Rivista italiana di numismatica 1892/Bibliografia
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BIBLIOGRAFIA
LIBRI NUOVI.
Da tempo sapevano gli studiosi di numismatica e di archelogia, come il Signor Gustavo Vallier di Grenoble, ad essi ben noto per vari ed eruditi lavori, attendesse a diligenti ed estese ricerche, senza risparmio di viaggi e di corrispondenze, onde riunire gli elementi di una da lui divisata monografia di quanto sotto i rapporti della sfragistica e della numismatica fusse per presentare di rimarchevole ed istruttivo la Corporazione dei Certosini. Quella insigne Corporazione, cioè, la cui sede originaria e principale è appunto nella diocesi di Grenoble, a non molta distanza da tale cospicua città, in luogo già denominato nell’antico dialetto locale Chartrouse mutato nel miglior linguaggio francese in Chartreuse, e, latinamente in Cartusia, poi rimasto a generale indicazione dell’Ordine, e delle varie sue sedi. L’importante suo lavoro fu ora compiuto dal Signor Vallier, e messo alla luce in un magnifico volume, che si ha soddisfazione moltissima di poter segnalare ai lettori della Rivista.
La Corporazione dei Certosini dall’epoca della sua istituzione ad opera di S. Brunone, e di Sant’Ugo nel secolo XI, ha avuto sì esteso sviluppo, e spiegata tale attività da vedersene moltiplicate le sedi in ogni parto d’Europa. Reggevasi, come ancora si regge, colle antiche regole di San Benedetto, ma il lavoro assiduo della mente ed anche il materiale erano il vincolo assoluto cui legavansi que’ monaci nella tranquilla solitudine delle separate loro celle, e di essi col tempo venne costituendosi una fama per tal modo favorevole e solidamente stabilita, che oltre il numero delle sedi, poterono vantarne la ricchezza e la sontuosità. Non poche sedi assunsero infatti per estensione e decoro di edifici, per lavori d’arte raccolti e favoriti, forma ed importanza di monumenti insigni, ed onorevolissimi pei luoghi che ebbero ad accoglierli.
Il Vallier ci presenta disposta cronologicamente dal 1084 (Grenoble) al 1873 (Parkminster) la serie di duecentosettanta sedi della Corporazione Certosina; ne accenna, oltre l’anno della istituzione, anche i diversi nomi, non senza speciali ricordi storici, quando ve n’era opportunità.
Per centoquarant’otto di dette sedi il nostro autore ha potuto riunire, secondo lo speciale suo scopo, le impronte dei sigilli adoperati nei loro atti pubblici e privati, e così formare un seguito di ben quattrocento ottanta sigilli, che ci offre egregiamente riprodotti nelle numerose sue tavole ad opera del valente artista Signor M. G. Lavalette di Bruxelles.
Quando si rammenti che le case, o sedi dei seguaci di S. Brunone trovavansi aperte e sparse in ogni regione di Europa, e che la loro vita, sebbene diversa per epoca e durata, pure abbraccia un periodo complessivo di otto secoli, molte essendo tuttodì in fiorente esercizio, sarà ovvio il rilevare a quante utilissime considerazioni, a quanti interessanti confronti possa offrir argomento quella ricca serie di sigilli, sia per la forma ed il modo delle rappresentazioni, che vi sono impresse, sia per l’arte con cui sono lavorati.
Tale ricchissima scorta di materiale permette di contrapporre e confrontare fra loro i prodotti artistici di diverse regioni in una stessa epoca, e con non minore utilità acconsente di seguire il graduale progresso artistico in uno stesso paese, finchè esso sia effettivo, oppure si arresti, od accenni peggio che ad arida sosta.
La Grande Certosa di Grenoble da sola ha fornito al Vallier trentatre diversi sigilli, che vi furono in uso dal 1367 al 1783, fra i quali alcuni distintissimi per la loro perfezione (Tav. I e II); la Certosa di Parigi ne somministrò tredici, che rapportano agli anni 1278, 1367, e giù venendo al 1783 (Tav. XI e XII); Londra offre per la sua Certosa l’impronta di un sigillo del secolo XV di un lavoro magnifico per finezza e carattere (Tav. XXIII); della Certosa di Colonia si presenta un bellissimo sigillo, di cui la matrice in argento esiste nel museo di quella città, e che è lavoro al certo non posteriore alla prima metà del secolo XV (Tav. XXI).
Trentanove sono gl’Istituti Certosini aperti in Italia, che troviamo ricordati dal Vallier, e di diciotto fra essi abbiamo le impronte di sigilli dei quali fecero uso. Meritevoli di particolare considerazione per lavoro artistico presentansi quelli della Certosa Firentina di S. Lorenzo del secolo XV; di Pesio pure dello stesso secolo; di Milano e di Mantova di epoca posteriore. Anche per la Certosa di Pavia il Vallier ha raccolto vari sigilli, che se non emergono per antichità, pure sono abbastanza pregevoli dal lato del lavoro, e riescono poi di speciale interesse col rammentare una delle più ricche e monumentali Case rette dall’Ordine Certosino, e la cui fondazione dovesi al primo duca di Milano Giovanni Galeazzo Visconti. Il nostro autore ha avuto pur cura di accennare all’importanza della Certosa di Pavia, col ricordare il ricchissimo dono, che questa faceva alla Grande Certosa di Grenoble nell’anno 1576, di un grandioso altare, che sebbene manomesso e modificato, ancora esiste nella cattedrale di quella città, e porta l’iscrizione originaria:
car . papiensis . mvnvs
magne . car . matri . sve . ann . dni .
mdlxxvi
Il Vallier, discorrendo della Certosa di Montreuil, dalla cui tipografia, dipendente dalla Certosa di Grenoble, è uscito lo splendido volume di cui ci occupiamo, ha rilevato, che sino dal secolo XVI, nella stessa Grande Certosa era attiva l’arte tipografica, e che avrebbe potuto enumerare ben quindici case di Certosini, le quali erano in possesso di caratteri tipografici, e ne facevano uso. Piacemi aggiungere che la Certosa di Pavia, sino dal 1560, veniva autorizzata dal Priore della Grande Certosa, e dal Capitolo generale dell’Ordine a mettere a stampa tutti i libri d’uso nella sacra liturgia, con ampio privilegio per tutte le Case dell’Ordine, come da Patente del 28 agosto 1560, che trovo riferita a capo di un Missale secundum ordinem Cartusiensium, impresso In Cartusia Papie Monachorum cura, 1561. Di questo Messale ha esemplare la Biblioteca civica Bonetta, ed altro esiste nella Biblioteca della Università di Pavia.
In serie speciale, e distinta dalla parta strettamente sfragistica, il Vallier ci presenta col titolo di Numismatica di San Brunone, novanta impronte, che per la maggior parte sono di medaglie così dette di divozione, quali soglionsi, o si solevano distribuire dalle corporazioni religiose, e che a simiglianza dei sigilli appartenendo a vari tempi, ed a diverse regioni, possono colla scorta delle apposte opportune ed erudite notizie aprir adito a proficui confronti.
Fanno notevole eccezione in quella serie di impronte nove pezzi fra medaglie e monete al nome di Papa Alessandro VIII, il quale amò riprodurre ripetutamente il nome e l’effigie di San Brunone fondatore dell’Ordine Certosino, a cui il Calendario della Chiesa assegna il giorno 6 ottobre, correndo il quale, nell’anno 1689, lo stesso pontefice era stato elevato al sommo suo ufficio.
Le esposte sommarie indicazioni possono, io spero, essere sufficienti a formare un concetto dell’estensione, e della relativa importanza del lavoro a cui il Vallier si è dedicato con amore costante, e con tale paziente insistenza da potersi ben dire attinta all’esempio dei benemeriti ascritti all’Ordine preso ad argomento della divisata e ben compiuta illustrazione. Ma oltre le doti della costanza nel proposito, e dell’opera paziente per raggiungerlo, credo che nel nostro autore debbansi riconoscere e commendare la vasta e speciale erudizione, e l’ordine tenuto nel disporre la mole dei materiali, quali seppe in tanti anni, e da ogni parte raccogliere.
È già parecchio tempo che si va dimostrando che l’opera dello Spinelli, Monete cufiche battute da principi longobardi, normanni e svevi nel regno delle due Sicilie è in gran parte erronea; ma niuno sinora si è occupato di proposito di correggerne le dubbie o false interpretazioni, e, solo l’Amari, nella sua Storia de’ Musulmani di Sicilia, ne aveva, qua e là, fatto qualche appunto più o meno vago. Il Can. B. Lagumina, consigliato già dallo stesso Amari, si accinse con molto interesse a questa difficile impresa e pubblicava testè un primo ed interessante saggio dei suoi studi.
Importante è la scoperta del tareno di Roberto Guiscardo. L’autore addimostra del Guiscardo una monetina che sinora venne attribuita dal Mortillaro e dallo Spinelli a Ruggiero re. È coniata nel 464 dell’Egira. che corse dal 29 sett. 1071 al 16 sett. 1072 dell’E. V., l’anno cioè in cui, secondo i documenti pubblicati dall’Amari, Palermo si rese ai due fratelli Roberto e Ruggiero. Il Lagumina ha letto sul rovescio di questa moneta: Per comando — di Roberto duca — Illustrissimo Re — di Sicilia, ed argomenta che Roberto, nell’ebbrezza dell’importante vittoria, avesse assunto il titolo di Re, che lì per lì avrà dovuto smettere per efficaci rimostranze del Pontefice. Dubito però che tale interpretazione sia perfettamente esatta, perchè non posso ammettere che il Guiscardo abbia assunto il titolo di re e specialmente nel modo e nello condizioni suggerite dal Lagumina. Parmi anzi, che quanto sappiamo del Guiscardo ne conduca ad escludere assolutamente questo titolo regio.
Interessantissima è la preziosa indicazione “Battuto in Amalfi” che il Lagumina ebbe la fortuna di leggere su di un rubà di Guglielmo II. L’autore, basandosi su questo tareno amalfitano da lui scoverto e sulla speciale determinazione di alcuni tarì amalfitani menzionati in un documento del 1112 dell’Archivio Cavense: in quibus crux efformata pareat, stabili i due tipi seguenti per la Zecca Amalfitana.
1. D/ e R/ — Campo: In centro, punto; sopra, una piccola croce. Leggende: contraffazioni di quelle dei moezzini.
2. D/ — Campo: Nel centro: R; R/ — Campo: Nel centro croce. Leggende de’ moezzini.
Questo secondo tipo viene attribuito dall’A. a Ruggiero II conte e poi Re di Sicilia.
Il Lagumina ignora però il tarì amalfitano da me pubblicato nella Rivista italiana di numismatica che reca, assieme agli sformati caratteri arabici, l’epigrafe S • ANDREAS, preceduta dalla croce di S. Andrea, e seguita poi dalle lettere SALRN. Curioso ed interessante monumento, che dovette certamente essere impresso ad Amalfi, e che si può, con probabilità, assegnare a quel Mansone III che, nel 981, riuscì ad impossessarsi del principato salernitano. In quel mio opuscoletto, parlando dei tarì amalfitani colla croce, menzionati nel documento del 1112 dell’Arch. Cavense, attribuii già ad Amalfi i due tarì riportati dall’Engel nelle Recherches sur la Numismatique des Normands de Sicile et d’Italie a Tav. III Nr. 34 e 35. Prima dei due tipi indicati dal Lagumina, fu dunque coniato ad Amalfi un tareno senza il distintivo della croce (ed è naturale, trattandosi di imitazioni, che dovevano, da principio, simulando i tipi arabici, confondersi colle monete dei Musulmani), sul quale, nella speciale occasione della conquista del principato salernitano, comparve il nome dell’Apostolo, patrono di Amalfi, ed il nome della città soggetta.
Il Lagumina dice di non conoscere alcun tareno di Enrico VI, che possa attribuirsi ad Amalfi; ma io non esito ad attribuire a quella città, in seguito agli indizi forniti dal tareno amalfitano del Museo Nazionale di Palermo, il grazioso tareno di Enrico VI, di cui un esemplare è nella mia collezione ed un secondo conservasi nel Regio Gabinetto di Copenaghen.
Tareno di largo stampo. D/ — HEINRICVS • SEXTVS. Busto dell’imperatore di prospetto; a destra, stella.
R/ — ROMANORVM • IMPERATOR. Croce con globetti alle estremità.
Oro basso.
Dei tarì di Federico II, sarebbero Amalfitani, i Nr. 1, 2 e 3 della Tav. XX, ed i Nr. 1 e 2 della XXI dell’opera dello Spinelli, e di lui farò conoscere per la prima volta il tareno coniato nel 12211 che da una parte ha nel giro FEDERICVS ed al centro IMPerator, ed al R/ REX • SICILIE ed al centro la croce amalfitana.
L’emissione del 1221 durò pochissimo, poichè, secondo ne ricorda, nella sua cronaca, il notaio Riccardo di San Germano, fu abolito del tutto il tarì amalfitano nel 1222.
Riporterò brevemente le modifiche che il Lagumina fa alle attribuzioni dello Spinelli, indicando i numeri dell’opera di questi. Sono di Ruggiero re e non di Guglielmo I e II i Nr. 250-256, 265-267, 270-275, 277-288, 306, 307, 309, 313, 315, 316, 318, 328, 396-401, 407, 408, 410-417, 419-430, 435, 760, 764, 781, 784-787.
Sono di Guglielmo I e non di Guglielmo II e III i Nr. 310-312, 314, 320, 332, 395, 405, 409, 418, 431-433, 436, 438, 439-445, 493, 788. Sono di Guglielmo II e non di Guglielmo I i Nr. 268, 405, 409, 432, 433, 439-445. Sono di Guglielmo III e non di Guglielmo I o II i Nr. 344, 446-51, 782.
È da sperare che il Lagumina, continuando nelle sue ricerche, si avvalga de’ tanti monumenti siculi che conservansi nelle provincie continentali del mezzodì d’Italia, e che riveda accuratamente la collezione del Tafuri, di cui la parte cufica fu ceduta, credo, al Museo municipale di Bari.
Trovansi in questa monografia alcuni tipi nuovi ed importanti. Non possiamo però accettare la maggior parte delle attribuzioni date dall’autore, perchè le monete inedite pubblicate in questo lavoro sono, in gran parte, esemplari ripercossi, con diversi coni, le due o magari le tre volte, di cui le epigrafi o monche o stranamente confuse non possono dar luogo ad alcuna attribuzione sicura.
Le monete coniate nell’Italia meridionale dal VII al XII secolo offrono grandissima difficoltà, appunto perchè così spesso ripercosse le une colle altre. Per classificarle è necessario confrontare parecchi esemplari, così da poter determinare esattamente quale è il tipo ripercosso, e quale è quello che vi fu nuovamente impresso. Il Foresio, però, nel pubblicare questi riconî della sua collezione, ha fatto opera utile; poichè sarà così possibile, per altri, di confrontare con questi i propri esemplari, e, se da una parte il frequente riconio rende difficile lo studio di queste monete, d’altra banda può essere, in molte occasioni, di considerevole aiuto ad una classifica cronologica de’ diversi tipi.
Daremo una rapida scorsa alle tavole del Foresio, descrivendo le monete più importanti e segnalando quelle di cui ci pare o erronea o, per lo meno, dubbia l’interpretazione.
Tav. I. — Il Nr. 6 non è di Sicone, ma di Stefano II duca di Napoli (v. Riv. It. Num. A. Sambon, Mon. del Duc. Napoletano); i Nr. 18, 20 e 24 non sono nè di Guaimario nè di Gisulfo; sono normanni ed hanno sempre al diritto RVG • DVX.
Tav. II. — I Nr. 31 e 35 sono due esemplari sconservati del follaro di Mansone, della Collezione Santangelo (Napoli), pubblicato dal Bonucci negli Annali di numismatica del Fiorelli. I Nr. 33 e 34 sono confusi riconî d’impossibile attribuzione.
Tav. IV. — Questa tavola va notata per alcune monete incerte sinora sconosciute. Posseggo un esemplare simile a quello del Nr. 106 e posso quindi darne una descrizione più esatta.
Quantunque il Volume delle Memorie presentato al Congresso Numismatico di Bruxelles non sia ancora pubblicato, dalla cortesia dell’Autore abbiamo ricevuto l’estratto di questa memoria, che non esitiamo a giudicare fra le più importanti presentate al Congresso stesso, relativamente alla Numismatica classica. E, come tale, ci pare valga la pena d’esaminarla con qualche ponderazione, facendovi anche qualche critica.
La memoria è uno studio piuttosto filologico che numismatico. Prendendo a pretesto le monete romane offrenti il tipo dell’Allocuzione, l’Autore ci descrive uno dopo l’altro i diversi imperatori da Pompeo a Costantino nelle loro qualità oratorie, dimostrando quanto fosse tenuta in pregio l’eloquenza presso i Romani, e quanta parte l’arte oratoria abbia sempre avuto nella storia di Roma imperiale.
Alla lunga serie delle monete d’Allocuzione, pazientemente e diligentemente raccolte e citate dall’Autore, ci permetteremo di fare un leggero appunto; osservando come in essa furono inavvertitamente collocate alcune monete, le quali, quantunque offrano una certa analogia di tipo con quelle d’Allocuzione, pure a tal fatto non si riferiscono. Le quattro monete citate al regno di Trajano non rappresentano già l’imperatore in atto d’arringare i soldati, bensì i soldati in atto d’acclamare Trajano imperatore per la settima, per la ottava e per la nona volta (IMPERATOR VII. VIII e VIIII). I tipi s’assomigliano alquanto; ma i fatti rappresentati sono ben differenti, e le monete dovremo chiamarle d’Acclamazione non già d’Allocuzione. Del resto nessuna moneta d’Allocuzione era finora conosciuta sotto il regno di Trajano: la prima e l’unica viene pubblicata in questo stesso fascicolo della Rivista. (Vedi Appunti di Numismatica Romana, XXI. moneta N. 12 e Tav. I. N. 4).
L’Autore passa in erudita rassegna i diversi cambiamenti, avvenuti nella latina scrittura, quali risultano dalle monete; raddoppiamenti di consonanti, cambiamenti di vocali, contrazioni, abbreviazioni, dittonghi, ecc., ecc. Se però tutto è esatto ciò che è di fatto ed è documentato dalle monete o dagli scritti antichi, non possiamo dire che altrettanto sia accettabile senza discussione ciò che è semplicemente frutto dell’induzione. Citiamo l’asserzione che i latini pronunciassero il c duro, ossia come il k. L’asserzione non è suffragata da alcuna prova (nè vale quella che il c alle volte si scambiava col k davanti alla vocale a come p. es. Karus per Carus, essendo ben diverso il caso davanti alle vocali e o i). Noi Italiani, che, come i figli primogeniti, o come i più stretti in parentela cogli antichi romani, ci vantiamo con qualche ragione d’essere i più fedeli continuatori della pronuncia latina, non potremo mai persuaderci che a Roma si pronunciasse Kesar e Kikero! — Siamo sempre nel campo dell’induzione e sarà ben difficile che possiamo mai conoscere con sicurezza l’antica pronuncia romana; ma se possiamo però assicurare con tutta certezza che i latini non pronunciavano la loro lingua come la storpiano i francesi, gl’inglesi ed i tedeschi, abbiamo una grandissima probabilità che la pronunciassero, salvo pochissime varianti, come la pronunciamo attualmente noi in Italia; che quindi il c sia sempre stato il c italiano, e che ab antiquo si dicesse Cesar e Cicero precisamente come pronunciamo noi.
F. G.
Il titolo di questo annuario, che si presenta per la prima volta, è molto generale; ma non lo è altrettanto la materia contenuta, la quale riguarda per due buoni terzi o quasi per tre quarti la Francia, restringendo tutto il resto dei due mondi nel poco che avanza.
Gli è così che mentre la Francia e principalmente la città di Parigi è assai bene rappresentata nelle sue collezioni di vario genere, tutte le altre nazioni vi figurano in modo assolutamente inadeguato, pure facendo la parte necessaria alla prevalenza che deve avere la nazione nella quale e nella cui lingua il libro è scritto. E lo squilibrio non è solo nella distribuzione geografica, ma anche e più in quello delle materie; anzi, se abbiamo fatto cenno nella Rivista Numismatica di questo libro, il cui interesse dovrebbe essere molto più esteso, gli è perchè la Numismatica vi rappresenta, per i paesi che non sono la Francia, una preponderanza così decisa, che dal nostro punto di vista potremmo forse desiderarla tale, ma che è ben lungi dall’essere la verità.
I generi delle collezioni essendo rappresentati con segni grafici in quest’annuario, chi percorre coll’occhio le pagine dedicate all’estero, non può non rimanere colpito dal numero immenso di medagliette rappresentanti le collezioni numismatiche. Sono parecchie le pagine in cui vengono indicati oltre a venti raccoglitori numismatici, e nessun altro. In quelle, che non sono completamente numismatiche, vi figura timidamente qualche bibliofilo o filatelico perso sempre nell’abbondanza e nella prevalenza assoluta dei numismatici. Ma la ragione di tale squilibrio? È presto detta. Per i raccoglitori di tutto il mondo, fuori della Francia, s’è creduto potesse bastare il riportare in compendio la nostra Guida Numismatica; col che, ossia dicendo la verità, ma solo in parte, l’autore dell’Annuaire ha attribuito alla Numismatica un’estensione e un’importanza a cui nessuno ha certo sognato ch’essa potesse e dovesse aspirare.
Per dare un solo esempio abbastanza eloquente, a Roma tra i 64 collezionisti citati, più della metà ossia 34, lo sono di monete o medaglie (tolti appunto dalla Guida sopracitata). Raccoglitori di quadri invece... nessuno! I quadri a Roma non si citano che incidentalmente in mezzo a cento altri oggetti presso due antiquarii!
L’Annuaire dunque potrà essere eccellente per la Francia; ma è assolutamente nullo per i raccoglitori che si interessano di qualche altra parte dell’orbe terracqueo.... a meno che siano numismatici!
F. G.
Sotto questo titolo, il Sig. Lambros di Atene si propone di pubblicare una illustrazione delle monete antiche appartenenti alla Grecia propria, trattando le diverse regioni in modo che l’opera riesca divisa in quattro volumi, indipendenti l’uno dall’altro.
Il terzo volume è uscito testè, e comprende il Peloponneso. Le descrizioni sono precedute da brevi cenni sulle città cui si riferiscono le monete, ed i tipi principali sono riprodotti in 16 bellissime tavole eseguite noi rinomato stabilimento Brunner di Winterthur.
Se il pubblico farà buon viso all’opera intrapresa dal Signor Lambros, l’autore ha intenzione di far seguire ad essa la descrizione delle monete della Tracia e della Macedonia.
S. A.
Studio coscienzioso ed interessante, in un campo che per gran parte era rimasto sinora inesplorato. Infatti, oltre al darci la trattazione documentata delle monete coloniali battute in Francia o di quelle emesse regolamente in alcuno colonie fornite di zecca, il Sig. Zay ha classificato un gran numero di quelle bizzarre monete di necessità, alle quali si ricorreva in altre colonie sprovviste di officina propria, e specialmente nelle Antille, ritagliando monete straniere ed imprimendovi svariati contrassegni.
S. A.
Relazioni 8 Agosto e 4 novembre 1652 dei provveditori in zecca al doge di Venezia su due domande per ottenere la consegna dell’ampolla contenente il liquido chiamato anima d’oro, con il permesso di provarlo per convertire l’argento in oro. Venezia, Ferrari, Kirchmayr e Scozzi, 1891 in-8, pp. 14.
Ambiveri L., Granchi archeologici. Come fu giudicato da taluni dotti un mezzo grosso piacentino di Corrado II. [Nella Strenna pel 1892 “Il piacentino istruito nelle cose della sua patria”, a p. 79-82].
Palazzi Zoile, Collezione di monete antiche, medioevali, moderne, in num. di 2400. Foligno, Salvati, 1891.
Prosdocimi A., Di un ripostiglio di monete romane scoperto in Este nel poligono di tiro a segno nazionale il 9 marzo 1891, con ill. Este, Stratico, 1891.
Campagne del Principe Eugenio di Savoia. Serie I, vol. I. Vienna, 1876-Torino, 1889 [1892]. A pp. 625-648 “Notizie sulle monete e sui prezzi delle vettovaglie o dei materiali da guerra.
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Magasin pittoresque, 31 ottobre 1891: Chabouillet Anatole, Médaille du prince Flavio Orsini.
Zeitschrift des Ferdinandeums für Tirol und Voralberg, fac. 35, Innsbruck, 1891, p. 179 e seg: Voltelini Hans (von), Der Curs der Berner Denare zum Gulden um 1300.
Archäologisch-epigraphische Mittheilungen aus Oesterreich-Ungarn, XV, 1: Pick, Das Monument von Adam-Klissi auf Münzen von Tomis.
Zeitschrift der deutschen morgenländischen Gesellschaft, XLV, 2: Pertsch, Verzeichniss der aus Fleischers Nachlass der deutschen morgenländischen Gesellschaft überkommenen Münzen.
Hirth’s Formenschatz, n. 10: Tav. 146, Italische Schaumünzen von Vittor Pisano.
Ausland, 61, 5: Andriessen, Münzen und andere Tauschmittel in Afrika.
Jahrbücher des Vereins von Alterthumsfreunden im Rheinlande, fasc. 90: Joseph Paul, Der bonner Denarfund von 1890, vergraben um 1042, con ill.
Illustrirte Zeitung, Lipsia, n. 2529, 19 dicembre 1891: Die Medaille der diesjährigen Internationalen Kunstausstellung in Berlin.
The Academy, n. 1017: Smith, Indian numismatics.
The Indian Antiquary, settembre 1891: Hultzsch, The Coins of the Kings of Vijaya-Nagar.
LIBRI NUOVI.
L’Evans ha avuto occasione di studiare accuratamente i numerosi ripostigli che di recente son venuti a luce in Sicilia e quello specialmente importante che si rinvenne a principio dell’anno passato a santa Maria di Licodia presso Catania.
E, in questo lavoro, dai nuovi indizi, trae motivo di accurata e coscienziosa classifica delle monete siracusane del V e IV secolo a. C. e vien minuziosamente illustrando l’importanza storica dei vari tipi e quanto concerne la produzione e il valore artistico di quei stupendi conî siracusani.
Il dottor Weil nel suo lavoro “Nomi d’artisti su monete Sicule” ritenne i decadrammi di Eveneto anteriori a quelli di Kimone, e l’Head, nei pochi cenni che dedicò a questi graziosi cimelii dell’arte antica, si accostò pure a tale opinione. L’Evans, invece, rivendica la priorità a Kimone, addimostrando che il decadramma riportato dall’Head a tav. IV, n. 6, precede di sei anni circa il primo di Eveneto. E, con sicuri confronti, con intelligentissimo esame dei dettagli artistici, cogli importanti indizi comparativi dei ripostigli, analizza l’operato dei due artisti rivali. Eveneto e Kimone, determinando quale rispettivamente ne sia il valore, quanta l’originalità di ciascuno.
Il primo conio inciso da Eveneto è da riferirsi verso il 425-420 a. C. e lascia molto addietro per vigoria e spigliatezza di disegno, quanto erasi prodotto in quel turno, nella zecca siracusana. Eveneto si recò poi a Catania e forse anche a Segesta. A Catania lavorò per parecchi anni e, certo, non è chi ignori il magnifico tetradramma sul cui rovescio la Vittoria reca la tavoletta col nome ΕΥΑΙΝ, a minutissimi caratteri, o la dramma, parimenti firmata colla testa della divinità fluviale ed al rovescio la ninfa sul cigno. Divampata la guerra tra Catania e Siracusa, Eveneto fu costretto rimanere a Catania e non potè far ritorno a Siracusa se non nel 409 a. C., quando, cioè, fu conchiusa la pace fra le due città e, difatti, in quell’anno o a principio del susseguente. Eveneto riappare a Siracusa quale incisore dei conî per la rinnovata monetazione aurea. Intanto tra il 413 e il 412 viene coniato il decadramma e Kimone ne incide il primo conio, dappoichè l’Evans addimostra con efficaci argomenti che il decadramma, coniato già 60 anni innanzi, in occasione del trionfo riportato da Gelone sui Cartaginesi, ricomparve a celebrare altro trionfo siracusano, in seguito alla disfatta degli ateniesi, ed in intima relazione coi nuovi giuochi istituiti allora (18 settembre 412) e detti assinari a perenne ricordo della gola ove ebbe l’ultimo crollo la baldanza ateniese. Giova il ricordare che il prof. Salinas aveva già fatto cenno di un tetradramma commemorativo della vittoria riportata dai Siracusani sulla flotta ateniese, essendo su quel tetradramma espresso il trionfo siracusano mediante una vittoria con aplustre nella destra. Il primo decadramma di Kimone è abbastanza raro. La testa della ninfa Aretusa è a rilievo molto basso ed è tratta evidentemente da un modello ben diverso da quello di cui si servì Kimone per i tipi susseguenti, in cui si compiacque rappresentare la ninfa con tratti severi ed altieri resi più energici da un altissimo rilievo. L’Evans richiama l’attenzione sulla singolare somiglianza che questo secondo tipo del Kimone coniato sino dal 410 a. C. e lo stupendo tetradramma con testa prospiciente (409 a. C.) hanno coi didrammi campani colla testa prospiciente e quelli del periodo di transizione colla testa di profilo. Sono tali i punti di contatto tra questi didrammi e i lavori di Kimone, che l’Evans è indotto a credere sieno da ricercarsi da quelle parti i principii della carriera artistica di Kimone; ed in appoggio di questa sua congettura rintraccia l’operato di questo artista innanzi all’epoca che fu impiegato nella zecca siracusana. E vediamo, così, che lavorò a Metaponto, essendo firmato da lui un grazioso didramma di quella città (Garrucci, tav. CIII, fig. 16) e che lavorò pure prima di venire a Siracusa, per parecchie città calcidiche di Sicilia. Di lui, siccome già avvertirono il Gardner ed il Poole, è il magnifico tetradramma messinese coll’iscrizione PΕΛΩΡΙΑΣ, sui diversi esemplari del quale vedonsi traccie del nome ΚΙΜΩΝ.
Verso il 406 Kimone incideva un terzo conio del decadramma, apponendo il nome sul delfino che sta sotto il collo della ninfa, e nel contempo Eveneto compiva il suo primo medaglione colla graziosa testa di Persefone. L’Evans rinvenne poi, nel ripostiglio di S. Maria Licodia, un nuovo decadramma ch’egli crede di quest’anno medesimo e di nuovo artista. Questo decadramma differisce sensibilmente da quelli sinora conosciuti e specialmente nel rovescio dove è assai diversa la mossa dei cavalli. Mentre negli altri decadrammi vediamo espressi ancora gli sforzi della corsa, qui, invece, i cavalli son trattenuti a redini tese, dinnanzi alla meta. All’esergo trovasi, al disopra dei premi, in grandi lettere, l’ΑΘΛΑ, mentre di solito si vede a caratteri molto più minuti, al disotto delle armi. L’impercettibile I-K o NK che l’Evans ed il Poole credono vedere all’esergo di questo decadramma, è molto dubbio e potrebbe dipendere assai facilmente da lieve corrosione della superficie, tanto più che il lavoro si può benissimo attribuire ad Eveneto.
Sia come si voglia, l’Evans ha ben ragione nel ritenerlo tra i migliori conî Siracusani. Altro conio sul decadramma fu lavorato da Kimono verso il 403 ed Eveneto incise nel 385 il bellissimo tipo colla firma ΕΥΑΙNΕΤΟΥ. Nell’esaminare attentamente il ripostiglio di S. Maria di Licodia l’Evans osservò che la maggior parte dei decadrammi più recenti accusavano dei conî o rotti o talmente ossidati che spesso, per la ruggine accumulatasi negli interstizi, mancavano i contorni precisi del disegno. Egli ne trae di conseguenza che dal 385 al 360 furono continuate le emissioni cogli antichi conî.
L’Evans riporta inoltre un sardonico finamente inciso in cui è ripetuto fedelmente il rovescio dell’aureo da 100 litre di Eveneto. L’incisione di questa gemma, a tocchi sicuri e decisi, pare sia da assegnarsi verso la fine del V secolo o al principio del IV, e l’Evans avverte che potrebbe anche esser di Eveneto stesso, poichè i conî da lui incisi tradiscono evidentemente una mano cui è consueta l’incisione a punta di diamante. L’Evans connette questa graziosa gemma ad una serie interessante di anelli con tipi civici che dovevano servire ad uffici di Stato; ve n’ha di Gela coi simboli della città e l’iscrizione ΓΕΛΑΣ, di Selinunto, di Napoli e via dicendo. Dell’importanza che ebbero i lavori di Eveneto e di Kimone, discorre a lungo, esaminando accuratamente le diverse riproduzioni sia sulle monete, sia su altre produzioni artistiche. Riproduzioni de’ medaglioni di Eveneto si vedono pure su terrecotte campane su cui furono eseguite spesso a mezzo di stampiglia ricavata sulla moneta stessa. Queste terrecotte. di cui si continuava ancora la fabbricazione durante il III secolo a. C., simulavano mercè la patina di cui erano rivestite, coppe d’argento e sembrano riferirsi ad originali siracusani proprio di argento in cui erano incastonati medaglioni di Eveneto. L’Evans chiude questo lavoro colla ristampa di una sua monografia su nomi di artisti su monete sicule, o non ancora decifrati o non ravvisati ancora sui tipi da lui pubblicati. Il nome di un Kimone su di un tetradramma di Imera, emesso verso il 45 a. C. sarebbe interessantissimo; ma avemmo agio di esaminare quel tetradramma e pensiamo che di tracce così sbiadite, come quelle che appaiono su quella moneta, non si può così decisamente tener conto. Graziosissimo è il tetradramma di Camarina, colla testa imberbe d’Ercole, che ha, presso al mento, la tavoletta col nome ΕΞΑ-ΚΕΣ (ΤΙΔΑΣ).
Il lavoro dell’Evans del resto abbraccia un campo abbastanza vasto, e in occasione della siracusana, discorre di molte altre zecche sicule; vogliamo sperare che l’autore continui alacremente questi studi e dia mano possibilmente ad un lavoro complessivo sulle monete sicule.
A. G. S.
Un nuovo volume dei Cataloghi del Museo Britannico, destinati alla serie greca, è dedicato all’illustrazione numismatica della Misia. È compilato, come altri precedenti, dal Sig. Warwich Wroth, capo del dipartimento delle monete greche, ed edito dal Direttore S. Reginald Stuart Poole.
La numismatica greca è una scienza così complessa e piena ancora di problemi, che la compilazione di un catalogo è un lavoro tutt’altro che semplice. Basta leggere la dotta prefazione, che l’autore ha scritto in testa al volume, per vedere quante difficoltà di attribuzione e di cronologia si siano dovuto vincere, alle quali portarono luce i molti lavori pubblicati da eminenti numismatici da Mionnet ad oggi. Il catalogo dunque va considerato come una vera monografia delle monete della Misia e principalmente delle importantissime città di Cizico, Pario, Lampsaco, Apollonia e Pergamo, incominciando da 5 secoli avanti l’éra volgare fino al finire della dominazione romana. — L’opera è corredata da 25 accuratissime tavole in eliotipia.
Nel 18903, annunciando il Vol. XXI dei Cataloghi del Museo Britannico dedicato alle monete greche del Ponto, della Paflagonia, della Bitinia e del Bosforo, accennavamo al desiderio che tale catalogo fosse accompagnato da una carta geografica della plaga comprendente le città, di cui si descrivevano le monete. Il nuovo Catalogo è corredato appunto da una utilissima carta, colle ventiquattro città della Misia, di cui si conoscono monete. — Se in tale innovazione ha avuto un po’ di parte l’espressione del nostro desiderio, ce ne rallegriamo, e ci incoraggiamo ad esprimerne due altri. Il primo, che già abbiamo veduto espresso in altra recensione d’uno dei precedenti cataloghi del Museo Britannico, riguarda la riproduzione delle leggende. In questi cataloghi s’è adottato il sistema di riprodurle materialmente come si leggono sulle monete. Ora ognun sa come, non solo le leggende delle antiche monete siano generalmente scritte tutte di seguito, senza che un maggiore intervallo o un punto o un segno qualunque indichi il distacco tra una parola e l’altra; ma come anche bene spesso tali leggende siano, per le esigenze del disegno, rappresentate tagliate qua e là dove capita, occorrendo, a metà di una parola; dimodochè molte volte rimangono oscure, o per lo meno richiedono uno studio speciale per decifrarle. Siccome, l’essere le leggende tagliate dal disegno piuttosto in un punto che in un altro, non è cosa che abbia in sè alcuna importanza scientifica, tanto che alle volte due medesime monete, prodotte da conio differente, offrono una diversa distribuzione di lettere, non sarebbe più comodo e più razionale di riprodurle non come sono materialmente sull’esemplare che si descrive, ma a norma del significato che debbono avere? Per citare un solo esempio, invece di scrivere: ΑΥΤΟΚΡΑΚΑΙСΑ ΡΑΤΡΑΙΑΗΑΔΡΙΑΝΟΝ non sarebbe più chiaro: ΑΥΤΟΚΡΑ ΚΑΙСΑΡ Α ΤΡΑΙΑΗ ΑΔΡΙΑΝΟΝ?
Il Cohen ha adottato questo sistema per le monete romane e ci pare sarebbe consigliabile anche per le greche.
L’ultimo desiderio, che ci permettiamo d’esprimere, sarebbe quello che, oltre alle finche indicanti il metallo, il diametro e il peso delle monete, ce ne fosse un’altra indicante il grado di rarità. Nè diciamo questo nel senso commerciale; la maggiore o minore rarità d’una moneta ha sempre anche un interesse scientifico, indicando approssimativamente il numero maggiore o minore d’esemplari che furono coniati.
Questi cataloghi del Museo Britannico, compilati con tanta scienza, tanta cura, tanta nitidezza, rappresentano il risultato ultimo degli studi fatti finora sulla numismatica greca, e, corredati, come sono, da bellissime tavole e da abbondanti indici, restano il più prezioso manuale pei raccoglitori di queste serie. Da ciò il rammarico che non siano una descrizione universale, ma quella di un solo museo, il quale, per quanto straordinariamente ricco, non lo può essere del pari in tutte le serie4 nè può comprendere esemplari di tutte le monete conosciute.
F. G.
I Segretari del Congresso di Bruxelles, Signori G. Cumont e A. De Witte, incaricati della pubblicazione delle memorie presentato al Congresso e dei resoconti dello sedute, vennero a capo della loro impresa, col Volume di cui prendiamo a discorrere. — È un grosso Volume di circa 700 pagine nel formato della Revue Belge, con parecchie tavole e disegni. Contiene dapprima la Lista dei Membri del Congresso, poi il resoconto delle sedute, poi gli indirizzi delle varie Società sorelle, e della nostra Rivista, che allora rappresentava in germe la Società Italiana, poi una storia della R. Società Belga, scritta dal barone Felice Bethune; e, dopo tutto questo a guisa di prefazione, seguono in ordine alfabetico degli autori le 42 Memorie presentato al Congresso; — otto di queste trattano di Numismatica antica, e di queste, sette sono dedicate alla Numismatica romana, e una sola alla greca, quella dell’illustre numismatica Ernesto Babelon, — La Vittoria sulle monete d’oro d’Alessandro il Grande, — in cui dimostra come il simbolo che tiene la Vittoria, finora giudicata l’armatura o il sostegno di un trofeo, sia invece un emblema navale e precisamente la Stylis. Ventitre memorie sono per la Numismatica medioevale e moderna, cinque per le Medaglie, una pei gettoni, due per la sfragistica, quattro infine per argomenti generali riguardanti la numismatica.
Troppo lungo sarebbe l’esaminare ad una ad una le memorie, e d’altronde d’alcune abbiamo già parlato; altre — le italiane — le abbiamo quasi completamente riprodotte nella Rivista. Ci basterà dire che buon numero d’esse sono importanti, recando nuova luce alla scienza, e che nel suo complesso il Volume fa molto onore a chi ha organizzato il Congresso Numismatico di Bruxelles, che vi ha dato occasione, e del quale rimane l’imperituro monumento.
Siccome però un resoconto deve prima di tutto essere sincero, non ci esimeremo dal rilevare un difetto che, secondo il nostro modo di vedere, vi troviamo.
Alcune fra le memorie non sono pubblicate in extenso come la grande maggioranza, ma date semplicemente nel riassunto francese destinato ad esser letto al Congresso; ciò produce uno squilibrio, che tosto appare all’occhio di chi prende ad esaminare il Volume. — Ma non è solo per riguardo all’euritmia del lavoro, che troviamo a ridire sul sistema adottato. Gli è che una memoria scientifica dovrebbe essere letta dallo studioso nella forma e nella integrità in cui l’autore ha creduto di stenderla — tale almeno è certamente l’intenzione dell’autore — mentre il riassunto che talvolta l’accompagna, e che può essere sufficiente ad accennarne verbalmente l’argomento a un pubblico consesso, non può in alcun modo sostituirla. Difatti, le memorie pubblicate riassuntivamente riuscirono estremamente povere e monche, e lasciano troppo il desiderio d’essere lette nella loro integrità.
Una nota posta infine all’indice avvisa come appunto di parecchie delle memorie italiane non si dia che il riassunto, accennando al fatto ch’esse furono presentate al Congresso in un fascicolo a stampa; ma non abbiamo potuto afferrare il criterio per cui alcune di esse furono pubblicate per esteso ed altre no.
F. G.
Con questo volume, che fa seguito a quello pubblicato nel 18875, l’egregio numismatico ginevrino ha portato a compimento la descrizione dell’officina monetaria di Ginevra. Questa seconda parte comprende la storia di quella zecca dalla Rivoluzione francese fino al 1848, ossia all’epoca in cui la nuova Costituzione federale tolse a vari Cantoni svizzeri il diritto di batter moneta, per riunirlo nelle mani del potere centrale. Il lavoro è diviso in quattro parti: la prima comprende la storia delle monete ginevrine battute dal 1792 fino alla riunione alla Francia, nel 1798; la seconda tratta dell’officina monetaria stabilita dal governo francese a Ginevra; la terza fa la storia delle monete emesso dal 1813 al 1838 col sistema del fiorino, e dal 1838 al 1848 sulla base del franco; la quarta infine dà la descrizione generale di tutte le monete di Ginevra dal 1792 al 1848.
Questo è a mio avviso il metodo migliore per compilare la monografia di una zecca; esso è nel medesimo tempo scientifico e pratico, e riesce utile tanto allo studioso, quanto al semplice raccoglitore, che vuol classificare le sue monete colla guida di un libro. Il lavoro è arricchito di buona copia di documenti e di tabelle, che illustrano sotto ogni rapporto le varie emissioni di monete, che si succedettero nel breve periodo dal 1792 al 1848.
La descrizione delle monete è molto esatta e minuziosa. e sempre corredata delle indicazioni riguardanti il peso, il modulo e la Collezione in cui trovansi le singole monete.
L’opera infine è provveduta di sei tavole egregiamente incise, che danno tutti i tipi delle monete.
Se tutti i Cantoni svizzeri avessero una illustrazione come questa, sarebbe di molto agevolato il compito di alcuni egregi numismatici svizzeri, che si propongono di compilare una descrizione generale di tutte le monete del loro paese.
E. G.
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Foresio p. Gue., benedettino cassinese. Le monete delle zecche di Salerno. Parte I (I longobardi, principi di Salerno: i duchi di Amalfi; i duchi normanni di Salerno, e le incerte). Salerno, tip. del Commercio, A. Volpe e C., 1891, in-4, pag. 43 con 4 tavole.
Lavoix Henri, Catalogue des monnaies musulmanes de la Bibliothèque nationale (Espagne et Afrique). Paris, impr. nationale, in-8. pp. xlvii-577 et 11 pl.
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Mittheilungen des Vereins für Geschichte der Stadt Meissen, vol. 2, fasc. IV: Benntel Georg, Aus der Kipper-und Wipper Zeit.
L’art pratique, dell’Hirth di Monaco, 1892, livraison I, tav. 6: Médaille de l’empereur Maximilien II, roi de Hongrie et de Bohème. Travail allemand de l’an 1568.
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Neues lausitzisches Magazin, LXVII, 2: Scheuner R., Die Bracteatenfunde in der Oberlausitz. Mit Abbildung.
Musóe neuchâtelois, 1892. n.2: Petipierre-Steiger, Les anciennes monnaies du canton de Neuchâtel.
Mémoires et documents de la Société d’histoire et d’archéologie de Genève, t. II, cahier I, (1892): Demole E., Histoire monétaire de Genève de 1792 à 1848. Av. 6 planches.
Boletin de la Real Academia de la Historia, di Madrid, dicembre 1891: C. Pujol y Camps, Numismàtica antigua de Aragón.
LIBRI NUOVI.
Les lecteurs de la Rivista Italiana di Numismatica, qui ne sont pas abonnés à la Revue de la Société Suisse de Numismatique, n’ont pas eu connaissance de l’article, que vient de publier le Dr. Ladé, sur les monnaies anonymes des Comtes de Savoie. Les conclusions de l’auteur, savamment déduites, sont tout-à-fait neuves, et, à raison même de ce caractère, sollicitent l’examen des spécialistes qui sont en communauté d’étude avec lui. La discussion de ses idées n’a rien qui lui déplaise; il me semble même la désirer, convaincu que d’une mêlée amicale, où l’on n’a d’autres armes que des objections et des réponses, la vérité ne peut manquer de se faire jour. Et qui sait si ses déductions, soumises à ce critérium, ne viendront pas définitivement grossir le patrimoine de la science. C’est donc un appel à la publicité de la Rivista Italiana et aux savants qui la lisent, qui me fait écrire ces lignes.
Ceux qui ont étudié la numismatique de la Savoie connaissent ces monnaies, toutes gothiques et d’un style particulier, sur l’attribution desquelles, l’absence, non de légende, mais d’une initiale ou d’un nom princier, a laissé subsister des doutes. On les divise eu deux types. Le premier, peu commun, se rattache au genre des quarts; il porte au droit FERT entre deux traits doulbes, et, au revers, une croix formée de quatre lacs d’amour. Le second, qui est très rare, doit être classe parmi les viennois, c’est-à-dire les pièces de 16 au gros de Savoie. Il se distingue du précédent par un lacs d’amour à l’avers et une croix de St. Maurice au champ du revers. D. Promis les a décrits et figurés, celui-là, dans les Monete dei Reali di Savoia, pl. V, fig. 4, et celui-ci, dans les Monete inedite del Piemonte, pl. I, fig. 10, les attribuant l’un et l’autre au comte Amédée VIII et à l’ordonnance de 1405.
Quelques variantes inédites, étant venues récemment compléter la collection du Dr. Ladé, ont attiré son attention. Après les avoir sérieusement observées, il a reconnu que quarts et viennois, très ressemblants quant à leur facture générale, doivent provenir d’un même atelier, d’un même maître, peut-être d’un même graveur et remonter à la même époque.
Mais quelle est cette époque? Plusieurs raisons vont à l’encontre de l’avis de Promis. Tout d’abord, en ce qui regarde les quarts, leur analogie frappante avec les quarts, signés, d’Amédée d’Achaïe, comte de Piémont, frappés en vertu d’ordres formels sur le modèle de ceux de la branche ainée, les font déjà antérieurs à 1402, date de la mort de ce prince. Nous avons ensuite les ordonnances. Parmi les six que l’ou possède, publiées par Amédée VIII, de son avènement à la date précitée, celles de 1392 et de 1393, pour l’atelier d’Avigliane, parlent seules de quarts, où nous pouvons reconnaître nos anonymes, et, si nous consultons leur valeur intrinsèque, 328 millièmes, qui, tous décomptes faits, peuvent se réduire à 4 deniers 12 grains, on retrouve là les chiffres prescrits, soit par l’ordonnance de 1393, soit par celles d’Amédée VII et les dernières d’Amédée VI.
La variante de viennois, sur laquelle a travaillé le Dr. Ladé, l’autorise à préciser encore. Le poids en est de 0.58 et le titre de 218 millièmes. Or, aucune pièce de cette nature, entre celles que décrivent les ordonnances de 1383 à 1405, ne répond a ces données, tandis que le titre effectif de 218 millièmes, équivalant à peu près au titre officiel de 2 deniers 18 grains, est presque en accord complet avec les viennois d’Amédée VI, émis à 2 deniers 15 grains et à 3 deniers.
Ces considérations amènent naturellement l’auteur à supposer que les espèces monétaires, objet de son étude, ont été frappées vers la fin du règne de ce prince, de 1369 à 1377, pendant qu’il gérait la tutelle du jeune comte de Piémont, et, probablement, de 1370 à 1375.
Vous vous demanderez sans doute pourquoi, au lieu de répudier l’anonymat, les quarts étalent eu toutes lettres et, pour la première fois, ce mot FERT, si gros de mystère.
On n’ignore pas qu’avant 1384, les Comtes de Savoie ne suivaient aucun systême, dans l’émission de leurs monnaies. Non-seulement les espèces n’avaient pas de rapport entre elles, mais chacune variait extrêmement de nom et de qualité. Le Comte Verd essaya de mettre un peu d’ordre dans cette anarchie. Pour y arriver, il réduisit à un type unique les diverses variétés de quarts, qu’il appela quart de gros ou simplement quart, nom qui indiquait clairement leur rapport de valeur avec le gros. Rien de plus naturel, semble-t-il, que d’inscrire sur les monnaies ainsi régularisées, FERTO, dont FERT est l’abrégé, et qui, dans la basse latinité du Moyen âge, à toujours désigné un quart d’unité monétaire.
L’innovation dut être remarquée. Les beaux discoureurs de l’époque, très portés aux jeux d’esprit, s’exercèrent à ce propos. On lut: Furtitudo ejus Rhodum tenuit, et la Cour, séduite par la flatterie, adopta ce terme barbare pour devise.
Tel est, en substance, l’opuscule du Dr. Ladé. La thèse est bien établie; le raisonnement est serré, précis, calculé même, si je puis ainsi dire, car les chiffres abondent. On y constate la clarté et la méthode, qualités habituelles du savant genevois, et, comme toujours, une connaissance profonde de la numismatique des princes de Savoie. Elle peut contrarier vos sentiments; vous la lirez néanmoins avec intérêt.
Mais, me direz-vous, que faut-il penser des hypothèses auxquelles cette étude nous conduit?
Mr. A. P. de Chambéry, accepte la première, c’est-à dire l’attribution au Comte Verd dos pièces anonymes; je crois que son avis sera généralement partagé. Mr. M.-P., de Genève, ne se prononce pas. Quant à l’interprétation du mot FERT, l’un et l’autre se refusent à suivre l’auteur sur le terrain où il s’est place, “S’il est exact, déclare en particulier celui-ci, que l’on volt quelquefois sur les monnaies la désignation de la valeur de la pièce, en légende, il est sans exemple qu’elle occupe le champ.”
Et cependant si, telle qu’elle est présentée, l’explication du Dr. Ladé surprend à première vue, réflexion faite, elle parait assez naturelle; car, après tout, il y a eu un prétexte à l’adoption de cette devise, et celui qui nous est donné céans est d’autant plus heureux, qu’il laisse subsister entières les interprétations dans lesquelles se sout toujours complus les historiens de la maison de Savoie.
Sans être en mesure, pour le moment, de prendre parti pour ou contre dans la question. je plaçerai néanmoins ici deux observations.
Bon gré mal gré on s’est obstiné, jusqu’à ce jour, à ne voir dans les quatre lettres mystérieuses de FERT, que de simples initiales. Maintes fois je me suis demandé pourquoi, puisque, dans le monde héraldique, à part la fantaisie de l’empereur Maximilien I, on ne rencontre pas, que je sache, l’exemple d’une seule devise ainsi composée. L’idée d’y trouver un mot unique, d’interprétation difficile, j’en conviens, me parait donc de beaucoup la meilleure.
D’un autre coté, les quarts du prince d’Achaïe, frappés à l’imitation de ceux de Savoie, dont nous avons parlé, portent en fasce PRIN au lieu de FERT. Or si FERT est réellement l’abrégé de FERTO, on ne s’explique pas bien ce changement. Il importait sans doute de distinguer les uns des autres, mais conçoit-on que la différence pût consister précisément, dans la substitution d’un titre personnel à l’énoncé de la valeur, inscrit sur ceux-ci en caractères tels et d’une façon si apparente, qu’il constitue, eu quelque sorte, la pièce essentielle de l’avers.
C’est ma petite difficulté; si la réflexion et l’étude m’en révéleront d’autres, je l’ignore.
Voilà ce que j’avais à dire de la récente publication du vice-président de la Société Suisse de Numismatique. Maintenant le champ est ouvert. Daignent ces quelques lignes provoquer, de la part des savants compétents, une controverse que le Dr. Ladé, je le répète, appelle de tous ses voeux.
Varambon, le 18 août 1892.
Frédéric Marchand
Associé Correspondant |
Della seconda edizione del Cohen, incominciata nel 1880, uscì nello scorso Luglio l’ottavo ed ultimo volume. L’opera grandiosa è dunque intera dinanzi al pubblico, il quale è in diritto d’esprimere la propria opinione e di giudicare se e quanto la seconda edizione sia riescita superiore alla prima.
Questa seconda edizione, iniziata dallo stesso Cohen, veniva poi, dopo la sua morte, avvenuta nel 1880 stesso, ossia dopo la pubblicazione del solo primo volume, continuata dai signori Rollin et Feuardent. Essa aveva, come tutto le seconde edizioni di opere scientifiche, il doppio scopo di sopperire alle richieste della prima esaurita, e di migliorarla dove ce n’era bisogno, correggerla (correzioni ce ne sono sempre da fare in simili lavori) e ampliarla col materiale venuto in luce dappoi.
Il primo scopo, non v’ha luogo a discussione, fu completamente raggiunto. Molti amatori di monete romane sono sorti da trent’anni in poi e anche quelli, che già erano forniti della prima edizione, era naturale che dovessero pure provvedersi della seconda.
La discussione può invece farsi sull’altro scopo, il quale, trattandosi di un’opera tanto importante, e che dovrebbe servire di base alla classificazione di tutte le le raccolte romane deve essere analizzata da una critica rigorosa e sincera.
Le innovazioni introdotte si riassumono nelle seguenti:
Quanto alle monete descritte, era naturale che la seconda edizione dovesse contenerne un numero assai superiore della prima. Circa trent’anni di ricerche dovevano aumentare sensibilmente il contingente delle monete conosciute, e difatti le monete descritte, da circa 25000, che erano nella prima edizione, salgono a circa 30000 nella seconda. Vi venne poi aggiunta la vastissima serie delle monete coloniali, e di questo lungo e paziente lavoro va tenuto conto e data ampia lode al Cohen che la iniziò e ai suoi successori, che la continuarono. Vi venne anche meglio sviluppata la serie dei contorniati e delle tessere, meglio completata la tavola alfabetica delle leggende imperiali, e creata di nuovo quella delle leggende coloniali.
È sul secondo punto principalmente ed anche sul terzo che ci permettiamo di fare, con tutto il riguardo per gli illustri autori e con tutta la deferenza loro dovuta, alcune osservazioni. La fusione di tutta quanta la monetazione romana in una sola serie ad alcuni pare un vantaggio, ad altri uno svantaggio, e noi siamo tra questi ultimi. Qualcheduno potrà obbiettare che la quistione è semplicemente di gusto, ma ben anco di chiarezza, e la chiarezza è una delle principali prerogative in un’opera di questo genere, che deve sopratutto essere pratica. Le divisioni della prima edizione rendono le ricerche più facili, più spiccie, mentre la fusione di tutte le serie in una, introdotta nella seconda, può ingenerare facilmente confusione, e la confusione, facile in chi consulta il libro, non ha risparmiato neppure chi lo ha compilato. Potrei citare troppo numerosi esempi di inesattezze prodotte in gran parte dalle soverchie abbreviazioni, dei troppi richiami per dritti e per rovesci ai numeri precedenti, conseguenze inevitabili di un sistema che produce un enorme affastellamento di monete, simili nei diversi moduli o nei diversi metalli. Se quindi furono corrette molte — ma non tutte — le inesattezze della prima edizione, ne furono però aggiunte molte altre dipendenti in gran parte dal sistema della serie unica. Si deve poi oltre a ciò considerare, che un catalogo così copioso come è quello del Cohen non è fatto solamente per classificare le collezioni o per ricercare se un dato pezzo è pubblicato o meno. Bene spesso occorre il caso di fare qualche ispezione generale sulle monete di una data categoria o di un dato metallo, ed è in questi casi specialmente che si è costretti a deplorare il sistema della serie unica e a desiderare quello delle serie divise.
Si fa valere l’economia di spazio che si ottiene, riunendo le serie. Ciò è vero finchè si tratta delle monete, le quali sono sovente ripetute nei tre metalli, tolta però la variante costituita perennemente dall’esservi e dal non esservi le iniziali S C, ma i medaglioni — ed ora vorrei dire anche la monetazione imperiale completa, ma di ciò non si parlava allora e la cosa sarà probabilmente da adottarsi quando si penserà alla terza edizione — i medaglioni, dicevamo, avendo rappresentazioni e leggende nella grande maggioranza diverse da quelle delle monete, non offrono neppure la meschina economia di spazio, che ci pare sia la sola ragione che militò in favore della serie unica e la fece prevalere. Il Cohen veramente nella sua prefazione chiama questo nuovo ordine più logico e più serrato, e noi lo vagliamo ammettere, ma quando per la chiarezza si sacrifica — e ben a ragione — l’ordine cronologico all’alfabeto, ci pare che meglio valga fare il sacrificio completo della logica, per raggiungere il meglio possibile lo scopo supremo della chiarezza; e questo è il motivo che ci fa preferire l’antica divisione. Aggiungeremo anzi, che, se un cambiamento si volesse fare alla prima edizione, noi lo vorremmo in senso contrario a quello che venne fatto, dividendo cioè anche l’oro dall’argento. Ci sbaglieremo, ma abbiamo la convinzione che quando fra qualche tempo si penserà alla terza edizione (definitiva?), si ritornerà all’antico e la si farà piuttosto sulla prima che sulla seconda. Perciò abbiamo sempre preferito partire da quella e non da questa nella pubblicazione delle monete romane inedite o varianti.
Rimane il terzo punto. Ammettiamo senza difficoltà che la questione delle tavole o delle figure intercalate nel testo può essere unicamente di gusto e noi non oseremmo davvero pronunciarci in un senso piuttosto che nell’altro, trovando che ambedue i sistemi hanno il loro lato buono; anzi, se dovessimo dichiarare una preferenza, sarebbe per l’intercalazione nel testo, come mezzo più sicuro e immediato di mettere sott’occhio al lettore le monete descritte. Ma, tolta la questione teorica, e venendo al lato pratico della cosa, nessuno credo vorrà negare che le tavole della prima edizione siano incomparabilmente superiori alle figure intercalate nella seconda, ed è questo che davvero non sappiamo perdonare agli editori, come ci pare poco perdonabile la generale negligenza tipografica dell’opera. Un lavoro come questo, edito a Parigi, che interessa tutto il mondo, meritava certamente anche una veste esteriore più accurata, e doveva riuscire anche materialmente superiore alla prima edizione, mentre invece è questa che brilla al suo confronto.
Ci sarebbero poi diverse osservazioni di dettaglio che si potrebbero fare all’opera dei successori di Cohen, ma ci condurrebbero troppo per le lunghe. Ne faremo una sola per concludere, circa ai prezzi mercantili. Questi, come è detto nella prefazione, dovrebbero rappresentare i prezzi correnti; ma francamente ci pare di poter osservare che, mentre non furono ribassati quelli di monete, che, per rinvenimento di copiosi ripostigli divennero assai più comuni di prima (alcuni di questi furono anzi rialzati e non ne vediamo proprio la ragione), così i prezzi di alcuni pezzi rarissimi sono troppo al disotto del vero. Chi per es. vorrebbe cedere tutti i medaglioni d’oro ai prezzi segnati? Il compratore sarebbe sempre pronto.
La Direzione.
Per dare una idea esatta dell’origine e delle vicende di questo splendido Atlante, crediamo bene riportare un brano di quanto è detto nelle notizie premessevi a guisa di Prefazione dal Sig. H. de La Tour, incaricato della definitiva pubblicazione del lavoro.
“Nel 1876, sotto il ministero del Sig. Waddington, la Commissione topografica della Gallia decise di pubblicare un Catalogo generale dello monete galliche. A questo scopo essa scelse nel suo seno una Sotto-commissione, composta dei Sigg. de Saulcy, C. Robert, e A. de Barthélemy, ai quali furono poi aggiunti i Sigg. Chabouillet e Muret. L’opera doveva comporsi di due parti; la prima esclusivamente consacrata alla descrizione delle monete galliche del Gabinetto di Francia; la seconda, alla descrizione dei pezzi i quali, non esistendo in quel museo, si sarebbero trovati nelle collezioni pubbliche e private della Francia e dell’estero. Un atlante generale doveva completare e illustrare questa doppia pubblicazione.
“La Commissione di topografia della Gallia fu disciolta nel 1883, prima che il lavoro fosse terminato. I Sigg. Chabouillet e Muret restarono i due soli incaricati di continuare la pubblicazione della prima parte, ossia del Catalogo delle monete galliche della Biblioteca Nazionale. La seconda parte era rimasta allo stato di progetto. Quanto all’Atlante, il lavoro era già molto inoltrato; la Commissione aveva già fatto incidere la maggior parte delle tavole.
“Scopo della Commissione — quello di mettere nelle mani dei dotti un Corpus della numismatica gallica — è chiaramente indicato dalla scelta stessa dei pezzi, che compongono quest’Atlante, e che appartengono alle collezioni più svariate; si può anzi affermare che questo scopo fu press’a poco raggiunto, giacchè non vi è, per così dire, un solo tipo importante che non vi sia rappresentato.
“Sfortunatamente l’opera preparata con tanta cura, restava incompiuta; due dei principali collaboratori, i signori Robert e Muret morivano in quest’intervallo di tempo, e il Sig. De Barthélemy, assorbito da altri lavori, non poteva continuare la sua valida collaborazione; anche l’incisore Dardel, colpito da malattia, non poteva più dedicare l’opera sua al compimento delle tavole.”
Fu allora che il Ministro dell’Istruzione Pubblica, incaricò il Signor Henri de la Tour di portare a termine e pubblicare quest’opera. Le tavole predisposte per l’Atlante sommavano a cinquantacinque, ma queste non recavano che il disegno delle monete, senza alcun titolo, senza numeri, senza riferimenti. Tutte queste ulteriori indicazioni si devono dunque al sapere e al paziente e solerte lavoro del de la Tour, il quale, non potendo più giovarsi degli studi già intrapresi dai numismatici, che l’avevano preceduto, dovette attendere tutto solo al lungo e difficile lavoro. Il de la Tour credette superfluo di descrivere ad una ad una le monete delle tavole, giacchè la maggior parte di quelle monete, appartenendo alla collezione della Biblioteca nazionale, erano già state descritte nel Catalogo delle monete galliche di quel museo pubblicato dal Muret fino dal 1889, e le altre poche si trovavano pressochè tutte descritte in altre opere facili a trovarsi. Egli prese dunque quel Catalogo come base del lavoro, e confrontando i varii disegni cogli originali, collocò ad ogni moneta i numeri di riferimento a quelli del Catalogo della Biblioteca Nazionale e a quelli di altre cinque o sei collezioni dove esistono tipi non posseduti da quel Museo.
Queste Tavolo ammirabilmente incise dal valente bulino del Dardel, unite al Catalogo delle monete galliche della Biblioteca Nazionale e a qualche altra opera, formano dunque una illustrazione completa della Serie delle monete galliche, e gli studiosi saranno ben grati al Sig. de la Tour, il quale, dando vita e compimento a questo Atlante, ha reso un vero servigio alla scienza.
L’Atlante è infine preceduto da un Indice generale della materia, la quale permette di ricorrere con uguale facilità alle tavole dell’Atlante, e al Catalogo della Biblioteca Nazionale.
Questo Indice delle materie contiene inoltre, poste ai singoli numeri, in forma di note, tutte le rettifiche necessarie alle inesattezze e agli errori materiali avvenuti tanto nel disegno delle monete, che nel testo; togliendo quindi le poche imperfezioni che restavano e nell’uno e nell’altro.
E. G.
Il Catalogo d’una collezione redatto dal proprietario e non a scopo di vendita, è una rarità ai giorni nostri, in cui i cataloghi non si fanno se non per la vendita dello collezioni, la quale succede il più sovente alla morte del proprietario. Bisognerebbe quindi tener nota di quello della collezione Vidal Quadras y Ramon a semplice titolo di curiosità, quand’anche non lo meritasse per sè stesso e pei suoi grandi pregi intrinseci. — La collezione di Don Manuel Vidal Quadras y Ramon di Barcellona, incominciata da oltre mezzo secolo, è considerata come la più importante fra le collezioni private della Spagna, ed è una collezione eminentemente spagnuola, comprendendo, con circa 15 mila pezzi, tutto le serie numismatiche della penisola iberica, incominciando dalle monete Puniche e passando per le Greche, le Iberiche, le Bilingui, le Latine, quelle della Repubblica e dell’Impero Romano, le Visigote, le Carolingie, le Ispano-Cristiane, ecc. fino alle medaglie di Proclamazione e alle moderne.
E il nitido, accurato e voluminoso catalogo è certo degno della collezione. — Il metodo seguito nella descrizione è strettamente cronologico, il quale metodo, se è l’unico razionale e scientifico, e se serve ammirabilmente per alcune serie, rimane però un poco oscuro per qualche altra, per esempio per quelle della Repubblica Romana. I nomi delle famiglie che si ripetono ad epoche diverse, quelli dei monetarii che si assomigliano molto gli uni e gli altri, e molti dei quali non sono personaggi così celebri da rimanere fissi nella memoria, rendono assai difficili le ricerche in un catalogo cronologico, in chi non ha una erudizione fuori del comune, e richiedono il sussidio di un indice alfabetico; indice, che del resto non manca nel catalogo, come non mancano quelli per le altre serie. Dopo tutto però non possiamo che dar lode al signor Quadras y Ramon d’avere coraggiosamente adottato l’ordine scientifico, anche là dove riesce di qualche difficoltà. A poco a poco ci si farà l’abitudine.
Una novità che non ci siamo saputo spiegare è quella di mettere nelle descrizioni (della sola serie romana) il rovescio prima e il dritto dopo. — È vero che nella serie repubblicana spessissimo il nome della famiglia o del monetario è iscritto al rovescio, mentre il dritto è occupato dalla rappresentazione della testa di Roma; ma è questo un motivo sufficente per urtare contro un’abitudine ormai inveterata e generale? E poi nella serie imperiale tale motivo non sussiste più; il nome è sempre, salvo eccezioni, al dritto. Del resto la nostra non è una critica, ma una semplice osservazione o, se si vuole, una dimanda, perchè supponiamo ci debba essere una ragione che noi non vediamo.
Nel corso del Catalogo troviamo descritte alcune monete false, colla relativa nota: falsificazione. Queste veramente ci pare che avrebbero dovute essere escluse dalla serie; nè vediamo con quale ragione possano averci trovato posto.
La parte tipografica del grandioso Catalogo merita un cenno di lode speciale, sia per la correttezza del testo, che per la nitidezza dei caratteri o l’eleganza complessiva dell’opera. — Per essere però completamente sinceri non possiamo lodare con eguale franchezza le tavole, nelle quali non sono riprodotte le monete stesse, bensì le impronte fatte su queste con carta e polvere di matita, così almeno ci pare di poterle giudicare. Se queste impronte possono benissimo servire per dare provvisoriamente l’idea d’una moneta e si prestano ad tessere spedite a un corrispondente per lettera, portano però sempre con sè un certo carattere di provvisorietà, che ci pare sia una leggera stonazione in un lavoro di sì gran mole e così tipograficamente elegante in tutto il resto.
Un’altra piccola osservazione faremo alle tavole ed è quella della scelta delle monete riprodotte. Ve ne troviamo parecchie di assolutamente inconcludenti, mentre vi mancano molte e molte assai importanti, uniche o rare, appartenenti alla famosa collezione. Ammetteremo volontieri in un trattato elementare un saggio di monete preferibilmente comuni; ma in un catalogo d’una collezione che contiene tante rarità, ci pare che dando una scelta di monete, convenga dare le più interessanti e le più preziose.
Accennati così, per imparzialità, anche i nei dell’opera, amiamo terminare col più sincero elogio, esprimendo il desiderio, che l’esempio possa essere seguito e che altri possessori di collezioni importanti facciano quello che ha fatto Don Manuel Vidal Quadras y Ramon; della cui collezione (alla quale, a meno di caso fortunato speciale che ben di cuore le auguriamo, toccherà in termine più o meno remoto la sorte di tutte le collezioni private, la dispersione) rimarrà imperituro monumento il Catalogo.
F. G.
L’opera del Cinagli sulle Monete dei Papi, che tutti conoscono, e che è ancora la migliore e più completa illustrazione generale delle Monete Pontificie, si chiude al 1848 ossia all’anno III del Pontificato di Pio IX, di cui l’Autore non descrive che 19 monete. La monetazione di quel Pontefice durò fino al 1870, e quindi restavano ancora a pubblicarsi qualche centinajo delle sue monete. Mancavano pure all’opera del Cinagli le poche monete coniate dalla Repubblica romana nel 1849.
A questa lacuna supplì egregiamente il Cav. Ortensio Vitalini, pubblicando per intero queste due serie di monete. L’autore adottò per la sua pubblicazione il metodo identico del Cinagli, a guisa di tavole sinottiche, imitando fino nella disposizione, nel formato, e nella parte tipografica l’opera sulle Monete dei Papi; talchè, anche per questo lato, il suo lavoro è un vero Supplemento a quell’opera.
L’autore, avendo potuto esaminare varie ricchissime collezioni di Roma e dintorni, e giovarsi di alcune note avute dall’ex-direttore della zecca pontificia, riuscì a raccogliere nella sua pubblicazione ben 321 monete coniate da Pio IX dal 1846 al 1870. A questo egli aggiunge 11 monete coniate dalla Repubblica romana nel 1849. Fra quelle di Pio IX, sono specialmente rimarchevoli 5 prove di zecca, due in oro e tre in argento coniate da quel Pontefice nel 1866; queste prove furono coniate a pochissimi esemplari, e sono di una estrema rarità. Le cinque prove suddette (che l’Autore illustra in una tavola), sono entrate recentemente a far parte della ricchissima collezione del Marchese Commendator Filippo Marignoli.
E. G.
La prima dispensa di questa raccolta venne pubblicata nel 1868 a Pietroburgo, la seconda a Ginevra nel 1873, e l’attuale di Parigi è la terza. Quantunque non a tutte le curiosità numismatiche ivi raccolte possa convenire l’appellativo di grande, pure fra le varie monete greche e romane inedite o molto rare, se ne trovano certamente alcune interessanti. Forse si sarebbe meglio provveduto a farle largamente conoscere, se invece che in fascicoli staccati, si fossero pubblicati in un Periodico di Numismatica. In tal caso poi l’autore avrebbe assai probabilmente omesse quelle note che stanno in fondo al volumetto, che ci limiteremo a chiamare troppo personali, e la parte scientifica del lavoro non ci avrebbe nulla perduto.
L. D.
PERIODICI.
Revue belge de Numismatique, II fascicolo 1892
Charrier Louis, Numismatique africaine. — Chestret de Haneffe (le Bar. de), Numismatique de la principauté de Stavelot et de Malmédy. — A. de Witte, Trouvaille de Beveren. Six mille deniers flamands et allemands du XII siècle. — B. de Jonghe (le V.), Deux monnaies de Philippe de Saint-Pol, comte de Ligny et de Saint-Pol, comme ruwaard et comme duc de Brabant, à propos de quelques pièces inédites frappées à Louvain par ce prince. — Cumont G., Un jeton d’or inédit de Pierre d’Enghien, seigneur de Kestergat. — Vallentin R., Marques de la confrérie du Saint-Esprit, de l’aumône de la rue de l’Épicerie et do l’aumône générale d’Avignon. — Alvin Fréd, Leopold Wiener, graveur on médailles et son œuvre (secondo articolo). — Necrologie. — Miscellanea.
Revue Suisse de Numismatique, XII fascicolo 1892.
Morin-Pons, Encore le sceau de Vantier Bonjour, avec une figure. — Feist-Jules, Médaille inédite de Strasbourg, avec une figure dessinée par l’auteur. — Le Roy L., Edit relatif au descriement des monnayes de Vaulvilliers, Francmont et Montoye. — Von Jecklin F., Der Münzfund von Schleins, avec trois planches dessinées par A. St. von Muyden. — Von Lichenau Dr. Th., Das Münzwesen im Lande der Rhucantier. — Fluri A., Bernisches Münzmandat von 1566. — Haller E. Th., Collectanea ad Rhaetiam numismaticam mit einer Einleitung von Herrn F. von Jecklin. — G. F. von Hallee, Schweizerisches Münz-und Medaillen-Cabinet (Fortsetzung). — Ladé A., Les monnaies anonymes des comtes de Savoie, avec trois figures dessinées par A. St. von Muyden. — Varietà.
Zeitschrift für Numismatik, II fascicolo 1892.
H. Nützel, Münzen der Rasuliden nebst einem Abriss der Geschichte dieser jemenischen Dynastie. — F. Friedensburg, Studien zur Münzgeschichte Schlesiens im XVI Jahrhundert. III. — Kleinere Mittheilungen. — Literatur.
Annuaire de Numismatique, maggio-giugno 1892.
Mazerolle F., Notes sur les Médailles et les Médailleurs français. — Ponton d’Amécourt, Attribution à Vendôme d’un denier au type chinonais. — Caron F., Répertoire chronologique des principaux enfouissements intéressant la numismatique française. — Belfort A. (de) Essai de classification des tessères romaines en bronze. — Monnaies Mérovingiennes. — Farcinet Ch., Un tier mérovingien attribué à tort à Aizenay. — Cronaca.
Numismatic Chronicle, Fascicolo II, 1892.
Baker F. B., Coin types of Asia Minor. — Cunningham A. (Magg. Gen.), Coins of the Kushans. — Lane-Pool S., Fasti arabici. — Bibliografia. — Notizie. — Tavole.
Bulletin de Numismatique, Luglio 1892.
Serrure R, Jetons rares ou inédits. — Farge D. F., Different d’un maître particulier de la Monnaie d’Angers, sous Charles VII. — Bibliografia. — Notizie, ecc.
LIBRI NUOVI.
Il Museo Britannico non è solamente il più cospicuo del mondo per la massa e la qualità degli oggetti ivi raccolti, ma, ciò che meglio vale, è il più attivo, il più utile, e diremo il più vivo per gli studii che gli egregi conservatori vi fanno e per le pubblicazioni che ne seguono. A brevissimo intervallo furono quest’anno pubblicati due nuovi cataloghi delle collezioni numismatiche, uno per le monete d’Alessandria, l’altro per quelle della Jonia.
La serie delle monete imperiali d’Alessandria, conservata al Museo Britannico, è importantissima, di poco inferiore alla famosa della collezione Di Demetrio, ora al Museo d’Atene, che è ritenuta la prima del mondo. Il catalogo quindi per questa parte si può considerare quasi una descrizione generale della zecca; e importantissima è l’introduzione, nella quale il Direttore, Sig. Reginaldo Stuart Poole, ci dà una splendida monografia della zecca d’Alessandria sia sotto il rapporto cronologico-storico, sia sotto quello dei tipi i quali formano infatti l’oggetto più meritevole di studio nella monetazione Alessandrina, e che sono sviluppati con tutta la desiderabile ampiezza. — Anche le 32 nitidissime tavole che accompagnano il Catalogo non furono disposte cronologicamente come di solito; ma con felice innovazione pel caso speciale, lo furono invece in ordine dei tipi rappresentati al rovescio delle monete; sistema che serve mirabilmente a rendere famigliari le numerosissime personificazioni, deità e rappresentazioni di cui è ricca la serie egiziana.
La parte che riguarda i Nomi non è certo esauriente come quella riguardante la zecca d’Alessandria, e ciò dipende dall’essere questa serie dei Nomi relativamente assai deficiente al Museo Britannico.
⁂
Nel secondo Catalogo il Signor Barclay Head ci offre la serie delle monete greche della Dodecapoli Jonica. La dotta prefazione si addentra nelle delicate e complicate questioni di attribuzioni, di pesi, di sistemi di cronologia e metrologia delle primitive monete della Jonia; e l’autore, pure lasciandone parecchie in sospeso o sciolte in modo dubitativo, si appalesa sempre come uno dei più profondi conoscitori di questa difficilissima materia. — L’uso del catalogo poi è assai facilitato dal corredo di sette copiosi indici così distribuiti: I. Geografico. — IL Tipi. — III. Simboli e contromarche. — IV. Re e reggenti; nomi di Magistrati su monete autonome e su monete imperiali. — V. Nomi di Magistrati romani. — VI. Nomi di incisori. — VII. Iscrizioni notevoli.
Il volume è corredato da una carta geografica della Jonia e da 39 tavole in Eliotipia disposte per città in ordine cronologico.
F. G.
Falchi (Isidoro), Vetulonia e la sua Necropoli antichissima. — Firenze, coi tipi dei Successori Le Monnier. — (Un vol. in-4, di pag. 317, con 19 tav., delle quali una di monete).
In quest’opera, nella quale il Cav. Falchi, benemerito e indefesso ricercatore delle ruine e antichità di Vetulonia, rende conto degli scavi da lui intrapresi e condotti con esito sorprendente (basti l’accennare alla scoperta, fatta nello scorso anno, del grande ipogèo, simile ai cosidetti tesauri degli Atridi che Schliemann restituì alla luce a Micene), l’autore consacra un capitolo alla numismatica vetuloniense, di cui egli ebbe già a trattare in una lettura all’Istituto Imperiale Archeologico Germanico ed in un esteso articolo pubblicato nell’Annuaire de la Société française de Numismatique.
Com’è noto, l’interpretazione, l’attribuzione e l’ordinamento cronologico delle monete etrusche hanno suscitato molte discussioni; e vediamo, ad esempio, che fra Mommsen, Fabretti, Gamurrini, Deecke, Head, vi è dissidio intorno a varii punti. Alcune fra tali monete, tuttavia, per ciò che riguarda l’attribuzione, non lasciano alcun dubbio sulla zecca da cui sono uscite, poichè recano inscritto o per disteso in modo più o meno abbreviato il nome della città: Velathri (Volterra), Pupluna (Populonia), Tla, Tl (Telamone).
A Vetulonia erano già state attribuite dal Passeri, da Eckhel, dal Lanzi, monete che non le appartenevano; quelle veramente di Vetulonia recano spesso la leggenda Vatl, segnata a caratteri minuti, è vero, ma perfettamente distinti su alcuni dei molti esemplari in bronzo che il Cav. Falchi ha ritrovati e raccolti sul luogo.
Altrettanto non si può dire per le scarse monete d’argento che si rinvennero a Vetulonia; esse non recano l’indicazione della zecca, ma quella soltanto del valore, sono a rovescio liscio come quelle di Populonia; e la ragione principale per cui l’autore le assegna a Vetulonia si è che quivi soltanto furono ritrovate.
S. A.
L’origine del Museo di Livorno è recentissima; l’inizio delle collezioni che lo compongono si deve alla donazione fatta al Municipio nel 1883 dal benemerito Commend. Enrico Chiellini.
La parte numismatica, sinora, non ha molta importanza; si tratta di circa 2000 monete, così suddivise:
Serie antica.
oro | arg. | br. | |||
Monete | greche o italiche non romane | – | 20 | 126 | |
» | egizie dei Tolomei | – | 2 | 20 | |
» | romane | dell’epoca repubblicana | – | 64 | 35 |
» | » | dell’Impero | – | 25 | 833 |
» | » | dell’Impero d’Oriente | – | – | 73 |
Serie medioevale e moderna | 9 | 281 | 583 |
Alla raccolta delle monete livornesi vengono dedicate cure speciali; un capitolo del volume di cui parliamo è riservato appunto a quest’argomento. Vi si premettono alcuni cenni storici intorno alle monete di Livorno in generale; poi si dà l’elenco e la descrizione di quelle possedute dal Museo, e che, in riassunto, sono le seguenti:
Ferdinando | II, | pezza della rosa, del 1665. |
» | » | quarto di pezza della rosa, id. (2 es). |
Cosimo | III, | unghero, del 1675. |
» | » | pezza d’oro della rosa, del 1717 e del 1718 (3 es., con differ. di conii). |
» | » | tollero col porto, del 1680, 1683, 1685, 1687, 1688 (2 es.), 1692, 1694, 1697, 1698, 1699, 1702, 1703, 1704. |
» | » | tollero collo stemma, del 1707 (3 es.), 1711, 1712 (4 es., con diff. di conii), 1717 (2 es.). |
» | » | mezzo tollero colla nave, del 1683 (2 es., con diff. di conii). |
» | » | quarto di tollero, del 1683. |
» | » | pezza della rosa, del 1681, 1697, 1701 (2 es.), 1703, 1707, 1718 (2 es.). |
» | » | mezza pezza della rosa, del 1697 (2 es.). |
Giangastone, tollero collo stemma, del 1723. |
Il volume, stampato con lusso, è dedicato a S. A. R. il Principe di Napoli, cui veniva offerto a nome della Giunta Municipale nello scorso agosto, inaugurandosi in Livorno il monumento a Re Vittorio Emanuele.
S. A.
In questa recentissima pubblicazione del solerte Bibliotecario della Nazionale Braidense, fra le molte sezioni nelle quali l’autore ha opportunamente ripartito il ricco materiale da lui raccolto, troviamo una suddivisione dedicata alla numismatica. Vi sono diligentemente radunate le indicazioni bibliografiche relative alla storia monetale dell’Etiopia, e in particolare alla illustrazione dolle monete coniate dai re della dinastia axumita (nella regione che corrisponde alla moderna Abissinia).
Questi scarsi monumenti numismatici, — dice l’Head nella sua Historia Nummorum, — consistono in piccole monete d’oro e di bronzo, con leggende dapprima in caratteri greci o piuttosto greco-copti, più tardi in caratteri etiopici; e spesso scorretto e frammiste a parole inintelligibili. Eccone alcuni esempi:
Per lo stile, per la fabbrica, o principalmente per la presenza della croce nelle leggende, si argomenta che le monete di Axum siano posteriori alla venuta di G. C., senza che riesca possibile d’altra parte di stabilire con certezza la data della loro coniazione, per la scarsezza delle notizie cronologiche pervenute sino a noi intorno a quella dinastia.
Quanto alle altre indicazioni numismatiche, l’elenco del Fumagalli (in armonia col programma ch’egli si era tracciato, e ch’è riassunto nel titolo stesso dell’opera), si estende anche a tempi più recenti, sino ad accennare alla moneta speciale per la Colonia Eritrea.
S. A.
Per le nozze dell’amico suo Dott. Carlo Salvioni, Prof. di Letterature Neo-latine all’Università di Pavia, il nostro collaboratore E. Motta, Bibliotecario della Trivulziana, ha dato alle stampe un opuscolo curioso ed interessante, intorno alle collezioni di monete e medaglie, rarità d’arte, mss. e libri figurati, ch’erano stati raccolti dal Canonico Valeri.
Di questo letterato, così scrive il Forcella nella prefazione alla voluminosa ed ormai compiuta sua opera sulle iscrizioni milanesi: “Nato in Milano intorno all’anno 1572 da Gio. Pietro Valeri, e da Francesca Eleonora Guasconi, appartenne alla milizia ecclesiastica, e cessò di vivere il 4 agosto 1651, nella Canonica di S. Maria della Scala, di anni 79 e 7 mesi. Fu dottore in ambe le leggi, profondo conoscitore della latinità classica e cultore della poesia latina. Scrisse opere legali, storiche, archeologiche e poetiche, ma nessuna di queste vide la luce. Il cardinale Francesco Sforza, duca di Fiano, lo ebbe a segretario, e il re Filippo IV gli conferì nel 1627 il canonicato nella regia ducal basilica di Santa Maria della Scala”6..
La Trivulziana custodisce un codice autografo del Valeri, contenente l’inventario del museo da lui posseduto, ed il Motta ne trascrive e ne pubblica una parte, con accenni anche a monete e medaglie.
Terzo di soldo, colla leggenda cas — trono(vo) nel diritto (Castro novo), e charivlfom(onetario) nel rovescio (Chariulfo monetario). Fu trovato ne’ dintorni di Langres (Dipart. dell’Alta Marna), e non ha riscontro neppure fra la incomparabile serie merovingia del Gabinetto Nazionale di Parigi. L’erudito Presidente della Società belga di Numismatica, in questo suo breve scritto, attribuisce questa moneta, dubitativamente ma tuttavia con ragioni assai plausibili, a Novum-Castrum nel Limosino.
Vitalini O., Supplemento alle monete dei papi descritte in tavole sinottiche dal dott. Angelo Cinagli, compilato per le monete battute nel pontificato di Pio IX e nell’interregno della Repubblica Romana. Camerino, Savini, 1892, in-4 fig., pp. vj-21.
Tessier A., La zecca di Venezia. Venezia, Cordella, 1892, in-16, p. 8.
Chiaiso F., Saggio dell’oro e dell’argento: studio sulle monete e sui corpi che più devono essere noti agli assaggiatori. Genova, Pio Gaggero già dei Tribunali, 1892, in-8, p. 194.
Cabella G., Catalogo delle monete e medaglie genovesi di proprietà degli eredi del fu cav. avv. Gaetano Avignone. Genova, stab. tip. Genovese, 1892, in-8, p. 23.
Elenco degli oggetti etruschi e di monete romane imperiali, consolari e familiari, (di proprietà dell’arciprete Francesco Manciati in S. Casciano dei Bagni). Poggibonsi-Firenze, stab. tip. Cappelli, 1891, 1-8, p. 12.
Museo archeologico e numismatico di Livorno, illustrato dal professor Pio Mantovani. Livorno, Meucci, 1892, in-4, pp. xi-142.
Prou M., Le monogramme du Christ et la Croix sur les monnaies mérovingiennes. Rome, 1892, in-8, pp. 15 (Extrait des Mélanges G. B. de Rossi).
Lagumina can. Bart., Catalogo delle monete arabe esistenti nella biblioteca comunale di Palermo. Palermo, stab. tip. Virzì, 1892, in-8, p. xiij, 234, con 4 tavole.
F. de Saulcy, Recueil de documents rélatifs à l’histoire des monnaies frappées par les rois de France depuis Philippe II jusqu’à Francois I. Tomes II, III, IV. Paris, Rollin et Feuardent.
Blanchet J. Adrien, Études de numismatique. Vol. I. Paris, Rollin et Feuardent, 1892, in-8, pp. 326.
Skarzynski S., Le Bimétallisme trait d’union international. Paris, Guillaumin, 1892, in-8, pp. 109.
Amardel G., La fin de la monnaie de Narbonne. Narbonne, Cailliard, 1892, in-8, pp. 17. (Extr. du Bulletin de la Commission archéologique de Narbonne).
Blanchet J. Adrien, La Monnaie du Vicomte de Castelbon (1371-1378). Dax, Labèque, in-8, pp. 10.
Catàlogo de la Colección de monedas y medallas de Manuel Vidal Quadras y Ramon, de Barcellona. Tomos I-IV. Barcellona, A. López, Robert, 1892, in-4 mayor.
Campaner y Fuertes Alvaro, Indicador manual de la Numismatica espanola. Madrid-Barcelona, 1891, in-8, pp. 576.
Catàlogo de monedas arábigas y españolas que se conservan en el Museo Arqueológico Nacional, publicado siendo director del mismo D. Juan de Dios de la Rada y Delgado. Madrid, Est. tip. de Fortenet, 1892, in-4.
Gebert-Nürnberg C. F., Geschichte der Münzstätte der Reichstadt Nürnberg. Nürnberg, J. L. Schrag, 1892, gr. in-8, pp. 130 e ill.
Gruber, Nationales oder internationales Geld? Die Quintessenz der Währungsfrage. Wien, Lesk und Schwidernoch, 1892, gr. in-8, pp. 131.
Hammer Ed., Die Herstellung der Valuta. Wien, C. Konegen, in-8 gr., pp. 27.
Fiala E., Beschreibung böhmischer Münzen und Medaillen. Prag, Haerpfer, pp. 117 e 10 tav.
Bauer von O., Ein Wort zur Einführung der Goldwährung in Oesterreich-Ungarn. Wien, Manz, 1892, in-8, pp. 47.
Suess E., Die Zukunft des Silbers. Wien, 1892, in-8.
Cowperthwait J., Money, Silver and Finance. London, 1892, in-8.
Ehrich L., The Question of Silver. London, in-8.
Ridgeway W., The Origin of Metallic Currency and Weight Standardes. Cambridge, University Press, 1892, in 8.
Thorburn W. S., A guide to the coins of Great Britain and Ireland. 2 edit. London, G.ll, in-8, pp. 180.
PERIODICI.
Numismatische Zeitschrift. Wien, 1891.
Dr. J. von Schlosser, Kleinasiatische und thrakische Münzbilder der Kaiserzelt. (“Tipi monetarii dell’Asia Minore e della Tracia all’epoca imperiale”).
Monete greche del Gabinetto Imperiale di Vienna, ordinate per tipi. Non tutte, — osserva l’autore, — sono inedite; alcune si trovano in Mionnet, ma per lo più con attribuzione erronea, oppure mal descritte; altre sono state pubblicate in modo così insufficiente da sembrare opportuno di ripubblicarle ora coi nuovi procedimenti tecnici (l’articolo del Dott. Schlosser è corredato infatti di due tavole in fototipia, egregiamente eseguite).
Dr. B. Pick, Inedita der Sammlung Mandi in Budapest. (“Monete inedite della Collezione Mandi a Budapest. Contributi alla Numismatica greca dell’epoca imperiale”).
Erudito articolo, in cui il Dott. Pick, giovane ma valente professore dell’Università di Zurigo, illustra buon numero di monete appartenenti ad una raccolta privata di Budapest, le quali provengono per la massima parte da un ripostiglio scoperto in Rumenia, e spettano a diverse città della Mesia e della Tracia (periodo d’emissione: da Settimio Severo a Filippo).
Dr. B. Pick, Zwei neue Medaillons von Thyateira. (“Due nuovi medaglioni di Tiatira”).
La serie numismatica di questa città della Lidia era già ricca di tipi interessanti, ma i due medaglioni descritti dal Prof. Pick, trovati in Ungheria o nella Slavonia, gettano nuova luce sul culto locale di Tiatira. Secondo l’autore, la divinità che vi si vede rappresentata è “Elio Tirimneo”, ricordato anche in un’iscrizione di Tiatira (Corpus Inscr. Graec., n. 3500), nella quale si accenna al suo sacerdote (ἱερεὺς τοῦ προπάτορος θεοῦ Ἡλίου Πυθίου Ἀπόλλωνος Τυριμναίου). Elio insomma con gli attributi del dio locale Tirimno, cui si allude in un’altra iscrizione di Tiatira, nominandovisi il sacerdote τοῦ προπάτορος θεού Τυρίμνου (C. I. G., n. 3497).
Dr. J. Hampel, Ein Münzfund aus Bregetio. (“Ripostiglio scoperto a Bregetio”).
Aurei di Numeriano e di Diocleziano, denarii di quest’ultimo imperatore e di Costanzo Cloro, medaglioni d’oro, inediti (due), di Massimiano Erculeo, denarii dello stesso e di Galerio Valerio Massimiano.
Dr. Fr. Kenner, Nachtrag zu dem Münzfunde aus Bregetio. (“Appendice al Ripostiglio di Bregetio”).
Altri due medaglioni d’oro, della stessa provenienza, l’uno di Massimiano Erculeo, l’altro di Diocleziano.
M. Bahrfeldt, Ueber die Münzen der römischen Republik in der grossherzoglich badischen Münzsammlung zu Karlsruhe. (“Le monete della Repubblica Romana nella Collezione numismatica granducale badese a Carlsruhe”).
Rassegna delle 500 monete repubblicane romane che appartengono a quella raccolta; qualcuna di esse è notevole per singolarità, come ad esempio un denario di Turpiliano (Petronia), di buono stile, ma con leggenda alterata.
A proposito del denario di M. Sergio Silo (Sergia, Babelon, 1), il Capit. Bahrfeldt osserva che ve ne sono di due conii, i quali si distinguono l’uno dall’altro per la differente grandezza della testa della dea Roma.
L’articolo si chiude con una tabella di contromarche o contrassegni; e coll’elenco delle monete, per ordine alfabetico delle famiglie.
Tra i denarii della Calpurnia ve n’è uno che reca, non impresse come contromarca, sibbene leggermente graffite, le lettore nn. L’autore ricorda i pochi esempî analoghi, e fra gli altri quello del semisse di Roma con iscrizioni etrusche, di cui parlarono i ch. Gamurrini e Lattes nella nostra Rivista.
Dr. J. Scholz, Bericht über eine Anzahl beim Baue des kunsthistorischen Hofmuseums ausgegrabener Münzen. (“Relazione intorno ad un certo numero di monete venute alla luce nei lavori di costruzione del Museo imperiale per la Storia dell’Arte”).
Dugentosessanta monete, per la massima parte imperiali romane; non presentano interesse numismatico, ma sono assai importanti per la storia locale di Vienna, come risulta dalle deduzioni topografiche dell’autore.
Dr. K. Domanig, Der Fund zu Thomasberg. (“Il ripostiglio di Thomasberg”).
Conteneva oltre ad un migliaio di monete del XIII e XIV secolo, principalmente austriache e bavaresi.
Dr. A. Nagl, Zum Werthverhältniss zwischen Gold und Silber im XIV. Jahrhundert. (“Sul rapporto fra l’oro e l’argento nel sec. XIV”).
Considerazioni sulla crisi monetaria di Firenze verso la metà del sec. XIV (cfr. Giovanni Villani: “Nel detto anno 1345. hauendo in Firenze grande difetto, e nulla moneta dargento, se non la moneta da quattro, che tutte le monete dargento si fondieno, e portauansi oltre mare, ecc. ecc.”).
Dr. A. Nagl, Ueber eine Mailänder Goldmunze nach dem Typus des Venetianer Dukatens. (“Di una moneta milanese in oro, al tipo dello zecchino veneziano”).
Cfr. gli zecchini di Scio, pubblicati da Schlumberger (Numismatique de l’Orient Latin) e da Lambros (Μεσαιῶνικα νομίσματα τῶν Δυναστῶν τῆς Χίου).
Dr. Arnold Busson, Ein Münzfund im Kirchthurmknopf zu Sterzing in Tirol. (“Un ripostiglio nella palla del campanile di Sterzing in Tirolo”).
Si tratta d’una cinquantina di monete tedesche, svizzere e polacche, per la massima parte del sec. XVI; il pezzo più notevole è un kreuzer di Goslar (Germania del Nord) al tipo de’ tirolini, circostanza singolare per una zecca così remota.
Eduard Fiala, Das Münzwesen der Grafen Schlik. II. (“La monetazione dei Conti Schlick”).
Monete boeme, battute in varie zecche. Gli Schlick avevano ricevuto dall’imperatore l’investitura della contea di Bassano, e ne portavano il titolo.
Alle monete fa séguito un’appendice di medaglie (e placchette) in argento ed in oro, in bronzo, rame, piombo, stagno, ferro, ecc. Tre tavole litogr. corredano l’articolo.
E. Forchheimer, Der Thaler des Fürsten Karl Eusebius von Liechtenstein. (“Il tallero del Principe Carlo Eusebio di Liechtenstein”).
Pezzo di straordinaria rarità, anzi probabilmente unico, posseduto dal principe Ernesto di Windischgrätz.
Th. Stenzel, Seltene Anhaltische Münzen und Medaillen ans der Ballenstedter Sammlung im herzoglichen Münzkabinet zu Dessau. (“Monete e medaglie rare, provenienti dalla Collezione Ballenstedt e conservate nel Gabinetto Numismatico ducale di Dessau”).
Il Dr. Stenzel aveva già pubblicato, molti anni or sono, una descrizione delle monete e medaglie dell’Anhalt; il presente articolo è un complemento di quel lavoro.
Dr. Fr. Kenner, Die Münzen und Medaillen im k. k. kunsthistorischen Hofmuseum. (“Le monete e medaglie nel Museo imperiale per la Storia dell’Arte”).
Com’è noto, le differenti collezioni imperiali di oggetti d’arte, che si trovavano disseminate sinora nei vari musei di Vienna, sono stato riunite non ha guari in un nuovo e splendido Museo, il quale, benchè di recentissima apertura, forma già la più possente attrattiva della metropoli austriaca.
Per ciò che riguarda la sezione numismatica, è da notare anzitutto che le monete e medaglie esposte per saggio in vetrine furono riordinate con criterî moderni, e grandemente accresciute in confronto al saggio che se ne vedeva nell’antico Gabinetto, e ch’era stato immaginato ed introdotto per la prima volta, innanzi la metà di questo secolo, dall’allora Direttore Arneth, con pensiero che pei suoi tempi era stato una felice innovazione, imitata poi altrove. Il presente articolo dell’attuale Direttore Dott. Kenner, — (ben conosciuto anche dai lettori della Rivista per il magistrale suo studio sul “Medaglione romano”, che abbiamo tentato di riassumere nel vol. II di questo periodico), – dà ragione appunto dei criteri che presiedettero al nuovo ordinamento ed ampliamento, intrattenendosi in particolare sulle medaglie, fuse e coniate, le quali furono esposte in modo da rappresentare la storia e le successive modificazioni di questi interessanti monumenti artistici.
Dr. K. Schalk, Nationalökonomie und Numismatik in ihren Wechselbeziehungen. (“L’Economia politica e la Numismatica nelle loro relazioni reciproche”).
Articolo inteso a porre in luce le molteplici attinenze fra la Numismatica e l’Economia politica, rilevando gli errori nei quali sono caduti molti egregi economisti per aver trascurato di ricorrere alle nozioni positive di Numismatica, che si attingono dallo studio diretto delle monete stesse, o almeno de’ più autorevoli scrittori di questa scienza.
L’autore è d’avviso che uno de’ motivi principali per cui la Numismatica è spesso dimenticata o tenuta in poco conto dai dotti, sia la circostanza che dessa non forma parte degl’insegnamenti universitarî, ed invoca quindi la creazione di una cattedra apposita, almeno nell’Università di Vienna.
Bibliografia. — Rendiconto annuale della Società Numismatica Viennese. — Otto tavole d’illustrazioni.
Solone Ambrosoli.
Revue belge de Numismatique, III e IV fasc., 1892.
Babelon E., Numismatique d’Édesse en Mésopotamie. — Jonghe B. d., Un triens signé par un monétaire mérovingien inconnu jusqu’à ce jour. — Roest Th. M., Essai de classification des monnaies du comté puis duché de Gueldre. — Delbeke Aug., Monnaies grecques et médailles modernes. — Lemaire V., Les procédés de fabrication des monnaies et médailles depuis la Renaissance. — Werveke N. Van, Deux monnaies luxembourgeoises de Henri VII et Jean l’aveugle. — Aloin Fred., Léopold Wiener, graveur en médailles et son oeuvre. — Necrologie. — Bibliografia. — Miscellanea.
Revue Numismatique, II e III fasc. 1892.
Babelon E., Monnaies grecques récemment acquises par le Cabinet des Médailles. — Villaret E., Numismatique japonaise. — Heiss Aloïss, Coup d’oeil sur l’étt actuel de la Numismatique de l’Espagne antique. — Baptist Germain, Médaille du Grand Condé. — Blanchet J. A., Jeton du XVIIe siècle aux types des monnaies de Chio. — Babelon E., Les monnaies araméennes de la Cappadoce. — Vogüé Mar. de, Note sur quelques monnaies des rois d’Édesse. — Svoronos J., Monnaie inédite de la Cyrénaïque. — Schwab, Médailles et amulettes à légendes hébraïques conservées au Cabinet des Médailles. — Rondot Natalis, Les graveurs de la monnaie de Troyes du XIIe au XVIIIe siecle. — Babelon E., Les Monnaies des Satrapes dans l’empire des Perses Achéménides. — Rouger J., Théophraste Renaudot. — Cronaca. — Necrologia. — Bibliografia.
Numismatic Chronicle. Fascicolo III, 1892.
Weber Hermann, On some unpublished or rare Greek Coins. — Falkland Warren, Note on some mediaeval coins of Cyprus. — Montagu H., Find of Groats at Wallingford. — Grueber H. A., English personal medals. — Bibliografia. — Miscellanea.
Bulletin de Numismatique, Settembre-Novembre, 1S02.
Serrure R., Une monnaie inédite des princes de Souvigny. — E. Fairre, Numismatique coloniale. — Serrure R., Jetons rares ou inédites. — Castellane (Conte di), Différent d’un maître particulier de la Monnaie d’Angers sous Louis XI. — Serrure R., Méreaux de Warneton et d’Ath. — Libri nuovi. — Vendite. — Notizie, ecc. ecc.
Archivio storico lodigiano, XI, fasc. I, 1892: Martani, Scoperta d’antichità presso Lodivecchio. (Ripostigli di monete).
Arte e Storia, nn. 22, 26 e seg., 1892: Melani A., Una medaglia a Cristoforo Colombo. — Bonanni barone Teodoro, Della zecca e monete aquilane e degli artisti ed operai addetti alle officine.
Römische Quartalschrift, Roma, nn. 3-4, 1892: Kirsch J. P. Altchristliche Bleisiegel des Museo Nazionale zu Neapel. Con ill.
Natura ed arte, 15 agosto 1892: Maineri B. E., Gabriello Cherubini. Con ritratto.
Studi e documenti di storia e diritto, XIII, fasc. 3,° luglio-settembre 1892. Roma: Cerasoli F., Il tesoro pontificio di Castel S. Angelo.
L’Ateneo Veneto, fase. 1-3, gennaio-marzo 1892: Miari F., Una medaglia del cardinale Savelli.
Giornale ligustico, maggio-giugno 1892: Belgrano, Sfragistica ligure (Medaglie genovesi tolte dal Catalogo del Rizzini di Rrescia).
Bollettino della Società di Storia patria: Anton Ludovico Antinori negli Abruzzi, anno IV, puntata VIII, luglio 1892. Aquila: U. Q., Collezione numismatica donata dal conte Cesare Pace al municipio Aquilano.
Illustrazione Italiana, n. 32, 1892: Centelli A., Il palazzo della zecca di Venezia. Con ill. — N. 48, 1892: Medaglia commemorativa del IV Centenario della scoperta d’America, coniata da Johnson. (Ill.).
Notizie degli scavi, giugno 1892: Martani B., Di un ripostiglio di monete imperiali rinvenuto nel territorio del Comune di Lodivecchio.
Giornale di erudizione, Firenze, nn. 9-10, luglio 1892: Morsolin B., Una medaglia contro il papa Borgia.
Gazette des Beaux-Arts, ottobre 1892, n. 424: Mazerolle, Les grands médailleurs français. I: Étienne de Laune et Guillaume Martin.
Académie des inscriptions et belles lettres, Séances, 1892, 5 agosto: A. de Barthélemy, L’origine du monnayage gaulois de la Belgique.
Chronique des Arts, n. 11 e 13, 1892: Bopst G., Les médaillers de la Bibliothèque Nationale. — Marx Roger, Le sou français. — Juste Antoine, Une médaille de Louis XII. — N. 28: Médailles, plaquettes, bijoux. — N. 32: Les acquisitions du Cabinet des Médailles en 1892.
Revue archéologique, mai-juin, 1892: Waille W., Une matrice de médaillon antique découverte à Cherchell.
Revue du Bas-Poitou, gennaio 1892: Ch. Farcinet, L’authenticité de deux médaillons romains trouvés en Vendée et des médailles en général.
Revue d’économie politique, mai 1892: La réforme de l’étalon monétaire en Autriche-Hongrie.
Journal Asiatique, marzo-aprile, 1892: E. Drouin, La collection des médailles de la Société Asiatique.
Revue des deux-Mondes, 15 juin 1892: G. d’Avenel. Les monnaies et le taux de l’intérêt.
Repertorium für Kunstwissenschaft, XV, fac 2-3: C. von F., Medaillen vom Ausgang des 14 Jahrhundert. — Der Medailieur Candid.
Mittheilungen der Gesellschaft für geschichtl. Denkmäler im Elsass, 15, 328-33: A. Hertzog. Der Völklinshofener Münzfund.
Monatsblätter für Pommersche Geschichte, 1892 4-6: Starck, Eine Silberdenkmünze des 18 Jahrhunderts.
Allgäuer Geschichtsfreund, 4, 93-8; 109; 5. 26-31, 41-7: A. Horchler, Münzmeister Heel in Kempten. — Aufhebung der reichsstädtischen Münze in Kempten.
Jahrbücher des Vereins für Meklenburgische Geschichte, 56. 86-94: Wunderlich. Der Münz-fund von Gammelin.
Zeitschrift der histor. Gesellschaft Posen, 6, 215-8: Prümers R., Münzfund von Kierz (1615-54).
Jahresbericht der Gesellschaft zu Emden, 9, II, 96: Schuedermann. Zur Münzkunde (1584).
Preussische Jahrbücher, vol. 69, fasc. 6°: Schurling H., Oesterreich-Ungarns Valutaregulierung und ihre Folgen für Europa.
Jahrbücher für Nationalökonomie und Statistik, III. fasc. 4: Zuckerkandl Rob., Literatur zur Währungsfrage.
Küchlar A., Münzgeschichte von Obwalden. Separat-Abdruck aus dem Obwaldner-Volksfreund. Sarnen. Müller, 1892.
Musée neuchâtelois, 1892. n. 10: Warre W., Les médailles du tir cantonal du Loebe. 1892. Avec pl.
Bulletin de l’Institut national genevois, t. 31, 1892: Roumieux, Description d’une 5me serie de medailles genevoises inédites.
Anzeiger für schweizerische Alterthumskunde, Zurigo, 1892, p. 108: Eii: Beitrag zu Mommsen’s Liste von Funden griechischer Münzen.
Annales de la Société archéologique de Namur. XIX.: 3e livr.: De Witt. Un denier inédit de l’empereur Henri II frappe à Namur (1002-1024).
Boletin de la Real Academia de la Historia, maggio-giugno 1892: Colera Fr.. Tesori de monedas árabes, doscubierto en Alhama de Granada. — Fita F. Numismatica española.
Revista Contemporanea, 15 maggio 1892: Orti y Bruil V., La cuestion monetaria.
Jahrbuch der kunsthistorischen Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses, vol. XIII. p. 55 seg.: Keinur Fr., Leone Leonis Medaillen für den kaiserlichen Hof. Con 33 eliotipie.
Archeografo triestino, XVIII. fasc. I. 1892: Paschi A., Scoperte archeologiche (ritrovamenti numismatici).
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Journal of the Asiatic Society of Bengal, vol. LX, P. I, n. I-III: Oliver, The coins of the Chaghatai Moghuls.
Note
- ↑ Federico assunse il titolo imperiale il 22 novembre 1220.
- ↑ Mandato in dono alla Rivista (presented by the trustees of British Museum) 1° aprile 1892.
- ↑ Rivista Italiana di Numismatica, Anno III, pag. 159.
- ↑ Lo stesso autore deplora nella prefazione (pag. XVII) che una serie del quarto periodo della coniazione di Cizico sia male rappresentata nel Museo Britannico.
- ↑ Demole Eugène, Histoire monétaire de Genève de 1535 à 1792, Genève, 1887, in-4°, con 9 tavole.
- ↑ Iscrizioni delle chiese e degli altri edifici di Milano dal secolo VIII ai giorni nostri, raccolte da Vincenzo Forcella per cura della Società Storica Lombarda. — (Vol. I, pag. VI)