual ella è, o se ne consideri la maestà del vasto edificio, o la moltitudine de* [p. 137 modifica]PRIMO 137 libri stampati e ile* codici miss. , clic fin da’ tempi del Mabillon giungevano tutti insieme presso a quarantamila (Iter italic. p. 11), o i rari monumenti delle belle arti che vi sono aggiunti, ci dà una grande idea del genio sublime e della splendida munificenza di chi ne formò il pensiero,e sì felicemente eseguillo. Niun monarca per avventura profuse tanti tesori nella compra de’ libri, quanti ne spese questo gran cardinale. Non pago di ciò che molti venivano spontaneamente ad offrirgli di più pregevole, appena v’ebbe parte del mondo cui egli non facesse cercare a tal fine. Grazio Maria Grazi suo segretario e Guido Cavalcanti suo familiare scorsero a tal fine le principali città d’Italia, Antonio Olgiati e Pietro Martire Bidelli librario furono inviati in Francia e in Allemagna, Francesco Bernardino Ferrari in Ispagna, Antonio Salmazia e Domenico Gerosolimitano già rabbino ebreo all’Isola di Corfù, nella Tessaglia e in altri luoghi circonvicini, Michele Maronita nella Soria e in altre parti dell’Oriente, tutti provveduti di larghe somme di denaro e pe’ bisogni del loro viaggio, e per la compra di quanti libri credessero alle sue idee opportuni. Ed egli ebbe il piacere di vederli tornare dalle lunghe loro pellegrinazioni carichi di ricchi tesori di ogni sorta di libri sì stampati che manoscritti, e ad essi aggiunse , come altrove si è detto , gli avanzi della famosa libreria Pinelliana da lui a caro prezzo comprati. Ma non bastava al Cardinal Federigo l’aver raccolta sì gran copia di libri, e l’aver loro assegnata sì magnifica stanza, che fu finita [p. 138 modifica]. I 33 LIBRO e solennemente aperta nel 1609. Ei volle ancora che alcuni dottissimi uomini fossero impiegati non solo nel conservarla ed accrescerla, ma anche nell’agevolare agli altri la strada al conseguimento di tutte le scienze. Fondò a tal fine il collegio Ambrosiano j ciie dovea esser composto di sedici dottori, benchè veramente non passasse mai il numero di nove. Loro pensiero dovea esser l’applicarsi ciascheduno a quel genere di erudizione e di scienza che fosse più al suo talento adattata, e il pubblicar in esso tali opere che illustrassero ugualmente il nome de’ loro autori, che gli studi a cui eransi consecrati. A questo fine alla biblioteca Ambrosiana aggiunse una stamperia, e volle ch’ella fosse fornita de’ caratteri delle lingue orientali, e di quelle chiamò con ampii stipendii a Milano alcuni illustri professori. Egli ebbe ivi di fatto due maestri delle lingue arabica e della persiana, detto il primo Abdala, Si mone il secondo, i quali poi però non soddisfecero all’aspettazione del cardinale. Più felice fu la scelta di Michele Maronita, il quale nella lingua arabica istituì sì bene Antonio Giggeo, che potè poi pubblicarne il primo Vocabolario che ne vedesse l’Italia. Un prete armeno ancora detto Bartolommeo Abagaro, e un certo F. Paolo Copus furono per qualche tempo a’ servigi del cardinale, ed ebbero a scolaro Francesco Rivola, che pubblicò poi prima d’ogni altro la gramatica e il vocabolario di quella lingua. Cercò ancora di averne uno della lingua abissina, e abbiam su ciò alle stampe una lettera del cardinale, in cui ne fa grandi istanze (Racc. milan. 1756; fol. 35) [p. 139 modifica]PRIMO l3() ma non potè in questa parte ottenere il suo intento. Finalmente, per non lasciar parte alcuna a cui egli non rivolgesse le provvide sue beneficenze, fondò nella stessa biblioteca un’accademia delle tre arti sorelle, e ne raccolse da ogni parte i più bei monumenti nelle opere degli artefici più rinomati. L’esempio del Cardinal Federigo eccitò molti altri ad arricchire co’ loro doni la biblioteca Ambrosiana. I monaci Benedettini di Bobbio inviarono al cardinale molti de’ più antichi lor codici. I Cistercensi del monastero di S. Ambrogio gli fecer dono del pregevolissimo codice della Storia di Giuseppe Ebreo, scritto in papiro egiziano. Il co. Galeazzo Arconati donò alla stessa biblioteca i famosi libri scritti per man di Leonardo da Vinci, de’ quali si è detto altrove. I prefetti di questa biblioteca e i dottori del collegio Ambrosiano scelti dal cardinale, e que’ che lor succederono nel corso di questo secolo, la renderono vieppiù illustre e famosa 5 e tra essi son celebri per le loro opere Giuseppe Ripamonti , Francesco Bernardino Ferrari, Francesco Colli, Giuseppe Visconti, Pietro Puricelli, Pietro Paolo Bosca e il Muratori, che sulla fine del secolo fuvvi per pochi anni, finchè nel 1700 passò all’Estense. La splendida munificenza di questo gran cardinale dura ancor ne’ fondi da lui lasciati alla conservazione e all’aumento della biblioteca , la quale in fatti si è sempre Venuta arricchendo di nuovi libri, e probabilmente più ampie rendite ancora le avrebb’egli assegnate, se la peste, da cui fu travagliata la Lombardia nel 1630, non l’avesse costretto [p. 140 modifica]l4° LIBRO > t M a rivolgere a più necessarii usi il denaro. Assai più cose avrei io potuto qui aggiugnere intorno a questa biblioteca e all’immortal fondatore di essa. Ma ciò che ne hanno già detto il Bosca ne’ cinque libri De Origine et Statu Bibliothecae ambrosianae, il Rivola nella Vita già accennata del Cardinal Federigo, il Sassi (De Studis mediol, c. 12) e più altri scrittori, mi rende lecito il parlarne più in breve, per non ripeter le cose da cento altri già dette. XIX. Non fu la sola biblioteca Ambrosiana che occupò in Milano i due dotti Mauri ili. Amendue videro il museo del co. Mezzabarba, di cui altrove diremo (Mabill. Iter italic. p. 18; Montf. Diar. italic. p. 20), e il Montfaucon ricorda innoltre quello di Giammaria Bidelli assai copioso di rare e scelte medaglie, e di cui egli fece poi dono al collegio de’ PP. della Compagnia di Gesù in Milano. Amendue ancora parlan con lode di quello già raccolto da Manfredo Settala (Mabill. ib.), che a’ tempi del Mabillon era presso il canonico Settala di lui nipote. Manfredo Settala fu uno de’ più rari uomini di questo secolo, ma poco noto, perchè ni un’opera se n’ha alla luce (Mabill. p. 14; Montf. p. 21). Fu egli figlio di quel Lodovico di cui abbiam parlato tra’ medici del secolo sedicesimo, dal quale mandato alle università di Pavia, di Siena e di Pisa, tal saggio vi diede di acuto ingegno e di instancabile applicazione, che si rendette assai caro al gran duca Ferdinando II. Il desiderio di conoscere la natura, e di osservare le cose più rare del mondo tutto, gli fece intraprendere lunghi viaggi. Trasferitosi [p. 141 modifica]PRIMO i/fi prima all’isola di Sicilia, innoltrossi poscia nell’Oriente, e vide Cipro, Candia, Costantinopoli , r Egitto e P Asia Minore, e ne tornò a Milano nel 1630 in età di 30 anni. Oltre la lingua italiana e latina, possedeva perfettamente la francese e la spagnuola, ed era ancora versato nell’inglese, nella greca e nelf armena. Nella filosofia e nella matematica non solo era profondamente istruito, secondo que’ tempi, ma era egli stesso ingegnosissimo fabbricator di strumenti a quelle scienze opportuni; e celebri ne erano singolarmente i microscopii e gli specchi ustorii. La chimica ancora e la musica furon da lui coltivate j e di esse vedeansi nel museo da lui formato diverse ingegnose macchine, e varii nuovi strumenti di sua invenzione. A queste aggiugnevansi più altri ammirabili ordini appartenenti alla meccanica, alla statica, all’idrostatica e ad altri rami della fisica generale, per la più parte da lui ideati, e da lui medesimo fabbricati. Nè vi mancavan medaglie ed altri monumenti antichi, e le cose più rare che in ogni parte del mondo produconsi dalla natura, che rendevano questo museo oggetto di maraviglia a chiunque lo osservava. Paolo Maria Terzano ne fece la descrizione in latino, che fu stampata in Tortona nel 1664. Egli era stato dal Cardinal Federigo Borromeo, che sommamente lo amava, onoralo di un canonicato nella basilica di S. Nuz/.aro, e il Settala grato al suo benefattore, venendo a morte nel 1680, ordinò che il suo museo fosse trasportato alla biblioteca Ambrosiana. Ma a ciò si opposer gli eredi: la donazione [p. 142 modifica]non ebbe efTetto; e il museo con tanto studio da lui raccolto, fu poi dissipato miseramente e dispersoii e sol qualche picciolo avanzo ne passò alla biblioteca medesima; ove nondimeno vollero i conservatori che in una iscrizione, la qual si riporta dall’Argelati, rimanesse durevol memoria del beneficio che il Settala aveale destinato.


Frutto di queste collezioni. XX. Così appena eravi alcuna tra le principali città d’Italia, che non avesse qualche pregevol museo, singolarmente di antiche medagliej e vedremo di fatto che fra gli studi nei quali l’Italia in questo secol produsse molti e dotti scrittori, quello delle antichità fu uno de’ più illustratiii e che questa scienza fra noi fece lieti e felici progressi, mentre presso le altre nazioni cominciava appena ae’essere conosciuta. Ma non è questo il luogo d’esaminare quai copiosi frutti si raccogliessero dalla munificenza con cui tanti presero in ogni parte a raccogliere tai pregevoli monumenti.