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XXXIII.
Dimostra come si de’ temere Iddio, e come Lucifero
cadde per la superbia.
Timete Deum1 (Iohannis Apochalipsis, xiiij cap.). Le parole prealegate so’ dello apostolo Giovanni ne la sua Apocalipsa a xiiij cap., voltando le sue parole in verso di voi, dicendo: — Temete Iddio, temete Iddio. — Perchè io mi penso alcuna cosa della stanza mia?2 La cagione si è perchè io mi sento non so che.... Ben so io che! E panni aver veduto un cotal non vego vego.... A casa! Che voglio io dire? Temete Iddio, io vi dico, temete Iddio; però ch’io vego la pace in voi non aver luogo. E non avendo pace, dicendo d’averla, voi sareste apostata di fede. E quello che vi seguirà oggi, vel voglio cantare, e domane vel vorrò biscantare; chè questo in voi mi pare, che a ognun pare che ciò che si fa, è l’ dovuto di fare. E qui vo’ cominciare al detto di Pavolo: Qui se putat stare, videat ne cadat3: — Colui che gli pare star fermo, guardisi che non caggi. — O Lucifaro, come cadesti tu a terra, che stavi
- ↑ La Volgata: Timete Dominum.
- ↑ Intendi: per qual cagione io sono alquanto preoccupato da questo mio soggiorno in Siena? E chiarisce appresso questa sua preoccupazione, dicendo che la pace che la città fruiva, gli dava pensiero, chè alla pace poteva seguitare una grande guerra.
- ↑ Epistola prima ad Corinthìos, vers. 12, e nella Volgata dice: Itaque qui existimat stare ec.