Prediche volgari/Predica XXXIII

Predica XXXIII

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Predica XXXII Predica XXXIV

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XXXIII.

Dimostra come si de’ temere Iddio, e come Lucifero
cadde per la superbia.

Timete Deum1 (Iohannis Apochalipsis, xiiij cap.). Le parole prealegate so’ dello apostolo Giovanni ne la sua Apocalipsa a xiiij cap., voltando le sue parole in verso di voi, dicendo: — Temete Iddio, temete Iddio. — Perchè io mi penso alcuna cosa della stanza mia?2 La cagione si è perchè io mi sento non so che.... Ben so io che! E panni aver veduto un cotal non vego vego.... A casa! Che voglio io dire? Temete Iddio, io vi dico, temete Iddio; però ch’io vego la pace in voi non aver luogo. E non avendo pace, dicendo d’averla, voi sareste apostata di fede. E quello che vi seguirà oggi, vel voglio cantare, e domane vel vorrò biscantare; chè questo in voi mi pare, che a ognun pare che ciò che si fa, è l’ dovuto di fare. E qui vo’ cominciare al detto di Pavolo: Qui se putat stare, videat ne cadat3: — Colui che gli pare star fermo, guardisi che non caggi. — O Lucifaro, come cadesti tu a terra, che stavi [p. 50 modifica]

tanta beatitudine, pur cadde a terra. Vede ne la Apocalipsa ne la quinta tromba al viiij cap.: Et quintus Angelus tuba cecinit, et vidi stellam de coelo cecidisse in terram, et data est ei clavis putei abyssL Et aperuit puteum abyssi; et ascendit fumus putei, sicut fumus fornacis magnae: et obscuratus est sol et aer de fumo putei. Et de fumo putei exierunt locustae in terram. Dice Giovanni: — Io vidi una stella quando il quinto angiolo trombò, la quale stella era cascata dal cielo in terra. E come ella fu cascata, le fu data la chiave del pozzo dello abisso. E come ella ebbe questa chiave, e ella aperse el pozzo dello abisso; e subito salse el fumo del pozo come fumo d’una fornace grandissima; e scurò il sole e l’aria di questo fumo. E di questo fumo del pozzo uscirono locuste in terra. — Io mi credo che voi aviate a memoria, come io vi dissi doppo ieri de le locuste; e che ci dovevano essere vive ancora delle persone che già le videro, che se ne potevano ricordare. E s’io ti dissi di coloro che ne potevano èssare buoni testimoni, oggi io te le vorrò mostrare, acciò che tu le vega. Nel quale sacro parlare noi potremo vedere e dichiarare tre misteri, ne’ quali vedremo quanto noi doviamo temere Iddio: Timete Deum.

Primo misterio, di cagione effettiva d’ogni male.

Sicondo misterio, di cagione dispositiva d’ogni male.

Terzo misterio, d’operazione4 consecutiva, che è ogni male.

Non vi partite, donne, se voi volete imparare che cosa so’ queste locuste. Io ve le insegnarò a cognoscere, [p. 51 modifica] e verrà tempo che voi le vedrete. A me ne incresciarà, e voi il provarete.

Primo misterio si è di cagione effettiva. Vidi stellam de coelo cecidisse in terram, et data est ei clavis putei abyssi. Et aperuit puteum abyssi. Quale credi che sia stata la cagione d’ogni male che mai fu, o è, o sarà mai? Tutto è venuto da Lucifaro che è nel profondo dello abisso.

Ma vediamo dove è fondato questo cotal male? Tre cagioni si può dire donde viene ogni male:

Prima è intellettiva.

Siconda, volitiva5.

Terza, operativa; cioè sapere, volere e potere.

Prima, intellettiva, che è de lo intelletto. Lo intelletto di Lucifaro fu sapere, volere e operare perverso: tutti e tre questi mali vennero da lo intelletto suo iniquo e pessimo. Tutti i mali che si fanno o si possono fare, tutti vengono da questo maladetto principio, da sapere e volere e poter far male. Così so’ stati i principi di tutti coloro che mai fecero alcuno male: hanno sûto in loro queste radici e fondamenti: prima il voler far male; l’altra, il potere far male. E questa è l’origine d’ogni male. El primo è il sapere: dove dice: Vidi stellam: — Vidi una stella; — cioè il Lucifaro. Sicondo, donde cascò: cecidisse de coelo. Terzo, dove cascò: in terram.

Prima, vedi il Lucifaro essere come una stella: Vidi stellam.

Sicondo, il vedi cascata: de coelo cecidisse.

Terzo, dove è cascata: in terram.

Vedi che casca, e donde casca, e dove casca. Questi so’ tre pònti: nel primo dice che era stella; cioè che [p. 52 modifica] egli era più splendido, più nobile, più bello, più sapiente che niuno altro spirito beato. E che questo sia vero, mostramelo dove l’hai, Isaia: a xiiij cap. Quomodo cecidisti de coelo, Lucifer, qui mane oriebaris? Corruisti in terram, qui vulnerabas gentes? Qui dicebas in corde tuo: In coelum conscendam, super astra Dei exaltabo solium meum i — Come cascasti tu di cielo, o Lucifaro, che rilucevi chiarissimo? Cadesti in terra, il quale divoravi e uccidevi le genti, e sedevi in tanto riposo. E dicevi nel tuo cuore: — Io salirò nel cielo sopra a l’alto Idio, e alzarômi sopra di lui nel mio triunfo. — Hai tu veduto come egli era stella del cielo; cioè dimostrandoti la verità, che egli era più bello, più savio, più potente: e però gli dice6 stella; e pure vedi che egli cascò. O cittadini miei, e voi donne, similemente, che doviamo pensar di noi? Il Lucifaro cascò perchè si vide tanto bello, che egli montò in superbia: solo il pecato della superbia il fece cascare. O che faremo noi, i quali aviamo mille inclinazioni, mille lusinghe, mille minaccie, mille migliaia di tentazioni, che non ebbe il Lucifaro? Solo la bellezza il fece levar in alto; e vedi che per volere andare più alto, egli cadde così grande botto. Oimè, pigliatene essemplo! Non volere salire più alto per paura di non cadere!

Sicondo: vediamo donde cadde. Dice che cadde di cielo: de coelo cecidisse; e Dio vi rimase più potente di lui. Coelum coeli Domino: terram autem dedit filiis hominum7: — El cielo de’ cieli al Signore ec. — Egli cadde, e Iddio rimase: il Lucifaro in profundo, e Iddio Padre in cielo. E che così sia, noi li diciamo el Pater noster qui es in coelis: — Padre nostro, che se’ ne’ cieli, sempre sia [p. 53 modifica] tu lodato; — sempre addomandando di grazia quello che ci bisogna; non come il Lucifaro che ebbe tanta prosanzione, che elli tolleva ogni onore che era di Dio, e donavalo a sè, e non aveva il suo pensiero in altro, che al bene propio. Vidi siellam cecidisse de coelo. Terzo: dove cadde costui? In terra. Che condizione ha la terra, per dimostrare come questo luogo si confà a lui? La terra ha tre cose in sè:

La prima si è che ella è scura.

Siconda si è che ella è fredda.

Terza si è che ella è grave e ponderosa.

Prima, dico, che ella è scura. Se tu entri sotto terra, tu non vi vedrai se non tenebre e scurità, perchè ella non rende alcuno lume.

Siconda, la terra è fredda. Se in nissuno luogo stanno i ghiacci, si stanno in terra: non istanno già in aria nè in fuoco nè in aqua, se non per la freddezza de la terra.

Terza, dico, che la terra è grave, che sempre va in giù. Piglia la pietra, e lassala andare: non si resta8 che ella ha tocato il fondo; e se fusse possibile che ne la terra si facesse una apertura che passasse insino di sotto, dove si potesse vedere l’aria, gittandovi uno sasso o pietra si fermarebbe nel mezo, cioè nel centro de la terra. E Lucifaro fu fatto cadere del cielo in terra: dove aveva prima quelle condizioni chiare e splendide e leggiere, subito cascato prese le condizioni de la terra; cioè che il volere suo diventò freddo al far bene, el potere diventò grave e ponderoso, el sapere diventò oscuro e tenebroso. E perchè queste condizioni so’ poste nel centro della terra, però è posto il suo luogo nel Centro della terra, e non più là nè più qua. [p. 54 modifica]

Deh, cittadini miei, e voi venerabili donne, deh, aprite Io intelletto a considerare questo9 ch’io vi dico. Se il Lucifaro ebbe tanto sapere che cognosceva lo stato suo, e ebbe tanto potere che poteva far bene con libero arbitrio come uno di noi, e ’l volere atto come il nostro, e non si seppe mantenere nella volontà di Dio, che cadde per quella disubidienzia di non volere essere suggetto a Iesu incarnato; oimmè, che faremo noi, che ogni dì caschiamo in uno migliaio di peccati!. Noi sappiamo pure che egli cadde per la colpa sua. E noi come crédaremo salirvi? Non è la via a volervi salire questa. E’ però vi dico: Timete Deum, timete Deum: — Temete Iddio, vi dico, temete Iddio. — Prodiit quasi ex adipe iniquitas eorum: transierunt in affectum cordis:10 — La iniquità loro nacque dalla abundanzia, e passò nel desiderio dello affetto. — Sai che vorrà dire di voi? Vorrà dire ch’io temo che della vostra abondanzia non segua dietro un grande fragello. Doh, che pensiero m’è egli venuto! Io ho uno pensiero de la vostra pace; e temo che non vi venga doppo la pace una grande guerra. Così doppo la divizia temo che non vi seguiti una grande fame. Come doppo il freddo seguita un grande caldo, così doppo una grande tranquillità temo d’una grande aversità. Io temo, temo, temo, che poi che voi non sapete ricognoscere le grazie che Iddio v’ha date, che elle vi saranno tolte. — Non l’hai sapute tenere? E io te le torrò! — E temo che Iddio non vi facci come fece a Lucifaro, che cadde non sapendo cognoscere la sua felicità; che non cognoscendo il dono di Dio, dove era [p. 55 modifica] buono, diventò gattivo. Questo segno vego io già venuto in voi, ch’io vi vego con più gattivo proposito l’uno dì che l’altro. Oh, egli è el mal segno! Donde è questo? È solo dal mal vivare, chè già hai perduta la vera intelligenzia. E questa è la prima cagione d’ogni male: cagione intellettiva.

Siconda cagione d’ogni male si è volotiva. Vediamo come il Lucifaro cascò. E’ gli fu data la volontà, che e’ potesse eleggere, come egli voleva. Dove il vedi? Dove dice: Et data est ei clavis putei abyssi: — Fugli data la chiave del pozzo de lo abisso; e fugli detto: se tu vi ti vuoi andare, vâviti tu stesso. — E dicoti che se lui non l’avesse aperto, mai non vi sarebbe andato. Che ti significa la chiave? Significati la libertà de lo arbitrio. —Te’:11 fa’ a tu omodo. — Non vedi tu che se tu hai la chiave de la tua casa e aprila, tu vedi ciò che v’è dentro? Così è anco data a te questa chiave: se tu vorrai entrare nello inferno, tu l’aprirai tu stesso col fare contra a la volontà di Dio. Così anco aviamo che furono date le chiavi a santo Pietro, che elli potesse aprire il pozo de lo abisso, e aprire il regno dtd cielo: Tibi dabo claves regni coelorum:12 — Io ti darò le chiavi del regno de’ cieli, e qualunque tu legarai in terra, sarà legato in cielo; e qualunque tu sciogliarai in terra, sarà sciolto in cielo. — Claves non errante. — Qualunque tu sciogliarai in terra, andarà in gloria; e quello che tu legarai, andarà legato neH’abisso. — Al sentimento morale non significano altro queste chiavi, se non solamente la libertà de lo arbitrio in volere, sapere e potere operare o bene o male quello che gli piace. Questo ebbe il Lu[p. 56 modifica]cifaro di potere fare a suo modo: elli volse salire in alto sopra a Dio, e Iddio punillo e cacciollo giù. E prima li dimostrò: Qui se exaltat, humiliabitur, et qui se humiliat, exaltabitur:13 — Colui che s’umilia, sarà esaltato, e colui che s’esalta, sarà umiliato. — Elli volse fare a quello modo, e Idio il cacciò in profondo. E qui hai la siconda cagione volitiva.

La terza cagione d’ogni male è operativa, quando tu vieni all’operare il male. E a questo volse pervenire il Lucifaro, quando cadde di cielo, et aperuit puteum abyssi; che aperse il pozo de lo abisso, usando la propria libertà: non li fu fatto fare, anco volse aprirlo lui. O donna che dormi, guarda che tu non caggi in quello pozzo! Tu hai voglia di cadere, che odi una materia di avere paura de’ pericoli, e tu dormi! O se tu andasse per uno camino, e i compagni che fossero con teco dicessero: — elli c’è uno pozo coperto di paglia, che non si vede di fuore quasi nulla; — oh, la cosa andarebbe bene, se tu andasse meza dormendo, e non mirasse dove tu poni i piei! O se e’ tì venisse andatovi su, o non vi cadaresti tu dentro? Or sta’ a udire, e non ti penare a dormire qui. Doh, attende, dico; chè questo pozo de lo abisso ha tre cose in sè:

Prima, egli è cupo.

Sicondo, è scuro.

Terzo, è fangoso.

Prima, elli è cupo, e tanto cupo, che chi vi cade non ne può mai uscire. E però pone mente dove tu poni il pie’, o tu che vai ne la via d’operare il pecato. Guardati, ti dico; che

Se tu poni il piè in basso,
Tu farai un gran fracasso,

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e non ti potrai poi rilevare a tua posta. Questo abisso che vuol significare? Ab a, quod est sine ipso, cioè senza Dio, et sine ipso factum est nihil,14 cioè senza questo Iddio non è fatto nulla; e però chi va in questo luogo è abandonato da Dio. Del qual luogo dice Iob a vij cap.: Qui descenderit ad inferos, non ascendet, nec revertetur ultra in domum suam: — Colui che scenderà allo inferno, non salirà nè non tornerà mai più ne la sua casa; — cioè non andarà mai a vita eterna, dove fu criata l’anima, per la iniquità sua. De’ quali anco Davit parlò dicendo:15 Tu vero deduces eos in puteum interitus: — Signore Iddio, tu li conduci nel pozzo di sotto sotto. — E questo in quanto alla cupeza del pozzo.

Sicondo, dico, che questo pozzo è oscuro, e però dice abisso, che viene a dire luogo senza lume. Abisso dicitur ab a, quod est sine, et bissus, quod est candor, cioè luogo dove non è niuno lume; nel qual luogo non v’è Iddio, se non per loro scurità; chè là dove è Iddio veracemente, sì v’è luce e chiarità. Inde è detto di lui propio, sue parole: — Ego sum lu xmundi:16 — Io so’ la luce del mondo. — E però dico che Iddio non è in tal luogo, se non per punizione di coloro che so’ involti nei pecati, seguitando le malizie. Inde Iob a xxj cap.: Consilium impiorum longe sit a me: — El consiglio di coloro che vogliono fare centra al volere di Dio, sia da lònga da me. — Iddio non è in tal luogo, se non per giustizia: non è quello luogo dove si dia grazia, sì che nè Iddio è atto a farli grazia, nè anco loro non so’ atti a ricévarla. [p. 58 modifica]

Terzo, questo luogo dell’abisso è fangoso. Sai che significa? Significa che ellino hanno oscura e grave la coscienzia loro in verso Iddio. Vede pure la condizione; del fango, che è torbo e grave: similemente so’ loro. Dice Iob: sai quando aranno agravata la coscienzia loro e piena di fango? Quando saranno in quello luogo pieno di tanti affanni e fatighe, che terranno e credaranno che Iddio non li sappi nè voglia nè possa avere mai misericordia. Cum obliti fuerint misericordiae Dei ec.

Tu hai veduto e compreso di questo abisso tre condizioni, e vedesti chi fu colui che l’aperse, e come elli era in sua libertà d’aprirlo o no; e vedesti che la superbia sua ne fu principale cagione. Deh, immè, cittadini, tenete a mente il mio dire: tenetelo a mente! Se voi non témarete Iddio, voi capitarete male. Io vi dico che chi non s’aumilia, sarà umiliato per forza. Elli17 non fu cognoscente delle grazie che Iddio gli aveva date. Doh, non voliate seguitare il modo suo: sappiate ricognoscere le grazie che Idio v’ha date e vi dà tutto dì. Questa è la cagione quando una città va a mina: quando Iddio ha date de le grazie assai, e altri non n’è cognoscente. Questa è la cagione d’ogni male che s’è fatto, e d’ogni male che si fa, o che s’ha a fare. Io mi credevo ieri dirvi di questa materia, e non ve ne diss’io. Iddio ci fece due servigi: elli piobbe, che saremmo stati stroppiati,18 e voi non veniste però indarno. Doh! Facciamo che basti per la prima parte principale de la ragione affettiva.

La siconda parte principale si è che ogni male che si fa, o si può fare, sì viene19 da la siconda cagione di[p. 59 modifica]spositiva, ne la quale ci vedremo tre misteri di magagne:

Primo, propia affezione: mio, mio, mio: fornace.

Sicondo è la mentale levazione: fummo.

Terzo, la mentale accecazione: locuste.

Che dice Giovanni? Che poi che ebbe aperto il pozo, ascenda fumiis putei sicut fumus fornacis magnae: et obscuratus est sol et aer de fumo putei Et de fumo putei exierunt locustae in terram.

Primo è affezione propia. Questa è una fornace di fuoco ardente. Io non vo dietro al testo propio, perchè io pongo [prima] la fornace che ’l fummo, perchè il testo dice: et de puteo abyssi ascendit fumus, sicut fornacis magnae20. Io me ne vo sicondo la propria ragione, però che ’l fumo nasce dalla fornace; e questa è la cagione per che io pongo la fornace. Dimmi; donde viene la superbia? Viene dal cuore, el quale arde come fornace; e in quello modo viene a arder la mente d’amor propio. Del quale amore dice Iob a xxxj cap.: Ignis est usque ad perditionem devorans: — Elli è uno fuoco quello amore che consuma insino al cuore. — O tu che hai questo amore, pure a te, a te, ogni cosa a te. doh, misurati prima te, e poi misura il compagno. Non ti lassare vinciare all’amor propio. Ogni volta che tu non misuri il compagno prima, e poi te, mai non potrai bene giudicare, e la cosa va male. Oh, quanti luoghi ha guasti questo mio, mio, mio! Ogni volta che tu seguiti el modo del nibio, la cosa va male. Hai tu posto mente come si fa nella fornace a cuóciare i mattoni? Per lo grande fuoco tutti diventano fuoco: così interverrà a voi, che tutti sarete fuoco, quando ognuno ârà questo amor pro[p. 60 modifica]pio, dicendo mio, mio. O città, come sarai tu mal condotta poi! Omnes quaerunt quae sua sunt, et non quae Iesu Christi:21 — Ognuno cerca quello che piace a lui, e non quello che comanda Iesu Cristo. — Colui che non cerca l’onore di Dio, è quello che non ha il suo rispetto in lui. Guardati, ch’io ho sentito e sento qualche cosa; e però v’ho voluto dire quello ch’io ho detto; e anco vel dirò più apertamente. Voi me la perdonarete, s’io non dirò a vostro modo. Io vi dico che chi prospera, e pospone Iddio per contento di sè, capitarà male. E questo dico per te, e per te, e per tutta la città, e per tutta cristianità: chi mira al suo ben propio, capitarà in fine male. Vedi tu questo ben propio? Elli è cagione che i cristiani venghino meno. Sai perchè? Nota: quella donna che è rica, non ci métarebbe uno denaio de’ suoi per fare uno poco d’aiuto dove bisognarebe. Donde viene? Pur d’affezione propia. Doh, basti.

La siconda magagna si è la mentale elevazione: dove è detto: ascendit fumus: — El fumo de la superbia saglie. — Colui che ama sè medesimo, e ha la mente alta, [gli pare meritare];22 e però alza il capo, e empiesi di questo fumo; ma voi avete una cosa che v’aita, chè i vostri capricci so’ sì grandi, che vi cape del fummo assai, e non n’esce fuore, tanto ne tiene.23 Sai che fa il fummo, quando elli non ha uscita? Pone mente in casa tua, quando elli non v’è ciminea24 nè finestre, dove elli possa uscirsene; e elli affumica tutta la casa e falla [p. 61 modifica] oscura e nera. Donne, così fate voi: portate anco voi i capi grossi: io vi prometto che se i vostri mariti fussero savi, voi non portareste così i capi a civette25, come voi portate, e non ne sarebbero mai contenti. Giovani, o giovani, a voi vo’ dire ora: fate che voi non pigliate mai per moglie di queste che hanno il capo grosso. Dice colui: — Elli si fa pure le cimineie ne le case, perchè il fummo non vi si ravolla e per non affumicare la casa. — Io ti dico che anco non mi farai26 rimanere contento: tu non fai quello che si díe fare. Tu dirai: — Oh, elli si fa la cimineia per mandar fuore il fummo, e così la facciamo; e perchè il fummo n’esca bene, noi la faciamo tanto larga da capo, che il fummo abbi la via da potere sfogare fuore. — Anco non m’hai tu inteso: io tel dirò. Tanto quanto maggior fuoco si fa in casa tua, tanto vuole essere la cimineia maggiore; e per questo dico a te, che quanto maggiore hai la cimineia, maggior fuoco vi si díe fare dentro. Fate pure i capi grossi, donne: io non so se voi m’avete anco inteso. Se voi non m’avete inteso, fatemelo assapere, e io vel ridirò. — A casa.

Dico che ’l fummo saghe per la levazione tua. O tu che seguiti la via dei Lucifaro, volendoti levare in alto, guarda in Iob al xlj cap.: De naribus eius proceda fumus, sicut ollae ferventis magnae27: — De le nare del Lucifaro saliva el fummo come d’una grande pignatta che [p. 62 modifica] bolle. — Dice che usciva il fummo de le nare: sai come elli fa? Egli tiene alte le nare: fa come fa il cane, che al naso cognosce quello che elli cerca. Così propiamente fa il cittadino che è grande, e anco si vuole fare più grande ch’elli non è: elli si riputa, e empiesi di fummo, e a questo modo va male la vostra città. Tòlle la terza.

La terza si è la mentale accecazione; e però dice: obscuratus est sol et aer. Dice — che è oscurato il sole e l’aria, — e questo interviene ne la mente umana: mai non sta salda. Quando è scura, quando è chiara: quando è fredda, e quando è calda: non è stabile. Non sai tu quando elli è oscuro? Quando elli non ha la chiarezza del sole de la verità28. E inde è detto: Excaecavit eos malitia eorum:29 — La malizia loro gli ha accecati. — E coloro che so’ così accecati, oh, elli stanno a quanto pericolo! E però io temo di voi, che voi non facciate male pur per voi. Sai tu quando il sole oscura? Quando la luna si pone innanzi al sole: quando vi si pone meza, quando tutta, quando un poco30. Se tu il vuoi vedere, piglia uno baccino d’aqua, e miravi dentro quando il sole vi può battere punto, e allora potrai vedere in quello baccino quando ella si pone innanzi o poco o assai: altrimenti non si può vedere. Se tu volesse mirare nel sole, tu sai che tu non potresti patirlo, e farebeti caso. Che cosa è la luna? È il mondo: [p. 63 modifica] tu vedi la luna che è bella: ella è chiara, lucida, ma ella ha un’altra cosa, che ella è fredda. Simile è la robba del mondo: ella è bella, ella è chiara, cara; e quanto la tenete cara! So’ di quelli che so’ caldi di robba, e so’ freddi di buona volontà. Io cognosco che ’l vostro dire inverso di me è questo: — tu dici il vero, e vorrebesi fare quello che tu dici; — e a questo vi fermate ne’ vostri appititi e ne’ vostri modi gattivi: ella va male! Così dico anco de le donne che stanno in tanta disonestà di panni, di portature, e tanti adornamenti d’arienti, e tanti ori e tanti ringhirlamenti, che è uno vitupero. Or tiene a mente, e vedrai che te ne seguirà! Ancora dicoti che la natura de la luna e fredda: così talvolta diventi freddo tu quando per uno modo e quando per un altro; e così vedi che la luna non è stabile: quando è vota, quando è meza, quando è piena: sempre si va movendo. Così sono le cose di questo mondo: niuna cosa ci è stabile: quando se’ sano, quando infermo; quando hai de la robba, quando t’è tolta: oggi amato, domane odiato: oggi divizia, domane carestia: nulla cosa ci è ferma in questo mondo: è questo mondo come una ruota, che mai non sta ferma. Vox tonitrui tui in rota:31 — La voce del tuo tono è ne la ruota; — cioè che chi è disotto, va di sopra; chi è di sopra, di sotto; chi è alto va basso; chi è basso va alto. E però chi pone la speranza sua in questo mondo, è asimigliato a la luna che mai non sta salda: capitarà male. Non penare l’affetto tuo a la luna: póllo al sole, il quale ti darà chiareza. Inde è detto: Ego sum lux mundi. Non seguire il mondo, ma segue Iddio che è vera luce: non propónare el mondo o le cose del mondo a Dio. Se tu poni le cose del mondo innanzi [p. 64 modifica] a le cose divine, tu poni la luna innanzi al sole, e oscurarà il sole in te, non però perdura la sua chiarezza in lui, no; ma non darà chiarezza e lume in te, e Iddio versarà l’ira sua poi in te. Ogni volta che tu non temarai Iddio, e temarai le cose del mondo, tu se’ in desperazione. Allora si può dire: et obscuratus est aer: — È scurata l’aria; — che tu non cerchi Iddio32. E qui hai potuto vedere tre disposizioni de le menti umane: propia affezione: fornacis magnae: mentale elevazione: sicut fumus; e mentale accecazione: et obscuratus est sol.

Vediamo il terzo misterio, de la operazione consecutiva, cagione d’ogni male che si fa; e questa sarà quella che ci tocarà il vivo. Et de fumo putei abyssi exierunt locustae in terram: — Del fummo di quello pozo dell’abisso, dove sta il Lucifaro, n’uscirono locuste. — Oh, io ti vo’ dire che cosa è le locuste. Saprestimi tu dire donde vengono le guerre? Da quatro disposizioni del diavolo inique, le quali vengono anco ne le menti umane come vengono in lui, le quali quando vengono in una città, e Iddio v’opera quello che egli vuole: le quali cose mi pare che voi l’aviate in questa nostra città. E questa è la cagione ch’io temo di voi; che quando Iddio ârà sofferto quello che piaciarà33 a lui, e elli dirà: — O Siena, io te ne vo’ dare una trita!34 — Credetemi, credetemi, che e’v^ averrà. Io me ne vado, e voi vi rimanete, e non so se mai più io ci ritornarò35; e s’io pur ritorno, io dubito che non vi ritrovi come io vi lasso. Or a casa, ma non calda36. [p. 65 modifica]

Et de fumo putei abissi exierunt locustae. Io vi dissi l’altro dì alcuna cosa de le locuste; ma perchè meglio voi le cognosciate, io vi voglio dire alcuna dichiarazione. Le locuste hanno in loro sette condizioni:

La prima, elleno hanno l’ale grandi.

La siconda si è che elleno volano saltando.

La terza si è che elleno hanno il corpo grande.

La quarta, dove elle vanno, rodono ciò che trovano di verde.

La quinta si è che elle so’ germinate dal vento austro, che è caldo e umido.

La sesta si è, se ’l vento australe seguita, elleno multiplicano assai.

La settima si è che quando il vento aquilone traie, e elle muoiono.

Io vi vo’ dire il vero: egli me ne le par vedere adesso! Le locuste so’ i manigoldi di Dio37, che mettono a fine le vendette per giustizia ordinata da Dio. Sai chi so’? So’ le genti dell’arme, e’ quali non fanno mai altro che danno. Eglino consumano quanta robba elli trovano di fuore, e poi entrano dentro ne le terre e consumano quella dentro. Ellino cacciano a sacomanno le terre. Ellino spogliano le donne e le fanciulle, e sforzano e vituperanle. Ellino so’ quelli che disfano le giornee vostre38. Eglino tollono quanti denari e’ possano avere: ardeno case, guastano palagi, guastano l’arti, distrugono i mestieri; e la robba che ellino non possono portar via, la scialacquano o ardeno o versano. Di fuore delle terre [p. 66 modifica] prendeno39 bestiame, pigliano uomini e donne, fannone strazio, martorianli, cavan lo’ i denti, fanno ogni strazio e ogni vergogna a le fanciulle e a le donne, tagliano vigne, e ciò che possono mandano per la mala via. E quanti danni fanno più ch’io non dico!

Prima condizione delle locuste, dico che hanno l’ale grandi. Aspetterai un poco; — che è, che è? — So’ soldati. — E che voglion fare? — Non altro che male. — O dove volete voi andare? — Voliamo andare in quel di Siena. — O a che fare? — A godere la loro robba, le loro pocissioni che so’ così belle; ad abitare ne le loro case, dove stanno in tanto agio; a vivare un poco a le spese loro per ristorare i ma’ tempi che noi aviamo aûti: come noi siamo stati a’ disagi, e eglino si so’ goduti, così ora noi sì godaremo, e ellino staranno a disagio. — E allora le vostre ale,40 donne, vi saranno tagliate, e voi sartori che le fate, ve ne portaranno cento miglia diavoli.41 Questa cosa pur non viddi nè udii mai più, che le maniche avessero più panno che non è in tutto l’avanzo della cioppa.42 Si può dire che la cioppa de la donna abbi due mantelli da le latora, da ogni lato uno mantello. Doh, io vo’ che tu oda Ieremia al sicondo capitolo: a littera il difetto vostro, o donne. In alis tuis inventus est sanguis animarum pauperum et innocentum: — [p. 67 modifica] Ne le tue ali, Siena, nell’ale che queste donne portano così grandi, vi s’è trovato il sangue dell’anime de’ pòvari innocenti. — O perchè dici così? Perchè io dico il vero: síe,43 elli è anco peggio ch’io non dico! Sai perchè? Se la tua donna vedrà uno vestire con una forgia44 nuova, fatta a uno modo che ora non s’usa, tu non ârai mai pace con lei, se tu no ne le fai una a quel modo. E tu ârai forse degli altri affanni, e pur vorresti aver pace con lei; e non puoi insistere a le spese che ti bisognano, e tu ti metti a fare de le cose non lecite per far quello vestire, e i pòvari la patono; chè in quello che tu puoi, tu t’ingegni o d’ingannare questo o di sforzare quellì’altro; e sbudella di qua e scortica di là, non hai piatà dì persona. Se hai avere,45 caccialo in prigione: elli non può rispondere, e tu ne vuoi le carni, e stenta lui e tutta la sua famiglia. E a quanti aviene! Ecci niuno a chi tochi, osia tocato? Forse ce n’è uno o due: or va’, e falle la cioppa co le maniche grandi e coll’ale tese! E a voi donne vi dico: fate che voi non ne moziate niuna, non ne guastiate niuna: serbatele, che elleno bisognaranno a qualche altra persona! Io ti ’mprometto che t’interverrà, e nol credi; chè di mala via venne el pepe, e mala via prese. Non m’avete inteso, donne? Fate che voi non ne guastiate niuna!46 Hai la prima condizione delle locuste.

La siconda condizione che hanno le locuste si è, che elle saltano in iscambio di volare. Vedesti mai come [p. 68 modifica] vola la contriemola47 che va saltellando, o come fa il franguello o la gazara? Sempre vanno saltando: così fanno queste locuste di questi soldati e genti d’arme e caporali e sacomanni: ellino saltano qua, e gastigano costui: saltano poi colà, e gastigano quell’altro: va di qua, e farà una preda; va poi di colà, e mettarà fuòco in una casa. Torna poi da quest’altro lato, e pigliarà le donne e le fanciulle, e menale via. Pigliano talvolta padre e figliuolo e fratello; e l’uno vede stentare l’altro co’ martorii e colli strazii. Chi bastonato, chi tratti i denti, chi in uno modo gastigato e chi in un altro; e così fanno stentare coloro che hanno guadagnata la robba, e loro se la godono; e così vanno saltando di città in città. Inde l’Eclesiastico48; In risum faciunt panem et vinum, ut epulentur viventes: — Eglino fanno el pane e ’l vino in allegrezza, a ciò che ellino godano vivendo. — E’ fanno el pane e ’l vino con allegrezza. Sai che vuol dire? Vuol dire che quando eglino trovano della robba, eglino se la godono: eglino la scialequano,49 però che è di badda50; non v’hanno durata fatiga niuna, e mangiano, beiono, dormeno, si vestono e dannosi bel tempo. So’ stato io in terra, che v’entrò di questi tali manigoldi di Dio, e’ quali furono in casa di tale che aveva vino, che chi l’avesse messo ne la lucerna, sarebe arso come se fusse stato olio. E sai che scialequo ne facevano? Che insino a lavarne e’ piei a’ cavalli l’adoparavano e scialequavano. Pensa che dolore doveva avere colui che aveva ragunata la robba! [p. 69 modifica]

La terza condizione de le locuste si è, che elle hanno il corpo grande, ed è insaziabile, che sempre rode. Così è propria la condizione del soldato, che tale è stato che ârà rubbato in tanti luoghi, che facendone la somma e’ sarebbono più di cento migliaia di fiorini, e non n’ha nulla; però che ogni mal guadagno piglia mala via. Hanno furata e sforzata tanta róbba, e non hanno nulla, e poi ne vanno a casa del diavolo. Queste locuste rodono insino agli arbori alti, non che le vigne e le terre. Significa che ogni cosa che possono consumare, consumano. Deh, cittadini, non state ostinati nel mal vivare: timete Deum, timete Deum, vi dico: guardatevi di non venire a tanto sterminio, che la robba vostra vi sia tolta dentro in casa vòstra, a’ vostri ochi veggenti. Oimè, non pensate voi quando si viene a tanta fortuna, che non rimane nulla che non vada via? Sai che è detto? Insadiabilis est ut infernus: — El soldato è insaziabile come è lo ’nferno. — Lo ’nferno non si potrebbe mai riempire: simile è il soldato. E però dice che ella ha il corpo grande, dimostrando che mai non si sazia. Elli se ne passarono ora per la vostra festa, che faceste così bella mostra. Dimmi quanti credi che dicessero così da loro a loro: — Quando ci abattaremo noi a robbare una terra, du’ sia tanta robba quanta è in questa? — E come credi che ellino il facessero volentieri! Eh, temete Idio, temete Dio, chMo vi prometto che voi mi ricordarete ancora! Voglia Iddio che non sia vero!

La quarta condizione de le locuste si è questa, che !à dove elle vanno, elle consumano e rodono e disfanno per modo, che non vi lassano nulla nulla; e questo è per loro natura. Et generatio quae habet dentes molares ad manducandum pauperes de terra: — So’ questi soldati genti che co’ loro massellarì di ferro mangiano e rodono [p. 70 modifica] e’ pòvari de la terra; —•che così li straccia e tritola, come fa la macina del molino. Donde è detto molares se non da questi massellari che noi aviamo in boca?

O cittadini, non voliate fare strazio l’uno dell’altro; e se voi vi fate male fra voi, chi credete che vi faccia bene? Deh, voliate vivere come dritti cristiani e veri figliuoli di Dio; amatevi insieme, come dien fare i buoni fratelli; e se pure ci fusse alcuni che commettessero discordia, lassali stare: non li seguitare, non lo’ stare a udire. Ode ne’ Proverbi di Salamone al iij cap.: Ne aemuleris hominem iniustum.

Quali sono i denti de le locuste? Sono i sacomanni, e le locuste so’ i caporali. Oh, quanti sono questi mangiatori e disfacitori de’ pòvari! Quanti so’ di quelli che pigliano i lavoratori de la terra, faciendoli ricomparare più che e’ non possono fare!51 Egli ce ne so’ assai che non sono vestiti come saccomanni, ma come buoni cittadini, e sempre rodono il pòvaro. Il pòvaretto non può tanto lavorare nè lui nè la donna nè i figliuoli, che costui non il roda anco più. E come puoi tu mai salvarti, se tu tieni questo modo? Oh, immè, o come non pensi tu che tu debbi morire? Chè la vera giustizia vorrà poi, che come tu ârai fatto [p. 71 modifica] stentare altrui, sarai fatto stentare tu. Elli ci sono di quelli che sono i pòvari delli uomini. Chi so’? Sono gli artefici; e questi altri di sopra sono i pòvari della terra. E’ povari delli uomini so’ consumati nell’arti loro, ne’ mestieri loro: non possono esercitare le loro braccia, e però si consumano e patiscono pena per non avere fatto drittamente52 l’arte sua e ’l mestiere suo, però che Idio vuole che ogni peccato sia punito. El punitore è più forte che colui che è gastigato. E inde è detto:53 Confortabo brachia regis Babylonis, daboque gladium meum in manu eius: — Io confortarò le braccia del re di Babillonia54, cioè de lo sterminatore, e darògli la spada in mano, a ciò che egli possa méttare a sacco e a sterminio tutta la robba che voi avete guadagnata. — E se pure fusse stata ben guadagnata, e tu l’hai mal posseduta, non avendola usata coi debiti modi, e ricognosciuta da Dio; anco l’hai posseduta o guadagnata in mali contratti, in inganni, in furti, in tirannie; fatto stentare colui e mortosene di fame lui e i figliuoli sui. E tu che hai potuto più di lui, ti se’ andato vestito a le sue spese, e così la tua donna, con tanti panni, con tanti vestiri disonesti: tutti i tuoi goffani pieni, e ’l pòvaretto si muore di freddo. Hâla male usata in questo modo? — Sì. — Timete Deum, timete Deum, vi dico io.

La quinta condizione di queste locuste si è, che elleno vengono in tempo che traie il vento austro, il quale ha due cose in sè; è caldo ed è umido. Sai che ti significa questo vento? Non altro che la prosperità. E però piglia questa regola: ogni volta che tu vedi in uno luogo la 1 ' [p. 72 modifica] prosperità troppo durare, non vi pónare troppa speranza. Sicuramente aspettino55, che [la prosperità si fugge e] l’aversità lo’ viene adesso. Oh, quanto hanno da piagniere quelli che abitano in tali luoghi! Hai udita la condizione de l’uomo salvatico? Dicesi che egli piagne quando ha buon tempo, e quando e’ l’ha gattivo, si rallegra. Sai perchè? Perchè quando ha buon tempo, elli piagne? Perchè aspetta il gattivo; e quando ha il gattivo, sta allegro56 perchè aspetta il buono. Così vo’ dire a voi: sappiate, cittadini miei, che doppo uno grandissimo poggio v’è una grandissima valle, doppo grande pace v’è una gran guerra, doppo una grande letizia v’è una grande tristizia, doppo molti risi v’è di molti pianti. E però io t’aviso innanzi al tempo: fa’ come fa l’uomo salvatico quando elli ha buon tempo: aspetta, aspetta, chè la gente dell’arme che è per lo mondo ella si nutrica per godersi poi de la tua prosperità. Tale è per lo mondo che stenta, che goderà di quello, che un altro gode ora. Doh! credetemi che e’ ci è da piagniare! Quanti ci so’ di quelli che vagheggiano l’un l’altro! Questo mira questa, e quella mira quello57. Oimmè, non fate, non fate, chè e’ mi pare che voi vi facciate beffe di Dio e de’ Santi col vostro mal fare. Donna, fa’ come io ti dirò; e così tu, uomo. Vedi tu colui e colei che fa male? Nol far tu, e trovarai che infine colui che farà male, sarà gastigato, e non tu. Dominus reddet unicuique secundum operam suam:58 — Idio darà a ciascuno quello che egli ârà meritato. — [p. 73 modifica] Hai fatto male? E tu male avrai. E tu hai fatto bene? Orsù, in gloria.

La sesta condizione de le locuste si è, che seguitando il vento australe, multiplicano sempre. Sai che vuol dire? Vuol dire che mentre che dura la tua robba, sempre i soldati multiplicano. Ma non è però la robba tua tanta, che basti a’ soldati: come il vento della robba tua verrà meno, el soldato si partirà; però che elli è atto a volere de la robba assai e godersela a la malaugurata, perchè non vi durò fatiga: però quasi la gittano. Pone pure mente alla spirienzia, e guarda di quante migliaia e migliaia ne vanno atorno, quanti pochi so’ quelli che sieno richi; però che come hanno guadagnata di subito la robba, così di subito va via. E però dico che tanto sta el soldato in uno luogo, quanto elli vi dura la robba. Mancato questo vento, elli si va.59 Udisti mai questo dettato, O cittadino, e voi donne? Udiste voi mai dire? — L’uno barbiere rade l’altro. — Così vo’ dire a te che hai della robba assai e non l’hai guadagnata; tu anco l’hai furata e sforzata con inganni e gattivi contratti: tu l’hai tolta ad altri, ed altri la torrà a te.

La settima condizione de le locuste si è, che quando questo vento aquilone traie, e elleno moiono. Sai che ti significa? Significa che Dio non ti darà sempre prosperità. Elli aspetta, aspetta pure, perchè tu ti ricognosca del tuo fallo: poichè elli ha aspettato quello che piace a lui, e elli ti manda uno vento contrario, chè ti manda de le aversità, e si comincia a vendicare di te. Vendicabo me de inmicis meis cum inmicis meis: — Io me vendicarò de’ miei nemici co’ miei nemici: — vuol dire che Iddio fa gastigare uno per la malizia sua, e uno è [p. 74 modifica] il manigoldo, e talvolta so’ più. Così poi questo che è stato gastigatore e manigoldo, è gastigato da un altro manigoldo pessimo come lui, o più. E così quell’altro; e in questo modo va di mano in mano, che l’uno è manigoldo dell’altro, e sempre colui che gastiga, può più che il gastigato. E questa è la cagione che la gente è tanto peggiorata. E non t’avedrai talvolta che di scacco60 giognarà una voce dì questi tali gattivi: — Che è, che è? — E il tale che è stato tagliato a pezi. — Sta’ un altro poco: — Ou, Ou, Ou! — Che è? — El tale è stato affogato. — Sta’ un altro poco, e tu senti un’altra voce: — El tale è stato impicato per la gola dal tale. — E ine a un pezo61, l’altro vorrà farne vendetta, e giognarà colui che ha fatto così a colui, e sì strozarà quell’altro. Quell’altro giógnarà quell’altro, e farallo pigliare e cacciare in una prigione, e faràvelo stentare tanto, che a bocone a bocone di pane per pasto verrà a farlo morire di fame. Che anco ne sarà tanto crudele, che a pezo a pezo il farà minuzare, tagliandolo a membro a membro. Tali saranno che per fare loro vendette non saranno rimasi contenti [di farli stentare e infine morire, che per]62 insino che vorranno mangiare de le sue carni proprie63. Oh, se io mi facese un poco da la lònga a volere contare de le cose che so’ state nel mondo, elli ci sarebbe quanto che dire! Alisandro, quanti furono quelli che tu facesti stentare? Quanti ne facesti morire sforzatamente? Quanti ne mandasti a sterminio? Quante donne andarono vituperate per lo mondo? [p. 75 modifica] E tu ora dove se’? In luogo che uno che ha più forza di te, ti gastiga. O Erode, quanti anco tu n’amazasti? Quante persone mettesti a sterminio di sangue? Quanti tagliati a pezzi, quanti squartati, quanti affogati? O Nerone, quante crudeltà facesti ne la vita tua? Quanti ne facesti morire nel taglio de le spade? Quanti furono quelli che tu facesti sbandire e perseguitarli insino che furono morti? Quante cose facesti co le tue mani propie? Quante crudeltà? Quanti furono quelli che arsene per la iniquità tua? Quanti mali facesti, quante disonestà insino de le tue carni proprie? E dove se’ ora tu? Chi gastiga te, e quanti strazi so’ fatti di te? So’ queste cose trovate64, o cittadini? So’ favole queste, o verità? Dico io il vero o no? Timete Deum, timete Deum, timete Deum!

Tu hai tre misteri veduto stamane nel mio dire:

Primo si fu cagione effettiva d’ogni male.

Sicondo misterio, cagione dispositiva d’ogni male.

Terzo misterio, d’operazione consecutiva d’ogni male.

De la prima cagione effettiva d’ogni male tu vedesti: Vidi stellam de coelo cecidisse in terram. Il Lucifaro cadde del cielo in terra per tre ragioni: per intelletto, per volontà e per operazione in male: da lui venne il principio d’ogni male, e vedemolo essere come stella in cielo: vidi stellam; essendo tanto nobile, e per la superbia sua venne a cadere. Sicondo: donde cadde? Cadde del cielo: De coelo cecidisse; perchè elli dava contro al volere di Dio con prosunzione. Terzo: dove cadde? in terram: — in terra, — la quale si confaceva a lui. Dove ti dissi tre condizioni della terra; prima, scura: così è ’l volere del Lucifaro: siconda, la terra è fredda: così [p. 76 modifica] è il Lucifaro: terza, è grave: così è grave il Lucifaro, e per la sua gravezza cadde tanto da alto. E questo è in quanto allo intelletto del Lucifaro. In quanto alla volontà, cadde volontario; però che egli ebbe la volontà de l’albitrio65, come aviamo noi; chè li fu data la chiave dello inferno, e lui stesso se lo aperse; e così se l’apre chi vi vuole andare. In quanto a la operazione, aperuit puteum: aperse lo inferno e entròvi dentro. Mostrâti66 tre condizioni de lo inferno: primo, è cupo, che chi v’entra, no ne può mai piǔ uscire. Sicondo, è scuro luogo, senza lume. Terzo, è fangoso, pieno di bruttura e di peccato; e questa fu la prima parte. La siconda parte principale, de la cagione dispositiva a far male: dove vedemo tre misterî: primo, propia affezione: fornace. Sicondo, mentale elevazione: fummo: adscendit fumus. Terzo, mentale accecazione; dove dissi obscuratus est sol et aer. Scurasi la mente di chi non segue la volontà di Dio. La terza parte principale fu de la operazione consecutiva: et de fumo putei abyssi exierunt locustae. E dissiti la condizione de le locuste: prima, con ale grandi, significandoti gente d’arme. Siconda è, che elle saltano: dimostrato nel soldato che va saltando ora qua e ora là: come v’ha la robba assai, e’ vanno facendo de’ danni assai, come manigoldi di Dio. La terza condizione de le locuste si è, che ella ha il corpo grande, insaziabile: sempre rode, e ma’ non si sazia: se lasse sua tutta la robba del mondo, la spérgiarebbe. La quarta condizione ti dissi, che dove elle vanno, consumano e rodono ciò che elle trovano di verde; dimostrato i’ ne’ soldati e manigoldi di Dio, che dove essi vanno, sempre [p. 77 modifica] guastano e consumano case, vigne, arbori e ciò che trovano di potere guastare, insino a guastare a diletto. Quinta condizione si è, che elle vengono quando traie il vento australe, che è caldo e umido, cioè, che quando de la robba è assai in uno paese, sempre il soldato vi si diletta: dove vedemo che dopo la pace seguita la guerra, amaestrandovi che voi riguardiate de non venire a quelli stermini, che altri so’ già venuti. Sesta condizione de le locuste si fu, che mentre che quello vento australe dura, sempre crescono: dimostrato nel soldato, che mentre che dura la roba, mai non si parte dal luogo. Settima condizione: quando el vento aquilone traie, e elle muoiono; dimostrando che Iddio manda la morte o in uno modo o in un altro a chi è malvissuto: e questo fu la terza parte. Adunque, timete Deum, cittadini miei, acciò che voi campiate da questi pericoli che voi avete uditi; e che infine avendo qui pace, voi aviate la pace dell’altra patria in ne la gloria di vita eterna, ad quam ille vos et me perducat per infinita saecula saeculorum, amen.



Note

  1. La Volgata: Timete Dominum.
  2. Intendi: per qual cagione io sono alquanto preoccupato da questo mio soggiorno in Siena? E chiarisce appresso questa sua preoccupazione, dicendo che la pace che la città fruiva, gli dava pensiero, chè alla pace poteva seguitare una grande guerra.
  3. Epistola prima ad Corinthìos, vers. 12, e nella Volgata dice: Itaque qui existimat stare ec.
  4. Il solo Cod. Pal. legge; di ragione e orazione.
  5. Il Cod. Sen, 6 ha, volotiva: il Pal. invece, volontaria.
  6. Il Cod. Pal., disse.
  7. Salmo cxiij, vers. 16.
  8. Il Cod. Pal., non si ristà; e il Cod. Sen, 6, ristarà.
  9. Negli altri Codd. si legge: aprite lo intelletto e considerate a questo ec.
  10. Salmo lxxij, vers. 7.
  11. Cioè: tieni.
  12. Vangelo di san Matteo, cap. xvj, vers. 19.
  13. Vangelo di san Matteo, cap. xxiij, vers. 12.
  14. Vangelo di san Giovanni, cap. primo, vers. 3.
  15. Salmo liiij, vers. 24.
  16. Vangelo di san Giovanni, cap. viij, vers. 12.
  17. Cioè, Lucifero.
  18. Cioè, impediti: modo usato dal Santo altre volte.
  19. Il Cod. Pal., si è che viene.
  20. Veramente la Vulgata non dice così, ma nel modo che poco sopra è riferito.
  21. Omnes enim quae sua sunt, quaerunt ec. (Epist. di san Paolo ad Philippenses cap. secondo, vers. 21).
  22. Parole che mancano al solo nostro Testo.
  23. Detto ironicamente, per condannare di nuovo l’ampiezza superflua delle vesti.
  24. Voce d’uso sanese; cimino, camino.
  25. Foggia di abbigliamento della testa, allora,, per quanto sembra, usato comunemente dalle donne, e come cosa troppo vana biasimata più volte dal Santo.
  26. Meglio negli altri due Codici, fai.
  27. Nella Vulgata questo versetto, che è l’undecimo del cap. xli, così leggesi: De naribus eius procedit fumus, sicut ollae succensae atque ferventis.
  28. Negli altri Codd. segue: allora elli è scuro.
  29. Excaecavit enim illos ec. (Sapienza, cap. secondo, vers. 21).
  30. Il Cod. Pal. ha questa diversa lezione: quando la luna si pone innanzi al sole, e ognuno fa il corso suo: talvolta è che la luna si porrà innanzi al sole: quando vi si pone meza, quando tutta e quando uno poco.
  31. Salmo lxxvj, vers. 21.
  32. Negli altri Codd., non cerchi più Idio.
  33. Negli altri Codd., quanto piaciarà.
  34. Modo popolare, che equivale all’altro: Dare una stropicciata o una stretta, cioè, Dare affanno o travaglio.
  35. Vi tornò presto, e più d’una volta.
  36. Casa calda chiama il Santo l’inferno.
  37. Qui, come in seguito, manigoldo coll’antico significato di ministro o esecutore di giustizia.
  38. 2 Per giornea qui sembra doversi intendere quella sorta di sopravveste militare, con le armi del Comune e della Parte, che si trova ricordata in alcuni cronisti.
  39. Negli altri. Codd., predano.
  40. Chiama ali ironicamente le lunghe e larghe maniche che allora costumavano nelle vesti muliebri. E notisi con quanta verità ed efficacia il Santo ritragga in questo luogo quel vero flagello de’ tempi suoi, che erano le cosi dette Compagnie di ventura, le quali massime negli anni di pace piombavano proprio come locuste sopra i più fiorenti paesi.
  41. Il Cod. Pal., cento migliaia di diavoli.
  42. Vale a dire, in tutto il rimanente della veste, in forma di tunica, modellata alla vita, e con due così ampie maniche calanti, che il Santo la paragona a due mantelli, uno per lato.
  43. Modo esclamativo, usato comunemeute nel linguaggio famigliare.
  44. Voce che il Santo preferisce alla sua equivalente, Foggia.
  45. Il Cod. Pal., Se hai ad avere.
  46. Ironia continuata; donne, serbate le vostre vesti sfarzose; verrà giorno che quello che negaste ai poveri, prenderanno per se i saccomanni.
  47. Il Cod. Pal., codatriemola: che equivale a quella sorta di uccelloche più comunemente si appella, in Firenze cutrettola, e in Siena, batticoda.
  48. Correggasi, l’Ecclesiaste, cap. x, vers. 19.
  49. Invece che, scialacquano. Così troveremo poi Scialequo per Scialacquo.
  50. Leggono così tutti i Codici.
  51. Della schiavitù si trova menzione nelle carte sanesi dal secolo xii a tutto il secolo xv, e notevole poi è la legge de’ 21 ottobre 1356, promulgata per provvedere al difetto di servi e serve, che lamentavasi nella città e più particolarmente nel contado. Si comminarono con quella legge pene severe a chi favorisse la fuga di uno schiavo o di una schiava; si diedero norme pe’ figli nati da schiave, i quali dovevan seguire la condizione del padre, denunciato dalla schiava con la fede di due probi testimoni. E ad evitar frodi nelle vendite degli schiavi fu ordinato che i Quattro Provveditori del Comune tenessero un registro di tutti gli schiavi, per notarvi gli acquisti e le vendite, e il nome dello schiavo o della schiava, e i segni, la dimora e il prezzo. Gli schiavi venuti dalle parti degli Infedeli, appena giunti nella città o nel contado, dovevano esser fatti cristiani (Arch. di Stato in Siena, Statuti, n.° 31, a c. 11).
  52. Con onestà, con rettitudine.
  53. In Ezechiele, cap. xxx, vers. 24. Alcune inesattezze del Testo furono emendate col confronto della Vulgata.
  54. Anche nel passo latino i Codd. hanno Babillonis.
  55. Coloro, cioè, che godono questa lunga prosperità. Ad ambidue i Codd. mancano le susseguenti parole chiuse da parentesi.
  56. Negli altri Codd., si rallegra.
  57. Il Cod. Pal., questo questa altra.
  58. La Vulgata, secundum opera eius (Epist. di S. Paolo ad Romanos, cap. secondo, vers. 6).
  59. Il Cod. Pal., elli si va via. Il Cod. Sen. 6; di subito va via.
  60. Nel Testo; scacho: nel Cod. Pal., iscacho.
  61. Il Cod. Sen. n. 6: E inde a un pezo ec.
  62. Mancano queste parole ai Codd. senesi.
  63. Dipintura viva, se non che alquanto esagerata, di tempi ad ogni modo lacrimevoli.
  64. Vale a dire, sono inventate.
  65. Il solo Cod. Pal., ebbe la libertà, come ec.
  66. Ti mostrai. Il Cod. Pal. semplicemente, Mostrai.