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54 predica trigesimaterza


Deh, cittadini miei, e voi venerabili donne, deh, aprite Io intelletto a considerare questo1 ch’io vi dico. Se il Lucifaro ebbe tanto sapere che cognosceva lo stato suo, e ebbe tanto potere che poteva far bene con libero arbitrio come uno di noi, e ’l volere atto come il nostro, e non si seppe mantenere nella volontà di Dio, che cadde per quella disubidienzia di non volere essere suggetto a Iesu incarnato; oimmè, che faremo noi, che ogni dì caschiamo in uno migliaio di peccati!. Noi sappiamo pure che egli cadde per la colpa sua. E noi come crédaremo salirvi? Non è la via a volervi salire questa. E’ però vi dico: Timete Deum, timete Deum: — Temete Iddio, vi dico, temete Iddio. — Prodiit quasi ex adipe iniquitas eorum: transierunt in affectum cordis:2 — La iniquità loro nacque dalla abundanzia, e passò nel desiderio dello affetto. — Sai che vorrà dire di voi? Vorrà dire ch’io temo che della vostra abondanzia non segua dietro un grande fragello. Doh, che pensiero m’è egli venuto! Io ho uno pensiero de la vostra pace; e temo che non vi venga doppo la pace una grande guerra. Così doppo la divizia temo che non vi seguiti una grande fame. Come doppo il freddo seguita un grande caldo, così doppo una grande tranquillità temo d’una grande aversità. Io temo, temo, temo, che poi che voi non sapete ricognoscere le grazie che Iddio v’ha date, che elle vi saranno tolte. — Non l’hai sapute tenere? E io te le torrò! — E temo che Iddio non vi facci come fece a Lucifaro, che cadde non sapendo cognoscere la sua felicità; che non cognoscendo il dono di Dio, dove era

  1. Negli altri Codd. si legge: aprite lo intelletto e considerate a questo ec.
  2. Salmo lxxij, vers. 7.