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70 | predica trigesimaterza |
e’ pòvari de la terra; —•che così li straccia e tritola, come fa la macina del molino. Donde è detto molares se non da questi massellari che noi aviamo in boca?
O cittadini, non voliate fare strazio l’uno dell’altro; e se voi vi fate male fra voi, chi credete che vi faccia bene? Deh, voliate vivere come dritti cristiani e veri figliuoli di Dio; amatevi insieme, come dien fare i buoni fratelli; e se pure ci fusse alcuni che commettessero discordia, lassali stare: non li seguitare, non lo’ stare a udire. Ode ne’ Proverbi di Salamone al iij cap.: Ne aemuleris hominem iniustum.
Quali sono i denti de le locuste? Sono i sacomanni, e le locuste so’ i caporali. Oh, quanti sono questi mangiatori e disfacitori de’ pòvari! Quanti so’ di quelli che pigliano i lavoratori de la terra, faciendoli ricomparare più che e’ non possono fare!1 Egli ce ne so’ assai che non sono vestiti come saccomanni, ma come buoni cittadini, e sempre rodono il pòvaro. Il pòvaretto non può tanto lavorare nè lui nè la donna nè i figliuoli, che costui non il roda anco più. E come puoi tu mai salvarti, se tu tieni questo modo? Oh, immè, o come non pensi tu che tu debbi morire? Chè la vera giustizia vorrà poi, che come tu ârai fatto
- ↑ Della schiavitù si trova menzione nelle carte sanesi dal secolo xii a tutto il secolo xv, e notevole poi è la legge de’ 21 ottobre 1356, promulgata per provvedere al difetto di servi e serve, che lamentavasi nella città e più particolarmente nel contado. Si comminarono con quella legge pene severe a chi favorisse la fuga di uno schiavo o di una schiava; si diedero norme pe’ figli nati da schiave, i quali dovevan seguire la condizione del padre, denunciato dalla schiava con la fede di due probi testimoni. E ad evitar frodi nelle vendite degli schiavi fu ordinato che i Quattro Provveditori del Comune tenessero un registro di tutti gli schiavi, per notarvi gli acquisti e le vendite, e il nome dello schiavo o della schiava, e i segni, la dimora e il prezzo. Gli schiavi venuti dalle parti degli Infedeli, appena giunti nella città o nel contado, dovevano esser fatti cristiani (Arch. di Stato in Siena, Statuti, n.° 31, a c. 11).